• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.6/00207 esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 (DOC. LVII, n.4-bis. Allegato I e Annesso), premesso che: le politiche neo-liberiste, di svalutazione del lavoro,...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00207 presentata da LOREDANA DE PETRIS
mercoledì 12 ottobre 2016, seduta n.699

Il Senato,
esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 (DOC. LVII, n.4-bis. Allegato I e Annesso), premesso che:
le politiche neo-liberiste, di svalutazione del lavoro, con la cancellazione di diritti faticosamente conquistati negli anni e di austerità imposte dall'euro-zona e attuate dal Governo Renzi si confermano ancora una volta, con questo documento, profondamente inique e inevitabilmente recessive, non avendo prodotto crescita e lavoro stabile, non avendo ridotto il debito pubblico e arginato il fenomeno dilagante delle diseguaglianze, della povertà e del disagio sociale nel nostro Paese;
le stime contenute nel documento di programmazione al nostro esame sono state tutte riviste al ribasso da Banca d'Italia, Corte dei conti, ISTAT e, infine, dall'Ufficio parlamentare del bilancio che, con una decisione senza precedenti, ha formulato un esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017;
il livello di criticità e di voluta forzatura politica traspaiono già dalle prime pagine del documento in cui il Ministro dell'economia e delle finanze, Piercarlo Padoan, lega -senza alcun riscontro comprovabile da studi o stime verificabili pubblicamente - la crescita economica del Paese nel 2017 alla vittoria del "SI" nel referendum fissato il prossimo 4 dicembre. Tale posizione va fermamente censurata non solo per la infondatezza e inattendibilità delle stime fissate dal Governo, prima nel DEF 2016 e ora nella Nota di aggiornamento, ma anche e soprattutto per il tentativo che ne consegue di orientare il voto dei cittadini, oltre che il consenso europeo, sulla base di previsioni che non esistono non potendosi dimostrare alcun legame tra le stime di crescita e l'attuazione della riforma costituzionale. La consultazione referendaria non si è ancora svolta e rispetto agli esiti di tale consultazione, il Governo deve rispettare la Costituzione, anche quando presenta un documento economico, perché la sovranità e, quindi, il libero esercizio del diritto di voto appartiene ancora al Popolo;
dalla Nota di aggiornamento del DEF si evidenziano le consuete e fallimentari ricette di politica economica: continuare a ridurre o a contenere la spesa pubblica (in particolare quella sociale, per gli investimenti, per le politiche industriali) finalizzando i risparmi a sgravi fiscali a pioggia per le imprese o a bonus fiscali (una tantum o parziali) per le famiglie (come prevede anche questa Nota): non produce crescita economica, non fa aumentare la buona occupazione, non fa crescere la domanda interna. Le politiche di "liberalizzazione" del mercato del lavoro: non creano nuovi posti di lavoro con tutele e duraturi, ma fanno aumentare solo il lavoro precario, come dimostra l'esplosione dei voucher. Sono politiche che non riformano il "mercato del lavoro", ma creano un "mercato dei lavoratori", sotto ricatto e senza diritti. Le privatizzazioni non aiutano a ridurre il debito, ma sono un vantaggio per pochi affaristi e determinano una inaccettabile e indiscriminata svendita del patrimonio pubblico. Continuare a "tappare il buco" del problema delle pensioni con misure come l'APE che, se da un lato cerca di offrire una risposta onerosa ed eccessivamente penalizzante per i lavoratori già lesi nei loro diritti, dall'altro offre un sicuro sbocco ai problemi di banche e imprese che possono liberarsi di salariati onerosi in cambio di lavoratori con salari inferiori e resi più ricattabili con l'abbassamento del livello dei loro diritti. L'APE, oltre a produrre un'ulteriore "privatizzazione" del sistema pensionistico non affronta il problema del futuro delle pensioni per le giovani generazioni e del superamento della legge Fornero attraverso una revisione e riduzione dell'età pensionabile legata alla tipologia dei lavori. Servono altre politiche che nel DEF non compaiono: un programma poderoso di investimenti pubblici, un vero piano del lavoro, la difesa del welfare universale, il rilancio dell'istruzione e della sanità pubblica, una politica fiscale veramente progressiva e - naturalmente - la messa in discussione delle politiche di austerità europee, procedendo unilateralmente all'ampliamento del rapporto deficit-PIL al 3 per cento, per finalizzare le maggiori risorse una tantum agli obiettivi che indichiamo in questa nostra risoluzione;
