• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.6/00212 premesso che: il 27 settembre il Ministero dell'economia e finanze ha pubblicato la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che ha l'obiettivo di aggiornare le previsioni...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00212 presentata da ELISA BULGARELLI
mercoledì 12 ottobre 2016, seduta n.699

Il Senato,
premesso che:
il 27 settembre il Ministero dell'economia e finanze ha pubblicato la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza che ha l'obiettivo di aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del Documento di economia e finanza (DEF);
il documento contiene l'aggiornamento degli obiettivi programmatici, le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma;
anche in questa occasione il Governo resta legato al cieco perseguimento delle deleterie politiche di austerity, quali l'obbligo del pareggio di bilancio, che sinora non hanno prodotto e che non potranno produrre nemmeno in futuro alcun volano economico utile per il miglioramento delle condizioni del nostro Paese;
nelle varie audizioni, sia Banca d'Italia, che Corte dei conti, che ISTAT, oltre che l'Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) hanno, con modalità diverse, sostanzialmente espresso enormi perplessità sulla plausibilità delle stime del quadro macroeconomico effettuato dal Governo;
l'UPB, pur validando il quadro macroeconomico tendenziale per gli anni 2016 e 2017, ha fatto notare, nel corso dell'audizione presso le Commissioni bilancio riunite, di non aver potuto procedere ad una validazione positiva del quadro programmatico poichè la stima della crescita reale del PIL ipotizzata dal governo in entrambi gli anni, risulta essere più elevata del valore previsto dall'UPB, facendo trasparire un atteggiamento estremamente ottimistico da parte del governo nel produrre le sue stime per il 2017;
per gli anni 2018 e 2019 l'UPB presume che l'aumento dell'IVA rimarrà nella legislazione vigente come una "cambiale" sul disegno della politica di bilancio futura, dando quindi un carattere esplicito di provvisorietà al quadro programmatico;
la legge 243 del 2012 (articolo 18, comma 3) prevede che in caso di mancata validazione da parte dell'UPB il Governo illustra i motivi per cui ritiene di confermare le proprie valutazioni ovvero di confermarle a quelle dell'UPB;
il Ministro dell'economia e delle finanze, intervenendo il giorno 11 ottobre nelle Commissioni bilancio riunite della Camera dei deputati e del Senato, in risposta alle osservazioni presentate dall'UPB, ha asserito che tra le stime macroeconomiche della Nota al DEF e quelle del panel UPB esiste uno scarto a suo avviso contenuto e quindi non significativo e che il conseguimento dell'obiettivo di PIL all'1 per cento nel 2017 è a suo avviso concretamente realizzabile, grazie a una manovra espansiva pari a 24,5 miliardi (22 miliardi di misure espansive più 2 miliardi di oneri per le politiche vigenti) che secondo il Governo porterà la crescita dell'Italia dallo 0,6 per cento all'1 per cento;
anche la Banca d'Italia stima una crescita del PIL 2017 a +1 per cento quale obiettivo troppo ambizioso nell'attuale scenario programmatico;
la previsione di crescita del PIL del Governo è basata su una composizione della manovra sulla quale la Nota in esame non fornisce informazioni di dettaglio;
risulta altresì sopravvalutato per Banca d'Italia l'effetto dello stop dell'aumento IVA sulla crescita del PIL. Nelle valutazioni del Governo il mancato aumento dell'IVA avrebbe infatti un impatto positivo sul tasso di crescita del PIL pari a 0,3 punti percentuali nel 2017. Il moltiplicatore implicito in questa previsione è palesemente elevato, dati anche i ritardi che normalmente caratterizzano la risposta della spesa privata alle misure di bilancio;
