• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/01156    premesso che:    è integralmente richiamata la mozione n. 1-01419, approvata alla Camera dei deputati l'8 novembre 2016, concernente «Iniziative in ambito europeo ed...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01156presentato daCICCHITTO Fabriziotesto diMartedì 20 dicembre 2016, seduta n. 716

   La III Commissione,
   premesso che:
   è integralmente richiamata la mozione n. 1-01419, approvata alla Camera dei deputati l'8 novembre 2016, concernente «Iniziative in ambito europeo ed internazionale in relazione alla situazione in Siria, con particolare riferimento all'emergenza umanitaria e alla condizione dei bambini nella città di Aleppo», nonché i numerosi atti di indirizzo approvati nel corso della XVII legislatura dai due rami del Parlamento riguardanti la crisi nella regione;
   va preso atto che dopo il raggiungimento tra il 14 e il 15 dicembre 2016 dell'accordo che ha consentito, nella mattinata del 15 dicembre, il superamento del blocco iraniano all'evacuazione delle decine di migliaia di civili asserragliati nei due quartieri di Aleppo, Est di Salahal-DIn e Al-Sukkari, colpiti dall'offensiva decisiva da parte delle milizie governative nei confronti dei ribelli ed oppositori al regime di Damasco — le operazioni di evacuazione hanno subito nuove battute di arresto ed è cresciuto il livello di preoccupazione della popolazione civile esposta alle rappresaglie delle milizie vincitrici della battaglia per Aleppo; 
   si è registrata con soddisfazione l'approvazione unanime da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu, il 19 dicembre 2016, di una risoluzione che «chiede al Segretario Generale delle Nazioni Unite di adottare misure urgenti in modo da fornire disposizioni in coordinamento con le parti interessate, per consentire il monitoraggio da parte delle Nazioni Unite sul benessere dei civili nei quartieri orientali della città di Aleppo»;
   va tenuto conto che la situazione in atto in Siria appare idonea a suscitare una nuova ripresa di iniziative di stampo terroristico a carattere stragista ma anche mirate ad obiettivi individuali, come conferma l'assassinio dell'ambasciatore russo ad Ankara, Andrey Karlov;
   il blocco iraniano alle operazioni di evacuazione — con l'interdizione al passaggio dei bus da parte delle milizie sciite che presidiano i check point in uscita dalla città — ha rappresentato un intervento inusitato di Teheran nella tregua concordata da Russia e Turchia, negoziatore «in quota» del regime di Assad, la prima, e di taluni gruppi armati ribelli con esclusione ufficiale di Al Nusra e Daesh, la seconda. È evidente che l'intervento iraniano non è stato solo finalizzato a chiedere in cambio l'evacuazione di ulteriori località (i villaggi di Foua e Kefraya) a prevalenza sciita in mano agli oppositori ma soprattutto a rivendicare ed esibire di fronte alla comunità internazionale, a Mosca e ad Ankara, il ruolo condizionante giocato da Teheran – non bypassabile nella regione con intese che non la vedano coinvolta – per la conservazione del regime di Assad, attesa la divisione di compiti tra forze militari russe e iraniane, le prime impegnate per lo più nelle sole aggressioni aeree e le seconde, invece, presenti sul terreno nella ben più gravosa attività di rastrellamenti e aggressioni «casa per casa», come attesta l'elevato numero di vittime tra le milizie sciite delle varie nazionalità;
   l'Osservatorio siriano per i diritti umani ha complessivamente documentato la morte di 312.001 persone dal 18 marzo 2011, considerata la data di avvio della rivoluzione siriana, fino al 13 dicembre 2016, di cui 90.506 civili, comprensivi di 15.948 bambini e 10.540 donne ultradiciottenni; dall'inizio del conflitto più di 12 milioni di siriani, il 60 per cento della popolazione, sono stati costretti a lasciare le loro case; di questi, sei milioni hanno presentato richiesta di protezione internazionale, soltanto il 15 per cento in Europa;
