• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/06770 BUEMI - Al Ministro della giustizia - Premesso che, a giudizio dell'interrogante: "il Fatto quotidiano", in rapporto allo scandalo Marra, avrebbe offerto la seguente copertura; il 16...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-06770 presentata da ENRICO BUEMI
mercoledì 21 dicembre 2016, seduta n.736

BUEMI - Al Ministro della giustizia - Premesso che, a giudizio dell'interrogante:

"il Fatto quotidiano", in rapporto allo scandalo Marra, avrebbe offerto la seguente copertura;

il 16 dicembre 2016, un articolo a firma Marco Lillo e Valeria Pacelli dà conto, come tutti gli altri organi d'informazione di quel giorno, del fatto che «intercettando così Scarpellini e una sua collaboratrice, (...) vengono fuori i contatti con Marra. Il 30 giugno il funzionario chiama (...): teme di essere rimosso dal suo incarico a causa di una "campagna di stampa" e chiede un intervento di Scarpellini - che non ci sarà - sull'editore del Messaggero, Francesco Gaetano Caltagirone»;

il 17 dicembre, in un articolo di prima pagina a firma Marco Travaglio, dal titolo "Sala di rianimazione", si dichiara, in ordine a Marra, che il sindaco Raggi «l'aveva nominato senza sapere - né poter sapere - nulla di quel fatto, scoperto dalla Procura di Roma con intercettazioni» e che i vertici del Campidoglio «non sono accusati né indagati di nulla e non si sa bene di che debbano rispondere, a parte dell'essersi fidati di un dirigente mai inquisito né sospettato di corruzione fino all'altroieri (...) Su Marra invece nulla risultava, né sotto il profilo penale né sotto quello amministrativo»;

lo stesso giorno, un altro articolo di Antonio Massari, dal titolo "Così parlò Marra: le bugie e l'incontro con Di Maio", rivelerebbe i due tagli imposti da "il Fatto Quotidiano" ad un'intervista resa il 5 novembre precedente da Raffaele Marra al medesimo quotidiano. In un caso, si trattò di un «dettaglio che, per ragioni di spazio, rimase fuori dalla nostra intervista». In un secondo caso, «altro non fu pubblicato perché non ci aveva convinto. A partire dalla menzogna oggi più evidente. Mentiva, Marra, quando diceva che non sentiva "da tre o quattro anni" l'uomo che due giorni fa è stato arrestato con lui per corruzione. Se non ci parlava direttamente, gli atti di indagine dimostrano che solo sei mesi fa, il 30 giugno, si rivolgeva alla sua segretaria, (...) per chiedere l'intercessione dell'immobiliarista nei confronti dei giornali del gruppo Caltagirone, che lo avevano preso di mira. Non se l'è bevuta Il Fatto Quotidiano che non riportò questa frase nell'intervista, e l'inchiesta ci ha dato ragione»;

il 18 dicembre 2016, un terzo articolo sullo stesso giornale, di Marco Lillo e Valeria Pacelli, dal titolo "Marra, gli strani affari a Malta tra contanti, scommesse e barche", afferma che «il 5 novembre esce un'intervista a Marra di Valeria Pacelli e Antonio Massari che non ha fatto sconti a Marra, costretto a rispondere su tutto»,

si chiede di sapere:

come valuti il Ministro in indirizzo la questione per cui la redazione de "il Fatto Quotidiano" potesse considerare menzognera l'affermazione di Marra circa l'assenza di rapporti recenti con Scarpellini, se non disponendo direttamente (al momento dell'intervista del 5 novembre) degli atti di indagine compiuti il 30 giugno (come di fatto ammesso nell'articolo "Così parlò Marra: le bugie e l'incontro con Di Maio");

se risulti l'identità dei pubblici ufficiali, dall'addetto all'intercettazione al titolare del fascicolo processuale nel quale i suoi contenuti sono stati riversati, compresi tutti i soggetti intermedi coinvolti nella procedura, che sarebbero stati a conoscenza, il 5 novembre 2016, delle parole di Raffaele Marra, captate nella giornata del 30 giugno 2016;

se ritenga che una conclusione così dirompente per la deontologia giornalistica, quale la presunta scelta di non pubblicare una parte del contenuto di un'intervista, non abbia potuto mettere sull'avviso l'intervistato e, pertanto, se essa, assunta consapevolmente, configuri dolo eventuale di fattispecie ulteriori e più gravi, rispetto alla mera divulgazione del contenuto di atti di indagine, coperti da segreto.

(4-06770)