Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE
Atto a cui si riferisce:
C.7/01158 premesso che:
l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della...
Atto Camera
Risoluzione in commissione 7-01158presentato daBUSTO Mirkotesto diMartedì 10 gennaio 2017, seduta n. 721
Le Commissioni VIII e XII,
premesso che:
l'articolo 32 della Costituzione della Repubblica italiana tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;
da diversi anni i cittadini italiani ed in particolar modo quelli residenti nelle quattro regioni padane (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) sono esposti, soprattutto nei mesi autunnali ed invernali, ad alti livelli di inquinamento dell'aria oltre i limiti imposti dalle normative comunitarie (direttiva n. 2008/50/CE);
gli enti locali e le regioni si trovano sempre più spesso a reagire, soprattutto nei periodi di allarme acuto per quanto riguarda gli sforamenti delle soglie, con provvedimenti tampone che si rivelano in larga parte inefficaci;
l'annuario 2016 dei dati ambientali dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) riporta una diminuzione delle emissioni di PM10 nel periodo 1990-2014 del 34,5 per cento, con un aumento delle emissioni da combustione non industriale, un crollo delle emissioni da combustione industriale e una sostanziale riduzione delle emissioni da trasporto; le emissioni nazionali di ossidi di azoto dal 1990 al 2014 registrano un decremento pari a –61,5 per cento;
i dati dell'inventario nazionale delle emissioni come riconosciuto dalla stessa Ispra (paragrafo 1.8 dell’Italian Emission Inventory 1990-2016, Informative Inventory Report 2016), non sono stati sottoposti nella loro interezza all'analisi di incertezza delle stime come richiesto fin dal 2013 dalla competente Agenzia delle Nazioni Unite (Report for the Stage 3 in-depth review of emission inventories submitted under the UNECE LRTAP Convention and EU National Emissions Ceilings Directive for: STAGE 3 REVIEW REPORT – ITALY); un'analisi parziale è stata svolta nel 2016, rivelando che le stime per le emissioni delle PM, specialmente quelle di minori dimensioni, metalli pesanti e POP risentono di una maggiore incertezza;
tali statistiche sono costruite sostanzialmente a partire dal consumo di combustibili alla fonte e sui dati forniti dalle aziende e non già su verifiche a valle della combustione che tengano conto dello stato reale, compresa la loro efficacia e l'efficienza, degli impianti; basti pensare, tra l'altro, a quanto avvenuto recentemente sui dati dei test di emissione delle auto da parte di alcune aziende automobilistiche;
i dati sulla qualità dell'aria riassunti dall'Environmental Europea Agency nel rapporto «Air Quality in Europe 2016 report» mostrano a) per l'Italia un marcato trend di decrescita della concentrazione di particolato nel periodo 2000-2014; b) valori molto elevati di particolato sostanzialmente concentrate in due aree europee, la Polonia, la Germania orientale e la Pianura Padana (mappa 4.1); c) diffusi superamenti dei valori di concentrazione per l'ozono atmosferico in Pianura Padana e Spagna meridionale con valori di concentrazione estremamente elevati (mappa 5.1); d) in Pianura Padana, dove, nonostante il trend negativo generale delle emissioni di queste sostanze, continuano ad evidenziarsi diverse centraline di monitoraggio con valori eccedenti i limiti imposti dalle normative comunitarie;
in ogni caso, nonostante il trend positivo per quanto riguarda la riduzione degli inquinanti, l'Italia in generale e le regioni della pianura padana in particolare, presentano livelli di inquinamento superiori alle soglie fissate tanto che la Commissione europea ha aperto due procedure d'infrazione attualmente nella fase di lettera di messa in mora notificata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea; una riguarda l'applicazione della direttiva n. 2008/50/CE sulla qualità dell'aria ambiente ed, in particolare, l'obbligo di rispettare i livelli di biossido di azoto (NO2) (procedura 2015/2043); l'altra, la cattiva applicazione della direttiva n. 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente – superamento dei valori limite di PM10 in Italia (procedura 2014/2147);