   nello scenario di imbarbarimento del conflitto siriano in cui si sono mosse anche le politiche delle potenze regionali e globali, la Commissione d'inchiesta internazionale indipendente sulla Siria e numerose organizzazioni non governative hanno denunciato il ricorso sistematico a crimini di guerra e contro l'umanità tanto da parte dei gruppi terroristici e ribelli, quanto delle forze del presidente siriano Bashar al-Assad; quest'ultime hanno compiuto attacchi indiscriminati contro la popolazione civile, bombardando aree abitate da civili e strutture medico-sanitarie con lanci d'artiglieria pesante e colpi di mortaio, barrel-bombs, e anche armi chimiche; migliaia di individui, tra cui pacifisti, difensori dei diritti umani, operatori dell'informazione e operatori umanitari e bambini, sono stati arbitrariamente arrestati, sottoposti a tortura e uccisi; la violenza sessuale ha avuto un ruolo di primo piano nel conflitto, così come la paura e la minaccia dello stupro e delle violenze, durante le incursioni, ai posti di blocco e nei centri di detenzione e nelle prigioni di tutto il Paese;
   la battaglia delle forze lealiste per la riconquista di Aleppo est ha raggiunto inediti livelli di atrocità per singoli individui, intere famiglie e soprattutto minori, trucidati e torturati, privati di ogni genere di prima necessità e di sopravvivenza, usati come scudi umani, impossibilitati ad evacuare la zona colpita da continui bombardamenti, attacchi sul terreno ed esecuzioni sommarie, perpetrate da milizie sciite accorse in difesa di Assad da tutta l'area mediorientale, a partire dall'Iran ma anche dall'Iraq, dal Libano, dall'Afghanistan, dal Pakistan e dallo Yemen. Oltre all'esorbitante numero di morti, i civili feriti non hanno finora potuto ricevere nessun tipo di cure e di assistenza medica, per cui il numero delle vittime è destinato a crescere ulteriormente;
   sono già avviate nelle opportune sedi della giurisdizione internazionale le istruttorie per la formulazione di imputazioni di crimini contro l'umanità, torture e trattamenti disumani e degradanti nei confronti dei protagonisti della battaglia. La Commissione di inchiesta dell'ONU sulla Siria ha richiesto l'istituzione di un tribunale per i crimini di guerra commessi in questo conflitto e anche l'Alto Commissario per i diritti umani, Zeid Raad al-Hussein, ha parlato di crimini di guerra commessi ad Aleppo, documentati con prove raccolte attraverso satelliti e droni; in sostanza, invece di concentrare l'intervento militare contro le formazioni jihadiste come al-Nusra, il Fronte islamico e Daesh, esso è stato esteso a tutti coloro che si sono ribellati ad Assad in nome della democrazia ed alla popolazione civile;
   ora che la battaglia di Aleppo può dirsi conclusa, con la vittoria del fronte lealista sostenuto da Iran e Russia e con l'appoggio turco, è da valutare l'impatto di questo snodo drammatico sugli equilibri internazionali futuri;
   la vittoria di Aleppo appare, in generale passaggio di rilevanza epocale, idoneo a prefigurare la ridefinizione di un nuovo ordine regionale in Medioriente, su cui potrà incidere il vertice programmato il 27 dicembre 2016 a Mosca tra la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan e l'Iran (assenti sia gli Stati Uniti, sia la Siria) dove la sfida maggiore, per nulla scontata negli esiti, sarà dare composizione stabile alle ambizioni egemoniche di tre soggetti tra loro in competizione, per molti versi inconciliabili e ancora impegnati su fronti avversi in importanti conflitti per procura;
