• C. 4220 EPUB Disegno di legge presentato il 12 gennaio 2017

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Atto a cui si riferisce:
C.4220 Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale
approvato con il nuovo titolo
"Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale"


Frontespizio Relazione Relazione Tecnica Analisi tecnico-normativa Disegno di Conversione
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4220


DISEGNO DI LEGGE
presentato dal ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo
(FRANCESCHINI)
e dal ministro della giustizia
(ORLANDO)
Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale
Presentato il 12 gennaio 2017


      

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Onorevoli Deputati! — Il presente disegno di legge riprende un proficuo lavoro già avviato e affinato, con ampio consenso di tutte le forze politiche, nelle precedenti legislature. Esso, in particolare, recupera in larga parte il testo unificato proposto il 18 aprile 2012 (XVI legislatura) nella 2a Commissione Giustizia del Senato della Repubblica dai relatori senatori Casson e Allegrini (pur con profili relativi ai reati ambientali, qui espunti) sulla base del disegno di legge atto Senato n. 3016, approvato dal Consiglio dei ministri il 22 settembre 2011, e del disegno di legge presentato dal senatore Rutelli atto Senato n. 962; il citato disegno di legge del Governo atto Senato n. 3016 riprendeva a sua volta un precedente disegno di legge d'iniziativa governativa della XV legislatura, atto Camera n. 2806, presentato nel giugno 2007, sottoposto all'esame della Commissione giustizia in sede referente e il cui iter si era anche in quel caso interrotto a seguito della fine della legislatura.
      Fonte principale della disciplina generale di tutela e di valorizzazione del patrimonio culturale nell'ordinamento giuridico italiano è il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di seguito denominato «codice dei beni culturali e del paesaggio». Il citato codice contiene, all'articolo 2, comma 1, la definizione di patrimonio culturale, il quale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Tali nozioni sono, a loro volta, definite in altre disposizioni del medesimo codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare, l'articolo 10 stabilisce quali cose mobili e immobili rientrino nel concetto di «bene culturale», mentre l'articolo 134 stabilisce la nozione di «bene paesaggistico».
      La repressione penale delle condotte che, aggredendo i beni appartenenti alle categorie richiamate, offendano l'interesse in essi incorporato non è affidata dall'ordinamento giuridico a un'unica e apposita categoria di reati, preordinata in via esclusiva o prevalente alla tutela penale dell'interesse della collettività alla conservazione del patrimonio culturale nella sua integrità, anche a beneficio delle generazioni future. Viceversa, tali condotte sono di volta in volta riferibili a figure di reato diverse, aventi una collocazione non omogenea nel sistema delle fonti e spesso rispondenti a finalità tra loro dissimili.
      In particolare, il codice dei beni culturali e del paesaggio contiene una parte quarta dedicata alle «Sanzioni», nell'ambito della quale il titolo II, riguardante le «Sanzioni penali», è a sua volta articolato in due capi: il capo I concernente le sanzioni per le violazioni delle disposizioni della parte seconda e il capo II recante le sanzioni per le condotte poste in essere in violazione delle disposizioni della parte terza.
      Le fattispecie di reato contemplate dal codice dei beni culturali e del paesaggio non esauriscono, peraltro, il sistema sanzionatorio penale nei confronti delle condotte lesive dell'interesse culturale o paesaggistico. A esse si aggiungono, infatti, anche alcune ipotesi di reato specifiche previste dal codice penale.
      La diversa collocazione delle norme incriminatrici discende dalla finalità perseguita mediante le relative incriminazioni. Sono contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio le disposizioni volte a rendere effettiva la disciplina di tutela prevista dal medesimo codice, sanzionando le trasgressioni della medesima, mentre il codice penale colpisce alcune condotte che si caratterizzano per l'aggressione contro il bene, anche indipendentemente dalla violazione delle norme di tutela e dei provvedimenti emanati dall'autorità in attuazione delle stesse.
      In proposito, va segnalato come le condotte criminose che hanno ad oggetto beni culturali o paesaggistici risultino spesso plurioffensive, in quanto lesive anche di altri interessi giuridici penalmente tutelati, primo fra tutti quello all'integrità del patrimonio del proprietario dei beni stessi: interesse, questo, chiaramente ritenuto prevalente dal legislatore e sanzionato in modo particolarmente severo. Conseguentemente, molte delle condotte aventi ad oggetto beni culturali e paesaggistici ricadono nelle comuni fattispecie di reati contro il patrimonio e solo occasionalmente sono distinte e assoggettate a un trattamento differenziato rispetto alle condotte aventi ad oggetto beni privi di tale interesse. Quest'ultima ipotesi si verifica per il delitto di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, «se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico» (articolo 639, secondo comma, del codice penale).
      Sempre nel codice penale sono, poi, contenute altre fattispecie, volte a sanzionare condotte specificamente offensive dell'interesse culturale o paesaggistico. Si tratta, in particolare, delle ipotesi contravvenzionali di cui all'articolo 733 (Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale) e all'articolo 734 (Distruzione o deturpamento di bellezze naturali), significativamente collocate nel titolo II del libro terzo, dedicato alle contravvenzioni concernenti l'attività sociale della pubblica amministrazione, e assoggettate a un trattamento sanzionatorio particolarmente mite.
      Il sistema di repressione penale che si è descritto è già stato oggetto, in tempi abbastanza recenti, di alcuni interventi modificativi. In particolare: l'articolo 1, comma 36, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ha introdotto alcune modifiche all'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, concernente le opere eseguite in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; i decreti legislativi 24 marzo 2006, n. 156 e n. 157, hanno apportato alcune modifiche, rispettivamente, alle disposizioni del capo I e del capo II del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio; l'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, ha operato ulteriori modifiche al citato articolo 181 dello stesso codice; infine, l'articolo 2, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, ha sostituito l'articolo 635 del codice penale in materia di danneggiamento.
      Tali interventi hanno presentato, tuttavia, carattere episodico e asistematico, tanto da rendere evidente la necessità di ulteriori modifiche normative, improntate a un disegno di ampio respiro.
      Si ricorda, da ultimo, la sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 23 marzo 2016 con la quale la Corte ha dichiarato la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal tribunale ordinario di Verona, dell'articolo 181, comma 1-bis, lettera a), del codice dei beni culturali e del paesaggio. Con la citata sentenza, l'articolo in esame è stato ritenuto illegittimo nella parte in cui prevede una più rigorosa risposta sanzionatoria nei confronti di condotte incidenti su beni paesaggistici sottoposti a vincoli puntuali rispetto a quelle incidenti su beni vincolati per legge. Infatti, nel sistema delineato dal codice, i lavori eseguiti senza la prescritta autorizzazione, o in difformità da essa, sui beni vincolati mediante provvedimento amministrativo configurano sempre un delitto e sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni, mentre i lavori eseguiti sui beni vincolati per legge integrano una contravvenzione e sono puniti con l'arresto fino a due anni, oltre a un'ammenda da 30.986 euro a 103.290 euro, a meno che non costituiscano, ai sensi dell'articolo 181, comma 1-bis, lettera b), opere di notevole impatto volumetrico, nel qual caso sono puniti alla stessa stregua dei primi. Le condotte lesive di beni vincolati ex lege, a differenza di quelle incidenti su beni vincolati con provvedimento amministrativo, sono suscettibili di sanatoria e si estinguono in ipotesi di rimessione in pristino da parte del trasgressore prima che tale ordine sia stato impartito dall'autorità amministrativa. Dalla rilevata fondatezza della questione, la Corte ha fatto discendere la necessità di parificazione della risposta sanzionatoria, riconducendo le condotte incidenti sui beni provvedimentali alla fattispecie incriminatrice per i beni vincolati ex lege, salvo che concretizzino il superamento delle soglie volumetriche indicate all'articolo 181, comma 1-bis, lettera b).
      L'esigenza di un intervento normativo organico e sistematico nella materia è resa indefettibile non solo dalle rilevanti criticità emerse nella prassi applicativa in riferimento alle disposizioni legislative vigenti, ma anche – e soprattutto – dalla circostanza che le previsioni normative in materia di repressione dei reati contro il patrimonio culturale, variamente distribuite nel codice penale (come è noto, antecedente alla Costituzione) e nel codice dei beni culturali e del paesaggio (che non ha introdotto modifiche determinanti rispetto all'impianto complessivo della legislazione di settore, risalente al 1939), risultano attualmente inadeguate rispetto al sistema di valori delineato dalla Carta fondamentale. La Costituzione, infatti, in base al chiaro disposto degli articoli 9 e 42, richiede che alla tutela penale del patrimonio culturale sia assegnato un rilievo preminente e differenziato nell'ambito dell'ordinamento giuridico e colloca con tutta evidenza la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione a un livello superiore rispetto alla mera difesa del diritto all'integrità del patrimonio individuale dei consociati.