la pianificazione degli interventi necessari per l'ulteriore diminuzione dell'inquinamento per rientrare nei parametri fissati a livello comunitario non può esulare da una dettagliata analisi delle fonti di emissioni e della loro localizzazione, tenendo anche conto che in un contesto come quello padano le aree urbane e quelle rurali si influenzano a vicenda, ad esempio attraverso l'emissione di ammoniaca da parte delle aziende agricole che favoriscono la formazione di particolato ultra-fine;
il decreto legislativo n. 155 del 2010, all'articolo 22, comma 3, prevede per questo che le regioni e le province autonome predispongano gli inventari delle emissioni con cadenza almeno triennale;
secondo il recente documento dell'Ispra, recante «Inventari regionali delle emissioni in atmosfera e loro articolazione a livello locale» al 2015, (Figura 2), l'ultimo inventario redatto in Italia era quello della Val d'Aosta del 2013, mentre quelli relativi alle regioni della pianura padana erano risalenti nel tempo. In particolare la regione Lombardia lo aveva predisposto nel 2012; la regione Piemonte, la regione Emilia Romagna e la regione Veneto nel 2010;
da un esame della documentazione reperibile sui siti istituzionali, ad oggi, solo il Veneto risulta avere in corso un aggiornamento ai dati del 2013, attualmente in fase di revisione esterna; per le altre tre regioni padane non risultano ulteriori aggiornamenti degli inventari e, pertanto, si può evidenziare una sostanziale inadempienza di queste istituzioni rispetto alle previsioni di legge per la cadenza degli aggiornamenti delle emissioni;
per quanto riguarda il Veneto, tra l'inventario del 2010 e quello del 2013 si segnala una limitata riduzione delle emissioni di polveri (variazioni percentuali: –3 per cento per le PTS, –4 per cento per le PM10 e –2 per cento per le PM 2.5), coincidente peraltro con una variazione negativa del Pil della regione nello stesso periodo;
il limite annuale per le PM10 in Europa è fissato in 40 microgrammi/metro cubo, mentre il valore obiettivo fissato dall'Organizzazione mondiale della sanità è di 20 microgrammi/metro cubo; tra l'altro, la stessa Organizzazione mondiale della sanità evidenzia che per quanto riguarda il particolato, non esiste un valore soglia sotto il quale non vi sono impatti sanitari;
lo studio « Economic cost of the health impact of air pollution in Europe» (WHO, 2015) ha evidenziato che, nel 2010, i costi sanitari associati all'inquinamento dell'aria per l'Italia sarebbero di 97 miliardi di dollari annui, tenendo conto della sola esposizione al particolato (tabella 2.4 dello studio) e di 133,4 miliardi di dollari tenendo conto della VSL (value of statistical life) nel calcolo. Praticamente, i costi associati al particolato sarebbero pari al 4,7 per cento, del Pil. Tra l'altro, la stima delle morti premature per l'Italia calcolata dall'Organizzazione mondiale della sanità era più bassa (32.447 morti premature nel 2010 per il particolato) delle stime per il 2014 dell'European environment agency; pertanto, se si tenesse conto di quest'ultima stima, i costi sanitari sarebbero molto più elevati;
esistono complesse interazioni tra i diversi inquinanti, come dimostra lo studio sull'aumento della mutagenicità del particolato a Torino in presenza di ossidi di azoto (Traversi et al 2011, Involvement of nitro-compounds in the mutagenicity of urban Pm2.5 and Pm10 in Turin, Mutation Research);
già nel 1998 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva commissionato all'Organizzazione mondiale della sanità – Ufficio regionale per l'Europa una valutazione sull'impatto sanitario delle PM10. Nelle otto maggiori città italiane analizzate, circa 3.500 decessi e molte altre patologie erano attribuibili a livelli di PM10 superiori a 30 microgrammi/metro cubo (Health impact assessment of air pollution in the eight major Italian cities. Copenhagen, WHO, Regional Office for Europe;
