• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/14696    Nino Di Matteo è un magistrato italiano, dal 2012 presidente dell'Associazione nazionale magistrati di Palermo, che a causa del suo incarico di Pubblico ministero nel processo sulla...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14696presentato daMAESTRI Andreatesto diMercoledì 2 novembre 2016, seduta n. 700

   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno . — Per sapere – premesso che:
   Nino Di Matteo è un magistrato italiano, dal 2012 presidente dell'Associazione nazionale magistrati di Palermo, che a causa del suo incarico di Pubblico ministero nel processo sulla presunta trattativa tra Stato-mafia vive sotto scorta dal 1995, con un «primo livello di protezione eccezionale»;
   il 10 ottobre 2016, il Consiglio superiore della magistratura lo ha convocato a Roma d'urgenza dove ha avuto un lungo colloquio con il vice presidente Legnini ed è stato ascoltato dalla Terza Commissione. Durante l'audizione si è discusso dei fatti che comporterebbero un aggravamento dei rischi relativi alla sua sicurezza, emersi da recenti intercettazioni. Quest'ulteriore allerta è solo l'ultima di una serie: precedentemente c'era stata la condanna a morte di Totò Riina, intercettato in carcere mentre parlava con la «dama di compagnia», Alberto Lorusso; poi le dichiarazioni del pentito Vito Galatolo, che ha raccontato i dettagli del progetto di attentato e un ordine di morte mai revocato e giunto direttamente da Matteo Messina Denaro ai boss palermitani, dove scriveva che andava fermato perché «era andato troppo oltre», e che i mandanti «erano gli stessi di Borsellino»;
   il Consiglio superiore della magistratura starebbe lavorando per un trasferimento per ragioni di sicurezza, forse alla Procura nazionale antimafia, derogando a quei criteri interni che fino ad oggi hanno impedito a Di Matteo di andare a far parte della Procura nazionale antimafia. Un'opzione che risulterebbe concreta però solo con una modifica del regolamento, dato che, tra i trasferimenti extra ordinem, non sono compresi quelli che comportano un avanzamento di carriera, come sarebbe in questo caso;
   già nel 2015, il Consiglio superiore della magistratura propose al magistrato il trasferimento ad altra sede per ragioni di sicurezza, ma all'epoca costui rifiutò perché aspettava l'esito del concorso per tre posti di sostituto alla Procura nazionale antimafia per il quale aveva presentato domanda. La Terza commissione, in merito a tale concorso, aveva preferito poi altri tre candidati, ritenendo il curriculum di Di Matteo (pubblica accusa, insieme ai magistrati Del Bene, Teresi e Tartaglia, al processo trattativa Stato-mafia, con vent'anni di lavoro alle spalle sulle inchieste più scottanti di mafia, politica e stragi) non all'altezza dell'incarico;
   per questo Di Matteo era ricorso al Tar contro quella che, a suo giudizio, appariva come un'esclusione dovuta a una sottovalutazione del suo profilo professionale e aveva giudicato la proposta di trasferimento per motivi di sicurezza, giunta poco prima del pronunciamento del Consiglio superiore della magistratura una «inammissibile proposta compensativa». Il Tar aveva respinto il ricorso perché «l'oggettiva valenza del curriculum» del magistrato era «risultata recessiva nel confronto con i designati». In seguito, Di Matteo ha concorso per due posti da procuratore aggiunto alla Direzione nazionale antimafia: anche questo non è andato a buon fine per un vizio di forma, facilmente risolvibile, a giudizio degli interroganti, se il Consiglio superiore della magistratura avesse rimandato indietro le carte, come avvenuto per altri magistrati concorrenti in altri concorsi;
   considerati quelli che appaiono al pubblico ministero Di Matteo ostacoli incomprensibili relativi alla possibilità di un suo accesso alla Procura nazionale antimafia per concorso, l'improvvisa decisione del Consiglio superiore della magistratura di «aprire» a Di Matteo l'accesso alla Procura nazionale antimafia viene vista da molti come un'inquietante accelerazione perché dà la misura del livello di rischio al quale questi è esposto ora;
   l'intenzione del pubblico ministero, a quanto risulta agli interroganti, dopo la bocciatura del Tar, era di appellarsi al Consiglio di Stato, per rimarcare il fatto di aver subito una valutazione ingiusta;
   inoltre, a quanto risulta agli interroganti, questi avrebbe ribadito all'intenzione di non voler dare alcun segnale di «fuga» da Palermo e dal suo incarico di pubblico ministero nel processo sulla presunta trattativa tra Stato-mafia;
   il 7 novembre 2016 Di Matteo dovrà tornare al Consiglio superiore della magistratura per annunciare alla Commissione la sua decisione sul trasferimento prospettato e, in quella occasione, probabilmente sarà anche deciso il suo inserimento nella Procura nazionale antimafia –:
   se il Governo, per quanto di competenza, intenda fornire elementi circa gli eventuali rischi intervenuti in merito all'incolumità di Nino Di Matteo e quali siano le iniziative di competenza che intende mettere in campo a garanzia della sua vita e di quella degli uomini della sua scorta;
   se, in relazione al possibile trasferimento del magistrato alla Procura nazionale antimafia, il Ministro della giustizia abbia formulato o intenda formulare richieste od osservazioni ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958.
   (4-14696)