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Atto a cui si riferisce:
C.1/01394    premesso che:     l'articolo 22 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma: «Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla...



Atto Camera

Mozione 1-01394presentato daMARTELLI Giovannatesto diMartedì 18 ottobre 2016, seduta n. 694

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma: «Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità»;
    la Dichiarazione sottende, pertanto, ad un'idea di persona quale «membro della società», dalla quale deve ricevere e alla quale deve dare. C’è in questa affermazione la filosofia del personalismo comunitario all'interno della più ampia visione di umanesimo integrale. Alla sicurezza sociale viene infatti associata la realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali «indispensabili» alla dignità umana e al libero sviluppo della personalità;
    la sicurezza sociale della persona è quella condizione nella società che le consente di essere, quanto più possibile, libera dal bisogno, oltre che dal potere e dalla paura;
    i flussi migratori misti rappresentano uno dei fenomeni strutturali più importanti dei nostri tempi e sono anche il banco di prova dell'agire politico nel rispetto dei diritti umani internazionali. Ci vuole una nuova visione che tenga conto dei singoli progetti migratori e che sia in grado di sviluppare un sistema di soluzioni ma, anche e soprattutto, di relazioni e di integrazione. Bisogna sapere riconoscere la complessità, evitando letture grossolane del fenomeno e lavorare in modo integrato tra i sistemi di protezione al fine di ottimizzare le risorse anche economiche per scelte e misure sostenibili che riconoscano la dignità dei singoli;
    in particolare, l'aumento dei flussi migratori e la conseguente attenzione mediatica hanno messo in luce il fenomeno della tratta delle donne nigeriane, una realtà ben conosciuta e studiata dagli operatori del settore ma largamente ignorata nel dibattito politico. Come ribadisce un reportage del Financial Times pubblicato alla fine del 2015 le organizzazioni nigeriane, che in molti casi sono strutturate come veri e propri racket criminali, traggono beneficio dalle condizioni di insicurezza e povertà del loro Paese per alimentare il mercato dello sfruttamento sessuale. Dei quasi 900 mila migranti sbarcati in Europa nel 2015 dopo un viaggio attraverso il Mediterraneo, circa un quinto sono arrivati in Italia. Tra loro, quasi 5 mila erano donne nigeriane: il numero è di quattro volte superiore rispetto all'anno precedente. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni più della metà di queste donne sono destinate alla prostituzione forzata. Gli operatori umanitari che hanno familiarità con questo crimine constatano che il profilo delle donne nigeriane destinate alla prostituzione è cambiato nel tempo: sono sempre più giovani e sempre di più reclutate nelle zone rurali del Paese, sono poco istruite e molto povere, quindi sempre più facilmente ricattabili, alcune con disturbi mentali;
    secondo il Financial Times la tratta di esseri umani è in aumento in molti Paesi e le reti criminali si sono modernizzate e adeguate ai meccanismi dei nuovi e massicci movimenti verso l'Europa. Lo sfruttamento riguarda 21 milioni di persone in tutto il mondo e utilizza più di 500 rotte: 4,5 milioni di queste persone sono destinate allo sfruttamento sessuale. «Il problema è particolarmente grave in Italia», scrive il Financial Times, a causa di una combinazione di vari fattori, quali «la posizione geografica, il potere della criminalità organizzata locale soprattutto nelle regioni più povere dove lo Stato è debole e una persistente domanda di prestazioni sessuali». In generale, il traffico di esseri umani coinvolge vittime provenienti da vari Paesi, sia comunitari che non comunitari, il cui comune denominatore è rappresentato tra gli altri dai seguenti fattori: la diffusione della violenza di genere, la femminilizzazione della povertà, la violazione dei diritti economici e sociali, la disparità di opportunità tra donne e uomini, gli ostacoli all'accesso alla giustizia e la mancanza di rimedi effettivi giurisdizionali e la corruzione;
    la tratta, nelle indicazioni contenute nella convenzione di Palermo che si configurano nello spostamento, nell'inganno, nella coercizione e nello sfruttamento, presuppone metodi di reclutamento e sfruttamento sempre più subdoli, variegati e di difficile identificazione. Ciò è particolarmente evidente nel caso delle vittime provenienti dai Paesi comunitari, spesso sottoposte a sottili forme di violenza e ricatto affettivo. Le donne che riescono ad emanciparsi dalla condizione di sfruttamento spesso non ricevono il sostegno indispensabile per immettersi nel mondo del lavoro, cadendo nel rischio di rivittimizzazione. In altre parole, non figurando in nessuna forma di «categoria protetta» né essendo previsti, ad esempio, sgravi fiscali per chi assume lavoratori e lavoratrici in quella condizione, le associazioni si trovano a dover inserire una vittima di tratta sopravvissuta a un inferno psicologico, con carenze di ogni tipo (istruzione, lingua, curriculum, traumi fisici e psicologici), presso aziende che sono alquanto restie a raccogliere l'offerta;
