• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/14679    l'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (aggiornato dal decreto legislativo n. 205 del 2010), alla lettera aa), definisce lo «stoccaggio» come: l'insieme delle...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-14679presentato daZOLEZZI Albertotesto diMercoledì 2 novembre 2016, seduta n. 700

   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare . — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 183 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (aggiornato dal decreto legislativo n. 205 del 2010), alla lettera aa), definisce lo «stoccaggio» come: l'insieme delle attività di «smaltimento» consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché delle attività di «recupero» consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti;
   diversamente, la lettera bb) dello stesso articolo definisce il «deposito temporaneo» come un «raggruppamento» di rifiuti effettuato prima della raccolta nel luogo in cui gli stessi sono prodotti e nel rispetto di alcune precise condizioni;
   altro requisito fondamentale del deposito temporaneo è il luogo fisico in cui esso viene istituito, vale a dire il luogo di produzione dei rifiuti;
   in generale, il deposito temporaneo può essere effettuato solo nel luogo in cui i rifiuti sono originati, al fine di evitare movimentazioni di rifiuti che, a parte nelle aree private, vanno sempre autorizzate, rappresentando un momento della gestione dei rifiuti;
   l'accento sugli aspetti fisici e temporali del deposito temporaneo, e sul fatto che su questi poggia principalmente la distinzione dallo stoccaggio, è ribadito dalla Corte di Cassazione (Cassazione penale, sezione III, n. 11650/11) secondo la quale, per poter parlare di deposito temporaneo e controllato di rifiuti, occorre il rispetto di tutte le condizioni dettate dalla norma sopra citata ed, in particolare, del raggruppamento dei rifiuti nel luogo di produzione ed il rispetto dei tempi di giacenza riferiti alla natura e quantità dei rifiuti. In caso di mancato rispetto di tali condizioni si parlerà non più di deposito temporaneo, ma di deposito preliminare o di stoccaggio, attività per le quali è necessaria una preventiva autorizzazione;
   considerando il deposito temporaneo come un prolungamento dell'attività dalla quale si originano i rifiuti che precede ogni e qualsiasi fase della gestione (raccolta, trasporto, smaltimento o recupero) e lo stoccaggio, invece, come un'attività integrante della gestione dei rifiuti prodotti, sono il luogo e i tempi a determinare le differenze tra i due concetti;
   come è logico che sia, il deposito temporaneo deve essere effettuato dal produttore del rifiuto, tuttavia il decreto legislativo n. 152 del 2006 introduce una figura nuova nella fattispecie che è quella del «soggetto affidatario del deposito temporaneo»;
   tale novità è contenuta nel secondo periodo dell'articolo 208, comma 17, del citato decreto, laddove si dispone che «La medesima esclusione opera anche quando l'attività di deposito temporaneo nel luogo di produzione sia affidata dal produttore ad altro soggetto autorizzato alla gestione dei rifiuti. Il conferimento di rifiuti da parte del produttore all'affidatario del deposito temporaneo costituisce adempimento agli obblighi di cui all'articolo 188, comma 3.»;
   questa innovazione, sul piano pratico, consente che si verifichi uno spostamento di responsabilità (anche penale) dal produttore al soggetto gestore espressamente codificato dalla norma in merito a tutto ciò che concerne la gestione del deposito temporaneo. Tuttavia, per evitare che questa previsione vada a costituire solo un espediente attraverso il quale il produttore si possa deresponsabilizzare in merito al deposito dei rifiuti da lui prodotti, l'affidamento del deposito temporaneo ad un soggetto terzo deve avvenire nel rispetto delle seguenti condizioni:
    a) il deposito, dei rifiuti deve essere effettuato all'interno del luogo di produzione;
    b) il produttore dei rifiuti affidi l'attività del deposito temporaneo ad altro soggetto, autorizzato alla gestione dei rifiuti, il quale presenti quindi capacità e idoneità tecnica;
    c) sia il produttore sia l'affidatario del deposito temporaneo provvedano all'annotazione delle informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti nel registro di carico e scarico entro 24 ore dalla produzione del rifiuto stesso;
   la normativa vigente non entra nel merito delle strutture di travaso, per cui – come è avvenuto anche in talune linee guida regionali – sembra essere sostenibile richiamare l'articolo 265 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 recante «Disposizioni transitorie», il quale al comma 1 così recita: «1. Le vigenti norme regolamentari e tecniche che disciplinano la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti restano in vigore sino all'adozione delle corrispondenti specifiche norme adottate in attuazione della parte quarta del presente decreto. Al fine di assicurare che non vi sia alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla preesistente normativa a quella prevista dalla parte quarta del presente decreto, le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio delle rispettive competenze, adeguano la previgente normativa di attuazione alla disciplina contenuta nella parte quarta del presente decreto, nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 264, comma 1, lettera i). Ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi continua ad intendersi riferito ai rifiuti pericolosi.»;
