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Atto a cui si riferisce:
C.4100 Modifiche alla legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e altre disposizioni concernenti la riduzione delle indennità e del trattamento economico e previdenziale spettanti ai membri del Parlamento


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4100


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CIVATI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO, SEGONI, TURCO
Modifiche alla legge 31 ottobre 1965, n. 1261, e altre disposizioni concernenti la riduzione delle indennità e del trattamento economico e previdenziale spettanti ai membri del Parlamento
Presentata il 17 ottobre 2016


      

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Onorevoli Colleghi! – Quasi tutti i partiti politici hanno promesso, durante la campagna elettorale del 2013, una riduzione del numero dei parlamentari e delle loro indennità. Dopo oltre tre anni non è stato ancora fatto niente, salvo cercare, forse, di confondere le acque con una revisione costituzionale che mette a soqquadro l'intera parte II della Costituzione, con la promessa – sin dal suo titolo – di realizzare una riduzione dei costi di funzionamento delle istituzioni, che poi risulta del tutto inefficace (non perché lo diciamo noi ma perché lo dice la Ragioneria generale dello Stato, con la nota 28 ottobre 2014, prot. n. 83572, che quantifica in soli 49 milioni di euro i risparmi ritraibili dalla riduzione dei senatori e dall'eliminazione delle loro indennità).
      Ora, è il caso di dirlo forte e chiaro: non serve una riforma costituzionale per ridurre i costi di funzionamento delle istituzioni. Basta una legge: questa.
      Ricordiamo che l'indennità dei membri del Parlamento è stata introdotta negli ordinamenti democratici contemporanei per consentire a chi viva di reddito, e non di rendita, di svolgere il mandato elettivo sospendendo, per quel periodo, la propria attività lavorativa. Si tratta, quindi, di una disposizione volta a rendere effettiva, in condizioni di uguaglianza sostanziale, la possibilità di accedere alle cariche elettive, che l'articolo 51 della Costituzione attribuisce a tutti i cittadini. Ora, però, come noto, i parlamentari percepiscono, in Italia, una serie di emolumenti e altre utilità (nell'ambito dei quali troviamo anche l'indennità in senso proprio) che arrivano a livelli molto elevati (al netto dell'imposizione fiscale), con qualche differenza tra la Camera e il Senato, a vantaggio dei componenti di quest'ultimo. Infatti, per quanto riguarda i deputati, oltre all'indennità parlamentare, fissata in circa 5.000 euro netti, il trattamento economico comprende la diaria, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, anche per chi vi vive a prescindere dall'essere parlamentare, che è stata ridotta a 3.500 euro, un rimborso forfetario per le spese generali di esercizio del mandato, suddiviso in una quota mensile – sottoposta a rendicontazione quadrimestrale – e in una ulteriore quota erogata forfetariamente. A questo si aggiungono poi le facilitazioni sui trasporti, l'assegno di fine mandato, l'assistenza sanitaria integrativa e, all'età richiesta, la pensione.
      Il trattamento economico percepito dai parlamentari è del tutto sproporzionato, anche avuto riguardo a uno stipendio medio, che, secondo i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) riferiti all'anno 2014, in Italia è di circa 1.500 euro al mese. Si tratta di una sfasatura enorme che non può essere giustificata neppure dalla precarietà dell'incarico. A parte il fatto che tale elemento non viene preso in considerazione per nessun'altra forma di precarietà, essa non giustificherebbe comunque un aumento esponenziale di tale portata. D'altra parte anche l'argomento per cui, se il trattamento economico non raggiungesse così elevati livelli, il Parlamento potrebbe essere privato delle intelligenze migliori risulta fuori luogo. Ciascuno può scegliere se dedicarsi alla politica: questo comporta doveri, responsabilità, limitazioni. Purché siano ragionevoli e prevedibili, ciascuno potrà valutare se accettarli o no, optando, in quest'ultimo caso, per la prosecuzione della propria attività.
      Ugualmente causa di discriminazioni è il sistema previdenziale. In proposito, a seguito di una riforma delle norme interne delle Camere deliberata nel 2012, l'assegno vitalizio dei deputati e dei senatori è stato abolito e al suo posto è stato istituito un sistema di tipo previdenziale. Tuttavia, i parlamentari cessati dal mandato prima del 2012 hanno continuato a percepire gli assegni vitalizi pre-riforma e a coloro che hanno svolto un mandato prima di tale data e che sono stati poi rieletti viene applicato un sistema pro rata, ossia basato in parte sulla quota di assegni vitalizi effettivamente maturata al 31 dicembre 2011 e in parte sulla quota calcolata con il nuovo sistema contributivo. I parlamentari eletti per la prima volta dopo la riforma hanno invece diritto a una pensione interamente calcolata con tale sistema contributivo, che però ha regole differenti rispetto a quelle vigenti per i lavoratori dipendenti.
      La presente proposta di legge istituisce un sistema previdenziale unico identico a quello vigente per i lavoratori dipendenti, introducendo una riduzione che di per sé opera pro futuro, per evitare questioni di costituzionalità su diritti acquisiti, ma che trova una perequazione attraverso l'introduzione, per cinque anni, di un contributo di solidarietà già previsto dalla legge di stabilità per il 2014 per le pensioni più elevate ed è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale.
      La riduzione delle indennità è inoltre stabilita anche per i consiglieri delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, i cui trattamenti previdenziali vengono parimenti equiparati a quelli dei lavoratori dipendenti.