      Il tema della repressione dei reati commessi in danno del patrimonio culturale ha trovato, peraltro, una significativa rappresentazione anche in ambito internazionale. A tale proposito giova segnalare, a testimonianza dell'accresciuta sensibilità per le questioni legate alla protezione del patrimonio culturale, l'adozione delle prime Linee guida internazionali per la lotta al traffico dei beni culturali.
      L'emanazione di questo atto è il frutto del lavoro svolto da un gruppo di esperti insediatosi a Vienna in seno alla Commissione per la prevenzione del crimine e la giustizia penale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (Commission for Crime Prevention and Criminal Justice – CCPCJ). Le Linee guida sono state definitivamente adottate dall'Assemblea Generale, sulla base di una risoluzione approvata dalla predetta Commissione, nel maggio 2014, su proposta dell'Italia, Paese che ha esercitato un ruolo cruciale sia sul piano tecnico che su quello politico, fornendo un contributo determinante per la loro elaborazione.
      Obiettivo primario delle Linee guida è quello di promuovere l'adattamento delle legislazioni degli Stati membri intorno a princìpi e regole condivisi e di rafforzare la cooperazione internazionale nonché l'assistenza giudiziaria, con la promozione, in particolare, dell'applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata (cosiddetta Convenzione di Palermo) nello specifico ambito del contrasto del traffico di beni culturali: si tratta di temi sui quali il presente disegno di legge intende fornire riscontro proprio attraverso la previsione di un'organica e sistematica disciplina sanzionatoria.
      A ciò si aggiunga l'esigenza di prestare la massima attenzione ai recenti eventi bellici che hanno coinvolto il Medio Oriente, con la conquista, da parte di forze fondamentaliste e integraliste, di territori al cui interno sono presenti siti archeologici di inestimabile valore, riconosciuti come patrimonio dell'umanità.
      Il tema è stato peraltro più volte trattato in sede parlamentare con la presentazione e con la discussione di mozioni e di risoluzioni con le quali il Governo è stato sollecitato ad assumere iniziative per la costituzione di un contingente altamente qualificato, denominato «caschi blu della cultura», da intendere come corpo speciale, preposto a prevenire e a riparare i danni arrecati al patrimonio culturale e ai siti archeologici e museali nelle zone di guerra, con particolare riguardo, stante l'odierna e tragica contingenza, alla Libia, all'Iraq e alla Siria, nonché alla formazione del personale militare e civile, sia italiano che straniero, impegnato nell'ambito delle missioni di pace promosse o autorizzate dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).
      Ulteriori sollecitazioni sono state rivolte al Governo a farsi parte attiva affinché il Consiglio di sicurezza dell'ONU adotti le opportune deliberazioni per bloccare la vendita di reperti archeologici trafugati dai Paesi in guerra, il cui ricavo potrebbe essere utilizzato per finanziare operazioni terroristiche.
      È pertanto anche in tale contesto di accresciuta criticità internazionale che il presente disegno di legge intende fornire idonei strumenti operativi a tutela del patrimonio culturale; basti pensare all'attività volta a contrastare il traffico di opere d'arte, come ricordato finalizzato spesso al finanziamento delle organizzazioni terroristiche internazionali: un'attività che l'Arma dei carabinieri è in grado di svolgere grazie all'altissima specializzazione dei propri reparti, operando in questo caso in collaborazione con le Forze armate impegnate nelle missioni internazionali di pace e di stabilizzazione nei diversi teatri di guerra.
      Quanto alla dimensione nazionale, giova sottolineare come l'interesse collettivo alla tutela del patrimonio culturale risulti attualmente protetto mediante sanzioni spesso poco afflittive e, come tali, dotate di scarsa efficacia deterrente, salvo che il medesimo interesse si presenti in associazione con l'esigenza di tutela dell'integrità del patrimonio del soggetto proprietario del bene, ritenuto senz'altro preminente.
      La presenza di fattispecie di reato contenute sia nel codice penale sia nel codice dei beni culturali e del paesaggio ha inoltre determinato talora l'insorgere di rilevanti questioni interpretative in merito all'ambito applicativo delle norme e all'eventuale ammissibilità del concorso di reati, ove la medesima condotta integri contemporaneamente più fattispecie.
      Sotto altro profilo, la considerazione episodica che la protezione dell'interesse culturale e paesaggistico presenta nell'ambito del codice penale determina l'utilizzo di una terminologia diversa nelle differenti norme penali che prendono in considerazione tale interesse, oltretutto mediante l'impiego di termini non perfettamente rispondenti alle definizioni attualmente contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Ciò può comportare dubbi ermeneutici, nonché il rischio che, a causa dell'utilizzo di sostantivi e di locuzioni diversi tra loro e non perfettamente omogenei rispetto alla disciplina di settore, talune ipotesi di reato o circostanze aggravanti vengano considerate applicabili unicamente con riferimento all'aggressione di determinati beni culturali o paesaggistici e non nei confronti dell'intera categoria di beni.
      Scopo del presente disegno di legge è, pertanto, anzitutto quello della reductio ad unitatem della materia considerata, in modo da conferire coerenza sistematica al complesso delle sanzioni penali previste nei confronti delle lesioni dell'interesse della collettività alla tutela del patrimonio culturale. Ciò è realizzato mediante il riconoscimento di uno statuto penale comune alle aggressioni nei confronti dei beni che presentano interesse culturale e paesaggistico. L'offesa di tale interesse deve infatti essere sempre assistita, in accordo con i richiamati precetti costituzionali, da un trattamento sanzionatorio appropriato e differenziato.
      A tal fine, il presente disegno di legge prevede l'introduzione di autonome figure di reato e di circostanze aggravanti di reati già previsti dall'ordinamento, tutti caratterizzati dall'offesa nei confronti dell'interesse della collettività all'integrità del patrimonio culturale. In questo senso, compito del legislatore delegato sarà in primo luogo quello di assicurare l'omogeneità terminologica di tutte le norme incriminatrici rispetto alle nozioni di bene culturale e di bene paesaggistico contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. La nuova categoria di reati e di circostanze aggravanti – strutturata in modo coerente e sistematico a partire dalle definizioni contenute nella legislazione di settore – comprenderà un complesso di fattispecie definite quali «reati contro il patrimonio culturale». Tale complesso normativo è, peraltro, destinato ad assumere carattere trasversale rispetto alle partizioni del codice penale e della legislazione di settore.
      Tra i compiti demandati al legislatore delegato nella disciplina dei reati contro il patrimonio culturale vi è il necessario innalzamento delle pene edittali oggi previste per talune fattispecie che destano un particolare allarme sociale e per le quali il trattamento sanzionatorio vigente è risultato in concreto inadeguato e privo di appropriata efficacia dissuasiva.
      Parimenti, il presente disegno di legge si prefigge di stabilire un trattamento sanzionatorio improntato a maggiore severità per il caso in cui alcuni comuni delitti contro il patrimonio abbiano ad oggetto beni culturali, sia introducendo la nuova fattispecie di reato di furto di beni culturali, sia incrementando le previste pene per i delitti di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, ove il fatto abbia ad oggetto beni culturali.
      È importante evidenziare che l'aumento delle pene non è fine a se stesso, ma ha un effetto di «trascinamento» utile sugli strumenti processuali: sopra i quattro anni di reclusione è possibile la custodia cautelare in carcere (e, quindi, l'arresto in flagranza e il processo per direttissima); sopra i cinque anni sono possibili, nelle indagini più complesse, le intercettazioni telefoniche.
      Allo scopo di rendere più efficace la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio è stata poi prevista l'introduzione del delitto di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici, punibile anche a titolo di colpa e procedibile d'ufficio, in considerazione del preminente interesse pubblico alla prevenzione e alla repressione di queste condotte di reato.
      Il presente disegno di legge prevede altresì che le Forze di polizia e gli ufficiali di polizia giudiziaria siano dotati di strumenti di maggior efficacia nel perseguire i reati contro il patrimonio culturale.
      Sono infine demandati al legislatore delegato il coordinamento e l'armonizzazione del sistema sanzionatorio, mediante l'introduzione di ogni norma ritenuta necessaria per assicurare il coordinamento complessivo tra le nuove disposizioni e quelle vigenti del codice penale e del codice dei beni culturali e del paesaggio, prevedendo, allo scopo, apposite norme, anche abrogative. Ciò è previsto anche al fine di evitare ipotesi di duplicazione di fattispecie incriminatrici che possano far insorgere, nella prassi applicativa, dubbi interpretativi in merito al ricorrere di ipotesi di concorso di norme ovvero di concorso di reati.
      Il presente disegno di legge, presentato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e dal Ministro della giustizia, consta di due articoli, di seguito illustrati in dettaglio.

