• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
C.6/00287    udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia e premesso che:     l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita sempre...



Atto Camera

Risoluzione in Assemblea 6-00287presentato daMOLTENI Nicolatesto diMercoledì 18 gennaio 2017, seduta n. 726

   La Camera,
   udite le comunicazioni del Ministro della giustizia sull'amministrazione della giustizia e premesso che:
    l'amministrazione della giustizia in Italia viene avvertita sempre di più dai cittadini come inadeguata e incapace di assicurare la tutela delle persone offese dei reati e la conseguente tutela dei diritti, nonché inidonea nel contribuire al progresso civile del Paese;
    il numero dei processi pendenti sia nel settore civile che in quello penale, l'impossibilità che questi siano definiti in tempi ragionevoli, nonché l'adozione sistematica di provvedimenti cosiddetti «svuota carceri» o «indulti mascherati», tra cui la legge 28 aprile 2014, n. 67 sulla depenalizzazione e la messa alla prova, e da ultimo, il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28 sulla non punibilità per particolare tenuità del fatto, determinano ormai una sfiducia generalizzata dei cittadini nel sistema giustizia;
    occorre, invece, affrontare con decisione il tema della giustizia e porre mano a riforme che costituiscano reale attuazione dei principi della ragionevole durata e del giusto processo;
    il sistema giustizia ha, infatti, un notevole impatto sul tessuto economico e in particolare sulle imprese, come dimostra il rapporto «Doing Business», stilato ogni anno dalla Banca Mondiale per individuare in quali Paesi sia più vantaggioso investire, che prende tra i diversi parametri (avvio di impresa, accesso al credito, sistema fiscale, eccetera) la durata media di un procedimento civile, ad esempio per il recupero di un credito, dato sicuramente importante per una azienda;
    secondo il rapporto Doing Business 2017 l'Italia perde ben cinque posizioni rispetto allo scorso anno, collocandosi al 50o posto. Nella graduatoria l'Italia è superata da nazioni come la Moldova (che sale dalla cinquantaduesima alla quarantaquattresima posizione) e la Serbia (che l'anno scorso era cinquantanovesima e oggi è quarantasettesima). Il nostro Paese è quindi terzultimo tra i membri dell'Unione europea come capacità di attrarre investimenti: peggio solo la Grecia (sessantunesima) e Malta (settantaseiesima);
    sempre secondo il rapporto Doing Business, tale inefficienza comporta almeno la perdita dell'1 per cento di Pil all'anno, mentre, secondo uno studio della Confartigianato Lombardia, l'eccessiva durata dei processi costa alle imprese alcuni miliardi di euro l'anno e oltre 450 milioni solo alla Lombardia;
    una sentenza di primo grado civile giunge, secondo la media OCSE, dopo 296 giorni, mentre in Italia arriva dopo 367 giorni (367 giorni nel 2016 sono il risultato di una proiezione, calcolata su un campione «rappresentativo» di 40 Tribunali), Inoltre, con la legge di stabilità 2016, la richiesta dell'indennizzo non è più legata soltanto all'eccessiva durata del procedimento, e quindi ad un procedimento troppo lungo che ha pregiudicato i diritti delle parti, ma all'aver esperito, previa inammissibilità della domanda, i provvedimenti preventivi, così gravando ulteriormente le parti di adempimenti infraprocessuali che limitano un diritto riconosciuto sia dalla Costituzione che dalle sentenze della Corte dei Diritti dell'Uomo (CEDU), e ciò, al sol fine, di ostacolare l'esercizio legittimo di un diritto;
    l'inefficienza del nostro sistema giudiziario ha, dunque, anche gravissime ripercussioni di natura economica, soprattutto in un momento di grave crisi come quella che sta ora attraversando il nostro Paese secondo Cribis D&S, la società del gruppo bolognese Crif specializzata nella business information; il 2014 si è chiuso con la cifra record di 15.605 fallimenti, dal 2009 a oggi invece si contano circa 82.500 mila imprese che hanno portato i libri in Tribunale, seppur nel 2016 le imprese che hanno portato i libri in Tribunale sono state 2.704, un calo del 4,4 per cento rispetto ad un anno fa e del 7,8 per cento rispetto al 2014;
    i dati della nostra giustizia suonano talmente allarmanti all'estero, da determinare, nelle aziende straniere la decisione di non delocalizzare nel nostro Paese le proprie attività economiche;
    un efficiente sistema giudiziario e la garanzia della legalità costituiscono questioni interconnesse e di grande rilevanza sociale, non più rinviabili e che vanno assicurate con interventi strutturali e non emergenziali come quelli adottati nell'ultimo periodo;
