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Atto a cui si riferisce:
C.1/01470    premesso che:     il 2016 è stato un anno record per il numero di migranti arrivati in Europa attraverso la rotta centro mediterranea, che coinvolge l'Italia e in...



Atto Camera

Mozione 1-01470presentato daBRUNETTA Renatotesto diMartedì 17 gennaio 2017, seduta n. 725

   La Camera,
   premesso che:
    il 2016 è stato un anno record per il numero di migranti arrivati in Europa attraverso la rotta centro mediterranea, che coinvolge l'Italia e in misura minore Malta, e per il numero di coloro che hanno trovato la morte in mare durante il viaggio della speranza. Il primo dato è fornito dall'agenzia europea Frontex: il totale è di 181 mila, con un incremento di circa il 20 per cento rispetto all'anno precedente. L'altro viene dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati ed è aggiornato al 2 dicembre 2016: le vittime sono state 3.470 contro le 2.771 di tutto il 2015 e il rapporto tra morti e sbarchi è triplicato passando da uno ogni 269 a uno ogni 88;
    il dato di Frontex, che sottolinea il record di arrivi nel nostro Paese, riflette una pressione migratoria crescente dall'Africa, in particolare quella occidentale. Dal 2010, l'Italia ha visto una crescita di dieci volte nel numero di arrivi da quella regione. La maggior parte dei migranti passati dalla rotta centro mediterranea sono nigeriani (21 per cento) seguiti da cittadini di Eritrea (12 per cento), Guinea, Costa d'Avorio e Gambia (8 per cento);
    nel 2016, sempre secondo l'agenzia europea, sono stati 503.700 i migranti che hanno attraversato illegalmente le frontiere dell'Unione europea, di cui 364.000 via mare. L'unico aumento di arrivi rispetto al 2015 è quello sulla rotta centro mediterranea. Secondo le stime, infatti, gli arrivi in Grecia sono crollati del 79 per cento a quota 182.500, grazie all'accordo con la Turchia in vigore dalla scorsa primavera. Brusco calo anche nella rotta balcanica, dove si è passati dai 764 mila arrivi del 2015 a 123 mila, in seguito all'inasprimento dei controlli di frontiera. La chiusura della rotta balcanica ha quindi determinato maggiori spostamenti di immigrati verso le coste siciliane, in un tratto di mare molto pericoloso. Sulla rotta del Mediterraneo centrale si registra, infatti, l'85 per cento di tutte le morti in mare;
    l'Italia è particolarmente esposta a causa delle sua caratteristica di frontiera esterna dell'Unione europea e della sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, che mette in comunicazione Europa, Africa e Asia;
    il nostro Paese è quindi diventato la prima meta delle rotte migratorie, con un rischio di collasso del sistema d'accoglienza;
    i dati dell'ultimo Rapporto sulla protezione internazionale in Italia testimoniano una realtà molto composita dove, a inizio ottobre 2016, erano presenti, nelle diverse strutture di accoglienza, oltre 165 mila persone giunte in massima parte via mare. Nella rete di primissima accoglienza (CDA, CARA, CPSA, Hub, Hotspot) erano presenti nello stesso periodo oltre 14.000 richiedenti la protezione internazionale, mentre nelle strutture temporanee di accoglienza quasi 128.000, pari a più del doppio rispetto al 2015. Negli Sprar, strutture di seconda accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale, erano poco meno di 23.000. L'uso di alberghi o di altre strutture ricettive, a vocazione turistica e dunque diverse da quelle previste per l'accoglienza di richiedenti la protezione internazionale, sono diventate da straordinarie ad ordinarie, tant’è che le strutture straordinarie costituiscono percentualmente circa l'80 per cento dei posti d'accoglienza oggi disponibili in Italia;
    la stragrande maggioranza delle richieste di asilo provengono da africani, in numero estremamente contenuto i cittadini siriani: 9 su 10 sono maschi, l'88 per cento ha meno di 35 anni, quasi il 60 per cento arriva dall'Africa. La Nigeria guida la classifica dei Paesi di provenienza (11.000 domande), seguita da Pakistan (7.100), Gambia (6.000), Mali (4.700), Senegal (4.300), Bangladesh (4.100) e Afghanistan (2.500). I siriani che nel 2016 hanno cercato protezione in Italia sono meno di 800, nonostante le richieste siano state quasi tutte accettate;