l'APAT nel 2007 aveva rinnovato e ampliato questo studio nel rapporto «Impatto sanitario di PM10 e Ozono in 13 città italiane» aveva evidenziato le gravissime conseguenze, con migliaia di morti premature su circa 9 milioni di abitanti, dell'inquinamento dell'aria e in particolare della presenza di ozono e PM10 sulla salute umana, analizzando i dati di 13 città, diverse delle quali situate nella pianura padana; nella sintesi del rapporto si poteva leggere «8.220 decessi l'anno, in media, sono attribuibili a concentrazioni di PM10 superiori ai 20 microgrammi/metro cubo. Tale valore equivale al 9 per cento della mortalità per tutte le cause, escludendo le cause violente (ICD IX 800-999), nella popolazione oltre i 30 anni. L'impatto è stimato considerando i soli effetti a lungo termine sulla mortalità. Considerando anche gli effetti a breve termine (entro una settimana dopo l'esposizione), l'impatto del PM 10 superiore ai 20 microgrammi/metro cubo è di 1.372 decessi, equivalenti all'1.5 per cento della mortalità nell'intera popolazione;
l'European Environment Agency nell’«Air Quality in Europe 2016 report» desume nella Tabella 10.1 una mortalità prematura di 91.050 persone in Italia nel 2013 direttamente collegate ai valori di inquinamento atmosferico per i parametri PM2,5 (66.630 morti premature), Ozono (3.380) e ossidi di azoto (21.040);
nel medesimo rapporto si evidenzia (tabella 10.2) che l'Italia, con riferimento agli anni di vita persi x 100.000 abitanti per ogni sostanza inquinante è: all'undicesimo posto su 41 Paesi per le PM2,5, con 1.165 anni di vita persi x 100.000 abitanti; di gran lunga al primo posto su 41 Paesi con 368 anni di vita persi x 100.000 abitanti per gli ossidi di azoto, distanziando di 1/3 di ore in più il secondo Paese; al quarto posto su 41 Paesi con 61 anni di vita persi x 100.000 abitanti per l'ozono;
a livello nazionale, sono in corso numerose procedure di V.I.A. presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che interessano l'area padana per opere che possono comportare sia in fase di cantiere, sia in quella operativa, anche per aumento del traffico di mezzi o eventuali incidenti, sia in quella di dismissione emissioni di sostanze inquinanti quali particolato, idrocarburi policiclici aromatici, ossidi di azoto e altri inquinanti. Per l'Emilia Romagna sono attualmente in corso di valutazione diversi progetti nei seguenti settori: perforazione di pozzi per ricerca di idrocarburi, stoccaggio di gas, realizzazione dell'autostrada cispadana. Per la Lombardia: stoccaggi di gas e perforazione di pozzi per idrocarburi. Per il Piemonte: perforazione di pozzi per la ricerca di idrocarburi. Per il Veneto: il masterplan dell'aeroporto di Verona;
sempre il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, negli ultimi anni, ha emanato decine di decreti di compatibilità ambientale favorevoli per opere nelle quattro regioni padane che sono potenzialmente impattanti sotto l'aspetto della qualità dell'aria: si va dalla autostrade alle attività di sfruttamento degli idrocarburi, dalle centrali termoelettriche alle raffinerie. Le problematiche emissive possono riguardare non solo il normale funzionamento degli impianti o delle opere, ma anche gli incidenti, come avvenuto recentemente presso il nuovissimo impianto EST della raffineria Eni di Sannazzaro de’ Burgondi, vanificando anche eventuali sforzi in sede di autorizzazione per compensare le emissioni degli impianti;
a livello delle quattro regioni padane, gli enti a diverso titolo competenti continuano a rilasciare pareri di compatibilità ambientale favorevoli per opere che possono comportare sia in fase di cantiere, sia in quella operativa, anche per aumento del traffico di mezzi o eventuali incidenti, sia in quella di dismissione di emissioni di sostanze inquinanti quali particolato, idrocarburi policiclici ossidi di azoto e altri inquinanti. A mero titolo di esempio, per citare alcuni progetti, in Lombardia, si evidenziano l'impianto di biometano da rifiuti a Marcallo con Casone (proponente Green Power Marcallese Srl), con parere favorevole nel 2016, nonché, negli ultimi tre anni, numerosi impianti di trattamento dei rifiuti, strade e altro. A mero titolo di esempio in Veneto basterà ricordare l'impianto per la produzione di bio-BDO ad Adria (RO), proposto dalla società Mater-Biotech S.p.A., con impianti di produzione energetica turbogas e a biomassa con parere favorevole V.I.A.-A.I.A. del 2015; per la regione Emilia Romagna, l’«incremento della capacità produttiva dello stabilimento ceramico sito in comune di Fiorano modenese (Mo)», proposto da Ita S.p.a. nel 2016; per il Piemonte, il «piano particolareggiato di iniziativa pubblica per il parco commerciale e urbano attrezzato in Novara – Veveri» nel comune di Novara presentato dalla società Amteco Spa;