colpisce in modo estremamente negativo il divario tra il quadro tendenziale, a legislazione invariata, e quello programmatico, basato su stime e valutazioni tanto irrealistiche da aver determinato una unanime ferma bocciatura da parte degli organismi auditi che hanno ammesso l'impossibilità di formulare giudizi per mancanza di informazioni serie e realistiche. In particolare si rimane colpiti dalla arrogante furbizia con cui vengono sciorinate tali stime: se solo si legge la Tavola II.3, a pagina 43, della Nota si comprende subito che dello 0,4 per cento di crescita derivante dalle misure espansive del Governo, ben lo 0,3 per cento viene fatto conseguite dal rinvio dell'aumento dell'IVA al 2018, per cui il mancato aumento di un imposta dovuto al suo rinvio viene fatto passare dal Governo come una misura di riduzione fiscale connessa alla crescita. Un'autentica novità nella storia dell'economia su cui, ovviamente, si sono concentrate le maggiori critiche da parte dei soggetti auditi -in particolare dalla Banca d'Italia- in Commissione bilancio;
ancora più irrealistica l'attribuzione di effetti espansivi, pari a 0,1 per cento di PIL, alla correzione di 0,5 punti percentuali di PIL, necessaria a portare il deficit tendenziale, post sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, dal 2,5 per cento al 2,0 per cento del PIL;
le clausole di salvaguardia, quindi, restano sull'aumento di IVA e accise nel 2018 e nel 2019, perché il Governo le ha sterilizzate solo per il 2017;
forti perplessità sulla Nota di aggiornamento al DEF 2016 sono state espresse anche dalla Corte dei conti che nell'ambito della propria relazione sulle entrate depositata in Parlamento ha evidenziato i propri dubbi sulla tenuta delle coperture finanziariepreviste dal Governo e, soprattutto, sulla politica di bilancio perseguita dal Governo fondata essenzialmente sul principio dell'"adesione spontanea" (compliance), elevata a pilastro della strategia fiscale da inserire nella legge di bilancio;
sempre sotto il profilo finanziario, la Nota di aggiornamento al DEF 2016 risulta, inoltre, decisamente ottimista e reticente sulle difficoltà che sta attraversando il nostro sistema creditizio e, soprattutto, sulle politiche necessarie per salvaguardarlo. Il Governo tende a sottovalutare sia le difficoltà endogene sia le conseguenze che potrebbero derivare della crisi della Deutsche Bank che il Fondo monetario internazionale considera una delle maggiori fonti di rischio sistemico in Germania e in Europa a causa dei suoi derivati. Inoltre, la Nota sottolinea come l'offerta di credito al settore privato sia gradualmente aumentata nel corso del 2016, come il rapporto tra le sofferenze e l'ammontare complessivo dei prestiti si sia pressoché stabilizzato, come gli istituti italiani si confermano solidi e ben capitalizzati. Purtroppo la realtà è ben altra e la situazione del comparto creditizio molto più complessa di quella che il documento rappresenta;
come giustamente osservato da molti economisti la discussione sui limiti all'intervento pubblico nei salvataggi delle banche in crisi deve rientrare nella più ampia riflessione sulla riforma del sistema bancario e sulle sorti dell'Unione bancaria europea. La lunga depressione che ha colpito l'Italia ha fatto crollare gli investimenti delle imprese; le politiche di austerità hanno drasticamente tagliato gli investimenti pubblici. La grande liquidità offerta dalla BCE al sistema bancario non si sta traducendo in nuovi investimenti perché le scelte delle banche favoriscono impieghi a basso rischio e di breve termine. Tutto questo evidenzia un grave vuoto del sistema bancario e finanziario del Paese: l'assenza di una banca pubblica d'investimento che operi in in maniera flessibile e che alimenti un flusso di risorse verso la ricostruzione di capacità produttive avanzate, infrastrutture necessarie e le capacità di fornire beni pubblici adeguati alle esigenze del Paese. Per non parlare del fatto che si attende ancora che vengano riviste le regole del bail in;