    è necessario bloccare «ogni manovra» che consenta l'utilizzo degli istituti dell'amnistia e dell'indulto, nonché il ricorso a strumenti «spuri» che permettano nei concreto, una depenalizzazione di una «categoria» o «gruppi» di reato;
    è pur vero, invece, che in tal senso già due provvedimenti, che di fatto costituiscono dei veri e propri indulti, ossia il decreto-legge cosiddetto, «Severino», convertito in legge n. 9 del 2012 e il decreto-legge cosiddetto «Cancellieri», convertito in legge n. 94 del 2013 sono stati approvati, nonché, da ultimo, la legge 28 aprile 2014, n. 67 in tema di depenalizzazione e di messa alla prova;
    in tema di depenalizzazione, si ricorda che il Parlamento, ad eccezione della Lega Nord, con la legge 28 aprile 2014, n. 67, ha approvato l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina trasformandolo in sanzione amministrativa. Sul punto infatti occorre fare chiarezza: nel testo originario dello schema di decreto legislativo comunicato alle Camere per il relativo parere non vi era traccia della depenalizzazione di tale reato; è stata la Commissione Giustizia della Camera dei deputati, competente per materia ad esprimere il relativo parere, che invece ha posto come condizione l'introduzione, nel testo di legge, della depenalizzazione del reato di immigrazione clandestina. A fronte di questo, tenuto conto delle polemiche emerse e della contrarietà dell'opinione pubblica alla soppressione del reato in parola, il Governo, ed una parte della magistratura, hanno cercato di far emergere delle discrasie proprie del reato in punto di applicazione sostanziale. Ma tali inconvenienti non sono corrispondenti alla realtà, come peraltro dichiarato da coloro che applicano il reato, ossia i magistrati onorari e nello specifico i giudici di pace. Quindi il Governo, modificando la propria opinione, ha ritenuto di non procedere alla depenalizzazione, non già per convinzione, bensì solo per opportunismo ! È di tutta evidenza che il reato di immigrazione clandestina ha un deterrente anche psicologico che attraverso la depenalizzazione verrebbe meno, Invece la politica di questo Governo è quella di chiudere i centri di identificazione ed espulsione (CIE), eliminando le risorse finanziarie necessarie, al fine di non consentire l'esecuzione delle espulsioni decise dalla magistratura e di «sterilizzare» nei fatti il reato di immigrazione clandestina. Inoltre, l'ulteriore danno causato dall'abrogazione del reato di immigrazione clandestina, sarà quello di convincere l'immigrato irregolare che vi è una generalizzata impunità e possibilità di legittimata occupazione del territorio da parte dei clandestini, non potendo escludere che alcuni di essi siano affiliati all'ISlS;
    con la legge 28 aprile 2014, n. 67, il Governo Renzi ha approvato la depenalizzazione attraverso l'introduzione della non punibilità per particolare tenuità del fatto di ben 157 reati tra cui: furto, truffa, violazione di domicilio, minaccia, rissa, reati tributari, finanziari, corruzione, danneggiamenti, frodi, autoriciclaggio, omissione di soccorso, omicidio colposo, attuata attraverso il decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28;
    questi provvedimenti, unitamente ai dati ufficiali sull'aumento dei reati predatori ed in particolare dei furti in appartamento, riferite al 2014 e 2015 (fonte Ministero dell'Interno), ma confermate dai primi dati di tendenza del 2016, parlano di un aumento dell'1,7 per cento, mentre il Censis calcola che nel 2015 case e appartamenti svaligiati sono stati 689 al giorno, cioè 29 ogni ora, uno ogni due minuti, dimostrano che qualsiasi provvedimento sostanzialmente di clemenza non ha alcun effetto deflattivo sul sovraffollamento carcerario ma bensì un effetto accrescitivo dei fenomeni criminosi, con aggravio dei costi a carico dei cittadini e del sistema giustizia, salvo quello di «svuotare» momentaneamente le carceri, ma per converso provocano la diminuzione della sicurezza dei cittadini ed ingenerano la convinzione comune dell'impunibilità de facto di determinati reati. Al fine di reprimere efficacemente i reati predatori occorre procedere, con speditezza e in tempi brevi, all'adozione della proposta di legge, Atto Camera 3419, «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, concernenti i reati di furto in abitazione e furto con strappo» ovvero al corrispondente Atto Senato 2147 «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario al fine di contrastare i furti in abitazione»;