   a parte le difficoltà di ricomposizione di un sistema normativo quale quello ambientale, anche in seguito all'avvento del titolo V della parte II della Costituzione, e quindi del rapporto tra la normativa regionale sopraggiungente e la normativa secondaria preesistente, rimane quindi utilizzabile, peraltro come avviene anche per i criteri quali-quantitativi di assimilazione, la delibera del Comitato interministeriale del 27 luglio 1984, che distingue chiaramente tra «contenitori» destinati alla raccolta dei rifiuti urbani e gli «impianti» finalizzati al loro stoccaggio provvisorio;
   secondo quanto stabilito al paragrafo 2.1 della prefata delibera «Nei casi in cui le Regioni (o altri Enti) nell'ambito dei loro piani di organizzazione del servizio, prevedano la realizzazione di stazioni di trasferimento (...) in funzione del successivo avvio al trattamento definitivo, per tali stazioni devono essere adottate le caratteristiche costruttive per gli impianti di stoccaggio per quanto applicabili e fissati tempi massimi di permanenza dei rifiuti;
   ad eccezione di tali casi non sono ammessi stoccaggi provvisori di RU dal momento della raccolta a quello del loro scarico negli impianti di trattamento»;
   la delibera interministeriale del 1984, a quanto risulta agli interroganti, è l'unico documento di carattere nazionale che ad oggi possa orientare in qualche modo le funzioni dei centri di stoccaggio temporaneo dei rifiuti, detti anche «centri di trasferenza» o «di trasbordo» o «di trasferimento» o ancora «piattaforme» o «centri» per la messa in riserva o altre definizioni più o meno aderenti alla realtà. Già il fatto che non esista nemmeno una definizione univoca di queste strutture è sintomatico della poca chiarezza del quadro normativo. Detta circolare, al capitolo 4.1 relativo allo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossico-nocivi, ovvero pericolosi, stabilisce fra le altre cose che «se lo stoccaggio avviene in cumuli, questi devono essere realizzati su basamenti resistenti all'azione dei rifiuti (...) e devono essere protetti dall'azione delle acque meteoriche e, ove allo stato pulverulento, dall'azione del vento», nonché al punto 4.1.4 che i recipienti mobili devono essere provvisti di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto, accessori e dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di riempimento e svuotamento e mezzi di presa per rendere sicure ed agevoli le operazioni di movimentazione;
   la delibera in questione non regolamenta lo stoccaggio dei rifiuti non pericolosi, ma nel tempo si è assistito ad una estensione dei requisiti previsti per i rifiuti pericolosi anche a quelli non pericolosi, nonché ad una regolamentazione regionale o locale più o meno stringente a seconda dei casi;
   regioni ed enti locali hanno cercato, nel tempo, di provvedere a riempire il vuoto normativo anche per distinguere i centri oggetto della presente interrogazione dai centri di raccolta di cui all'articolo 183, comma 1, lettera mm), del decreto legislativo n. 152 del 2006. Il medesimo articolo definisce anche le operazioni di stoccaggio come «le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta» e deposito temporaneo, ovvero «il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci, alle seguenti condizioni:
    1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l'imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
    2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
    3) il “deposito temporaneo” deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
    4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose;
    5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo»;
   a titolo esemplificativo, si riportano alcuni casi recenti: la città metropolitana di Genova, con il provvedimento dirigenziale n. 3042 del 5 agosto 2015 avente ad oggetto «approvazione del “Piano di Prevenzione e Gestione delle acque di prima pioggia e di lavaggio” relativo all'insediamento produttivo costituito dall'area di messa in riserva di rifiuti sita nel Comune di Rapallo, in Località Tonnego “Piazzale Inferiore”, di titolarità del Comune di Rapallo» ha inteso tutelare l'area sulla quale insiste il centro dal possibile dilavamento di acque inquinate, assoggettandola appunto al piano di prevenzione e gestione delle acque di prima pioggia e di lavaggio. A questo proposito si fa presente che, nel caso di specie, il centro di trasbordo è stato realizzato nelle immediate adiacenze del sito ex discarica di Rapallo e che, ritenendolo non necessario, non è stato previsto alcun sistema di raccolta delle acque di prima pioggia, limitandosi a una canalizzazione che scarica nel Rio Remenon;