nella Nota di aggiornamento al DEF 2016 non emergono indicazioni sulle risorse da destinare al rinnovo dei contratti dei dipendenti della pubblica amministrazione lasciando ancora nella indefinitezza e nell'incertezza migliaia di lavoratori. considerato anche che la vera spending review è stata sostenuta dalle lavoratrici e dai lavoratori della pubblica amministrazione tra il 2009 e il 2015, con una diminuzione della spesa per i redditi dei dipendenti pubblici di 10 miliardi di euro e un calo del numero dei dipendenti pubblici di 110.000 unità A ciò si aggiunga che il blocco del turn over nel pubblico impiego non ha prodotto una razionalizzazione efficacie del lavoro e nell'uso delle risorse peggiorando e diminuendo sempre più i livelli dei servizi offerti e delle prestazioni rappresentando esclusivamente una delle voci ragionieristiche di spending review i cui effetti sono stati catastrofici per i lavoratori e per i cittadini, nonostante le decantate riforme della pubblica amministrazione di cui il Governo fornisce prontamente l'elenco;
il programma "Garanzia Giovani" continua a produrre, nonostante l'ingente destinazione di risorse ad esso dedicate, risultati pessimi. La Nota di aggiornamento al DEF 2016 ne riporta l'aggiornamento segnalando rispetto al dicembre 2015 un incremento del 50,9 per cento del numero dei giovani che hanno fruito di una delle misure previste dal Programma che, come noto, consiste quasi sempre nello svolgimento di un tirocinio. Vi sarà pure una crescita delle registrazioni al Programma, ma di fatto solo il 40 per cento dei giovani riesce a concludere il percorso in Garanzia Giovani con una occupazione e solo il 30 per cento di questi giovani risulta occupato con contratti a tempo indeterminato, ma ciò non preoccupa minimamente il Governo che si ostina pervicacemente a utilizzare questo strumento che, come quello dei voucher, è solo servito a legalizzare nel nostro Paese la precarizzazione del mercato del lavoro a basso costo, senza reali effetti positivi sulla emersione e il contrasto del lavoro nero;
i dati dell'occupazione forniti dalla Nota di aggiornamento al DEF 2016 parlano di un andamento del tasso di occupazione attestato al 57 per cento e un tasso di disoccupazione sceso all' 11,6 per cento (- 0,7 per cento rispetto al 2015). Ma la verità è che la percentuale maggiore di crescita di posti di lavoro riguarda le persone che hanno dai 55 anni in su, perché di fatto le esperienze derivanti dagli sgravi contributivi, dal Programma "Garanzia Giovani" e soprattutto il Jobs Act, a fronte di una spesa di 18 miliardi di euro non hanno sedimentato alcuna inversione concreta di tendenza e i dati forniti dal Governo sui pochi decimali in più ne rappresentano la prova più evidente e accusatrice;
sulle pensioni la Nota propone un focus dal quale si evince che la minore incidenza della spesa in rapporto al PIL derivante dal complessivo processo di riforma avviato nel 2004 è pari a circa 60 punti percentuali del PIL fino al 2050 e un terzo di questa minore incidenza sul PIL deriva dalla riforma Fornero. In particolare, il documento prevede di inserire nella prossima legge di bilancio 2017 una serie di misure disorganiche e differenziate che lasciano aperta la questione principale che bisognerebbe affrontare in materia di pensioni: e cioè quella di avviare interventi strutturali capaci di superare radicalmente la legge Fornero che, sino ad oggi, ha solo prodotto vincoli e rigidità. Non risulta neanche citato il finanziamento dell'ottava clausola di salvaguardia per affrontare in via definitiva la questione degli esodati;
sulla sanità, la Nota conferma ancora una volta la scellerata scelta politica di attuare la costante decrescita e il definanziamento programmato del nostro Servizio sanitario nazionale. Ancora una volta la spesa sanitaria in rapporto al PIL si conferma in diminuzione confermando la volontà del Governo di equiparare le spese sostenute per finanziare il Servizio sanitario nazionale a qualsiasi altro centro di costo. La spesa sanitaria che viene stimata al 6,8 per cento in rapporto al PIL per quest'anno e per il 2017, vede ridursi al 6,7 per cento nel 2018, e quindi al 6,6 per cento nel 2019. Per ritornare ai livelli spesa sanitaria/PIL del 2010, che era del 7 per cento, si dovrà aspettare il 2030-2035. Ossia bisognerà attendere 15-20 anni. Ed è grave che questo costante definanziamento del Servizio sanitario nazionale, avvenga nonostante il rapporto spesa sanitaria/PIL, sia da tempo al di sotto della media dei rispettivi valori della UE a 15 (8,7 per cento. Nella Nota, non si dice nulla sul finanziamento del Servizio sanitario, e bisognerà attendere la legge di bilancio che sarà presentata entro il prossimo 20 ottobre. Il rischio più che concreto è che, come sta sempre avvenendo in questi ultimi anni, il Governo, con la