la Corte dei conti fa presente come in occasione dell'audizione sul DEF del 19 aprile 2016 la stessa aveva già evidenziato alcune discrepanze sulle stime del Governo, in particolare sulla crescita del PIL reale che dei prezzi. Già in quella occasione la stessa infatti riteneva suscettibile di revisione al ribasso la crescita reale 2016 e il ritorno dell'inflazione a livelli fisiologici. La combinazione di questi due fattori portava la Corte dei conti a porre in evidenza la possibilità che le basi imponibili delle entrate potessero evolvere in una direzione meno favorevole di quella prefigurata dal DEF 2016 e che le stesse spese potessero essere sollecitate dal permanere di situazioni difficili sul fronte dell'andamento del reddito e dell'occupazione;
la Corte dei conti fa presente come i segnali di peggioramento dell'economia internazionale tenuti in considerazione dalla Nota di aggiornamento erano già presenti ad aprile in occasione del DEF. La stessa fa inoltre presente che occorre rilevare l'indebolita relazione tra crescita degli scambi internazionali e crescita del prodotto. Osservazione già fatta ad aprile in audizione sul DEF;
la Corte dei conti sottolinea che il governo ha un approccio ottimistico in merito alla ripresa della domanda mondiale, ammonendo che tale ripresa potrebbe nei fatti materializzarsi più lentamente;
la Corte dei conti rileva come ci siano elementi di fragilità nel quadro economico che si riflettono sul percorso programmatico di finanza pubblica e che tali elementi di fragilità erano già presenti nel DEF 2016, il quale mostrava previsioni di ripresa economica che puntualmente non si sono avverate;
la Corte dei conti conferma quanto già espresso nel DEF di aprile, ovvero la necessità di sfruttare appieno i margini di flessibilità offerti dal Patto di stabilità e crescita e di disattivare le clausole di salvaguardia che prevedono l'inasprimento dell'IVA, ma anch'essa evidenzia come nella Nota in esame non viene indicata la dimensione complessiva della manovra;
le stime del Governo sull'andamento del debito pubblico segnalano una leggera diminuzione dal 132,8 per cento del 2016 al 132,5 per cento del 2017 per scendere sotto la soglia del 130 per cento solo nel 2019. A riguardo tuttavia occorre segnalare che su tale tendenza non inciderà minimamente, a differenza di quanto comunicato dal governo, l'apporto proveniente dalle privatizzazioni;
la Corte dei conti ricorda come nel 2015 le stime dell'esecutivo sono state smentite clamorosamente dalla realtà: a fronte di un incasso previsto pari allo 0,5 per cento del PIL (circa 8 miliardi), infatti, le casse dello Stato si sono dovute accontentare di un misero 0,1 per cento grazie alla vendita di ENAV e di altri asset immobiliari. La medesima stima dello 0,4 per cento è prevista per il 2017 ma con tassi di interesse sul debito inferiori al rapporto prezzo delle azioni/dividendi delle società in vendita, si rischia di avere delle perdite sulle vendite e quindi effetti negativi sul patrimonio netto, per cui per la Corte dei conti è verosimile che anche per il 2017 le stime del governo saranno smentite dal dato effettivo;
il contenuto del DEF è stato ampliato con l'inserimento, in allegato al documento, dell'andamento triennale degli indici di Benessere equo e solidale (BES);
in occasione dell'informativa alla Camera sul disastro ferroviario avvenuto il 12 luglio scorso il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti aveva annunciato di aver deciso di stanziare un ulteriore miliardo e 800 milioni a supporto delle reti che sono di competenza regionale, ma nella nota vengono destinati solo 300 milioni per la messa in sicurezza di tali ferrovie;
il Consiglio dell'Unione europea del 28 giugno 2016 ha approvato cinque Raccomandazioni specifiche sul programma nazionale di riforma 2016 dell'Italia - richiamate alla Tavola IV. 1 del documento in esame - , fra le quali figura nuovamente, la richiesta, in tema di giustizia, di operare con urgenza sulla riforma della prescrizione;