    la riforma del processo penale e delle sanzioni penali in discussione al Senato, con il giusto aumento delle pene sui furti o meglio sui reati predatori, non consente di modificare l'opinione negativa sull'amministrazione della giustizia, poiché un aumento di pena che poi viene posto nel nulla da riti alternativi o messa alla prova o dalla tenuità del fatto, è solo un sistema per far credere qualcosa che non esiste e per radicare nel cittadino la convinzione che lo Stato non combatte alcun crimine salvo quello contro la persona offesa !;
    in questo quadro si muove la richiesta di non colpevolizzare sempre e comunque la persona offesa e quindi si chiede di procedere alla riforma della legittima difesa, adottando in tempi brevi come testo quello proposto alla Camera dei deputati, in discussione in Commissione Giustizia, Atto Camera 2892 «Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima», ovvero il medesimo testo presentato al Senato della Repubblica Atto Senato 1784;
    al fine di aumentare la sicurezza è indispensabile modificare l'attuale sistema introdotto dal Governo Renzi, attraverso il decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92, convertito, con modificazioni, con la legge 11 agosto 2014, n. 117, che ha stabilito, tra le altre norme, che qualora il giudice (giudizio prognostico) procedente ritenga che la pena detentiva irrorata possa essere contenuta in un massimo di tre anni, non possono essere disposte le misure della custodia cautelare o degli arresti domiciliari;
    inoltre è necessario modificare la legge 16 aprile 2015, n. 47 approvata sempre dal Governo Renzi, in materia di custodia cautelare in carcere, poiché la necessaria attualità del pericolo per disporre da parte del giudice la misura della custodia cautelare in carcere, prevista con la novella legislativa in parola, sta producendo distorsioni gravi, si pensi ad esempio al caso dei quattro cittadini marocchini residenti nel bolognese sospettati di fare proselitismo jihadista che non finirono in carcere e rimasero in libertà in base alla nuova legge citata sulla custodia cautelare;
    è altresì fondamentale, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini, reintrodurre nel testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) la possibilità, oggi negata stante le modifiche legislative introdotte di recente, di prevedere per lo spaccio di lieve entità la possibilità della custodia cautelare preventiva in carcere;
    è necessario, al fine di prevedere la certezza della pena, sopprimere nel codice di procedura penale la possibilità per gli imputati di reati di gravissimo allarme sociale (tra cui l'omicidio volontario aggravato, la strage, ecc.) di accedere al rito abbreviato che, come risaputo, consente un forte sconto di pena, attraverso l'adozione, in tempi rapidi, della proposta di legge, approvata da un ramo del Parlamento, e pendente al Senato, Atto Senato n. 2032 «Modifiche all'articolo 438 del codice di proceduta penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato» e purtroppo abbinata ma non inserita nel testo base del disegno di legge di riforma complessiva del processo penale e delle sanzioni penali pendente al Senato;
    considerato che circa un terzo dei detenuti in carcere oggi è in attesa di giudizio, una riforma della giustizia che assicuri un processo equo e celere avrebbe sicuramente un miglior effetto deflattivo sull'emergenza carceraria, nel rispetto del principio della certezza anche della pena e del processo;
    attualmente al 31 dicembre 2016 nelle carceri italiane vi sono 54.653 detenuti, di cui 18.621 stranieri (che gravano sulle casse dello Stato per 850 milioni di euro l'anno; le risorse maggiori vengono spese per marocchini, romeni ed albanesi), di questi circa 12.000 sono islamici e 7.500 sono praticanti e risulterebbe che di questi ultimi circa 375 sono attenzionati, monitorati o segnalati, e diversi risulterebbero radicalizzati e particolarmente pericolosi;
    particolare e grave allarme destano, da un lato, i fallimenti delle politiche di socializzazione (protocolli di inserimento sociale) ai fini di evitare le radicalizzazioni in carcere, che come mostrato dai dati appena citati tendono esattamente in senso inverso rispetto alle politiche stesse, e dall'altro lato, la mancanza di circa 6.000 agenti di polizia penitenziaria, unita alla vigilanza dinamica, rendono in pratica impossibile arginare il fenomeno della radicalizzazione;
    inoltre si sottolinea come, al fine di evitare le radicalizzazioni, è stato concesso l'ingresso all'interno delle carceri di Imam per consentire la pratica del culto religioso islamico ai detenuti che lo dovessero richiedere. Ma al contrario paiono emergere due gravi problemi: il primo è che non esistendo un registro degli Imam non è comprensibile come si possa definire lo stesso un Imam giacché non è dato sapere su quale specificità lo si consideri una guida morale o spirituale particolarmente esperta, e in secondo poi, per altro verso, non vi è la certezza che gli Imam all'interno delle carceri siano Imam «moderati» anziché tendere alla radicalizzazione dei detenuti;