    le richieste di asilo sono in aumento: quasi 78.000 da gennaio al 31 ottobre 2016. Nel 2012 furono 17.000, 26.000 nel 2013. Il 2014 è stato l'anno di picco delle richieste (63.000), cresciute a 83.000 nel 2015;
    si rammenta che, se nel 2012, 3 richiedenti asilo su 4 ottenevano il permesso di rimanere in Italia, negli anni, la percentuale di coloro che hanno diritto a una qualche forma di protezione è diminuita: 61 per cento nel 2013 e nel 2014, 41 per cento nel 2015, 37 per cento nel 2016. In Italia solo il 5 per cento dei richiedenti asilo ottiene successivamente lo status di rifugiato. Il 13 per cento riceve il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria, che dura 5 anni e viene rilasciato a chi rischia di subire un danno grave nel caso di rientro nel proprio Paese. Mentre, ad oggi, circa il 24 per cento consegue la protezione per motivi umanitari (24 mesi, prorogabili). Ma negli ultimi anni, a fronte dell'aumento dei flussi, il Ministero dell'interno ha imposto una maggiore attenzione alle domande rendendo i criteri più stringenti. Il risultato è che la quota di domande respinte è aumentata: 22 per cento nel 2012, 39 per cento nel biennio successivo, 59 per cento nel 2015, fino a toccare il 63 per cento nei primi 10 mesi del 2016;
    la portata, l'impatto e il preoccupante incremento del fenomeno migratorio richiedono l'adozione di misure complesse e costanti nel tempo; è necessario mantenere una visione obiettiva dello stesso, impegnandosi, sia nella difesa dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, che per incentivare e rafforzare la collaborazione con gli altri Paesi in tema di prevenzione e contrasto dell'immigrazione clandestina e del traffico degli esseri umani;
    le iniziative e le misure poste per fronteggiare il fenomeno migratorio, un'emergenza che ha assunto negli ultimi anni carattere strutturale, non hanno fino ad ora avuto esiti positivi, registrando di fatto il fallimento della politica italiana su questo tema, nonché il fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
    sul tema dell'immigrazione, l'Italia non ha saputo offrire all'Europa quell'impulso decisivo in grado mettere in campo le misure necessarie per governare un fenomeno altrimenti destinato a creare una frattura indelebile nel patto sociale tra cittadini e Stato europeo, nonché negli equilibri tra gli Stati membri, con conseguenze drammatiche per la stessa tenuta democratica e la convivenza tra Stati;
    si è infatti ancora lontani dal raggiungimento degli obiettivi che lo stesso Consiglio europeo ha fissato, quantomeno sulla carta. Lo dice di fatto lo stesso Consiglio europeo. Lo dice il Governo italiano, che più di una volta ha manifestato insoddisfazione per la scarsa implementazione dell'accordo dello scorso ottobre 2015, e per il mancato rispetto degli impegni da parte dell'Unione europea. Lo dicono i numeri: in particolare quelli relativi ai rimpatri, alle riallocazioni, all'immigrazione irregolare;
    è quantomeno necessario uno sforzo comune per rafforzare la gestione delle frontiere esterne dell'Europa, ed è più che mai urgente ed improcrastinabile l'implementazione di una politica migratoria europea comune e coerente, in grado di offrire un adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, che affronti i temi del controllo delle frontiere e della stabilità e sviluppo dei Paesi di origine e di transito, e che contempli interventi mirati per contrastare gli scafisti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia, unitamente a interventi di carattere umanitario per garantire, a chi ne ha diritto, di ricevere assistenza in Africa e accoglienza in Europa;
    sforzi maggiori dovrebbero essere richiesti agli Stati membri anche per quanto riguarda l'attuazione dei programmi di relocation, ad oggi assolutamente fallimentari ed inefficaci. Secondo la Commissione europea al 28 settembre 2016 sono state effettivamente ricollocate dalla Grecia negli altri Stati membri 4.455 persone, a fronte di circa 9.776 mila posti messi a disposizione, e di un impegno assunto in sede di Consiglio dell'Unione europea che vincolerebbe gli Stati membri alla relocation di 63 mila richiedenti asilo. Dall'Italia sono stati effettivamente ricollocate in altri Stati membri 1.196 persone, a fronte di circa 3.809 posti messi a disposizione dagli altri Stati membri, e di un impegno per circa 35 mila richiedenti asilo;