    alle donne ridotte alla schiavitù sessuale occorrono molti anni per ripagare i propri debiti: sono costrette a lavorare ogni sera e anche durante il giorno, spesso devono provvedere al loro vitto e alloggio e vengono picchiate e maltrattate dai loro sfruttatori o dalle loro sfruttatrici se non portano abbastanza denaro. Se restano incinte, sono poi costrette a subire aborti praticati illegalmente e dunque non sicuri;
    per le donne che riescono a sottrarsi allo sfruttamento la strada verso la libertà e l'autodeterminazione è molto difficile. La legge italiana (l'articolo 18 del Testo Unico immigrazione, decreto legislativo n. 286 del 1998) prevede una protezione immediata per le vittime e il rilascio di un permesso per restare in Italia. In pratica, tuttavia, per accedere al percorso di protezione si richiede la denuncia dei trafficanti e la dimostrazione di trovarsi in condizioni di pericolo, prima di fornire loro una certezza sulla sistemazione in un luogo protetto e su uno stato giuridico legale. Questo funziona come ostacolo alla denuncia stessa. I percorsi di reinserimento e di integrazione sono poi molto complicati. Molte di loro di fronte alle difficoltà non vedono via d'uscita e sono costrette a tornare a prostituirsi;
    è urgente e necessario individuare azioni e politiche pubbliche di inclusione che agendo a lungo termine, individuino e perseguano due parallele finalità: la tutela dei diritti e delle pari opportunità delle persone che migrano e l'esigenza di benessere e di pacifica convivenza delle comunità locali;
    si riconosce l'importanza dell'adozione nel mese di febbraio 2016 del primo piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, a norma dell'articolo 9 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24. Il piano è propedeutico alla emanazione del nuovo programma unico di emersione, assistenza ed integrazione sociale e delle relative modalità di attuazione e finanziamento;
    l'adozione di un piano sistemico è sicuramente un traguardo positivo che può far uscire le azioni di contrasto da un ambiente di precarietà;
    ora che il piano esiste è possibile rilevare delle criticità che necessitano di ulteriori riflessioni sviluppate con gli operatori attivi costantemente nel campo. Si evidenziano tre priorità sulle quali è necessario agire:
     a) il tema dei finanziamenti il cui quadro deve essere consolidato per evitare il rischio che vengano assimilati ai finanziamenti del sistema immigrazione e asilo sotto la regia del Ministero dell'interno;
     b) il tema del contributo non esplicitato che viene dalla società civile e dalla rete delle organizzazioni all'attuazione e al monitoraggio delle azioni del piano;
     c) il tema del sistema di relazioni di tutte le parti interessate che deve essere individuato all'interno del piano, incluso il meccanismo di referral;
    pur evidenziando che la tratta di esseri umani è un fenomeno complesso che riguarda tre tipologie diverse, il tema dello sfruttamento sessuale, il tema dei minori e il tema dello sfruttamento lavorativo, si ritiene necessario focalizzare gli impegni sul tema dello sfruttamento sessuale e della condizione femminile,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per garantire un finanziamento strutturale del sistema antitratta attraverso l'investimento di:
    a) 20 milioni di euro per il programma di emersione e protezione con finanziamento triennale;
    b) 15 milioni di euro annui su azioni di sviluppo del sistema, in particolare al fine di definire strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani, nonché azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all'emersione e all'integrazione sociale delle vittime compresa la sensibilizzazione nei Paesi d'origine;
   a potenziare il raccordo tra sistema di asilo e sistema antitratta, con particolare riferimento al riconoscimento delle vittime nella fase di primissima accoglienza;
   ad applicare pienamente l'articolo 18 del Testo Unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, in particolar modo nel cosiddetto percorso sociale, laddove la vittima non sia nelle condizioni di denunciare i propri sfruttatori:
   a far interagire le strutture interessate (Ministeri della giustizia, della difesa, dell'interno e dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio) al fine di garantire una lettura complessiva del programma di integrazione e protezione;
   a garantire la costituzione di una banca dati basata sull'interoperabilità dei sistemi già in uso nei Ministeri della giustizia, della difesa, dell'interno e presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, anche ai fini del procedimento penale;
   a promuovere e rispettare l'ottica di genere nelle politiche e nelle azioni, anche attraverso attività di formazione specificatamente rivolta alle forze di pubblica sicurezza.
(1-01394) «Martelli, Nicchi, Scotto, Costantino, Duranti, Carlo Galli, Ricciatti, Placido, Pannarale».