    occorre altresì predispone un piano di riforme organiche e strutturali con provvedimenti in grado di garantire un più equilibrato rapporto fra i poteri dello Stato, uscendo da logiche emergenziali o d'occasione, che minano l'obbligatorietà dell'azione penale che risulta oggi di fatto non applicata, ed indi, disattesa;
    dette riforme non devono peraltro procedere nel senso di determinare, nei processo penale, una diminuzione delle garanzie difensive dell'imputato, né dette garanzie, debbono essere abbandonate a causa della irragionevole durata del processo, posto che quest'ultima è essa stessa un diritto dell'imputato;
    le riforme devono invero procedere nel senso di garantire un'effettiva parità tra accusa e difesa, contemplando un giudice che sia effettivamente terzo tra le due parti, con una reale responsabilizzazione, anche disciplinare, dei magistrati inquirenti e giudicanti, una separazione delle carriere, una riforma profonda del Consiglio Superiore della Magistratura;
    il recupero di efficienza del sistema giustizia passa necessariamente attraverso una valorizzazione della magistratura onoraria, tenuto conto dell'importante ruolo che oggi svolge nell'amministrare la giustizia e attraverso una stabilizzazione delle professionalità;
    i dati forniti con riguardo alle cause pendenti, circa 4 milioni e mezzo per il processo civile, seppur in diminuzione, e 3 milioni per quello penale, che nel primo semestre 2015 ha visto salire le prescrizioni a 67.420 unità (contro 63.753 prescrizioni nel secondo semestre 2014), rimangono allarmanti e non rassicura il lieve calo registrato, che invece attesta la sempre più sfiducia dei cittadini a rivolgersi all'autorità giudiziaria per la sostanziale impunità garantita ai colpevoli dei reati e la difficoltà ad avere accesso alle strutture giudiziarie per i tagli operati da questo Governo alle sedi di tribunale e procure;
    la riforma del processo civile che questo Governo vuole attuare, seppur condivisibile per alcune finalità, nella realtà è una riforma composta da deleghe legislative attuate in un anno e mezzo dall'approvazione definitiva della legge delega, senza lo stanziamento di risorse finanziarie sufficienti che facciano pensare ad una riforma seria ed articolata; si racconta al cittadino qualcosa che non è realtà, o meglio è solo finzione;
    l'aumento indiscriminato negli ultimi tre anni del contributo unificato, nonché l'introduzione di costi di notifica nei casi di procedimenti esenti (tra cui ad esempio il procedimento avverso le sanzioni amministrative ai sensi della legge n. 689 del 1981), hanno per certo gravemente scoraggiato i cittadini onesti ad accedere all'amministrazione della giustizia, oltre a palesare, altresì, anche una violazione dell'articolo 3 della Carta costituzionale che sancisce sia l'eguaglianza formale ma anche, e soprattutto, l'eguaglianza sostanziale tra le persone,

impegna il Governo

1) ad intraprendere tutte le iniziative necessarie per:
  a) la revisione della composizione e del sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura e la fissazione dei suoi compiti in via tassativa, in modo che venga impedito all'organo di autonomia della magistratura ogni travalicamento di funzioni;
  b) la separazione netta delle carriere dei magistrati, con modalità tali da garantire l'assoluta indipendenza del giudice;
  c) l'incompatibilità assoluta tra la permanenza nell'ordine giudiziario e l'assunzione di incarichi, elettivi e non, ciò anche al fine di rendere credibile l'indipendenza e l'imparzialità di chi esercita le funzioni giudiziarie;
  d) la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, di cui ai decreti legislativi del 7 settembre 2012 n. 155 e n. 156, che di fatto, sopprimendo circa 1.000 uffici giudiziari, tra tribunali, procure, sezioni distaccate e sedi del giudice di pace, ha reso più difficile l'accesso alla giustizia da parte dei cittadini, rallentato i tempi delle cause, diminuito i presidi di legalità sul territorio, «punti di riferimento» per l'erogazione dei servizi di giustizia e penalizzato quelle sedi che invece assicuravano una giustizia in tempi ragionevoli; urge pertanto intervenire attraverso una immediata correzione della riforma salvaguardando e preservando le sedi giudiziarie efficienti che garantiscono funzionalità al sistema giustizia in ottemperanza alle esigenze territoriali, in modo particolare al Nord;
  e) la compiuta modernizzazione tecnologica di tutti gli uffici giudiziari, nonché la completa implementazione del processo telematico;