    in ogni caso, anche se l'attuale piano di relocation fosse pienamente attuato, esso inciderebbe in misura minima sulla situazione italiana, caratterizzata dalla massiccia presenza di migranti non rientranti nelle categorie soggette a ricollocazione negli altri Paesi europei;
    è necessario altresì sollecitare con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea per stipulare accordi economici a livello europeo con i Paesi di origine e transito dei migranti, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
    più in generale, non è ammissibile che vi sia un accordo Unione europea-Turchia a baluardo della rotta del Mediterraneo orientale e del Mar Egeo, mentre non vi è un accordo specifico sulla rotta che più interessa il nostro Paese;
    agli accordi a livello europeo, è fondamentale altresì affiancare la stipula, sulla scia di quanto fatto dal Governo Berlusconi (ultimo Governo a stipulare accordi specifici di rimpatrio), di accordi bilaterali con i Paesi di origine e di transito dei migranti per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini;
    anche la missione Eunavfor Med riporta risultati comunque limitati dal fatto che non è ancora stata avviata la fase 3 dell'operazione, che prevede la possibilità di arrestare gli scafisti e di sequestrare o affondare le barche direttamente sulle coste di partenza e sullo stesso territorio libico;
    in caso di mancato avvio della fase 3, ovvero qualora questa non fosse praticabile in tempi ragionevolmente brevi, va valutata la possibilità di sospendere l'attuale fase 2. È comunque auspicabile, qualora non fosse possibile sospendere l'attuale fase 2, che il Governo intraprenda finalmente una forte e rapida azione politica diplomatica attraverso il Consiglio dei Ministri degli affari esteri dell'Unione europea e la Commissione, al fine di chiedere ed ottenere una modifica dei compiti da svolgere durante la fase due in corso, ottenendo la possibilità di includere anche compiti di identificazione da effettuare già a bordo della flotta schierata a ridosso delle coste africane interessate, con conseguente e rapido discernimento tra coloro che hanno reali esigenze umanitarie e chi invece deve essere ricondotto sulle coste africane. Una volta identificati in mare, sarebbe infatti molto più agevole rimpatriare i migranti nei Paesi di origine che non hanno diritto di soggiornare nell'Unione europea, mettendo a sistema una politica di rimpatrio efficace e di forte deterrenza per tutti i migranti, che non pagherebbero più un alto prezzo ai trafficanti se rimpatriati dopo la loro identificazione già in alto mare;
    tornando a livello nazionale, è necessario intervenire anche sul piano normativo sul tema della protezione internazionale. Ad oggi, la protezione internazionale è disciplinata nell'ordinamento italiano in tre modi: il diritto d'asilo, la protezione sussidiaria e la cosiddetta «protezione umanitaria». A differenza delle altre due, che trovano riscontro nella gran parte degli ordinamenti, e che hanno come fonte l'ordinamento internazionale e comunitario, la terza rappresenta, nella sostanza, una peculiarità italiana, che presenta diversi profili di problematicità, sia giuridiche sia applicative;
    la protezione umanitaria non nasce né da obblighi internazionali né dalla necessità di dare adempimento a un principio costituzionale. Essa è una scelta autonoma del legislatore ordinario, introdotta dalla legge «Turco-Napolitano», e prevede che la questura possa rilasciare un permesso di soggiorno per motivi umanitari tutte le volte in cui le commissioni territoriali, pur non ravvisando gli estremi per la protezione internazionale, rilevino «gravi motivi di carattere umanitario» a carico del richiedente asilo. Ha la durata media di un anno, e consente solo l'accesso ai servizi essenziali (salute, formazione professionale e altro);