      L'articolo 1 interviene sull'indennità, commisurandola a quella dei professori ordinari delle università che abbiano maturato la seconda progressione retributiva. Si tratta di un intervento significativo, non solo dal punto di vista del quantum, ma anche perché indica la necessità che, in questo Paese, che – dati dell'OCSE alla mano – perde soprattutto sul settore della formazione, venga attribuita una maggiore attenzione ai settori dell'istruzione e della ricerca scientifica. Ecco quindi che il parametro per attribuire un'indennità a coloro che siedono nella più elevata sede della rappresentanza politica – il Parlamento – sembra poter essere correttamente quello di coloro che sono impegnati nei più elevati gradi della formazione. La riduzione ha effetto anche per i membri dei consigli regionali e delle province autonome, che rimangono liberi di fissare le indennità dei loro componenti, ma con un limite massimo, corrispondente al 75 per cento di quello previsto per i parlamentari (salvo l'eventuale limite degli Statuti speciali che sono, come noto, leggi costituzionali).
      L'articolo 2 interviene, invece, su una delle voci più discusse dei trattamenti economici dei parlamentari: i rimborsi di spese. Qui, infatti, anche al fine di evitare i molti abusi rilevati negli anni, si interviene da più punti di vista. Per quanto riguarda la diaria, soltanto una parte – assai ridotta – rimane per un rimborso forfetario, riducibile a causa delle assenze dai lavori, mentre un'altra parte è erogata come rimborso per l'alloggio soltanto per chi già non risieda a Roma ed entro un limite massimo ragionevole secondo i prezzi correnti. I viaggi sono assicurati, con la concessione di tessere di libera circolazione o di rimborsi di spese documentate, soltanto se giustificati dall'esercizio dell'attività politica, con esclusione di qualunque ulteriore rimborso. Il rimborso delle spese per l'esercizio di mandato, oggi erogato forfetariamente per il 50 per cento e per il rimanente 50 per cento rendicontato per spese di collaborazione, consulenza, eccetera, è eliminato. La Camera di appartenenza del parlamentare tuttavia destina una cifra di poco inferiore alla copertura delle medesime attività di collaborazione, consulenza, gestione dell'ufficio, utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati, convegni e sostegno delle attività politiche.
      L'articolo 3 esclude qualunque situazione di privilegio, sia in relazione al sistema tributario che ai pignoramenti e ai sequestri.
      L'articolo 4 egualmente esclude qualunque situazione di privilegio per l'indennità di fine mandato, riportata alla comune disciplina codicistica.
      L'articolo 5, ponendosi sulla stessa linea per quanto concerne l'assistenza sanitaria e previdenziale, stabilisce che siano gli stessi beneficiari a pagarne i costi, che altrimenti graverebbero sugli altri contribuenti.
      Con l'articolo 6 si apre la parte previdenziale, con la sostituzione al sistema privilegiato degli assegni vitalizi di un trattamento previdenziale esattamente allineato a quello vigente per i lavoratori dipendenti e prevede l'applicazione della legge a tutti gli eletti, aggiungendo un contributo di solidarietà per i trattamenti pensionistici più elevati. La modifica sembra tenere insieme le esigenze di salvaguardia della ragionevolezza e dell'eguaglianza tra i cittadini – che abbiano fatto il parlamentare o no – e quelle di ragionevole salvaguardia delle aspettative maturate, seguendo un orientamento recentemente giudicato favorevolmente dalla Corte costituzionale.
      L'articolo 7 reca, poi, una modifica alla legge n. 1261 del 1965 consistente nel prevedere che l'indennità sia costituita da due voci: un'indennità mensile e un trattamento previdenziale da corrispondere alla fine del mandato con gli stessi criteri vigenti per i lavoratori dipendenti. L'articolo, inoltre, disciplina il versamento dei contributi dovuti dai parlamentari. Per i parlamentari dipendenti dalle amministrazioni pubbliche che scelgono di rinunciare all'indennità parlamentare e di mantenere il trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza viene mantenuta la possibilità di versare comunque i contributi per ottenere la valutazione del mandato parlamentare a fini previdenziali.
      L'articolo 8 prevede che il trattamento previdenziale sia corrisposto unicamente a condizione che siano stati versati almeno 250 contributi settimanali.
      L'articolo 9 prevede l'erogazione del trattamento previdenziale a partire dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale il parlamentare cessato dal mandato ha compiuto l'età richiesta per l'accesso al trattamento. Qualora il parlamentare sia già in età pensionabile, il trattamento decorre dal giorno successivo alla fine della legislatura stessa, a meno che il mandato cessi per motivi diversi dalla fine della legislatura, come ad esempio per dimissioni; gli effetti economici decorrono dal primo giorno del mese successivo, nel caso in cui il mandato abbia avuto termine nella seconda metà del mese, e dal sedicesimo giorno dello stesso mese, nel caso in cui il mandato abbia avuto termine nella prima metà del mese. Attualmente i regolamenti interni degli organi parlamentari prevedono, a partire dal 2012, la sospensione della pensione e dell'assegno vitalizio in caso di rielezione, mandato europeo, carica di Governo, assessore e altri incarichi incompatibili definiti dalla Costituzione e dalla legge costituzionale. Con questa si estende la sospensione a qualunque mandato o carica pubblica ricoperta, salva in questo caso la possibilità di rinuncia all'indennità o il compenso comunque previsti, consentendo, in tal caso, il mantenimento del trattamento pensionistico.
      L'articolo 10 dispone, attraverso un sistema di ricalcolo, la riduzione degli importi dei vitalizi al livello del trattamento pensionistico previsto dalla presente legge per il futuro, attraverso un ulteriore ricorso al contributo di solidarietà di cui all'articolo 6, sempre secondo le modalità giudicate legittime dalla Corte costituzionale.
      L'articolo 11 estende la nuova disciplina ai consiglieri delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
      L'articolo 12 prevede l'estensione delle norme relative alla pensione di reversibilità ai parlamentari e ai consiglieri regionali.
      L'articolo 13 trasferisce all'INPS la gestione previdenziale dei parlamentari e dei consiglieri regionali e i poteri di verifica dei requisiti per l'accesso al trattamento previdenziale e di controllo sul mantenimento degli stessi.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Indennità).