      Articolo 1. – Il comma 1 dell'articolo 1 reca la disposizione di delega al Governo per l'emanazione di uno o più decreti legislativi di riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di beni culturali, attraverso la modifica delle pertinenti disposizioni contenute nel codice penale nonché attraverso la modifica del capo I e del capo II del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio. È inoltre delegata al Governo la modifica del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ai soli fini di cui all'articolo 1, comma 3, lettera t), del disegno di legge, allo scopo di armonizzare i riferimenti normativi ai beni culturali o paesaggistici contenuti nella disposizione penale di cui all'articolo 44, comma 1, lettera c), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 con le definizioni di cui agli articoli 10 e 134 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
      Il comma 2 chiarisce che cosa debba intendersi sia per beni culturali che per beni paesaggistici sotto il profilo del corretto riferimento normativo.
      Il comma 3 indica i princìpi e criteri direttivi ai quali il Governo deve attenersi nell'attuazione della delega.
      In particolare:

          la lettera a) demanda al legislatore delegato l'introduzione delle nuove fattispecie dei reati di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici. Scopo della previsione è quello di stabilire un trattamento sanzionatorio differenziato e più afflittivo per una serie di condotte, attualmente riconducibili ai reati di danneggiamento (articolo 635, primo comma, del codice penale), di danneggiamento di beni culturali (articolo 635, secondo comma, numero 1, del codice penale), di deturpamento o imbrattamento di cose altrui (articolo 639, primo comma, del codice penale) e di deturpamento o imbrattamento di cose altrui aggravato (articolo 639, secondo comma, del codice penale), qualora il fatto abbia ad oggetto beni culturali di cui all'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio ovvero beni paesaggistici di cui all'articolo 134 del medesimo codice, nonché ai reati di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (articolo 733 del codice penale) e di distruzione o deturpamento di bellezze naturali (articolo 734 del codice penale).

      L'unificazione, rispetto ai fatti di aggressione nei confronti dei beni indicati, delle condotte riconducibili alle due diverse figure di reato, semplici o aggravate, di cui agli articoli 635 e 639 del codice penale muove dalla considerazione che, con riferimento ai beni in argomento, oggetto della speciale protezione assicurata dall'ordinamento è proprio l'aspetto estetico, la «forma» esteriormente percepibile della cosa. Pertanto, il deturpamento o l'imbrattamento determinano sempre di per sé un danno, talora di rilevante gravità, rispetto ai profili di pregio culturale o paesaggistico del bene. Inoltre, il ripristino richiede spesso lunghe e costose operazioni di restauro, che determinano di per sé la temporanea sottrazione del bene alla fruizione pubblica alla quale sia stato destinato (condizione, questa, ordinaria per i beni appartenenti ai soggetti pubblici) e che possono talora non addivenire comunque all'integrale recupero di tutti gli aspetti estetici e tipologici danneggiati.
      Si è pertanto ritenuto di rimettere al giudice l'apprezzamento della gravità della condotta e la fissazione della misura della pena ritenuta adeguata, entro convenienti limiti, fondando il proprio prudente apprezzamento non tanto sulla possibilità di qualificare in astratto la condotta come

distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento, bensì tenendo conto dell'entità dell'offesa cagionata ai profili di pregio che il bene presenta e che sono soggetti alla speciale protezione stabilita dalla legislazione di settore. Ovviamente, trattandosi di delitto plurioffensivo, tale valutazione dovrà altresì tenere conto anche della lesione dell'interesse patrimoniale del soggetto pubblico o privato proprietario del bene.
      Con riferimento alle condotte destinate a rientrare nell'istituenda figura di reato, si segnala l'inclusione non solo di tutti i beni culturali di cui all'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio (già in precedenza assoggettati a un regime di protezione in virtù degli articoli 635, secondo comma, numero 1, e 639, primo comma, del codice penale), ma anche dei beni paesaggistici, per i quali non era previsto alcun aggravamento di pena, fatta eccezione per gli immobili compresi nel perimetro dei centri storici (che rientrano, ove sottoposti ad apposito provvedimento di vincolo, tra i beni paesaggistici tutelati ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettera c), del codice dei beni culturali e del paesaggio). Pertanto, con riferimento alla tutela penale dei centri storici, dovranno distinguersi due ipotesi: ove le condotte aggressive abbiano ad oggetto immobili compresi nel perimetro dei centri storici e qualificabili come beni culturali o paesaggistici ai sensi degli articoli 10 o 134 del codice dei beni culturali e del paesaggio, sarà applicabile la nuova (e più afflittiva) fattispecie di reato; ove, invece, gli immobili stessi non siano vincolati ai sensi della disciplina di settore, rimarrà, comunque, applicabile il trattamento sanzionatorio attualmente previsto dagli articoli 635, secondo comma, numero 1, e 639, secondo comma, del codice penale.
      Quanto al trattamento sanzionatorio, per i delitti di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici è prevista la pena della reclusione non inferiore a un anno e non superiore a cinque anni, significativamente più severa rispetto alle pene oggi applicabili.
      Attualmente, infatti, le pene previste sono le seguenti:

          a) danneggiamento (su cose di interesse storico o artistico, ovunque siano ubicate, o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici), articolo 635, secondo comma, numero 1, del codice penale: reclusione da sei mesi a tre anni e perseguibilità d'ufficio;

          b) deturpamento o imbrattamento di cose altrui aggravato, articolo 639, secondo comma, del codice penale, se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico: reclusione da tre mesi a un anno e multa da 1.000 a 3.000 euro;

          c) danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, articolo 733 del codice penale: arresto fino a un anno o ammenda non inferiore a 2.065 euro;

          d) distruzione o deturpamento di bellezze naturali, articolo 734 del codice penale: ammenda da 1.032 a 6.197 euro.