   l'Occidente perde per l'assenza di una politica coerente sulla Siria. È sempre stato a parole contro Assad, ma non ha mai potuto contare su un'alternativa vera e credibile, esattamente come accaduto in Libia con Gheddafi. In pratica, non ha mai avuto influenza sulla ribellione, come dimostrato dal sostanziale fallimento dei programmi di reclutamento e riarmo di alcune fazioni ribelli, mentre questa veniva progressivamente egemonizzata da qaedisti, salafiti e Fratelli Musulmani. L'impegno perdurante per il contrasto al Daesh e anche le iniziative dell'Unione europea sono apparsi finora avulsi da un disegno più complessivo sul futuro della Siria e di tutta la regione e mossi più che altro dall'intento di fronteggiare l'emergenza del terrorismo e delle crisi umanitarie;
   l'altro grande perdente sono le Nazioni Unite, dove per ben sei volte il veto della Russia ha impedito l'adozione di una risoluzione sulla situazione in Siria, il sistema onusiano nel suo complesso e lo stesso impianto del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario;
   «Aleppo come Grozny» hanno titolato alcuni giornali, riferendosi all'approccio ceceno alla guerra in Siria, che ha finito per radicalizzare ed elevare il livello di atrocità del conflitto. La campagna russa ha mietuto in un anno più vittime di quelle causate dallo Stato islamico in tre anni;
   la battaglia di Aleppo, come la caduta di Grozny nel 2000 o di Srebrenica nel 1995, oltre a rappresentare una svolta per gli assetti regionali e internazionali, non cesserà di porre angosciosi dilemmi umanitari, potendosi fin da ora prefigurare un percorso di epurazioni politico-religiose messe in atto dal regime di Assad ed essendosi già registrate la creazione di campi di raccolta per donne e bambini e sparizioni di massa di uomini al di sotto dei 40 anni;
   in particolare, al pari dei fallimenti di agire in maniera decisiva nelle tragedie in Ruanda e nei Balcani degli anni Novanta, Aleppo rappresenta una sfida per gli Stati membri delle Nazioni Unite per sviluppare e implementare una più effettiva responsabilità di proteggere quando uno Stato non è in grado di proteggere il suo popolo per mancanza di capacità o di volontà;
   imminenti responsabilità attendono l'Italia in sede di G7 e ONU e anche in vista dell'audizione sulle linee programmatiche del Dicastero degli affari esteri e della cooperazione internazionale,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa utile, in ogni opportuna sede europea ed internazionale, in attuazione della risoluzione approvata in modo unanime il 19 dicembre 2016 dal Consiglio di sicurezza dell'ONU, a scongiurare il protrarsi delle ostilità e della crisi umanitaria nella città e nei territori intorno ad Aleppo, anche nelle fasi successive allo sblocco dell'esodo dei civili dalla città e, in generale, nel processo di consolidamento della vittoria del regime e nella successiva fase di ricostruzione, scongiurando epurazioni, processi sommari e il compiersi di altre atrocità;
   a promuovere, nell'imminente esercizio del seggio non permanente presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il dialogo politico regionale per il ripristino di condizioni di pace e sicurezza;
   a sollecitare, anche in sede G7, il mantenimento del regime di sanzioni nei confronti della Siria, unitamente all'avvio di programmi per la ricostruzione della città di Aleppo che allevino le sofferenze sofferte dalla popolazione civile derivanti anche dagli effetti dell'embargo, oltre ad un piano per il sostentamento e la messa in sicurezza dei profughi interni e degli sfollati;
   a favorire, con ogni mezzo e in ogni sede, la raccolta delle testimonianze e delle prove, nonché ogni indagine volte a stabilire la verità sui crimini di guerra e contro l'umanità perpetrati nel conflitto siriano e ad individuarne i responsabili, continuando a promuovere un deferimento della situazione in Siria al procuratore della Corte penale internazionale o la creazione di un tribunale speciale internazionale ad hoc;
   a promuovere nel contesto europeo e internazionale lo sviluppo di politiche comuni e la conclusione di accordi bilaterali e multilaterali volti ad anticipare, prevenire e rispondere alle crisi che chiamano in causa la responsabilità di proteggere.
(7-01156) «Cicchitto, Quartapelle Procopio».