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Atto a cui si riferisce:
C.945 Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza
approvato con il nuovo titolo
"Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizioni in materia di cittadinanza"


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 945


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato POLVERINI
Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza
Presentata il 14 maggio 2013


      

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Onorevoli Colleghi! Negli ultimi giorni illustri rappresentanti della società civile e dal Parlamento hanno più volte affrontato il tema della riforma della legge sulla cittadinanza.
      La presente proposta di legge prefigura l'acquisto della cittadinanza da parte degli stranieri nati nel territorio della Repubblica come un vero e proprio diritto in attesa di espansione, attuabile pienamente al momento in cui si verificano condizioni che rendono certa la sussistenza di un'effettiva integrazione sociale e culturale nella comunità nazionale. Ciò consente di realizzare un assetto quanto più possibile vicino al diritto di cittadinanza per nascita, senza tuttavia incorrere negli inconvenienti gravi e molteplici che deriverebbero dall'attribuire automaticamente a un minore una cittadinanza diversa da quella dei genitori in un'età in cui egli non possiede ancora consapevolezza, autonomia e capacità di autodeterminarsi.
      Va ricordato a tutti che il 1992, anno in cui divenne vigente l'attuale legge n. 91 sulla cittadinanza, gli stranieri regolarmente residenti nel territorio nazionale erano 537.062, realtà che si discosta molto dagli attuali quasi 5 milioni di persone, nate all'estero, che vivono nel nostro Paese.
      Solo nel 2010 c'era quasi un milione di minori stranieri, di cui oltre 650.000 nati in Italia, e le previsioni per il 2020 ci parlano del superamento della quota di 1,5 milioni.
      Va inoltre ricordato che il dato tendenziale, relativo alla natalità, in Italia non è sicuramente confortante e che uno studio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sostiene che il calo demografico tra il 2010 e il 2020 sarà di almeno altri 1,7 milioni di cittadini, il che porterebbe, con le medesime dinamiche, un rapporto di uno a otto per quanto riguarda gli stranieri e gli italiani.
      Sembrerà quindi chiaro a tutti che la modifica di una normativa di questa importanza non può essere circoscritta a una questione di natura meramente legislativa, a una contrapposizione nel novero dei mezzi di acquisto del diritto di cittadinanza fra lo ius soli, che fa riferimento alla nascita nel «suolo», cioè nel territorio dello Stato, e lo ius sanguinis, imperniato invece sull'elemento della discendenza o della filiazione, ma condiziona e produce importanti ripercussioni sui percorsi d'integrazione e d'inserimento di milioni di stranieri.
      Solo nella XVI legislatura i progetti di legge d'iniziativa parlamentare in materia di cittadinanza sono stati più di quaranta, ma ciò che realmente è mancato sono stati il dialogo e la volontà di trovare un punto d'incontro tra le diverse impostazioni politiche e ideologiche.
      Dobbiamo considerare che riforme così importanti, come quella sulla cittadinanza, riguardano le regole di convivenza civile della società presente e futura ed è quindi auspicabile che siano approvate dalla più ampia maggioranza possibile.
      Non è certo possibile, quindi, pensare a un mero schema di assimilazione di un modello piuttosto che di un altro, e proprio per questo la riforma può avvenire unicamente con l'apporto di tutti gli attori interessati, di tutte le forze parlamentari e della società civile nel suo complesso, con i suoi rappresentanti italiani e stranieri.
      I contenuti di questo dibattito dovranno riguardare il progetto di una reale condivisione della nostra cultura da parte di tutti, all'interno di regole chiare e di un rispetto reciproco, non solo finalizzato all'acquisizione della cittadinanza italiana, ma anche, conseguentemente, di quella europea.
      Questa riforma deve essere rivolta alle seconde generazioni, cioè ai figli degli immigrati nati in Italia, che, come affermato dallo stesso Presidente della Repubblica, rappresentano parte integrante della nostra società, e i quali spesso, oggettivamente, non hanno alcun legame culturale o addirittura linguistico con il Paese d'origine dei loro genitori.
      Naturalmente il raggiungimento di una vera integrazione sociale, culturale e civile passa per un percorso, per la condivisione di un progetto e per una reale intenzione da parte dello straniero.
      Sono sicuramente innumerevoli gli esempi, a tale proposito, di imprenditori stranieri perfettamente integrati, non solo nel nostro tessuto imprenditoriale, ma anche nella vita sociale e civile, che contribuiscono, con il loro impegno e con il loro lavoro, al miglioramento del nostro Paese.
      Al loro impegno si devono ispirare tutti coloro i quali intendono intraprendere, all'interno di opportune e inderogabili regole, questo percorso fatto di diritti e di doveri nei confronti dello Stato e della comunità nazionale.
      Il traguardo da raggiungere, ispirandosi in parte all'esperienza di alcuni Paesi europei, deve essere l'introduzione di una forma di ius soli legata non più esclusivamente alla residenza continuativa per un arco temporale, requisito previsto anche dalla normativa vigente, bensì al compimento di un percorso scolastico limitato almeno alla scuola primaria.