inoltre, tra il 2008 e il 2014, si è osservata una vera e propria esplosione di impianti per produzione energetica, quasi esclusivamente elettrico, da bioenergie che sono ovviamente responsabili di una certa quota di emissioni, primariamente da NOx. Tale impiantistica, secondo i dati relativi al 2014 pubblicati dal GSE nel rapporto «Energia da fonti rinnovabili 2014» è concentrata per il 63 per cento nelle quattro regioni padane: 657 impianti in Lombardia (26,5 per cento del totale italiano), 345 in Veneto (13,9 per cento), 289 in Emilia Romagna (11,7 per cento) e 274 in Piemonte (pari all'11 per cento). Per quanto riguarda la potenza installata, questi impianti rappresentano il 55,5 per cento dei 4.044 Mw installati in tutto il Paese, così suddivisi: 22,7 Lombardia, il 15,1 per cento in Emilia Romagna, l'8,9 per cento in Veneto e l'8,8 per cento in Piemonte. È interessante notare, dal punto di vista della produzione nazionale, in termini di Gwh/anno che oltre la maggior parte proviene da impianti a biogas (8.198 Gwh), seguiti dalle biomasse solide (6.192,9 Gwh) e infine da quelle liquide per 4.341,1 Gwh;
circa il 70 per cento delle aziende in regime di autorizzazione integrata ambientale in Italia sono concentrate nelle quattro regioni padane. L'articolo 29 decies, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede che i risultati del controllo delle emissioni, richiesti dalle condizioni dell'autorizzazione integrata ambientale e in possesso dell'autorità competente, devono essere messi a disposizione del pubblico nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195. Da una verifica svolta consultando i siti web dedicati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le opere di competenza nazionale e delle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per quelli di competenza regionale, si evidenzia, a quanto consta agli interroganti, una generale inadempienza rispetto a tale obbligo di pubblicazione che, oltre a produrre una carenza di trasparenza, potrebbe ricondursi anche alla mancanza in toto dell'attività di monitoraggio prescritta o prevista direttamente negli elaborati progettuali da proponenti e approvate assieme ai progetti;
si evidenzia che la stragrande maggioranza di questi impianti sono di taglia minore di 1 Mw per potenza installata e che quindi, in larga parte, non sono stati sottoposti alle procedure di valutazione di assoggettabilità a V.I.A. o di V.I.A. diretta, con tutto quello che ciò comporta in termini di controllo e monitoraggio delle emissioni, di trasparenza delle stesse per la popolazione e, soprattutto, di valutazione, anche in termini cumulativi e sinergici, della reale compatibilità con un contesto territoriale in cui gli standard di qualità dell'aria da tempo non soddisfano i limiti fissati dalle normative comunitarie;
l'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 obbliga alla pubblicazione sui siti web delle autorità competenti per le procedure di V.I.A. dei risultati dei monitoraggi ambientali condotti sulle opere autorizzate;
l'articolo 29, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 obbliga le autorità competenti a provvedere alla verifica di ottemperanza delle prescrizioni delle procedure di V.A. e V.I.A. nonché della corretta esecuzione degli interventi secondo gli elaborati presentati. Gli esiti dei controlli devono trovare pubblicità secondo quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005. Da una verifica svolta consultando i siti web dedicati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le opere di competenza nazionale e delle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna per quelli di competenza regionale, si evidenzia che solo negli ultimi tre anni il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sta provvedendo ad una parziale e spesso, a quanto consta agli interroganti, tardiva verifica delle prescrizioni con pubblicazione degli esiti mentre si rileva una generale inadempienza presso le quattro regioni rispetto a tale obbligo di pubblicazione che, oltre a produrre una carenza di trasparenza, potrebbe ricondursi anche alla mancanza in toto dell'attività di verifica obbligatoria per legge,