l'Italia - a fronte dei finanziamenti esibiti dal Governo - è al ventisettesimo posto in Europa per investimenti in ricerca e trentacinquesima per numero di ricercatori; fra il 2008 e il 2014 la spesa pubblica in ricerca è scesa da 4 miliardi di euro a 2,8, la spesa per l'Università da 8,6 miliardi a 7,8. Le matricole universitarie sono calate del 20 per cento e i docenti del 17 per cento. Occorre interrompere il blocco delle assunzioni, vincere le logiche mortificanti del turn-over e tornare al più presto competitivi in Europa attraverso una programmazione economica che preveda ingenti investimenti pluriennali e una valorizzazione complessiva dell'intero comparto Università e ricerca;
la riforma dell'istituto della prescrizione, nella citata raccomandazione, viene associata al beneficio in termini economici generali derivanti dal potenziamento della lotta alla corruzione, fissando, per tale obiettivo, la scadenza della fine del 2016, dopo averne già vanamente sollecitato, l'assolvimento entro e non oltre la metà del 2015;
verificato infine che:
il prescritto intervento in materia di prescrizione risulta affidato ad un disegno di legge ancora in corso di esame in Senato e di assai incerta approvazione. Tanto più che tale provvedimento, ora discusso congiuntamente alla delega sul processo penale (Atto Senato 2067), secondo le parole dello stesso Ministro della giustizia in una recente intervista al Corriere della Sera, rischierebbe addirittura, qualora vi fosse posta la questione di fiducia da parte dell'Esecutivo, di portare ad una crisi di Governo;
nella Nota all'esame, il riferimento ai livelli essenziali di assistenza e all'intesa conseguita nella Conferenza Stato-Regioni del 7 settembre 2016 sullo schema di DPCM, che ne prevede l'aggiornamento, si scontra con la condizione, posta dalla conferenza stessa, secondo la quale, la sostenibilità economica di tale aggiornamento potrà esserci solo se il Fondo sanitario nazionale sia ricondotto a 113.063 miliardi di euro per il 2017 e a 114.998 miliardi di euro per il 2018, come quantificate nell'intesa dell'11 febbraio 2016; considerato inoltre che, con la legge di stabilità 2016, il Fondo sanitario nazionale è stato ridotto a 111 miliardi e nella nota di aggiornamento non si fa accenno a rifinanziamento alcuno;
in tema di politiche del lavoro il DEF delinea il quadro normativo scaturito dall'approvazione della legge n. 183 del 2014 (Jobs Act), con una valutazione positiva dei relativi decreti legislativi di attuazione, enfatizzando il valore di dette norme che, secondo il Governo rappresenterebbero "una riforma del lavoro di ampia portata e il cui impatto positivo è già evidente nei dati sull'occupazione a tempo indeterminato". I dati cui si fa riferimento appaiono tuttavia palesemente sopravvalutati. Sono state propagandate come nuova occupazione anche le forme di lavoro tra le più precarie come i tirocini o il lavoro accessorio. Il primo anno di applicazione del Jobs Act ha avuto un costo superiore alle previsioni, generando una dinamica tutt'altro che virtuosa ma che rischia anzi di creare seri problemi per l'economia nazionale. Sulla base dei dati dell'INPS, risulta siano stati stipulati 1,5 milioni di contratti utilizzando gli sgravi fiscali: i costi per coprire la decontribuzione potrebbero dunque sfiorare i 20 miliardi di euro, con una assenza di coperture di oltre 4,5 miliardi rispetto alle stime del Governo. A questi costi hanno corrisposto, per tutto il 2015, soli 186.000 occupati in più, a dimostrazione che la quasi totalità delle nuove onerose assunzioni è composta da trasformazioni di contratti esistenti, con una percentuale molto bassa di occupazione aggiuntiva. L'ulteriore grave conseguenza di questa operazione di facciata è quindi un nuovo colpo al già deficitario bilancio INPS poichè per i prossimi tre anni quasi un milione e mezzo di persone non verseranno i contributi pensionistici. Sempre secondo i dati INPS, a gennaio 2016, il primo mese in cui gli incentivi alle assunzioni "stabili" sono ridotti del 60 per cento, i nuovi contratti a tempo indeterminato hanno subito una drastica riduzione e sono addirittura meno rispetto