      Novità significativa che il presente disegno di legge si prefigge di introdurre è la punibilità dei fatti di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici anche a titolo di colpa. Ovviamente è previsto un trattamento sanzionatorio meno afflittivo per le condotte colpose. In tali ipotesi, infatti, il legislatore delegato dovrà stabilire una riduzione della pena in misura non superiore alla metà.
      È ben noto che la scelta in tal senso operata nel presente disegno di legge di delega non ha precedenti nell'attuale sistematica dei delitti contro il patrimonio. Finora, infatti, per le condotte di danneggiamento non è stata prevista l'incriminazione a titolo di delitto colposo, mentre sono circoscritte le ipotesi di repressione a titolo di contravvenzione, eventualmente colposa, come nei casi di cui agli articoli 733, 733-bis e 734 del codice penale. Ciò in virtù della considerazione – ampiamente illustrata dalla dottrina penalistica – che mentre la tutela penale nei confronti della vita e dell'incolumità psico-fisica della persona giustifica la qualificazione delle aggressioni

a tali beni, in virtù della particolare importanza di essi, quali reati di particolare gravità (delitti), lo stesso principio non opera per le condotte lesive dirette nei confronti del patrimonio altrui, che è un bene di assai minore rilevanza. Non a caso, anche le disposizioni contravvenzionali richiamate sono dirette prioritariamente a tutelare, come già si è detto, «l'attività sociale della pubblica amministrazione».
      L'orientamento espresso dal legislatore del 1930 è certamente in accordo con i princìpi costituzionali i quali, come già detto, pongono la tutela della proprietà privata in posizione subordinata rispetto ai princìpi e ai valori enunciati come primari. Nondimeno, nel quadro di tali princìpi e valori è compresa non soltanto la protezione della vita e dell'integrità psico-fisica dell'individuo, ma anche la tutela del patrimonio culturale, che rientra tra i preminenti compiti assegnati alla Repubblica dall'articolo 9 della Carta fondamentale. In particolare, nel sistema della Costituzione repubblicana, i beni culturali e paesaggistici sono oggetto di speciale considerazione non solo in ragione della loro dimensione collettiva, ossia per il loro valore sociale e identitario, ma anche per la loro dimensione di rilevanza individuale, in quanto essi stessi strumenti di elevazione culturale del singolo consociato, deputati a consentire quel «pieno sviluppo della persona umana» che – menzionato all'articolo 3, secondo comma, della Costituzione – rientra tra i principali e più nobili obiettivi posti dalla Carta fondamentale. Proprio in ragione del carattere costituzionalmente primario dell'interesse incorporato nella realtà materiale delle cose che si definiscono quali beni culturali e paesaggistici può, dunque, trovare giustificazione l'innalzamento della soglia della rilevanza penale delle condotte aggressive dirette nei confronti dei beni medesimi, mediante l'introduzione di un'apposita figura di delitto colposo.
      In ogni caso (e, quindi, anche ove commesso a titolo di colpa), il delitto di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici sarà procedibile d'ufficio, indipendentemente dalla titolarità dei beni oggetto dell'aggressione. Tale previsione è, ancora una volta, motivata dalla particolare natura delle cose soggette allo speciale regime stabilito dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Esse, infatti, costituiscono il sostrato materiale comune a due diversi interessi: quello patrimoniale del proprietario della stessa e quello della collettività, inerente alla protezione e (ove si tratti di bene pubblico) alla fruizione del particolare pregio che la cosa presenta. Se, pertanto, ordinariamente l'offesa al patrimonio dei singoli consociati è rimessa all'iniziativa di questi ultimi, da esercitare mediante l'apposito istituto della querela, è invece necessario rendere perseguibili d'ufficio i fatti che determinano anche la lesione dell'interesse collettivo alla conservazione e alla fruizione del patrimonio culturale: interesse da ritenere superiore, come più volte si è detto, rispetto a quello del proprietario.
      Anche con riferimento al nuovo delitto è prevista – come già stabilito per le ipotesi di danneggiamento dall'articolo 635, terzo comma, del codice penale – la subordinazione della concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
      In conseguenza dell'introduzione della nuova figura di reato, è espressamente demandata al legislatore delegato l'abrogazione delle disposizioni dell'articolo 635, secondo comma, numero 1, e dell'articolo 639, secondo comma, secondo periodo, del codice penale, relativamente alle condotte aventi ad oggetto cose di interesse storico o artistico, nonché l'abrogazione degli articoli 733 e 734 del codice penale.
      La critica – pure da taluni sollevata – dell'eccessiva punizione anche dei casi di danneggiamento colposo di cosa propria, che deriverebbe dalla nuova figura di reato di danneggiamento di un bene culturale, appare infondata, poiché questa nuova figura unitaria conserva in sé la direzione esclusiva nei confronti di cose altrui, propria del delitto «base» di danneggiamento. Il danneggiamento (anche colposo) di una cosa propria dovrà trovare spazio nella riformulazione della fattispecie contravvenzionale speciale di cui all'articolo 169 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
      Il legislatore delegato dovrà provvedere a coordinare i delitti sopra indicati con le disposizioni degli articoli 169 e 170 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che prevedono, in relazione ai beni culturali, reati contravvenzionali per le differenti ipotesi di interventi effettuati senza le prescritte autorizzazioni e per l'uso incompatibile con il carattere storico o artistico di tali beni o pregiudizievole per la loro conservazione o integrità.
      La lettera b) prevede l'introduzione di una nuova figura di delitto di furto, denominata «furto di bene culturale», similmente a quanto già avvenuto con l'introduzione nel codice penale dell'articolo 624-bis (concernente il furto in abitazione e il furto con strappo), e consistente nel porre in essere la condotta tipica del furto sui beni culturali di cui all'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio. È peraltro rimessa al legislatore delegato la scelta in merito alla collocazione del nuovo delitto nel contesto del codice penale ovvero nell'ambito del codice dei beni culturali e del paesaggio. La pena prevista è la reclusione da due a otto anni. Sono inoltre applicabili le circostanze aggravanti previste negli articoli 625 (circostanze aggravanti del reato di furto) e 61 (circostanze aggravanti comuni) del codice penale. In tali ultime ipotesi la pena non potrà essere inferiore a quattro anni né superiore a dodici anni.
      La lettera c) prevede un'aggravante per il delitto di devastazione e saccheggio di cui all'articolo 419 del codice penale (punito con la reclusione da otto a quindici anni), nel caso in cui le condotte delittuose abbiano ad oggetto beni culturali e luoghi della cultura individuati nell'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, cioè i musei, le biblioteche, gli archivi, le aree archeologiche, i parchi archeologici e i complessi monumentali.
      La lettera d) dispone un'aggravante per il delitto di ricettazione di cui all'articolo 648 del codice penale qualora il comportamento delittuoso abbia per oggetto un bene culturale. L'aumento della pena è previsto in misura non superiore alla metà (l'articolo 648 prevede la pena da due a otto anni di reclusione e la multa da 516 a 10.329 euro).
      Tale previsione è finalizzata a incrementare l'efficacia dissuasiva nei confronti di condotte che destano un particolare allarme sociale. In particolare, il severo trattamento sanzionatorio per i delitti di ricettazione di bene culturale consentirà di contrastare più efficacemente il fenomeno dell'uscita illecita dal territorio nazionale di beni culturali di provenienza delittuosa.
      La lettera e) introduce una fattispecie diversa e ulteriore rispetto al delitto di ricettazione di cui alla lettera precedente, ovvero quella di illecita detenzione di un bene culturale di cui si conosca la provenienza illecita (punito con la reclusione non superiore a otto anni). La previsione di questa clausola impedisce che le due ipotesi – ricettazione e illecita detenzione – vengano contestate in concorso.
      La lettera f) stabilisce l'aumento della pena detentiva per le violazioni in materia di alienazione di beni culturali, di cui all'articolo 173, comma 1, lettera a), del codice dei beni culturali e del paesaggio – per il quale è attualmente prevista la pena della reclusione fino a un anno e della multa da 1.549,50 a 77.469 euro – stabilendo la pena della reclusione fino a due anni e la multa fino a 80.000 euro.
      La lettera g) prevede l'aumento delle pene, in misura non superiore a un terzo, per il delitto di uscita o esportazione illecite di cui all'articolo 174 del codice dei beni culturali e del paesaggio, nel caso che il delitto abbia ad oggetto beni culturali di rilevante valore.
      L'incremento della misura massima della pena detentiva irrogabile (attualmente fissata in quattro anni di reclusione) consentirà, tra l'altro, il ricorso allo strumento investigativo dell'intercettazione di conversazioni o comunicazioni, ai sensi dell'articolo 266, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale.
      La lettera h) introduce il reato di possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli qualora il soggetto possessore si trovi in aree o zone di interesse archeologico, in parchi archeologici o in aree interessate da lavori in corso per la verifica preventiva dell'interesse archeologico.
      La norma mira a prevenire le attività di ricerca illecita, anticipando la soglia di rilevanza penale alle condotte inequivocabilmente preordinate alla commissione del fatto.
      A tale scopo si indica quale criterio direttivo per il legislatore delegato l'introduzione dell'apposita contravvenzione di possesso ingiustificato degli strumenti o delle apparecchiature quando il fatto è commesso all'interno di siti archeologici che presentino determinate caratteristiche.