    ci sono buone ragioni per ritenere necessaria l'abrogazione di tale tipo di protezione in Italia. Essa rappresenta il tipo di protezione che riguarda la maggior parte dei richiedenti protezione presenti sul territorio italiano ed è fonte di un aggravamento della situazione degli immigrati in Italia. Tale disposizione fu emanata in un periodo nel quale – agli inizi degli anni Novanta – i numeri dei migranti diretti verso il territorio italiano non erano nemmeno lontanamente paragonabili a quelli attuali. Oggi c’è l'assoluta necessità di limitare il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale ai casi strettamente previsti dal diritto costituzionale italiano e dalla normativa europea e internazionale, istituendo un sistema che preveda il solo il diritto di asilo e la protezione sussidiaria. Questa razionalizzazione giuridica rappresenta anche un atto dovuto nei confronti dei migranti/richiedenti asilo, ai quali va data certezza sul loro status sul territorio italiano, per quel che riguarda, in particolare, il riconoscimento o meno del diritto alla protezione internazionale. La norma in questione, in pratica, fa sì che migliaia di migranti/richiedenti asilo, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno i requisiti per accedere alla protezione internazionale, permangano a lungo in un limbo, a metà strada tra la protezione e l'espulsione, senza avere una reale certezza circa il loro futuro;
    a conferma della necessità di abrogare un permesso che non si basa sulla verifica delle reali condizioni storico-anagrafiche dell'immigrato, ma su un meccanismo automatico e foriero di gravi incertezze, si ricorda quanto previsto dalla circolare del Ministero dell'interno che regolamenta il meccanismo, di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari (Circolare Ministeriale 2696/2013) operativa dal novembre 2013, che si sostanzia, di fatto, in un mero inoltro telematico della richiesta presentata dallo straniero alla questura e da quest'ultima trasmessa alla competente commissione territoriale, correlata di richiesta di parere da rendere entro tempi contingentati. Decorsi tuttavia tali termini, che variano dai quindici ai trenta giorni a seconda che si abbiano o meno informazioni sulla posizione dello straniero, la questura procede comunque al rinnovo del permesso di soggiorno e l'inerzia della commissione territoriale viene qualificata come «silenzio/assenso». Nell'ipotesi, invece, di richiesta corredata da informazioni, che verosimilmente sono tutte attinenti ai profili di sicurezza, la questura dovrà comunque attendere il parere della commissione territoriale prima di poter procedere al rinnovo del titolo di soggiorno, per un periodo di tempo che purtroppo si ignora e che lascia margini d'incertezza sul trattamento riservato allo straniero dal momento in cui è in scadenza il permesso di cui ha richiesto il rinnovo al momento in cui la commissione pronuncerà nei suoi confronti un giudizio legato ai profili di sicurezza;
    inoltre, è necessario ridurre i tempi di analisi delle richieste di asilo da parte delle commissioni territoriali. Per questo è importante prevedere un aumento del numero dei punti di verifica delle domande di protezione internazionale, attraverso la combinazione dell'istituzione di una commissione presso ogni prefettura-ufficio territoriale del Governo e l'assenza di limiti nella previsione delle sezioni;
    sarà inoltre determinante individuare presso i tribunali ordinari delle sezioni specializzate che si dedichino in maniera esclusiva alle materie relative ai fenomeni migratori e, in particolare, ai ricorsi dei migranti avverso i provvedimenti di diniego sullo status di rifugiato e/o di espulsione, al fine di ridurre drasticamente i tempi di permanenza sul territorio italiano dei migranti stessi;
    in questa direzione, è altresì corretto eliminare il secondo e il terzo grado di giudizio per quegli immigrati che si vedono respinta la richiesta di asilo politico. Ci sono circa 3.500 impugnazioni al mese, impossibile definirle tutte, e in tempi brevi;