impegnano il Governo:
ad assumere le iniziative di competenza affinché siano rispettati su tutto il territorio nazionale le scadenze dettate dall'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo n. 155 del 2010, rispetto all'aggiornamento degli inventari delle emissioni;
ad assumere le iniziative di competenza affinché siano rispettati su tutto il territorio nazionale gli obblighi di pubblicazione dei dati di monitoraggio ambientale e di divulgazione delle risultanze delle verifiche di ottemperanza connesse ai pareri di compatibilità ambientale (V.A. e V.I.A.) da loro emessi secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 28, comma 2, e articolo 29, comma 2, in combinato disposto con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005;
ad assumere iniziative di competenza affinché siano rispettati su tutto il territorio nazionale gli obblighi di pubblicazione dei dati dei controlli effettuati presso gli impianti in regime di A.I.A. previsti dal comma 8 dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
per i progetti di competenza nazionale, ad assicurare che le strutture del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispettino gli obblighi di pubblicazione dei dati relativi ai controlli degli impianti in regime di A.I.A. di competenza nazionale nonché dei dati dei monitoraggio ambientale e delle risultanze delle verifiche di ottemperanza connesse ai pareri di compatibilità ambientale (V.A. e V.I.A.) da loro emessi secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, articolo 28, comma 2, e articolo 29, comma 2, in combinato disposto con quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 195 del 2005;
ad assumere iniziative per assicurare, attraverso una concertazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dello sviluppo economico, Ministero della salute e le regioni Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, una moratoria in queste regioni per i progetti di nuovi impianti e/o opere nonché l'ampliamento di quelli/e esistenti che comportano emissioni di sostanze che incidono sulla qualità dell'aria ambiente, con particolare riferimento al particolato e agli NOx, fino a quando non saranno correttamente applicate le previsioni in materia di monitoraggio e controllo degli impianti e non sia garantito il rispetto degli standard di qualità dell'aria previsti dalle norme comunitarie;
ad assumere iniziative per provvedere, attraverso una concertazione tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero della salute e le quattro regioni padane, con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità e garantendo adeguate risorse, ad uno o più studi epidemiologici di dettaglio sia per tipologia di inquinante sia per contesto territoriale a scala sub-regionale, incluso un monitoraggio di medio-lungo periodo, facendo sì che tale attività sia indirizzata a stabilire eventuali ed ulteriori interventi puntuali per la prevenzione delle patologie connesse all'inquinamento atmosferico e all'esposizione a sostanze inquinanti;
ad assumere iniziative per provvedere, con uno specifico finanziamento, ad uno o più studi relativi ai danni epigenetici derivanti dall'esposizione ai diversi inquinanti atmosferici in pianura padana;
a promuovere, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni e con il sistema delle agenzie ambientali, un programma di controlli a campione per le emissioni su almeno il 10 per cento degli impianti a bioenergie presenti nelle quattro regioni da svolgersi entro sei mesi.
(7-01158) «Busto, Mantero, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Grillo, Baroni, Silvia Giordano, Colonnese, Lorefice, Di Vita, Nesci».