      1. L'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è sostituito dal seguente:

          «Art. 1. – 1. L'indennità spettante ai membri del Parlamento a norma dell'articolo 69 della Costituzione per garantire il libero svolgimento del mandato è disciplinata dalla presente legge. Essa è pari al dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo spettante ai professori universitari ordinari a tempo pieno alla seconda progressione di carriera. Ad essi spetta altresì un trattamento previdenziale differito, calcolato in base ai criteri vigenti per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni statali».

      2. I consigli e le assemblee delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, salvo quanto diversamente stabilito dagli statuti speciali, determinano le indennità spettanti ai loro componenti, che non possono in alcun caso superare il 75 per cento dell'indennità spettante ai membri del Parlamento ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, come sostituito dal comma 1 del presente articolo.
      3. L'articolo 6 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è abrogato.

Art. 2.
(Rimborso delle spese di soggiorno, di viaggio e per l'esercizio del mandato rappresentativo).

          1. L'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è sostituito dal seguente:

          «Art. 2. – 1. Ai membri del Parlamento è riconosciuto un rimborso forfetario delle spese, comprensivo delle spese telefoniche e di connessione e assistenza informatiche, pari a euro 2000 mensili. Al membro del

Parlamento spettano tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima e aerea e il rimborso delle spese documentate sostenute per l'utilizzo di un veicolo proprio, di veicoli ad uso condiviso, di servizi di taxi o analoghi per trasferimenti nel territorio nazionale nell'esercizio della propria attività politica. È escluso qualunque ulteriore rimborso. Il membro del Parlamento ha altresì diritto al rimborso delle spese documentate di alloggio nella misura massima di 1.500 euro mensili. Il rimborso delle spese di alloggio non è riconosciuto ai membri del Parlamento che risiedono nel territorio del comune di Roma o che vi hanno risieduto fino a trenta giorni prima dell'accettazione della candidatura. Nel caso in cui un membro del Parlamento subentri in un seggio rimasto vacante nel corso della legislatura, il rimborso per le spese di alloggio non gli è riconosciuto se egli risiede a Roma o vi ha risieduto fino al giorno in cui si è verificata la causa di decadenza del parlamentare a cui subentra o in cui il medesimo ha rassegnato le dimissioni».