legge di bilancio, certificherà un ulteriore taglio al finanziamento del Fondo sanitario nazionale portandolo ad un livello più basso di quello programmato e concordato in sede di intesa Stato-Regioni, come è già avvenuto per il 2016. Dai 117,6 miliardi stimati dal DEF 2013, si è passati a 116,1 con il DEF 2014 e a 113,4 con il DEF 2015, per giungere a un finanziamento reale ed effettivo di 111 miliardi nella legge di stabilità 2016, peraltro comprensivi dei 800 milioni di euro da destinare ai nuovi LEA alla realizzazione dei quali servirebbero almeno 3 miliardi. Quest'anno ci si aspetterebbe che il finanziamento al Fondo sanitario risultasse perlomeno di 113 miliardi. Un impegno assunto dalla ministra Lorenzin, e ribadito con l'intesa Stato-Regioni dell'11 febbraio 2016. Ma tutto lascia pensare che questa cifra - peraltro del tutto insufficiente - sarà ancora una volta disattesa e probabilmente limata a 112 miliardi di euro. Il Presidente del Consiglio potrà così ancora una volta dire che il Fondo sanitario nazionale è aumentato di un miliardo (da 111 a 112 miliardi), mentre per l'ennesima volta saremo di fronte a una riduzione delle risorse promesse alle Regioni per garantire i servizi socio-sanitari. Nulla, infine, dice la Nota sulle risorse necessarie a finanziare i farmaci innovativi, e per la cura dell'epatite C;
sul fronte delle politiche sociali la Nota di aggiornamento al DEF 2016 non dice praticamente nulla sulle misure messe in atto dal Governo per proteggere le fasce più deboli della popolazione. I recenti dati ISTAT, parlano di 1 milione e 582.000 famiglie in povertà assoluta, pari a 4 milioni e 598.000 persone: il numero più alto dal 2005. I minori in povertà assoluta sono pari al 10,9 per cento più di un minore su 10 (nel 2005 la percentuale era del 3,9 per cento. Soltanto il 3 per cento delle prestazioni sociali erogate in Italia riguardano la parte più povera della popolazione. A fronte di questa situazione, ci si limita a richiamare l'iter avviato alla Camera del disegno di legge per il contrasto alla povertà. La Nota in commento ricorda come il disegno di legge delega al Governo per il contrasto della povertà, che doveva essere uno dei fiori all'occhiello di questo Esecutivo, e approvato dalla Camera il 14 luglio scorso, risulta praticamente fermo in Commissione al Senato. Un provvedimento, peraltro, che può contare solamente su circa un miliardo di euro l'anno, laddove sono circa 7 i miliardi stimati come necessari a regime per sostenere realmente le famiglie e le persone in situazione di povertà e di disagio estremo. Infine, nella Nota si segnala la totale assenza di qualsiasi riferimento alla revisione dell'ISEE su cui il Governo si era impegnato formalmente in Parlamento attraverso l'approvazione di numerosi atti di indirizzo;
sul fronte della scuola, l'università, la ricerca, la Nota di aggiornamento al DEF 2016 non dice sostanzialmente nulla e meno che mai offre indicazioni rispetto alla soluzione di molteplici questioni costantemente denunciate dal Parlamento ed evidenziate in sede di discussione del DEF 2016 nell'ambito della Risoluzione al Documento di economia e finanza 2016 presentata dal Gruppo Sinistra Italiana. Eppure l'Italia è ampiamente al di sotto della media europea per quel che riguarda gli investimenti pubblici in scuola, università, ricerca e cultura. Questo spiega la bassa qualità della nostra produzione di merci e servizi e la nostra difficoltà a uscire dalla crisi. Per uscire dall'impasse oltre ad un robusto stanziamento di risorse per università e ricerca, occorrerebbe risolvere definitivamente ed in un sol colpo la condizione di precariato storico nella quale versa un esercito di oltre 600.000 docenti che, a vario titolo e legittimamente, aspirano ad una cattedra. Appare quindi necessario attuare un percorso di graduale stabilizzazione di tale personale, gran parte del quale escluso dal piano straordinario di assunzioni previsto dalla cosiddetta Buona scuola. Infine, non vi è nulla riguardo alla garanzia di un reale "diritto allo studio" così da assicurare su tutto il territorio nazionale borse di studio, alloggi per gli studenti fuori sede e sconti per la mobilità studentesca oneri insostenibile per migliaia di studenti;
