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Atto a cui si riferisce:
C.130 Norme per la tutela dei beni culturali esistenti nei comuni capoluoghi di provincia, già capitali di Stato, e dei centri d'arte nel Mezzogiorno d'Italia


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 130


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato RUSSO
Norme per la tutela dei beni culturali esistenti nei comuni capoluoghi di provincia, già capitali di Stato, e dei centri d'arte nel Mezzogiorno d'Italia
Presentata il 15 marzo 2013


      

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Onorevoli Colleghi! La storia del nostro Paese è caratterizzata dallo sviluppo e dall'autonomia delle città. Già al tempo della Repubblica e dell'Impero romano molte città italiane erano autentiche città-Stato dotate di autogoverno, pur nell'appartenenza a Roma di cui godevano la cittadinanza. Dopo la parentesi del Tardo impero e dell'età gotica, l'invasione longobarda, creando vari ducati, tra cui due semi-indipendenti (Spoleto e Benevento), ridiede funzione di capitale alle principali città che in epoca feudale divennero sede di vescovadi e di contee e in età comunale si trasformarono in liberi comuni.
      Se nel sud la formazione dei Regni di Napoli e Sicilia favorì lo sviluppo di due grandi capitali, Napoli e Palermo, nell'Italia centro-settentrionale si vennero formando signorie e principati destinati a diventare, durante il Rinascimento, centri politici e, soprattutto, culturali di primo ordine. Attorno ad essi si raccolsero scrittori, artisti e si crearono corti e accademie di grande importanza. Alcuni di questi comuni capitali coincidono con i capoluoghi di regione: Venezia, Genova, Torino, Milano, Firenze, la stessa Bologna, capitale culturale anche se non politica; altri, invece, sono ora capoluoghi di provincia e, se non si interviene sollecitamente, rischiano di essere ridotti a una monotona vita provinciale, lasciando, così, in stato di abbandono innumerevoli tesori artistici, librari e archivistici, che costituiscono la più autentica ricchezza del nostro Paese. Per non dire dei centri d'arte del Mezzogiorno d'Italia. Paradossalmente, la maggiore autonomia data alle regioni rischia di annegare definitivamente tali città in un anonimato senza prospettive future.
      Non si crede necessario descrivere i beni culturali conservati in queste antiche capitali, né come l'attuale situazione le mortifichi sul piano culturale e rischi di compromettere definitivamente la loro conservazione. È necessario anche tenere presente che tali beni sono divisi tra musei, biblioteche, archivi statali e strutture ecclesiastiche e private, spesso non coordinati tra loro e non sufficientemente aiutati e tutelati dalle autorità. Basterebbe pensare a preziosi fondi librari e museali, sottratti ai conventi, in mille modi, e ora tenuti, perché sarebbe improprio dire conservati, presso scuole ed istituti di vario ordine e grado. Né miglior conservazione e sorte hanno avuto le grandi tradizioni musicali che alcuni di questi comuni hanno valorizzato in modo assolutamente eccezionale nei secoli passati.
      Per questi motivi, è urgente una legge che intervenga a riconoscere i valori peculiari di queste città, evitando la loro riduzione a centri minori, nell'ambito delle rispettive regioni di appartenenza, iniziando così una politica culturale a vasto raggio che si estenda poi ad altri comuni, anche non capoluoghi di provincia, che abbiano avuto ruoli storici in campo civile o religioso.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. La Repubblica, riconoscendo che l'esercizio della funzione di capitale di Stato durante l'età moderna ha concentrato, nei comuni capoluoghi di provincia, quantità ingenti di beni culturali che necessitano di particolari cure per la conservazione e valorizzazione, ne garantisce la tutela. La Repubblica garantisce altresì la tutela dei centri d'arte nel Mezzogiorno d'Italia e dei comuni o città insigniti per beni materiali o immateriali dal sigillo dell'UNESCO.

Art. 2.

      1. I musei, le biblioteche e gli archivi statali, esistenti nei comuni di cui all'articolo 1, sono inseriti in un'apposita categoria al fine di incentivarne le dotazioni economiche e di personale.

Art. 3.

      1. Nel rispetto delle singole autonomie, sono favorite forme di collaborazione tra i musei, le biblioteche e gli archivi statali dei comuni di cui all'articolo 1 e analoghe istituzioni, dipendenti da enti locali, ecclesiastici o privati, al fine di favorire la conservazione, l'utilizzazione e la valorizzazione dei beni culturali ivi conservati.

Art. 4.

      1. Il Ministero per i beni e le attività culturali effettua il censimento dei beni artistici, librari e archivistici esistenti presso enti pubblici, ecclesiastici e privati, situati nei comuni di cui all'articolo 1, ai fini delle loro catalogazione e conservazione, anche tramite l'utilizzazione di strumenti informatici.

Art. 5.

      1. Nei comuni di cui all'articolo 1 è istituita, senza oneri per il bilancio dello Stato, una consulta, formata da enti e da istituzioni pubblici, ecclesiastici e privati, al fine di studiare le modalità migliori per la conservazione e per il restauro dei monumenti e dei beni culturali esistenti.

Art. 6.

      1. Sulla base di apposite convenzioni tra i comuni di cui all'articolo 1 e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, possono essere istituiti in ciascuno di essi, anche in collaborazione con le università più vicine ai medesimi comuni, corsi di laurea triennale in archivistica e diplomatica, in biblioteconomia e in conservazione dei beni culturali.

Art. 7.

      1. I teatri dei comuni di cui all'articolo 1 possono accedere a particolari incentivi al fine di organizzare eventi di significativo contenuto culturale, in armonia con la tradizione esistente nei comuni medesimi.

Art. 8.

      1. Alle finalità di cui alla presente legge è destinata una quota non inferiore al 10 per cento del gettito dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a diretta gestione statale, ai sensi dell'articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222.
      2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinati i criteri e le modalità di accesso alle risorse di cui al comma 1.