   da fonti di stampa (Il Secolo XIX, a firma di Marco Fagandini) si apprende che nel suddetto centro di trasferenza un operaio è morto a causa di un malore dopo aver finito la pulizia delle vasche di raccolta del percolato. Ad oggi non si conoscono le cause del decesso, ma non è escluso che la procura di Genova, che ha aperto un'inchiesta, disponga l'autopsia per accertarle con esattezza e verificare se sussista o meno un collegamento con l'operazione svolta dall'operaio;
   durante il consiglio comunale di Rapallo del 5 settembre 2016 il consigliere Federico Solari ha sollevato l'ipotesi di una rottura delle tubazioni di canalizzazione delle acque, con presenza di liquami sul terreno presumibilmente dovuti alle rotture o a perdite d'acqua dai cassoni nei quali sono raccolti i rifiuti;
   nel caso del centro di trasferenza di Tito (Potenza), in base a quanto risulta dalla relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti sulla regione Basilicata del 2013 (Pag. 55), le principali operazioni condotte dai carabinieri del NOE di Potenza nel settore dei rifiuti (doc. 1049/2), oltre a quella già illustrata riguardante il termovalorizzatore Fenice, hanno consentito di accertare, nell'ultimo biennio, numerose fattispecie di reato;
   in particolare, in occasione del controllo effettuato sulla stazione di trasferenza dei rifiuti solidi urbani, asservita ai comuni del «bacino centro» della provincia di Potenza, si è accertato che:
    1) erano stati smaltiti in discarica rifiuti contraddistinti dal C.E.R. 19.12.12, nonostante fossero privi dei requisiti per l'ammissibilità;
    2) era stata effettuata un'attività di trattamento rifiuti, per mezzo del trituratore, in assenza di autorizzazione;
    3) era stato realizzato un deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi e non;
    4) vi era stata fuoriuscita di liquido, verosimilmente «percolato», risultato contenere valori superiori a quelli di legge per alluminio, ferro, manganese, mercurio, rame, zinco, BOD e COD;
   il 18 dicembre 2014 il NOE (nucleo operativo ecologico) dei carabinieri di Roma, dietro richiesta del giudice per le indagini preliminari (GIP) del tribunale di Roma, dottor Massimo Battistini, ha disposto il sequestro preventivo del «centro di trasferenza» all'interno della discarica di Colle Fagiolara, a Colleferro;
   da fonti di stampa risultano due persone indagate dalla forestale di Polla per il reato di smaltimento illecito di rifiuti nell'impianto di trasferenza nella zona industriale di Polla (Salerno). La procura della Repubblica di Lagonegro, a termine delle indagini, ha emesso l'avviso di garanzia nei confronti di una ditta operante nel settore dei rifiuti presso l'Impianto di trasferenza dei rifiuti solidi urbani in località Sant'Antuono a Polla. Gli indagati sono P.C. e G.S., accusati a vario titolo dei reati penali per gestione di rifiuti non a norma di legge, secondo le prescrizioni vigenti in materia ambientale (in violazione agli articoli 256, 279 del decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 674 del codice penale, e articoli 68, 64, 55 e 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008 – ndr), per fatti accaduti nei trascorsi mesi, tra gennaio e febbraio 2016, come accertato dal sovrintendente Pietro Rubino del comando forestale di Polla, dipendente dal comando provinciale del Corpo forestale dello Stato di Salerno, diretto dal vice questore aggiunto Maria Gabriella Martino;
   il sottufficiale della forestale nel gennaio 2015, a seguito di segnalazione, constatata la gravità della gestione del percolato derivante dall'impianto, nonché gravi anomalie anche in ordine al sistema di aspirazione, nonché del sistema antincendio, subito dopo le formalità di rito ha denunciato i soggetti ritenuti responsabili a vario titolo, tra cui il liquidatore della società Ergon e il commissario liquidatore custode giudiziario dell'impresa Consorzio Centro Sportivo Meridionale Bacino SA3 e direttore tecnico dell'impianto, che ad oggi risultano entrambi indagati –:
   se ritenga opportuno procedere alla predisposizione di un'apposita iniziativa normativa, se ne sussistano i presupposti anche di natura regolamentare, al fine di aggiornare la disciplina sui centri di trasferimento dei rifiuti e, in caso affermativo, quali tempi preveda per la sua approvazione;
   se intenda assumere iniziative per chiarire quali siano le operazioni sui rifiuti consentite nei centri in questione e quali quelle vietate;
   se, ed in quali tempi, il Ministro intenda fissare le modalità di gestione del deposito temporaneo come previsto dall'articolo 183, comma 1, lettera bb), sub 5), del decreto legislativo n. 152 del 2006, anche alla luce della recente novella che ha interessato l'istituto;
   quale sia la disciplina normativa nazionale applicabile a questo tipo di centri, anche alla luce del riferimento alla delibera interministeriale citata in premessa, quest'ultima peraltro atto non legislativo e comunque risalente. (4-14679)