      Per evidenti ragioni di certezza del diritto e di conoscibilità del precetto penale, è stato infatti compiutamente determinato quali siti archeologici siano oggetto di speciale protezione mediante il reato contravvenzionale in argomento. In particolare, la condotta prevista dalla suddetta disposizione sarà punita soltanto ove commessa nell'ambito di aree la cui rilevanza archeologica è riconoscibile per caratteristiche obiettive o per l'esistenza di atti di individuazione, in particolare all'interno di siti già oggetto di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante ai sensi dell'articolo 13 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di aree di interesse archeologico ai sensi dell'articolo 28 del medesimo codice (cioè in cui siano in corso saggi archeologici preventivi alla realizzazione di lavori pubblici), ovvero di aree o parchi archeologici ai sensi dell'articolo 101 del medesimo codice o, infine, di zone di interesse archeologico soggette a tutela paesaggistica ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera m), del medesimo codice.
      Per il nuovo reato contravvenzionale è prevista l'irrogazione della pena dell'arresto non superiore, nel massimo, a due anni.
      La lettera i) ha ad oggetto l'incremento del trattamento sanzionatorio per il delitto di contraffazione di opere d'arte, di cui all'articolo 178 del codice dei beni culturali e del paesaggio. La disposizione in esame prevede, in particolare, la pena della reclusione da un anno a sei anni e della multa fino a 10.000 euro, significativamente superiore a quella attualmente in vigore (reclusione da tre mesi a quattro anni e multa da 103 a 3.099 euro).
      È inoltre demandata al legislatore delegato la riformulazione della disposizione in modo da differenziare i fatti che hanno ad oggetto beni culturali da quelli riguardanti opere infracinquantennali o di autore vivente.
      Quest'ultima indicazione è resa necessaria dalla circostanza che, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, del codice dei beni culturali e del paesaggio, solo le cose mobili che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre cinquanta anni sono potenzialmente qualificabili come beni culturali, in presenza degli eventuali ulteriori presupposti (in particolare, se si tratta di cose appartenenti a privati, l'apposito provvedimento di dichiarazione dell'interesse culturale, ai sensi dell'articolo 13 del medesimo codice). Viceversa, le cose mobili che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga a oltre cinquanta anni non rientrano nel potenziale ambito applicativo della nozione di bene culturale, ma sono solo soggette ad alcune specifiche disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, in quanto riconducibili alla fattispecie di cui all'articolo 11, comma 1, lettera d), del medesimo codice, che si riferisce alle «opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d'arte di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni».
      In coerenza con quanto precede, si è ritenuto di prescrivere la determinazione di un trattamento sanzionatorio più afflittivo per le condotte che abbiano ad oggetto beni mobili almeno potenzialmente riconducibili alla nozione di bene culturale, rispetto alle opere d'arte che non siano (ancora) neppure potenzialmente qualificabili come tali.
      La lettera l) prevede un aumento delle pene per il delitto di riciclaggio, di cui all'articolo 648-bis del codice penale, riferito a operazioni compiute su beni culturali, stabilendo tale aumento in misura non superiore alla metà (l'articolo 648-bis prevede la pena della reclusione da quattro a dodici anni e la multa da 5.000 a 25.000 euro).
      La lettera m) prevede l'introduzione del delitto di attività organizzate per il traffico di beni culturali concretizzantesi nelle forme del trasferimento illecito, dell'alienazione, dello scavo clandestino o comunque della gestione illecita di beni culturali.
      La norma intende tenere conto del fatto che i reati di settore, specialmente quelli di falsificazione, sono commessi da gruppi strutturati, con chiara definizione di compiti lungo la filiera criminale, e che le modalità di condotta si esplicano spesso a livello transnazionale.
      Da ciò deriva l'esigenza di modellare una fattispecie che vada a colpire proprio quanti si avvalgono di «allestimento di mezzi e attività continuative» nelle varie ipotesi di aggressione al patrimonio culturale nonché di prevedere il reato di «attività organizzate per il traffico di beni culturali».
      A sostegno di siffatta previsione giova ricordare che i livelli di «professionalità criminale» si mostrano sempre più contrassegnati da un'elevata specializzazione e che il «traffico di beni culturali», così spesso evocato, non ha mai avuto collocazione in una fattispecie astratta.
      La disposizione prevede una pena da due a sei anni di reclusione.
      La lettera n) prevede e disciplina l'istituto del ravvedimento operoso, al quale è ancorata una riduzione del quadro sanzionatorio previsto nel presente disegno di legge di delega.
      Viene stabilita, in particolare, una diminuzione della pena dalla metà a due terzi per chi fornisce il proprio contributo alle Forze di polizia e all'autorità giudiziaria nel ricostruire il fatto delittuoso e nel facilitare l'individuazione dei responsabili evitando, in tal modo, che la medesima attività possa produrre i suoi ulteriori effetti nocivi.
      La lettera o) stabilisce un'aggravante ad effetto speciale, con incremento del trattamento sanzionatorio da un terzo alla metà, applicabile a tutti i reati aventi ad oggetto beni culturali di cui all'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio ovvero beni paesaggistici di cui all'articolo 134 del medesimo codice, qualora il fatto sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale o commerciale. In tale ultima ipotesi troverà applicazione anche la pena accessoria dell'interdizione dalla professione, ai sensi dell'articolo 30 del codice penale.
      La lettera p) prevede una misura di potenziamento delle dotazioni a disposizione degli organi di polizia per le attività di tutela dei beni culturali di cui all'articolo 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio, consistente nell'affidare in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta, per l'impiego in attività di tutela dei beni stessi, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili, le autovetture e i motocicli sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria.
      La lettera q), in materia di operazioni sotto copertura, riguarda l'applicazione della causa di non punibilità e della facoltà di omettere o ritardare gli atti di propria competenza, previste dall'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, agli ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore secondo la legislazione vigente per l'attività di contrasto e di repressione del delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali; l'esclusione della punibilità è estesa anche agli agenti di polizia giudiziaria, agli ausiliari e alle interposte persone di cui i predetti ufficiali di polizia giudiziaria intendono avvalersi nell'esecuzione delle suddette operazioni.
      La disposizione comprende gli strumenti di indagine consistenti nella possibilità di utilizzare indicazioni di copertura per attivare siti nelle reti telematiche, realizzare o gestire aree di comunicazione o di scambio su reti o sistemi telematici o per partecipare a esse, nonché nella possibilità di procedere, anche per via telematica, all'acquisto simulato di beni e alle relative attività di intermediazione.
      I suddetti interventi degli organi di polizia giudiziaria devono essere effettuati secondo le modalità di autorizzazione e di esecuzione stabilite dal citato articolo 9 della legge n. 146 del 2006.
      La norma è concepita per combattere con efficacia la criminalità, disarticolandone gli apparati organizzativi e indebolendone i punti nevralgici, attraverso una strategia diretta a colpire i sodalizi dediti ai traffici, anche internazionali, di beni culturali. Per realizzare ciò è necessario che l'azione sia sostenuta da un'efficace attività informativa che deve esprimersi anche attraverso l'operatività di agenti sotto copertura.
      La norma intende altresì tenere conto dell'esigenza di consentire l'attivazione di «siti civetta» per poter condurre, con indicazioni di copertura, transazioni fittizie sulle reti e sui sistemi telematici, anche in ragione del diffuso ricorso alla tecnologia informatica operato dalla delinquenza del settore.
      La lettera r), integrando il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, prevede la responsabilità di tali enti per le condotte illecite, correlandovi una sanzione pecuniaria fino a mille quote nonché l'applicazione delle sanzioni interdittive previste dal decreto medesimo.
      La lettera s) affida al legislatore delegato il delicato compito di assicurare il coordinamento e l'armonizzazione tra le disposizioni del codice penale e le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, mediante le necessarie norme modificative, integrative, interpretative e abrogative. Tale attività si richiede anche allo scopo di evitare che la modifica del sistema sanzionatorio vigente possa determinare discrasie o duplicazioni di fattispecie che facciano sorgere, nella prassi applicativa, dubbi interpretativi in merito al ricorrere di ipotesi di concorso di norme (da risolvere secondo i princìpi, allo scopo di evitare doppie incriminazioni) ovvero di concorso di reati.
      La lettera t) risponde alla finalità, enunciata nella premessa, di assicurare l'omogeneità terminologica e, conseguentemente, la coerenza del trattamento sanzionatorio di tutti i reati contro il patrimonio culturale. A tale fine è rimesso al Governo, in sede di adempimento della delega, il compito di garantire l'uniforme utilizzo delle definizioni dei beni culturali e paesaggistici contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, ovunque rilevanti ai fini penali. La norma menziona espressamente la necessità di modificare l'articolo 44, comma 1, lettera c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Questa disposizione prevede infatti un reato contravvenzionale deputato a colpire, tra l'altro, le condotte consistenti nella realizzazione di «interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso», ove il riferimento è al permesso di costruire disciplinato dal medesimo testo unico. Tale fatto può concorrere con gli eventuali ulteriori illeciti penali realizzati attraverso la medesima condotta e derivanti dalla violazione delle prescrizioni di tutela poste dal codice dei beni culturali e del paesaggio.
      Al riguardo, il legislatore delegato è incaricato di riformulare il secondo periodo della richiamata lettera c) del comma 1 dell'articolo 44 del citato testo unico in modo che siano incluse in tale fattispecie, con certezza e proprietà terminologica, tutte le ipotesi di interventi aventi ad oggetto beni culturali o paesaggistici definiti come tali dal codice dei beni culturali e del paesaggio.
      La lettera u), infine, detta misure per la confisca, ordinata dal giudice con sentenza di condanna, delle cose che sono servite a commettere il reato nonché di quelle che ne sono il prodotto o il profitto.