la Nota non affronta in alcun modo la questione delle politiche abitative e il mancato finanziamento del "Fondo contributo affitto", azzerato con dall'ultima legge di stabilità e i mancato incremento della dotazione del fondo morosità incolpevole, cosi come non si evince alcuna indicazione di sorta sull'applicazione dell'articolo 26 del cosiddetto "decreto sblocca-Italia" con cui si dispone, tra l'altro, che prima di procedere alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del demanio civile e militare questi debba essere valutato ai fini dell'utilizzo per contrastare la precarietà abitativa;
per quanto riguarda le politiche abitative i circa 40 miliardi di euro di sofferenze detenute dalle banche derivanti da mutui contratti da famiglie in difficoltà o relativi a fallimenti di imprese di costruzioni occorrerebbe invece intervenire al fine di trasformare un problema in una opportunità, costituendo un fondo ad hoc presso la Cassa depositi e prestiti in grado di acquistare Non Performig Loans (NPL) con sottostante immobiliare all'attuale prezzo di mercato. In tal modo si accrescerebbe il patrimonio edilizio pubblico con conseguente sollievo per migliaia di famiglie;
in materia ambientale dalla Nota emerge un'attività legislativa del Ministro dell'ambiente e dell'Esecutivo assolutamente insufficiente e del tutto inadeguata: in questi oltre 2 anni e mezzo di Governo, i diversi provvedimenti positivi in materia ambientale, e diventati legge dello Stato, sono stati quasi tutti di iniziativa parlamentare. (il Codice penale dei delitti contro l'ambiente, la riforma delle Agenzie ambientali, ad esempio) Lo stesso "Collegato ambientale", divenuto legge 221/2015, è in realtà un'eredità del precedente Governo Letta. Ciò che il Governo e il Ministro dell'ambiente possono vantare è il pessimo decreto "sblocca-Italia"; le norme "spalma incentivi" introdotte con il decreto-legge n. 91 del 2014 con le quali si sono ridotti gli incentivi e le agevolazioni alle fonti energetiche rinnovabili; la sequenza orribile di decreti sull'ILVA di Taranto, sempre attenti ai futuri acquirenti dello stabilimento piuttosto che dare priorità assoluta alla salute dei cittadini e dell'ambiente. Le criticità ambientali sono purtroppo ancora tutte lì: praticamente finora poco si è fatto per dare una risposta alle infrazioni comunitarie in materia ambientale; poco o nulla in materia di amianto e bonifiche; ancora niente per la localizzazione del deposito nazionale unico per i rifiuti radioattivi; "al palo" gli interventi per la lotta all'inquinamento e al conseguente allarme sanitario;
lo stesso "Green Act", annunciato nel 2015, è un disegno di legge che dovrebbe intervenire in materia di fiscalità ambientale, economia circolare, mobilità, rinnovabili, e che avrebbe dovuto rappresentare un fiore all'occhiello del Governo e continua a rimanere un oggetto misterioso. Ora, la Nota in commento, sposta il termine a "entro il 2017". Il Presidente del Consiglio dei ministri, inoltre, dopo i drammatici eventi sismici dell'agosto scorso, si è impegnato a varare un programma di messa in sicurezza del Paese. La Nota di aggiornamento al DEF in esame, ne fa cenno laddove si esplicita che il Governo "intende inoltre attuare ulteriori misure volte a mettere in sicurezza il territorio, il patrimonio abitativo e le infrastrutture scolastiche (...). Il pacchetto di misure per le emergenze costituisce una priorità economica e sociale per il Paese. Esso verrà dettagliato nella Legge di Bilancio 2017 (...). Al di là della necessaria ricostruzione delle zone colpite dal terremoto, i tragici eventi succedutisi negli ultimi anni rendono prioritario programmare interventi antisismici per mettere in sicurezza la popolazione, il territorio e il patrimonio abitativo, artistico e culturale del Paese". Intanto il cosiddetto decreto-legge "Terremoto" annunciato sulla stampa nazionale non risulta ancora entrato in vigore, come neanche il cosiddetto Programma Casa Italia;
in modo molto insufficiente vengono trattati nella Nota temi fondamentali come sviluppo economico, politiche per il Mezzogiorno, comunicazioni, infrastrutture e trasporti. Tutto si concentra nell'esaltazione del Programma Industria 4.0 che rimane una pura enunciazione come pure gli interventi adottati per i cosiddetto "Patti per il Sud" dove manca ancora la destinazione diretta alle Regioni del Mezzogiorno di oltre 10 miliardi di euro a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014- 2020. Neanche una parola sulla necessità di contrastare il fenomeno dilagante delle delocalizzazioni che attanaglia il nostro Paese e causa continua di migliaia di licenziamenti. Per quanto riguarda le privatizzazioni il Governo ne rivede al ribasso le entrate conseguenti dallo 0,5 allo 0,1 per cento