    su segnalazione di diversi comuni, va poi rilevato come esista in Italia un problema generale di gestione del migrante/richiedente asilo nel sistema anagrafico, dovuta soprattutto alla mobilità sul territorio dei diretti interessati, che restano ancorati alla residenza italiana, indipendentemente dai loro spostamenti. Questo stato di cose è fonte di notevoli problemi di natura tecnica e amministrativa per i comuni e presenta anche preoccupanti profili di natura securitaria, per cui occorre procedere all'istituzione di una razionalizzazione e centralizzazione delle procedure anagrafiche dei migranti/richiedenti;
    per far fronte alle esigenze di accoglienza connesse al massiccio afflusso di immigrati, la legge di bilancio 2017 prevede la facoltà di destinare le risorse relative ai programmi operativi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei per il periodo 2014-2020, nel limite massimo di 280 milioni di euro, alle attività di trattenimento, accoglienza, inclusione e integrazione degli immigrati, oltre quelle già stanziate nella sezione II del bilancio stesso (articolo 1, comma 630). La sezione II della legge di bilancio opera, a sua volta, un rifinanziamento di 320 milioni di euro per il 2017 per le attività di trattenimento ed accoglienza degli immigrati (cap. 2351/2 dello stato di previsione del Ministero dell'interno – tabella 8);
    il fondo per l'Africa, istituito dalla legge di bilancio 2017 (articolo 1, comma 621) presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con una dotazione di 200 milioni di euro per l'anno in corso, si propone inoltre di rilanciare il dialogo e la cooperazione con i Paesi africani d'importanza prioritaria per le rotte migratorie,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, volta a limitare il riconoscimento del diritto alla protezione internazionale ai casi strettamente previsti dal diritto costituzionale italiano e dalla normativa europea e internazionale, istituendo un sistema che preveda il solo il diritto di asilo e la protezione sussidiaria;
2) a promuovere e rilanciare accordi bilaterali con i Paesi di origine per i rimpatri dei migranti irregolari, sulla scia di quanto fatto dai Governi Berlusconi, come premessa per bloccare le partenze di migranti irregolari, stroncare le attività degli scafisti, e facilitare le procedure di espulsione dei clandestini che potrebbero comunque arrivare nel nostro Paese;
3) ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, sollecitando con forza un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea volto a stipulare accordi economici bilaterali da parte dell'Europa con i Paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
4) ad assumere iniziative a livello europeo per un intervento decisivo volto a rafforzare le frontiere esterne dell'Unione, attraverso l'intensificazione dei controlli di frontiera sia in mare che a terra nel Mediterraneo meridionale, sul Mar Egeo e lungo la «rotta balcanica», fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza, e definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici;
5) a promuovere in sede europea opportuni interventi volti a garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i Paesi, rivedendo altresì le clausole del regolamento di «Dublino III» per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei; alla luce della proposta di modifica del regolamento in esame, a promuovere una rinegoziazione dei criteri di determinazione dello Stato competente, sulla base di proposte da avanzare in sede tecnica, che potranno fondarsi non sul primo ingresso (luogo di presentazione della prima domanda, oppure primo ingresso irregolare), bensì su una chiave di distribuzione che rifletta le dimensioni, la ricchezza e la capacità degli Stati membri di assorbimento dei richiedenti, come del resto prospettato nella comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 6 aprile 2016, nell'opzione 2, relativa alla individuazione di un sistema sostenibile ed equo per determinare lo Stato membro competente per l'esame delle domande di asilo;
6) ad intervenire nelle opportune sedi per porre in essere nel più breve tempo possibile l'inizio della fase 3 della missione Eunavfor Med, che permetterà di entrare nelle acque territoriali libiche per impedire le partenze dei barconi e contrastare più efficacemente il traffico di esseri umani, valutando altresì, ove ciò non fosse praticabile in tempi ragionevolmente brevi, la possibilità della sospensione dell'attuale fase 2;