a quelle di gennaio 2014, anno in cui la decontribuzione non era prevista. Peraltro, questi nuovi contratti di lavoro sono privi delle tutele contro i licenziamenti già previste dalla normativa in vigore prima dell'approvazione del decreto legislativo n. 23 del 2015 (e dunque molto meno stabili di quanto raccontato dalla retorica governativa) ed è facilmente ipotizzabile che, proprio in virtù della più estesa flessibilità in uscita, tra un paio di anni si possa verificare il licenziamento di molti lavoratori: come infatti rilevato anche dalla Corte dei conti, nella sua valutazione del bilancio INPS, l'impresa che assume usufruendo degli sgravi riesce a fare cassa licenziando un lavoratore per il quale, in caso di illegittimità, deve pagare solo alcune mensilità, comunque inferiori al guadagno avuto tramite l'esenzione fiscale;
per quanto concerne il lavoro accessorio, l'INPS ha evidenziato, in una sua recente pubblicazione in materia, come i "voucher" non solo non contribuiscano a far emergere il lavoro sommerso (se non in misura irrisoria) ma finiscano piuttosto col costituire una forma di lavoro precario e a basso costo per soggetti con occupazione già instabile e occasionale o part-time: un mero sostituito di altri contratti di lavoro parasubordinato già esistenti che però offre soluzioni più flessibili e meno costose, creando nuove sacche di precariato sfruttate dalle aziende per abbattere il costo del lavoro. Una situazione grave che le blande modifiche contenute nel recente intervento in materia (articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 185 del 2016), non appaiono sufficienti a sanare;
nella Nota mancano iniziative legislative adeguate in settori importanti quali: il dissesto idrogeologico, l'abusivismo edilizio, che affliggono il territorio a cui, non vi è ancora una valida risposta del legislatore,
impegna il Governo a:
utilizzare un approccio più realistico, meno ottimistico e quindi più prudenziale, nella realizzazione delle stime riguardanti l'evoluzione del Paese, uniformandosi a quanto suggerito dall'Ufficio parlamentare di bilancio, dalla Corte dei conti e da Banca d'Italia;
assumere iniziative, anche in sede europea, per liberare risorse aggiuntive che si otterrebbero con un rapporto deficit-PIL pari almeno al 3 per cento e comunque per affrancarsi dai vincoli imposti in materia di indebitamento, al fine di poter impiegare le risorse necessarie per la ripresa dell'Italia, puntando su una spesa produttiva, dando quindi priorità ad investimenti in istruzione, ricerca, innovazione ed energia e assicurare l'efficienza di questa spesa; all'introduzione di misure a sostegno ai cittadini - il reddito di cittadinanza - utili anche come volano economico;
intraprendere iniziative legislative adeguate di risoluzione delle problematiche legate al dissesto idrogeologico e al servizio idrico integrato;
mettere in atto misure e manovre economiche legate non alle diverse tornate elettorali, ma al reale benessere dei cittadini;
riallocare gli stanziamenti previsti per il Jobs Act e il bonus fiscale, misure intraprese da questo Governo che si sono rivelate insufficienti nella loro applicazione empirica, riassegnandoli a interventi più utili e meritevoli quali l'introduzione di una misura a sostegno alle fasce più deboli - reddito di cittadinanza;
considerare i valori programmatici degli indici di Benessere equo e solidale (BES) vincolanti per la programmazione delle manovre economiche che il Governo intende effettuare;
dare seguito a quanto dichiarato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in occasione della informativa di cui in premessa, ovvero a stanziare il miliardo e 800 milioni promessi per la messa in sicurezza delle ferrovie regionali e delle ferrovie concesse;
informare tempestivamente le Commissioni parlamentari di competenza su quali siano le eventuali "ulteriori misure di privatizzazione" allo studio del Governo, specificando in tal senso se si tratti di operazioni aggiuntive a quelle già messe in atto nel corso degli anni passati o se si tratti di misure riguardanti nuovi soggetti a partecipazione pubblica;
