• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/06465 MANGILI, SCIBONA, DONNO, PUGLIA, CAPPELLETTI, BUCCARELLA, SANTANGELO, SERRA, LEZZI, MONTEVECCHI, GIARRUSSO, MORONESE - Ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-06465 presentata da GIOVANNA MANGILI
giovedì 6 ottobre 2016, seduta n.695

MANGILI, SCIBONA, DONNO, PUGLIA, CAPPELLETTI, BUCCARELLA, SANTANGELO, SERRA, LEZZI, MONTEVECCHI, GIARRUSSO, MORONESE - Ai Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - Premesso che:

l'attività venatoria in Italia è regolata dalla legge n. 157 del 1992, recante "Norme per la protezione della fauna omeoterma e prelievo venatorio", che rappresenta la legge quadro di disciplina di tutta la materia della caccia e tutela della fauna selvatica;

la legge disciplina il prelievo venatorio di fauna selvatica, stabilendone le modalità e attribuendo, nello specifico, le competenze agli enti locali e agli organi preposti alla tutela della fauna e la loro autonomia in materia;

tale legge ha sostituito la legge n. 968 del 1977, risultando legata al referendum del 1990, annullato per mancato raggiungimento del quorum, che proponeva l'abolizione della caccia su tutto il territorio italiano;

il fondamento della legge n. 157 del 1992 è innovativo rispetto alla precedente legge n. 968 del 1977, in quanto stabilisce che la fauna selvatica appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato; di conseguenza, lo Stato può derogare a tale principio nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge, rilasciando al cacciatore una concessione (la cosiddetta "licenza di caccia"), al fine di abbattere esclusivamente le specie elencate nei periodi, orari e con i mezzi stabiliti dalla legge stessa;

dai contenuti della legge del 1992 consegue l'inesistenza di un "diritto alla caccia" in Italia;

all'uopo, giova evidenziare come la legge n. 157 del 1992 non contenga una definizione di attività venatoria; sul punto è intervenuta la giurisprudenza prevalente della Corte di cassazione, secondo la quale la nozione di esercizio di attività venatoria è piuttosto ampia e comprende "non solo l'effettiva cattura od uccisione della selvaggina, ma anche ogni attività podromica o preliminare, nonché ogni atto desumibile dall'insieme delle circostanze di tempo e di luogo che, comunque, si appalesano diretti a tale fine (Cass. Sez. III, 16 aprile 2003, n. 18088)". Tali sono l"'essere sorpreso nel recarsi a caccia, con l'annotazione sul relativo tesserino, in possesso di richiami vietati; il vagare o il soffermarsi con armi, arnesi o altri mezzi idonei, in attitudine di ricerca o di attesa della selvaggina" (Cass. pen., sez. III, 5 luglio 1996, n. 6812). Ed ancora costituisce esercizio venatorio, non solo ogni atto diretto all'abbattimento e alla cattura degli animali selvatici, ma anche l'attività prodromica di appostamento e di ricerca della fauna (Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 8322, 23 luglio 1994), mentre costituisce atteggiamento di caccia l'ispezione di trappole predisposte per la cattura di richiami vivi (Cass.pen. Sez. III, 15 gennaio 1999 n. 452);

dalle sentenze pronunciate ne deriva che l'esercizio dell'attività venatoria concretizza soltanto un interesse del cacciatore a non vedersi negato il rilascio della licenza di caccia, nel caso in cui possieda tutti i requisiti richiesti dalla legge;

considerato che:

la legge n. 157 del 1992, oltre a definire quali sono le specie che si possono cacciare e quelle che, invece, sono assolutamente protette, regola la materia, fissando le modalità a cui si devono attenere le regioni nella stesura delle leggi regionali, dei calendari venatori, dei piani faunistici e della pianificazione del territorio, e prevedendo che, per controllare maggiormente l'applicazione della normativa nazionale e internazionale, la normativa regionale può regolamentare la materia solo in maniera più restrittiva rispetto alle disposizioni della legislazione nazionale;

alle regioni spetta emanare i calendari venatori con i tempi, le modalità, i luoghi e le specie cacciabili, in attuazione delle direttive europee e delle convenzioni internazionali (direttiva 79/409/CEE e Convenzione di Berna sulla conservazione della vita selvatica e dell'ambiente naturale);

nonostante l'applicazione della legge sulla caccia sia ormai piuttosto uniforme, restano regioni che periodicamente emanano calendari venatori o piani faunistico-venatori in parziale difformità con la stessa, causando grave danno alla fauna e mettendo in pericolo diverse specie protette, sia con il prolungamento della stagione venatoria, sia con l'apertura della caccia a tali specie;

considerato ancora che da un articolo del 3 ottobre 2016, pubblicato sul sito dell'agenzia di stampa "Ansa", si apprende che: "In Italia negli ultimi sette anni, dal 2009 al 2015, ogni giorno sono state registrate 20 infrazioni contro la fauna selvatica, denunciate 16,5 persone ed effettuati quasi 7 sequestri; per quanto riguarda i reati di bracconaggio (articolo 30 della legge 157/92), dal 2012 al 2015, ogni giorno sono stati avviati 2,5 procedimenti contro noti, indagate 3,2 persone ed è stato aperto un procedimento contro ignoti. Lo rende noto Legambiente in un approfondimento sul bracconaggio sulla base di dati delle forze di polizia e della magistratura. (…) Campania, Sicilia, Puglia e Calabria sono le regioni dove si sono registrate più infrazioni, mentre tra le province la maglia nera va a quelle di Napoli, Roma, Bari, Palermo, Reggio Calabria, Salerno, Foggia e Brescia. Le regioni dove è stato registrato il maggior numero di procedimenti e di persone indagate per reati da bracconaggio sono state Lombardia, Campania, Calabria e Sardegna, mentre tra le province la maglia nera va a quelle di: Brescia, Cagliari, Reggio Calabria, Bergamo, Napoli, Roma, Salerno e Macerata";