del PIL. La privatizzazione di Ferrovie dello Stato prevista entro il 2016, per la sua complessità slitterà al 2017. Il Gruppo parlamentare Sinistra Italiana rimane convintamente contrario al processo di privatizzazione nel convincimento che le Ferrovie rappresentino un bene strategico per il Paese ed una risorsa per tutti gli italiani. Soprattutto, il timore è che il Gruppo Ferrovie dello Stato verrebbe, in sostanza, svuotata di valore e di contenuti e il tutto per raccogliere pochi miliardi di euro (tra i 5 e i 10 miliardi a quanto risulta) che non sono assolutamente nulla rispetto ai 2000 miliardi di debito pubblico accumulati dal nostro Paese con il rischio certo di uno scadimento del servizio, in particolare quello rivolto ai pendolari, e un sicuro peggioramento delle condizioni di lavoro del personale ferroviario. Per quanto riguarda i trasporti, la Nota ribadisce l'impegno di 12 miliardi per riattivare la cosiddetta cura del ferro. Tale obiettivo sembra contrastare con il recente piano industriale presentato da Ferrovie dello Stato, di cui il Governo è azionista, che vuole il 70 per cento degli investimenti al di fuori del tradizionale perimetro delle attività in particolare puntando allo sviluppo del trasporto su gomma con l'azienda BusItalia. Al contrario andrebbe, invece, adottata ogni iniziativa di competenza, garantendo il pieno coinvolgimento delle regioni, per promuovere finalmente scelte coraggiose e mirate in termini di mobilità urbana ed extraurbana, a partire dallo stanziamento di maggiori risorse per arrivare a 5.000.000 di cittadini trasportati ogni giorno nel 2020, portando il trasporto ferroviario agli stessi standard qualitativi europei;
in modo del tutto vacuo e inconsistente la Nota interviene sulle questioni afferenti alla giustizia, alla difesa e soprattutto le politiche migratorie per cui rimangono irrisolte tutte le criticità già a suo tempo stigmatizzate dal Gruppo Sinistra Italiana nell'ambito della propria Risoluzione al DEF 2016. Non esiste ancora una legge efficace per contrastare i conflitti di interessi. Latitano gli strumenti di prevenzione, controllo e che incentivino la celerità dei processi, nonché misure efficaci per garantire l'accesso alla giustizia come previsto dall'articolo 24 della Costituzione con particolare riferimento ai non abbienti . Non sono state promosse concrete misure a tutela e sostegno delle vittime dei reati. Non esiste ancora una diversa regolamentazione della cannabis e, in particolare, la sua legalizzazione. Ancora non esiste nel nostro ordinamento il reato di tortura in spregio ai richiami europei. I Centri di identificazione ed espulsione (CIE) e i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) sono ancora aperti. Non è stata avviata alcuna riduzione progressiva del sistema di accoglienza straordinario a vantaggio di quello ordinario (SPRAR - Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che andava potenziato attraverso nuovi stanziamenti, che sono stati fortemente ridimensionati per gli anni futuri. Meno che mai risultano ridotti gli investimenti per i Programmi d'armamento e i fondi dello sviluppo economico attualmente messi a disposizione della Difesa che potrebbero essere utilmente destinati ad altre finalità,
impegna il Governo:
a modificare profondamente la Nota di aggiornamento al DEF 2016 al fine di prevedere spazi finanziari tali da poter inserire nell'ambito della prossima legge di bilancio 2017 disposizioni finalizzate prioritariamente all'adozione di:
1) un Green New Deal, triennale, per uno sviluppo eco-sostenibile e per il "lavoro di cittadinanza", ossia la buona e piena occupazione, per l'innalzamento delle risorse per il contrasto alla povertà, il tutto pari a circa un punto di PIL di spese in deficit (16 miliardi di euro annui), in disapplicazione delle regole UE e, in particolare, adottando:
a. un Piano triennale per il lavoro per 36 miliardi di euro nell'arco del triennio. Un Programma di investimenti pubblici (di cui una quota pari al 45 per cento riservata al Mezzogiorno con il ripristino della "clausola Ciampi") prioritariamente finalizzati alla manutenzione e messa in sicurezza del territorio, al miglioramento delle periferie urbane, alla bonifica di zone di territorio compromesso da inquinamento, al recupero di strutture pubbliche da destinare ad uso abitativo, uso sociale e/o produttivo, ad investimenti per l'efficienza energetica negli immobili della pubblica amministrazione, per la costruzione di asili nido, per la messa in sicurezza delle scuole, per l'introduzione della banda larga e ultra-larga nelle scuole, con la previsione di specifiche misure a sostegno dell'occupazione delle donne;