      Articolo 2. – Il comma 1 prevede che il decreto o i decreti legislativi di attuazione

della delega prevista dal presente disegno di legge siano adottati su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti.
      Il comma 2 autorizza un nuovo intervento legislativo del Governo, entro il termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, allo scopo di introdurre le disposizioni integrative e correttive che si rendano eventualmente necessarie. L'emanazione di ciascun decreto sarà soggetta al rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi enunciati all'articolo 1, comma 3, del presente disegno di legge.
      Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.
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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

Descrizione dell'intervento normativo.

      L'intervento normativo è finalizzato ad apportare modifiche e integrazioni al codice penale, alle disposizioni dei capi I e II del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, ai soli fini del coordinamento lessicale, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
      Con l'intervento in esame si intende conferire organicità alla disciplina penale concernente i reati aventi ad oggetto i beni culturali e i beni paesaggistici; aggravare il trattamento sanzionatorio previsto per alcune figure di reato; introdurre ipotesi di nuove incriminazioni; consentire agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria di svolgere particolari operazioni per il contrasto dei reati contro il patrimonio culturale.

Amministrazione competente.

      Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e Ministero della giustizia.

Disposizioni rilevanti ai fini della relazione tecnica.

      Per la clausola di invarianza finanziaria: articolo 2, comma 3.

Nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

      L'intervento normativo non comporta nuovi o maggiori oneri a carico di amministrazioni pubbliche, anche diverse dallo Stato. In particolare, il provvedimento consiste in un disegno di legge di delega, da attuare mediante uno o più decreti legislativi subordinati al rispetto dell'apposita clausola di invarianza della spesa.

Descrizione dell'articolato.

      Articolo 1. – Il comma 1 reca la delega legislativa al Governo, la quale – come è stabilito espressamente dall'articolo 2, comma 3 – dovrà trovare attuazione senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      Il comma 2 introduce disposizioni che delimitano l'ambito applicativo della disciplina sanzionatoria da introdurre in attuazione della delega, attraverso l'individuazione dei riferimenti normativi idonei a identificare i beni culturali e paesaggistici interessati dal provvedimento.


      Il comma 3 indica i princìpi e criteri direttivi cui devono conformarsi il decreto o i decreti legislativi.
      I princìpi e criteri indicati alle lettere da a) a o) prevedono modificazioni, integrazioni e abrogazioni di norme penali o processuali penali.
      In questo ambito si segnala in particolare la lettera n), che reca norme sul ravvedimento, prevedendo diminuzioni di pena per coloro i quali si attivano concretamente nel fornire aiuto all'autorità di polizia o all'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto delittuoso o nell'individuazione del suo autore. La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico di amministrazioni pubbliche, potendosi anzi ipotizzare al riguardo che ne derivi una diminuzione di spesa, considerato che l'ausilio fornito alle forze di polizia e alla magistratura dalle persone coinvolte nel fatto appare suscettibile di tradursi in un minor dispendio di tempo e di risorse finanziarie per individuare i colpevoli, con i positivi effetti che da ciò discendono.
      La lettera p) concerne l'utilizzazione dei beni mobili sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria. In particolare, la norma prevede che le navi, le imbarcazioni, i natanti, gli aeromobili, le autovetture e i motocicli sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria a tutela dei beni culturali siano affidati in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di tutela dei medesimi beni. Tale disposizione non comporta oneri finanziari, in quanto il sequestro del corpo del reato è disposto dall'autorità giudiziaria (articolo 253 del codice di procedura penale) ed è la medesima autorità a decidere sull'affidamento in custodia (articolo 259 del codice di procedura penale) nonché sull'eventuale restituzione (articolo 263 del codice di procedura penale). È quindi implicito che l'autorità giudiziaria accoglierà l'eventuale richiesta di affidamento dei beni in argomento, avanzata dagli organi di polizia, solo quando sia ragionevolmente certa la successiva confisca dei medesimi beni, ai sensi dell'articolo 240 del codice penale. Conseguentemente, non si pone alcun problema di oneri connessi all'eventuale restituzione al legittimo proprietario.
      La lettera q) prevede l'applicazione della causa di non punibilità e della facoltà di omettere o ritardare gli atti di propria competenza per gli ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore secondo la legislazione vigente per la repressione e il contrasto del delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali, nonché nei confronti degli agenti di polizia giudiziaria, degli ausiliari e delle interposte persone di cui si avvalgono, nei limiti delle proprie competenze; si prevede inoltre la possibilità, nel contrasto di determinate attività criminose, di impiegare particolari strumenti e istituti giuridici e, in particolare: di svolgere operazioni sotto copertura ai sensi dell'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, avvalendosi quindi delle specifiche possibilità di cui al comma 5 del citato articolo 9 secondo le modalità di autorizzazione e di esecuzione ivi stabilite, in particolare utilizzando indicazioni di copertura, anche per attivare siti nelle reti telematiche, realizzare o gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi telematici o partecipare ad esse, nonché procedendo, anche per via telematica, all'acquisto simulato di beni e alle relative attività di intermediazione, dandone comunicazione all'autorità giudiziaria che può, con decreto motivato, differire il sequestro fino alla conclusione delle indagini. Le disposizioni descritte non comportano nuovi o maggiori oneri a carico di amministrazioni pubbliche, anche diverse dallo Stato, né direttamente, né a seguito dell'emanazione dei decreti legislativi delegati, i quali possono trovare attuazione senza l'impiego di risorse umane, finanziarie o strumentali ulteriori rispetto a quelle attualmente disponibili.
      La lettera r) è specificamente volta a prevedere la possibilità di applicare le norme del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, per il delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali, di cui alla lettera m) del comma in esame. Non si ravvisano al riguardo nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      Le lettere s) e t) affidano al legislatore delegato il compito di provvedere al coordinamento e all'armonizzazione tra le disposizioni del codice penale e le disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, mediante le necessarie norme modificative, integrative, interpretative e abrogative, assicurando altresì l'omogeneità terminologica e, conseguentemente, la coerenza del trattamento sanzionatorio di tutti i reati contro il patrimonio culturale. Non è previsto pertanto alcun onere.
      La lettera u), infine, che detta misure per la confisca, ordinata dal giudice con sentenza di condanna, delle cose che sono servite a commettere il reato nonché di quelle che ne sono il prodotto o il profitto, non appare suscettibile di comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