   f) favorire un rapido iter della proposta di legge, approvata da un ramo del Parlamento, e pendente al Senato, atto Senato n. 2032 «Modifiche all'articolo 438 del codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato», al fine di non consentire l'applicabilità dei giudizio abbreviato ai soggetti imputati di reati di gravissimo allarme sociale (tra cui l'omicidio volontario aggravato, la strage e altro);
  g) favorire un rapido iter della proposta di legge per procedere alla riforma della legittima difesa, Atto Camera 2892 «Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima», ovvero Atto Senato 1784;
  h) la reintroduzione nel testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990) della possibilità, di prevedere per lo spaccio lieve entità la possibilità della custodia cautelare preventiva in carcere;
  i) la modifica dell'articolo 275 del codice di procedura penale al fine di consentire, qualora il giudice procedente ritenga che la pena detentiva irrogata possa essere contenuta in un massimo di tre anni la possibilità di disporre le misure della custodia cautelare o degli arresti domiciliari;
  j) la modifica della legge 16 aprile 2015, n. 47 per espungere ai fini dell'applicabilità della misura della custodia cautelare in carcere fattualità del pericolo;
  k) la reiezione di tutte le iniziative atte a consentire l'applicazione degli istituti dell'amnistia e dell'indulto, nonché norme che di fatto, attraverso un «mascheramento», non consentono l'effettività della pena ed applicano una depenalizzazione o comunque consentano l'improcedibilità di numerosi reati di grave allarme sociale per fatti ritenuti di lieve entità, come previsto dal decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28;
  l) la completa e piena attuazione del piano straordinario penitenziario e la messa in sicurezza o in funzione delle 38 strutture esistenti che potrebbero essere utilizzate come istituti di pena;
  m) favorire un rapido iter delle proposte di legge già depositate alla Camera, atto Camera n. 1593 «Modifiche al codice di procedura penale in materia di funzioni del pubblico ministero e della polizia giudiziaria nonché di Svolgimento delle indagini preliminari» e atto Camera n. 1594 «Delega al Governo in materia di determinazione dei criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale»;
  n) con riguardo alla repressione dei reati predatori (furto in abitazione, furto con strappo, etc.) favorire un rapido iter della proposta di legge già depositata alla Camera, Atto Camera 3419, «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, concernenti i reati di furto in abitazione e furto con strappo» ovvero al corrispondente Atto Senato 2147 «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario al fine di contrastare i furti in abitazione»;
  o) procedere all'assunzione del personale di polizia penitenziaria al fine di coprire tutti i posti vacanti in modo da migliorare e garantire la sicurezza delle carceri, ed in ogni caso, eliminare la vigilanza dinamica all'interno delle carceri tenuto conto che la stessa consente la radicalizzazione, nonché revocare l'accordo con l'UCOII in relazione agli Imam che entrano nelle carceri, tenuto conto che detti Imam non possono essere considerati Imam «moderati»;
  p) con riguardo al riconoscimento ed alla revoca dello status di rifugiato, tenuto conto che attualmente il diniego è impugnabile con tre gradi di giudizio e le tempistiche ai fini decisori sono lunghe e farraginose, favorire un rapido iter della proposta di legge depositata alla Camera, atto Camera AC 3657 «Modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, in materia di competenza per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato», che attribuisce la competenza decisoria su detti procedimenti ai giudici di pace;
  q) mantenere l'attuale reato di immigrazione clandestina che ha un deterrente anche psicologico che attraverso la depenalizzazione verrebbe meno, giacché, l'ulteriore danno, causato dall'abrogazione del reato di immigrazione clandestina, sarà quello di convincere l'immigrato irregolare che vi è una generalizzata impunità e possibilità di legittimata occupazione del territorio;
  r) l'attuazione degli accordi bilaterali in essere ed un deciso impegno nella stipula di nuovi accordi bilaterali con altri Stati, affinché i detenuti stranieri scontino la pena nei Paesi di origine, tenuto conto che attualmente circa il 35 per cento dei detenuti sono stranieri, con punte, nelle case di reclusione del Nord anche oltre il 50 per cento, e ciò anche al fine di evitare eventuali radicalizzazioni.
(6-00287) «Molteni, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Pagano, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».