      2. Gli Uffici di Presidenza delle Camere stabiliscono le indennità dovute ai membri del Parlamento che siano titolari di cariche o svolgano incarichi interni alla Camera di appartenenza, nel limite massimo mensile di 1.000 euro al netto di ritenute e imposte.
      3. Gli Uffici di Presidenza delle Camere disciplinano altresì le modalità per l'applicazione di riduzioni del rimborso forfetario di cui al comma 1, primo periodo, per ogni giorno di assenza dalle sedute dell'Assemblea, delle Giunte o delle Commissioni in cui si siano svolte votazioni, non giustificata da missioni per incarichi istituzionali.
      4. La Camera di appartenenza rimborsa a ciascun membro del Parlamento le spese sostenute per la remunerazione di collaboratori, consulenze, ricerche, servizi di gestione dell'ufficio, utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati, convegni e sostegno delle attività politiche fino ad al limite massimo di 3.500 euro mensili.

Art. 3.
(Regime tributario, pignoramento e sequestro).

      1. All'articolo 5 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il primo comma è sostituito dal seguente:

          «I rimborsi delle spese previsti dall'articolo 2 della presente legge sono esenti da ogni tributo e non possono essere computati agli effetti dell'accertamento del reddito imponibile e della determinazione dell'aliquota per qualsiasi imposta o tributo dovuti sia allo Stato che ad altri enti»;

          b) il secondo e il terzo comma sono abrogati;

          c) il quarto comma è sostituito dal seguente:

          «L'indennità mensile, la diaria e la pensione possono essere oggetto di sequestro o pignoramento secondo le norme di legge».

Art. 4.
(Indennità per la cessazione dal mandato).

      1. Dopo l'articolo 6 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è inserito il seguente:

          «Art. 6-bis1. Ai membri del Parlamento cessati dal mandato per qualsiasi causa spetta un'indennità il cui importo è commisurato all'importo dell'indennità di cui all'articolo 1 della presente legge e alla durata complessiva del mandato rappresentativo svolto ed è calcolato secondo la disciplina prevista dall'articolo 2120 del codice civile.

          2. Gli Uffici di Presidenza delle due Camere, d'intesa tra loro, adottano le disposizioni necessarie per l'attuazione del comma 1».

Art. 5.
(Assistenza sanitaria e assicurativa).

      1. Qualora gli Uffici di Presidenza delle Camere istituiscano fondi integrativi per

l'assistenza sanitaria dei membri del Parlamento o stipulino contratti assicurativi in loro favore, i relativi costi sono ripartiti tra i beneficiari e in forma mutualistica.
Art. 6.
(Abolizione dei vitalizi dei membri del Parlamento e contributo di solidarietà).

      1. Gli assegni vitalizi e i trattamenti pensionistici comunque denominati, compresi quelli di reversibilità, spettanti ai membri del Parlamento o ai loro aventi causa alla data di entrata in vigore della presente legge, sono sostituiti da un trattamento previdenziale calcolato con metodo contributivo secondo la disciplina vigente per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni dello Stato alla data della maturazione del diritto.
      2. Per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2017, sugli importi dei trattamenti pensionistici spettanti ai membri del Parlamento e percepiti in qualunque forma, di importo superiore dieci volte il trattamento minimo annuo del fondo pensioni lavoratori dipendenti presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), si applica un contributo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali, pari al 10 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino all'importo lordo annuo di quindici volte il medesimo trattamento minimo, nonché pari al 15 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di quindici volte il medesimo trattamento minimo e al 20 per cento per la parte eccedente l'importo lordo annuo di venti volte il medesimo trattamento minimo. Il contributo di solidarietà è calcolato avendo riguardo al trattamento pensionistico complessivo lordo per l'anno considerato. Le somme trattenute sono acquisite dalle competenti gestioni previdenziali obbligatorie, a fini solidaristici.

Art. 7.
(Contributi previdenziali).