      Articolo 2. – Si prevede che il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 dell'articolo 1 siano adottati su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti, e si disciplina la possibilità di emanare disposizioni integrative e correttive nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 3 dell'articolo 1. L'articolo reca altresì la clausola di invarianza finanziaria.

Riepilogo degli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica.

      Non viene allegato il prospetto riepilogativo in quanto dall'attuazione dell'intervento normativo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

      Parte I – ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO.

      1) Obiettivi e necessità dell'intervento normativo. Coerenza con il programma di Governo.

      Con il presente intervento il Governo viene delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale.
      L'intervento si rende necessario al fine di contrastare con maggiore efficacia i fatti criminosi rivolti contro i beni, di proprietà sia pubblica che privata, che rivestono interesse storico-artistico, archeologico, architettonico e paesaggistico e che rappresentano la testimonianza della cultura e della storia della Nazione.
      Infatti, nonostante che nell'ordinamento giuridico italiano esistano specifiche norme a salvaguardia di tali beni, non esiste un'unica e apposita categoria di reati finalizzata in via esclusiva o prevalente alla tutela penale dell'interesse della collettività alla conservazione del patrimonio culturale, anche per le generazioni future.
      Pertanto, tenuto conto dei numerosi reati, di varia natura (furto, danneggiamento, ricettazione, contraffazione, scavi clandestini eccetera) che continuano a essere perpetrati nei confronti del patrimonio culturale e dell'inadeguatezza delle sanzioni attualmente previste, che spesso hanno scarso effetto deterrente, sono emerse l'esigenza e l'urgenza di delineare un più severo sistema sanzionatorio, mediante l'inasprimento delle pene e l'introduzione di autonome figure di reato e di circostanze aggravanti.
      In particolare l'articolo 2, comma 3, lettera a), demanda al legislatore delegato l'introduzione delle nuove fattispecie dei reati di distruzione, danneggiamento, deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici. La lettera b) prevede l'introduzione di una nuova figura di delitto di furto, denominata «furto di bene culturale»; la lettera e) introduce una fattispecie diversa e ulteriore rispetto al delitto di ricettazione di cui alla lettera d), ossia quella dell'illecita detenzione di un bene culturale di cui si conosca la provenienza illecita; la lettera h) introduce il reato di possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, qualora il soggetto che li possiede si trovi in aree o zone di interesse archeologico, in parchi archeologici o in aree interessate da lavori in corso per la verifica preventiva dell'interesse archeologico; infine, la lettera n) prevede e disciplina l'istituto del ravvedimento operoso, al quale è annessa una riduzione del quadro sanzionatorio previsto dal presente disegno di legge delega.
      Si rappresenta inoltre che l'intervento tiene conto dei più recenti sviluppi normativi affermatisi in ambito internazionale. Da questo punto di vista, il provvedimento si mostra coerente con i contenuti della più avanzata disciplina internazionale di settore, in particolare con le International Guidelines for Crime Prevention and Criminal Justice

Responses with respect to Trafficking in Cultural Property and Other Related Offences, adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione A/RES/69/196 del 18 dicembre 2014. Tali linee guida, incentrate sulla prevenzione del traffico illegale di beni culturali, tra l'altro, sono state adottate dall'Assemblea generale sulla base di una risoluzione approvata dalla Commissione Crimine nel maggio 2014, su proposta italiana.

      2) Analisi del quadro normativo nazionale.

      Il quadro normativo nazionale di riferimento è costituito dalle seguenti disposizioni:

          articoli 30, 240, 419, 625, 635, 639, 648, 648-bis, 733 e 734 del codice penale;

          articoli 51 e 444 del codice di procedura penale;

          codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in particolare parte quarta, titolo II, capi I e II, articoli 169-180, che recano le sanzioni penali relativamente ai beni culturali, e articolo 181, che reca le sanzioni penali per i reati contro i beni paesaggistici;

          decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 156, recante «Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione ai beni culturali», e decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157, recante «Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio», che hanno apportato modifiche al capo I del titolo II della parte quarta del citato codice dei beni culturali e del paesaggio;

          decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica;

          testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

      3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

      L'intervento reca una delega per la riforma della disciplina sanzionatoria penale in materia di reati contro il patrimonio culturale, da realizzare attraverso la modifica del codice penale, dei capi I e II del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio e, ai soli fini di coordinamento, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

      4) Analisi della compatibilità dell'intervento con i princìpi costituzionali.

      L'intervento non presenta profili d'incompatibilità con i princìpi costituzionali e anzi si pone in linea con i princìpi dettati dall'articolo

9 della Costituzione in materia di tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione.

      5) Analisi della compatibilità dell'intervento con le competenze e le funzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale.

      L'intervento normativo non pone problemi di compatibilità con le competenze esclusive e concorrenti delle regioni a statuto ordinario e con le prerogative delle regioni a statuto speciale.
      Ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa» [secondo comma, lettera l)] e di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» [secondo comma, lettera s)].

      6) Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza sanciti dall'articolo 118, primo comma, della Costituzione.

      Effettuata la verifica, non sono stati riscontrati profili di incompatibilità con i princìpi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

      7) Verifica dell'assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazione normativa.

      L'intervento normativo non comporta effetti di rilegificazione.

      8) Verifica dell'esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all'esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

      Nel corso della XV legislatura, è stato presentato alla Camera dei deputati il disegno di legge atto Camera n. 2806, sottoposto all'esame della Commissione giustizia in sede referente e il cui iter si è interrotto a seguito della fine della legislatura. Nel corso della XVI legislatura è stato invece presentato al Senato della Repubblica il disegno di legge di iniziativa governativa atto Senato n. 3016, successivamente confluito in un testo unificato con un progetto di legge di iniziativa parlamentare (atto Senato n. 962 di iniziativa dei senatori Rutelli e Zanda) adottato dalla Commissione giustizia del Senato il 18 aprile 2012 e, anche in questo caso, non portato a termine entro la fine della legislatura. Tale iniziativa è stata ripresa, nelle sue grandi linee, nel disegno di legge di delega che qui si propone, con alcune integrazioni.
      Nel corso della XVII legislatura il senatore Giro ha presentato, il 14 maggio 2013, il progetto di legge atto Senato n. 646, recante «Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale», assegnato alla Commissione giustizia in sede referente, il cui esame non è ancora iniziato.

      9) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza, ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto.