      Una sorta, dunque, di ius culturae – come qualcuno sostiene e auspica da tempo – da confermare, nel caso in cui la persona nata in Italia abbia successivamente risieduto all'estero e intenda acquisire la cittadinanza del nostro Paese, attraverso un apposito esame che attesti la conoscenza della cultura e della lingua italiana, condicio sine qua non per una reale futura integrazione.
      Se siamo convinti delle nostre tradizioni, del nostro stile di vita, delle nostre leggi, della nostra cultura e di tutto quello che, in sintesi, nel tempo e con il sacrificio di molti è diventato «Italia», dovremmo essere quantomeno orgogliosi di offrire questa «identità» a chi ce la chiede, condividendo il destino di essere venuto al mondo in questa penisola e contribuendo al suo progresso economico, sociale e civile.
      Il vero obiettivo deve essere, all'interno di un confronto maturo di tutti i principali attori protagonisti di questa riforma, quello di superare, finalmente, gli steccati e le divisioni che hanno caratterizzato gli ultimi anni, approvando non una semplice modifica alla normativa vigente, ma pensando a un vero e proprio percorso, all'interno di chiare e condivisibili regole, che possa realmente premiare non solo una parte di cittadini, ma tutta la comunità nazionale che si ritrova, con gli stessi princìpi e valori, ad affrontare le importanti sfide odierne e future.
      La presente proposta di legge prevede quindi l'introduzione di un nuovo articolo 3-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91, volto a disciplinare organicamente la materia della cittadinanza degli stranieri nati in Italia.
      Si dispone a questo riguardo che il minore straniero nato nel territorio italiano possa divenire cittadino qualora vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al compimento del corso della scuola primaria secondo la disciplina vigente. L'acquisto della cittadinanza si configura pertanto come un diritto sottoposto a una condizione sospensiva, consistente nel compimento di un corso di istruzione che certifica l'avvenuta acquisizione delle conoscenze culturali e della formazione civica necessarie per una piena integrazione del giovane nella società italiana.
      In questo caso, l'acquisto della cittadinanza avverrebbe con la resa di una dichiarazione alla quale dovrebbe essere allegata – secondo i princìpi generali della legge n. 91 del 1992 – la documentazione che certifica la nascita e la residenza in Italia nonché il compimento del prescritto percorso scolastico. È escluso il pagamento del contributo previsto dall'articolo 9-bis, comma 2.
      Nel caso – presumibilmente più frequente – di soggetto minorenne, la dichiarazione sarà resa da chi esercita la potestà dei genitori secondo l'ordinamento dello Stato di origine. Poiché tuttavia non è previsto un termine di decadenza, qualora i genitori omettano di provvedervi, la dichiarazione potrà essere resa dall'interessato stesso al raggiungimento della maggiore età o successivamente.
      Il soggetto divenuto cittadino a seguito di dichiarazione presentata dai genitori, se possieda altra cittadinanza o la riacquisti, può comunque rinunziare alla cittadinanza italiana entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.
      Viene altresì mantenuta – con una nuova collocazione sistematica nel medesimo articolo 3-bis – la disposizione attualmente contenuta nel comma 2 dell'articolo 4 della stessa legge n. 91 del 1992, che consente allo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, di divenire cittadino presentando dichiarazione a questo fine entro un anno dalla suddetta data. Ciò evita che l'introduzione del requisito di compimento del corso scolastico di istruzione primaria possa determinare un trattamento deteriore rispetto alla disciplina ora vigente, precludendo l'acquisto della cittadinanza nel caso in cui – per qualsiasi ragione – lo straniero non abbia completato il prescritto corso di studi.
      È introdotta, infine, una terza possibilità di acquisto della cittadinanza in favore dello straniero nato in Italia, qualora non possieda i requisiti della residenza ininterrotta e del compimento del corso scolastico primario. In tal caso egli potrà divenire cittadino previo superamento di un esame che ne accerti la conoscenza della cultura e della lingua italiana nonché dei princìpi e delle norme fondamentali dell'ordinamento italiano. Il requisito della residenza è limitato, in quest'ipotesi, ai tre anni precedenti la data di presentazione dell'istanza di ammissione all'esame. L'esame culturale previsto, unitamente al requisito di un periodo minimo di residenza, è volto ad assicurare che sussistano le condizioni di un'effettiva integrazione del richiedente la cittadinanza nella comunità nazionale. Per la stessa ragione, tale modalità di acquisto della cittadinanza è preclusa nei casi di condanna per gravi reati o qualora sussistano comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica, nei limiti e alle condizioni stabiliti dai vigenti articoli 6 e 8 della legge n. 91 del 1992.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Introduzione dell'articolo 3-bis della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza degli stranieri nati in Italia).