      1. Per l'attuazione delle disposizioni sul trattamento previdenziale di cui al terzo

periodo del comma 1 dell'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, come sostituito dal comma 1 dell'articolo 1 della presente legge, di seguito denominato «trattamento previdenziale», i membri del Parlamento sono soggetti alla trattenuta dei corrispondenti contributi.
      2. I membri del Parlamento che, ai sensi dell'articolo 68 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, optano, in luogo dell'indennità parlamentare, per il trattamento economico in godimento presso la pubblica amministrazione di appartenenza sono ammessi al versamento di contributi di cui al comma 1 del presente articolo, allo scopo di ottenere la valutazione del mandato parlamentare a fini previdenziali.
Art. 8.
(Diritto di accesso al trattamento previdenziale).

      1. Hanno accesso al trattamento previdenziale i membri del Parlamento che abbiano versato almeno 250 contributi settimanali.

Art. 9.
(Erogazione del trattamento previdenziale e regime transitorio).

      1. Gli effetti economici del trattamento previdenziale decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello nel quale il membro del Parlamento cessato dal mandato ha compiuto l'età richiesta per l'accesso al medesimo trattamento.
      2. Nel caso in cui il membro del Parlamento, alla data della cessazione del mandato, sia già in possesso del requisito di cui al comma 1, gli effetti economici decorrono dal primo giorno del mese successivo, nel caso in cui il mandato abbia avuto termine nella seconda metà del mese, e dal sedicesimo giorno dello stesso mese, nel caso in cui il mandato abbia avuto termine nella prima metà del mese.
      3. Qualora il membro del Parlamento già cessato dal mandato sia rieletto membro del Parlamento nazionale o membro

del Parlamento europeo spettante all'Italia, sia eletto consigliere regionale, ovvero sia nominato componente del Governo nazionale o assessore regionale, l'erogazione del trattamento previdenziale in godimento resta sospesa per tutta la durata dell'incarico. La medesima sospensione opera anche nel caso di assunzione di qualunque altro mandato o carica pubblica, compresa quella di amministratore di enti pubblici o di enti privati sotto il controllo pubblico, salva rinunzia all'indennità o al trattamento economico, comunque denominato, previsto per le suddette cariche.
      4. L'erogazione del trattamento previdenziale riprende alla cessazione dell'incarico di cui al comma 3.
      5. L'erogazione del trattamento previdenziale è incompatibile con la percezione di qualunque reddito di lavoro, salvo quanto previsto dalla legge per i lavoratori autonomi.
      6. I membri del Parlamento cessati dal mandato e che alla data di entrata in vigore della presente legge non percepiscono alcun trattamento previdenziale hanno accesso al trattamento previdenziale al compimento di sessantasei anni e sette mesi.
Art. 10.
(Criteri per la rideterminazione dei vitalizi).

      1. Gli Uffici di Presidenza delle Camere calcolano l'importo del trattamento previdenziale determinato secondo il sistema contributivo di cui all'articolo 6, spettante ai membri del Parlamento che, alla data di entrata in vigore della presente legge, percepiscono un assegno vitalizio o un trattamento previdenziale comunque denominato a carico delle rispettive Camere.
      2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 6, comma 2, la differenza tra l'importo attualmente percepito e quello determinato in base ai nuovi criteri, a decorrere dal 1° gennaio 2017 e per un periodo di cinque anni, è imputata al fondo per il contributo di solidarietà di cui all'articolo 6, comma 2.

Art. 11.
(Consiglieri delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano alle disposizioni introdotte dalla presente legge la disciplina degli assegni vitalizi e dei trattamenti previdenziali, comunque denominati, spettanti ai membri dei rispettivi consigli.

Art. 12.
(Estensione delle disposizioni relative alla pensione di reversibilità).

      1. La disciplina prevista dal regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, relativa alla pensione erogata ai superstiti dopo la morte del pensionato titolare di pensione diretta, radicata sulla posizione previdenziale di lavoratore, si applica anche ai trattamenti previdenziali dei membri del Parlamento e dei consigli delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 13.
(Trasferimento della gestione previdenziale all'INPS).

      1. Le risorse destinate al trattamento previdenziale dei membri del Parlamento e dei consiglieri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, compresi i contributi previdenziali di cui all'articolo 7, sono gestite dall'INPS.
      2. Ai fini di cui al comma 1 gli Uffici di Presidenza delle Camere adottano intese con l'INPS per il trasferimento delle risorse indicate al medesimo comma 1.
      3. La verifica dei requisiti per l'accesso al trattamento previdenziale e i controlli sul mantenimento degli stessi è attribuita all'INPS, con le modalità previste dal regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272.

Art. 14.
(Disposizioni finali).

      1. Per quanto non previsto dalle disposizioni di cui alla presente legge si applicano le norme generali che disciplinano il sistema pensionistico obbligatorio dei lavoratori dipendenti delle amministrazioni dello Stato.