7) ad attivarsi in sede di Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di cui l'Italia fa parte per l'anno 2017, per l'adozione di risoluzioni volte ad azioni internazionali comuni finalizzate a consentire l'intervento nelle acque territoriali libiche, nonché a legittimare le operazioni di identificazione e rimpatrio degli immigrati che non ottengano il diritto di asilo, indipendentemente dal luogo ove siano avvenute le identificazioni, nonché a facilitare la conclusione di accordi collettivi con i Paesi di provenienza dei migranti stessi;
8) ad attivarsi per assegnare alla Marina militare e alla Guardia costiera nuove direttive perché venga stroncata l'attività dello scafismo;
9) a valersi della Presidenza italiana del G7 per il 2017, al fine di porre al centro dell'agenda la questione delle migrazioni di massa e il loro effetto sui sistemi economici dei Paesi democratici che ne fanno parte;
10) ad assumere iniziative per definire soluzioni ad hoc per le regioni di confine, al fine di evitare tensioni di carattere sociale, che prevedano una diminuzione delle quote dei richiedenti asilo assegnate in fase di ripartizione, tenendo conto che il numero effettivo di immigrati presenti in tali regioni eccede la quota prevista, a causa del numero di irregolari non censiti;
11) ad intraprendere ogni iniziativa volta a far sì che i comuni abbiano risorse e mezzi sufficienti per far fronte alle questioni legate all'accoglienza dei migranti;
12) ad assumere le iniziative di competenza per dare seguito con la massima urgenza a quanto già stabilito con l'approvazione alla Camera della mozione n. 1-989, con riguardo all'esigenza di individuare presso i tribunali ordinari delle sezioni specializzate che si dedichino in maniera esclusiva alle materie relative ai fenomeni migratori e, in particolare, ai ricorsi dei migranti avverso i provvedimenti di diniego sullo status di rifugiato e/o di espulsione, in quanto ciò appare ai firmatari del presente atto decisivo per ridurre drasticamente i tempi di permanenza sul territorio italiano dei migranti stessi;
13) ad adottare ogni iniziativa volta a ridurre i tempi di esame delle richieste di protezione internazionale, prevedendo in particolare un aumento del numero dei punti di verifica delle domande, attraverso la combinazione dell'istituzione di una commissione presso ogni prefettura-ufficio territoriale del Governo e l'assenza di limiti nella previsione delle sezioni, valutando altresì di adottare iniziative normative volte ad eliminare il secondo e il terzo grado di giudizio per quegli immigrati che si vedono respinta la richiesta di asilo;
14) a stimolare, in seno all'Unione europea, una riflessione sulle norme di Schengen, giustamente varate per facilitare la libera circolazione all'interno dell'Europa, ma con la necessità di evitare che tale libera circolazione diventi una facilitazione per i fondamentalisti, i terroristi e quanti, come ha dimostrato il caso di Amri, l'attentatore di Berlino, hanno fruito di queste prerogative per girare impunemente in tutta Europa;
15) a valutare, sulla base dell'esperienza compiuta, ogni possibilità di miglioramento dell'attuale assetto normativo, per contrastare l'immigrazione clandestina e regolare i flussi migratori, legandoli alle effettive necessità economiche e sociali del Paese;
16) ad adottare le opportune iniziative per rafforzare le misure a tutela dei cittadini e degli stessi migranti, innalzando il livello di guardia e potenziando tutte le risorse messe a disposizione delle forze dell'ordine, per finanziare gli interventi e le operazioni di sicurezza urbana e di controllo del territorio nazionale volte alla gestione del fenomeno migratorio e alla prevenzione e il contrasto del terrorismo internazionale, in particolare attraverso:
  a) la concessione di maggiori risorse per forze dell'ordine e forze armate per il rinnovo dei contratti, il riordino delle carriere, il «bonus» degli 80 euro;
  b) il ripianamento degli organici delle forze di polizia, delle forze dell'ordine e soccorso pubblico;
  c) l'istituzione di un'assicurazione obbligatoria per ogni infortunio a forze di polizie, militari e vigili del fuoco.
(1-01470) «Brunetta, Ravetto, Gregorio Fontana, Vito».