      1. Dopo l'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente:
      «Art. 3-bis. – 1. Lo straniero, nato in Italia e che abbia completato il corso di istruzione primaria secondo la disciplina vigente risiedendovi legalmente fino a tale data, diviene cittadino mediante dichiarazione resa, in qualunque momento, ai sensi degli articoli 9-bis, comma 1, e 23. Qualora si tratti di minore, la dichiarazione è resa dal soggetto che esercita la potestà dei genitori secondo l'ordinamento dello Stato di origine. Non si applicano le disposizioni dell'articolo 9-bis, comma 2.
      2. Nei casi di cui al comma 1, secondo periodo, l'interessato, se in possesso di altra cittadinanza o se la riacquisti, può rinunziare alla cittadinanza italiana entro un anno dal raggiungimento della maggiore età.
      3. Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.
      4. Fuori dei casi di cui ai commi 1 e 3, lo straniero nato in Italia acquista la cittadinanza italiana, a condizione che alla data di presentazione dell'istanza risieda legalmente da almeno tre anni nel territorio della Repubblica, previo superamento di un esame che ne accerti la conoscenza della cultura e della lingua italiana nonché dei princìpi e delle norme fondamentali dell'ordinamento italiano.


      5. L'acquisto della cittadinanza ai sensi del comma 4 del presente articolo è precluso nei casi e alle condizioni previsti dagli articoli 6 e 8».
Art. 2.
(Modifica di coordinamento).

      1. Il comma 2 dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è abrogato.

Art. 3.
(Disposizioni di attuazione).

      1. Il Governo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adegua i regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572, e al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362, alle disposizioni della presente legge, stabilendo, in particolare, le modalità per la presentazione delle dichiarazioni e delle istanze, la documentazione necessaria, gli organi competenti e i relativi termini.
      2. Entro il termine stabilito dal comma 1, con regolamento emanato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono definiti i programmi per lo svolgimento dell'esame previsto dall'articolo 3-bis, comma 4, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, introdotto dall'articolo 1 della presente legge.