b. un Programma per la mobilità sostenibile per sei miliardi di euro nell'arco del triennio finalizzato al rinnovo e l'integrazione dello stock di treni per i pendolari e di autobus urbani e extraurbani;
c. l'innalzamento da 1 a 3 miliardi delle risorse attualmente previste dal Governo per il contrasto alla povertà;
d. specifiche misure volte alla riduzione dell'aliquota contributiva previdenziale al 24 per cento per i lavoratori a partita IVA per 1 miliardo di euro annui a decorrere dal 1° gennaio 2017;
2) misure finanziarie vigorose sul fronte dell'istruzione con lo stanziamento di almeno 3 miliardi di euro annui finalizzati:
a. ad avviare un Piano pluriennale di stabilizzazione dei precari della scuola con uno stanziamento iniziale di 1 miliardo di euro l'anno che si affianchi alla contestuale introduzione di nuove misure che, ridefinendo l'attuale rapporto classe-alunni ed elevando l'obbligo scolastico, rendano disponibili nuove cattedre;
b. ad incrementare le risorse per l'università e a favore della ricerca pubblica per almeno un miliardo di euro l'anno come primo passo per portare la spesa in ricerca italiana ai livelli della media europea e avvicinarsi all'obiettivo posto a Lisbona dall'Europa di portare in ogni paese la spesa in ricerca al 3 per cento del PIL;
c. a stanziare non meno di un miliardo di euro per il diritto allo studio al fine di garantire su tutto il territorio nazionale il riconoscimento di borse di studio, eliminando la vergognosa situazione in cui versano studenti vincitori di borsa ma non beneficiari; nonché favorire la costruzione di nuovi alloggi per gli studenti fuori sede e la ristrutturazione di quelli esistenti, rafforzando gli strumenti di agevolazione per gli affitti agli studenti delle case nelle città; e, infine, introdurre sconti per la mobilità studentesca favorendo politiche di agevolazione proprio nell'acquisto degli abbonamenti per i trasporti per gli studenti pendolari costretti peraltro a scontrarsi quotidianamente con un sistema di trasporti al collasso;
3) misure finalizzate ad evitare lo smantellamento strisciante del servizio sanitario nazionale, così da garantire l'universalità del Servizio sanitario nazionale portando la spesa sanitaria verso il 7 per cento del PIL e recuperando i tagli perpetrati negli ultimi anni, finanziando adeguatamente i LEA per almeno 3 miliardi di euro, sopprimendo i super ticket, riducendo le liste di attesa, sbloccando il turn over nel comparto sanitario; assicurando una vera lotta alla corruzione e agli sprechi affinché le risorse risparmiate diventino realmente risorse per la salute, quindi, per i farmaci innovativi e le nuove tecnologie, per la cura delle malattie croniche, per la medicina di genere, per l'assistenza ai non autosufficienti, ai senza fissa dimora, ai migranti; garantendo il reale diritto all'interruzione volontaria di gravidanza; e infine, promuovendo politiche di piena inclusione dei cittadini con disabilità e politiche per il benessere psicologico e psichiatrico;
4) misure destinate ad assicurare la reale sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale pubblico che matura in questo momento una vera e propria emergenza sociale per l'impossibilità di garantire nel prossimo futuro una copertura pensionistica adeguata alla generalità dei lavoratori. Sotto tale profilo l'intervento pubblico deve articolarsi su tre assi di intervento prevedendo uno stanziamento complessivo di 18 miliardi di euro nell'arco del prossimo triennio volto ad assicurare:
a. la ricongiunzione tra le varie casse previdenziali, consentendo l'unificazione gratuita dei contributi versati in diverse gestioni dai lavoratori sempre più mobili e quindi prevedendo il ritorno alla gratuità della ricongiunzione vigente prima del 1° luglio 2010;
b. una pensione minima di dignità, in luogo dell'assegno sociale (una forma di reddito minimo garantito per gli anziani) elevando dagli attuali 448,07 euro (2016) per 13 mensilità, a 600 euro (7.800 l'anno), per anziani ultra sessantacinquenni, come prima tappa per arrivare a garantire a tutti gli anziani il reddito equivalente alla soglia di povertà (circa 760 euro al mese - 9.120 euro all'anno);