considerato inoltre che:

a seconda degli illeciti commessi, la legge n. 157 del 1992 prevede sanzioni penali e amministrative (artt. 30 e 31). Rientrano tra le ipotesi di reato: la caccia nei periodi di divieto generale a tutte le specie, ovvero nei mesi esclusi dai calendari venatori, la caccia nei giorni di silenzio venatorio durante la stagione venatoria, la caccia o la detenzione di specie particolarmente protette o la caccia con mezzi vietati, la caccia nei parchi, l'uccellagione e la tassidermia se non autorizzata. Sono invece soggette a sanzioni amministrative: la caccia in forme non previste e senza licenza, nei fondi chiusi e nelle ore non consentite, e l'importazione di fauna senza autorizzazione e l'utilizzo di richiami non autorizzati;

tale sistema sanzionatorio rivolto a punire le violazioni da parte di chi detiene comunque la concessione, ha grande portata ed è senz'altro innovativo, ma non tiene conto del bracconaggio, ovvero della caccia illegale;

considerato infine che:

come riferisce l'articolo menzionato: "Sono 27 le aree ad alto 'tasso' di bracconaggio, comprese quelle marine, afferma il Wwf ricordando che l'attività venatoria (compresa quella legale) rappresenta "l'ennesima gravissima aggressione alla fauna selvatica" e che quasi l'80% degli illeciti viene commesso durante la stagione venatoria, malgrado questa duri solo 4 mesi. I reati a danno della fauna selvatica sono compiuti per il 78% dai cacciatori, mentre il 19% dei casi si tratta di bracconieri privi di licenze";

risulta agli interroganti che: "Nelle Valli bresciane si catturano i passeriformi con trappole e roccoli (strutture ad hoc per la cattura degli uccelli); nelle isole di Ischia e Procida si aspetta il periodo di migrazione per sparare a milioni di piccoli volatili; nelle isole Pontine si spara addirittura ai delfini; lungo l'Appennino tosco-emiliano i fucili sono contro lupi e rapaci - catturati o uccisi anche da trappole o bocconi avvelenati - lo stesso accade nel Sulcis, in Sardegna, ai danni dei cervi e passeriformi. Nello Stretto di Messina, attraversato ogni anno da 30-45mila uccelli migratori, non è stata ancora debellata completamente l'uccisione illegale di rapaci, cicogne, gru. Mentre lungo le coste sarde e nel Canale di Sicilia si pesca illegalmente il pesce spada" (da un articolo de "Il Corriere della Sera" del 29 settembre 2016);

inoltre un recente articolo pubblicato in data 6 ottobre 2016 sul sito di "eHABITAT" riporta che: "Il quadro dipinto dal Dossier WWF non è affatto rassicurante, insomma, e fa al contrario intuire che il bracconaggio sia una realtà radicata e non destinata a ridursi. Come sottolineato dall'associazione ambientalista, l'esperienza passata ha dimostrato come l'azione delle Guardie volontarie ambientali, combinata a un presidio continuo sul territorio da parte delle Forze dell'Ordine e delle ONG, "permetta di contenere in modo sensibile il fenomeno" e come, in assenza di controlli costanti, risulti "assai probabile una recrudescenza delle uccisioni illegali". Malgrado esistano a tutti i livelli importanti leggi finalizzate a tutelare la fauna, a ridurne la mortalità innaturale e a contrastare il bracconaggio, il sistema di controlli ambientali nel nostro Paese presenta ancora troppe lacune, tra cui un meccanismo sanzionatorio inadeguato, tempi di prescrizione dei reati troppo brevi, metodi investigativi obsoleti e una burocrazia inefficiente. Ad aggravare la già delicata situazione, secondo il WWF, è sopraggiunta la riorganizzazione del Corpo Forestale dello Stato, l'unica forza di Polizia specificamente formata nella prevenzione e repressione dei reati ambientali"",

si chiede di sapere:

quali misure, nei limiti delle proprie attribuzioni, i Ministri in indirizzo intendano adottare per rafforzare i controlli antibracconaggio in Italia, anche e soprattutto a fronte degli interventi che hanno interessato il Corpo forestale dello Stato, in particolare se si intenda finanziare con nuove risorse l'attività del Corpo forestale dello Stato, volta alla vigilanza venatoria, prevista dall'articolo 27, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

quali iniziative di competenza intendano assumere, al fine di assicurare opportune indagini per approfondire casi di violazione della normativa, volta alla protezione e conservazione del patrimonio faunistico e naturale, nonché a prevenire e contrastare il fenomeno del bracconaggio;

se non ritengano opportuno che l'autorità pubblica si costituisca parte civile nei procedimenti giudiziari relativi ad attività di bracconaggio, data la loro natura lesiva del patrimonio indisponibile dello Stato.

(4-06465)