certificare, in tempi brevi, i debiti della pubblica amministrazione ai fini della compensazione con crediti fiscali da parte delle imprese, assumendo iniziative per prevedere delle sanzioni nei confronti degli enti inadempienti;
adottare ogni iniziativa in sede europea, finalizzata a concordare con la Commissione europea un piano straordinario, di natura una tantum, per il pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese creditrici, che preveda che l'uscita di cassa non vada ad incidere sul pareggio di bilancio strutturale del nostro Paese per tutto il periodo ritenuto necessario per l'azzeramento dei debiti pregressi accumulati;
promuovere una conversione ecologica del sistema produttivo italiano, attraverso nuove misure di sostegno in favore del consolidamento delle fonti energetiche rinnovabili e dell'efficienza energetica, attraverso la definizione di una tassazione delle esternalità ambientali e sanitarie la cui base imponibile dovrà essere gradualmente ampliata fino a comprendere gli impatti sanitari associati all'utilizzo delle fonti energetiche;
adempiere, quanto prima e senza ulteriori dilazioni, alla raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 28 giugno 2016 con la quale si richiede all'Italia di "potenziare la lotta contro la corruzione riformando l'istituto della prescrizione entro fine 2016";
garantire, nella prossima legge di bilancio, le risorse necessarie a ricondurre il Fondo sanitario nazionale ad almeno 113.063 miliardi di euro per il 2017 e a 114.998 miliardi di euro per il 2018, come quantificate nell'Intesa dell'11 febbraio 2016, al fine di assicurare la sostenibilità economica dei nuovi Livelli essenziali di assistenza (LEA);
attuare una modifica delle attuali politiche in materia pensionistica e previdenziale a partire dalla abolizione della cosiddetta "riforma Fornero", per favorire il ricambio generazionale e l'incremento dell'occupazione, prevedendo nell'ambito della manovra di bilancio per il prossimo triennio, un intervento strutturale che garantisca maggiore flessibilità nell'accesso ai trattamenti pensionistici, individuando prioritariamente interventi volti a fronteggiare le situazioni di maggiore criticità che interessano specifiche categorie di lavoratori, nonché specifici correttivi alla normativa vigente, quali quelli tesi ad escludere la riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici per i lavoratori che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, nonché prevedere un regime di contribuzione previdenziale di tipo figurativo, a salvaguardia delle lavoratrici dipendenti, parasubordinate e autonome, che siano state costrette a interrompere il rapporto di lavoro per dedicarsi alla cura dei figli o per grave malattia di un familiare o convivente;
introdurre e/o rafforzare efficaci strumenti di sanzione e controllo da parte degli organi ispettivi del lavoro idonei a sanzionare forme di uso improprio o fraudolento dello strumento del voucher;
attuare un'efficace ed efficiente lotta all'emarginazione sociale, attraverso la semplificazione del welfare, comprendendo tra le misure da attuare il reddito di cittadinanza, che oltre ad essere un sussidio universale per il contrasto alla povertà, rappresenta uno strumento di politica attiva del lavoro che assicura, in via principale e preminente, l'autonomia delle persone e la loro dignità, e non si riduce ad una mera misura assistenzialistica contro la povertà essendo condizionato all'inserimento lavorativo, alla riqualificazione e alla ricerca attiva del lavoro.
(6-00212)
BULGARELLI, LEZZI, MANGILI, GAETTI, AIROLA, BERTOROTTA, BLUNDO, BOTTICI, BUCCARELLA, CAPPELLETTI, CASTALDI, CATALFO, CIAMPOLILLO, CIOFFI, COTTI, CRIMI, DONNO, ENDRIZZI, FATTORI, GIARRUSSO, GIROTTO, LUCIDI, MARTELLI, MARTON, MONTEVECCHI, MORONESE, MORRA, NUGNES, PAGLINI, PETROCELLI, PUGLIA, SANTANGELO, SCIBONA, SERRA, TAVERNA.