c. la modifica dei criteri di pensionamento attualmente vigenti attraverso un superamento radicale della legge Fornero che punti a un'uscita generale per tutti a 65 anni di età e 35 anni di contribuzione, fatta salva la possibilità di prosecuzione dell'età lavorativa su base volontaria e prevedendo un coefficiente usurante associato alla mansione svolta che si basi su evidenze scientifiche e della medicina del lavoro;
5. misure finanziarie finalmente efficaci in materia di politiche abitative e per la casa prevedendo innanzitutto l'istituzione di un fondo presso la Cassa depositi e prestiti che serva ad acquistare Non Performig Loans con sottostante immobiliare all'attuale prezzo di mercato;
inoltre, si impegna il Governo a reperire le relative risorse necessarie, al netto del citato innalzamento dell'obiettivo deficit programmato per 16 miliardi di euro annui attraverso:
1. misure di equità fiscale quali:
a. il contrasto all'evasione fiscale a partire da quella dell'IVA secondo le proposte elaborate dal NENS (invio telematico delle fatture; limitazioni all'uso del contante) che possono determinare entrate per 6 miliardi dal primo anno di applicazione, crescenti negli anni successivi. Sotto tale profilo si propone di utilizzare solo 6 miliardi annui e di destinare il resto dell'incremento di gettito determinato dall'introduzione di queste misure al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (articolo 1, comma 431, della legge n. 147 del 2013);
b. l'abrogazione dell'articolo 1, comma 61, della legge n. 208del 2015 evitando la riduzione dell'aliquota IRES a partire dal 1 gennaio 2017;
c. la reintroduzione della Tasi per il 10 per cento delle abitazioni con i valori di mercato più alti che produrrebbe un incremento di gettito di almeno 800 milioni di euro annui di maggiori entrate;
d. una modifica della tassa sulle transazioni finanziarie, estendendola ai derivati e a tutte le operazioni -e non puramente al saldo di fine giornata- con un incremento di gettito di almeno 200 milioni di euro annui;
e. una riduzione delle franchigie sulla tassa di successione e l'applicazione di aliquote crescenti che porterebbe ad un incremento di gettito di almeno 500 milioni di euro;
f. la riduzione e/o la soppressione di alcune agevolazioni fiscali per un ammontare complessivo non inferiore a 1 miliardo di euro l'anno. Le agevolazioni fiscali sono 307 (Allegati A e B alla Tabella 1 delle entrate del Bilancio di previsione per il triennio 2016-2018) per un valore nel 2017 pari complessivamente a 175,7 miliardi di euro;
g. l'obbligo di apertura della partita IVA per gli operatori pubblicitari del web;
h. il contrasto alle pratiche elusive delle multinazionali del web (dopo il caso Apple-Irlanda) per quanto riguarda il pagamento delle imposte sui profitti;
2. l'attuazione di una spending review alternativa attraverso:
a. la riduzione o soppressione di alcune spese per armamento per 1,4 miliardo di euro l'anno, a partire dalle risorse stanziate annualmente per gli F35. Si tratta di risorse in conto capitale che potrebbero essere riorientate per sostenere spese per la ristrutturazione dei debiti dei Comuni italiani, in particolare lo stock verso Cassa depositi e prestiti, sottoscritto a tassi di interesse superiori al 5 per cento;
b. la riduzione per il 2017 e il 2018 di almeno 400 milioni di euro di euro del Fondo per le esigenze indifferibili ex articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014;
c. la riduzione e il progressivo azzeramento dei sussidi alle fonti fossili con un programma di decarbonizzazione della nostra economia, anche attraverso un preciso piano di sensibile riduzione, e quindi azzeramento, degli aiuti pubblici e dei sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili, prime responsabili delle emissioni di CO2, dell'inquinamento e dei cambiamenti climatici;
d. l'azzeramento degli stanziamenti per la TAV Torino-Lione, destinandoli al potenziamento delle ferrovie locali e dei treni per i pendolari;
3. l'utilizzo di 11 miliardi di euro di euro delle risorse del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014-2020 che ad oggi non risultano ancora destinate;
4. l'utilizzo di risorse aggiuntive della Cassa depositi e prestiti che dovrebbe essere indotta dal Tesoro a costituire un fondo per il finanziamento a tassi agevolati del programmi del Green New Deal;
5. l'utilizzo dei fondi pensioni della previdenza complementare rivedendo nel contempo le regole di iscrizione ai fondi da parte dei lavoratori e garantendo la possibilità di ripensamento.
(6-00207)
DE PETRIS, BAROZZINO, BOCCHINO, CAMPANELLA, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, PETRAGLIA, MINEO.