      Non si ha cognizione di giudizi di costituzionalità pendenti nella materia.
      Le linee prevalenti della giurisprudenza della Corte di cassazione sono contenute nelle sentenze Cassazione penale, sezione III, 29 aprile 1998, n. 7129, e Cassazione penale, sezione II, 4 novembre 1993, in materia di danneggiamento.
      A riprova del fatto che la materia richiede una rivisitazione sistematica si citano le seguenti sentenze, ambedue in materia di violazione dell'articolo 169 del codice dei beni culturali e del paesaggio (opere illecite).
      La terza sezione della Corte di cassazione, con la pronuncia dell'8 febbraio 2012, n. 11412, ha stabilito come la fattispecie criminosa in oggetto non costituisca un'ipotesi di reato proprio, in quanto la norma è rivolta a chiunque trasgredisca le disposizioni poste a tutela dei beni culturali e non a determinati soggetti.
      Nella motivazione della sentenza, i giudici della Suprema Corte affermano che «la tesi che circoscrive la responsabilità solo ai soggetti che possono chiedere l'autorizzazione sposta la ratio della tutela dal bene al potere di controllo riservato alla pubblica amministrazione che deve rilasciare l'autorizzazione».
      Oggetto diretto di tutela, quindi, è il bene culturale di per sé, indipendentemente dal soggetto che vi può arrecare danno.
      In maniera difforme da quanto sopra affermato, la seconda sezione della Corte di cassazione, con sentenza del 3 luglio 2008, n. 35173, ha stabilito che: «il reato di cui all'art. 169, comma 1, lett. a) D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, che punisce l'abusiva demolizione, rimozione, modifica, restauro od esecuzione di opere di qualunque genere su beni culturali, è reato proprio che può essere commesso soltanto da quanti hanno un rapporto particolare e qualificato con i beni oggetto della tutela, che spiega la ragione della necessità della richiesta di autorizzazione per eseguire lavori, demolire, rimuovere, modificare o restaurare il bene».
      Ciò comprova – si ribadisce – il fatto che la trattazione del reato di danneggiamento in due corpora normativi differenti può ingenerare una diversa valutazione delle ipotesi di reato.
      Negli anni novanta la Corte costituzionale si è più volte pronunciata sul problema della violazione delle disposizioni del codice in materia paesaggistica (sentenze n. 122 del 1993, n. 360 del 1995, n. 133 del 1992, n. 333 del 1991 e n. 296 del 1996).
      Si ricorda da ultimo la sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 23 marzo 2016, con la quale la Corte ha dichiarato la fondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata dal tribunale ordinario di Verona sull'articolo 181, comma 1-bis, lettera a), del codice dei beni culturali e del paesaggio. Con la citata sentenza, l'articolo in esame è stato ritenuto illegittimo nella parte in cui prevede una più rigorosa risposta sanzionatoria nei confronti di condotte incidenti su beni paesaggistici sottoposti a vincoli puntuali rispetto a quelle incidenti su

beni vincolati per legge. Infatti, nel sistema delineato dal codice, i lavori eseguiti sui beni vincolati in via provvedimentale senza la prescritta autorizzazione, o in difformità da essa, configurano sempre un delitto e sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni, mentre i lavori eseguiti sui beni vincolati per legge integrano una contravvenzione e sono puniti con l'arresto fino a due anni, oltre a un'ammenda da calcolarsi tra 30.986 e 103.290 euro, a meno che non costituiscano, ai sensi dell'articolo 181, comma 1-bis, lettera b), del medesimo codice, opere di notevole impatto volumetrico, nel qual caso sono puniti alla stessa stregua dei primi. Le condotte lesive di beni vincolati ex lege, a differenza di quelle incidenti su beni vincolati con provvedimento amministrativo, sono oggetto di sanatoria e si estinguono nel caso di rimessione in pristino da parte del trasgressore prima che tale ordine sia stato impartito dall'autorità amministrativa. Dalla rilevata fondatezza della questione la Corte ha fatto discendere la necessità di una parificazione della risposta sanzionatoria, riconducendo le condotte incidenti sui beni vincolati in via provvedimentale alla fattispecie incriminatrice per i beni vincolati ex lege, salvo che concretizzino il superamento delle soglie volumetriche indicate al citato comma 1-bis, lettera b).

      Parte II – CONTESTO NORMATIVO DELL'UNIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE.

      10) Analisi della compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione europea.

      Non sono stati ravvisati profili di contrasto con l'ordinamento dell'Unione europea.
      L'intervento normativo si pone in linea con gli strumenti normativi dell'Unione europea sulla circolazione delle opere d'arte. Si tratta in particolare dei seguenti atti:

          regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, e regolamento (UE) n. 1081/2012 della Commissione, del 9 novembre 2012, recante disposizioni di applicazione del regolamento CE n. 116/2009;

          direttiva 93/7/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, come modificata dalla direttiva 96/100/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 febbraio 1997;

          direttiva 2001/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, in materia di restituzione dei beni culturali illecitamente usciti da uno Stato membro dell'Unione;

          direttiva 2014/60/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro.

      11) Verifica dell'esistenza di procedure di infrazione da parte della Commissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

      Non risultano in atto procedure di infrazione da parte della Commissione europea sulla medesima o su analoga materia.

      12) Analisi della compatibilità con gli obblighi internazionali.

      L'intervento normativo in esame non presenta profili di contrasto con obblighi internazionali assunti dall'Italia ed è coerente con la disciplina dettata dalla Convenzione dell'UNIDROIT sul ritorno internazionale dei beni culturali rubati o illecitamente esportati, adottata a Roma il 24 giugno 1995 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 7 giugno 1999, n. 213.
      L'intervento tiene altresì conto delle Linee guida internazionali per la lotta al traffico dei beni culturali adottate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, sulla base di una risoluzione approvata dalla Commissione Crimine (CCPCJ – Commission for Crime Prevention and Criminal Justice) nel maggio 2014.

      13) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

      Non risultano indicazioni giurisprudenziali, né giudizi pendenti sul medesimo o analogo oggetto.

      14) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo sul medesimo o analogo oggetto.

      Non risultano indicazioni giurisprudenziali, né giudizi pendenti sul medesimo o analogo oggetto.

      15) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazione sul medesimo o analogo oggetto da parte di altri Stati membri dell'Unione europea.

      Non si hanno indicazioni al riguardo.

      Parte III – ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIONALE DEL TESTO.

      1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

      L'intervento normativo non introduce nuove definizioni. Pertanto, non si pone alcun problema di coerenza con quelle già in uso.

      2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni e integrazioni subite dai medesimi.

      È stata verificata la correttezza dei riferimenti normativi citati nel testo.

      3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

      L'intervento non contiene novelle legislative che saranno invece utilizzate in sede di predisposizione dei decreti legislativi di modifica del codice penale e del codice dei beni culturali e del paesaggio.

      4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell'atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo.

      L'intervento normativo non produce effetti abrogativi impliciti.

      5) Individuazione di disposizioni dell'atto normativo aventi effetti retroattivi o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

      L'intervento normativo non introduce norme dagli effetti indicati in titolo.

      6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anche a carattere integrativo o correttivo.

      Non risultano deleghe legislative aperte sul medesimo oggetto.

      7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica della congruità dei termini previsti per la loro adozione.

      Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delega, il Governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi per la riforma del sistema sanzionatorio penale per i reati contro il patrimonio culturale, secondo i princìpi e criteri direttivi dettati dalla delega medesima.
      Il predetto termine di diciotto mesi è stato ritenuto congruo, attesa la necessità di calibrare e coordinare tutti gli interventi di modifica all'attuale sistema sanzionatorio.

      8) Verifica della piena utilizzazione e dell'aggiornamento di dati e di riferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento, ovvero indicazione della necessità di commissionare all'Istituto nazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche, con correlata indicazione nella relazione economico-finanziaria della sostenibilità dei relativi costi.

      Per la predisposizione dell'intervento normativo sono stati utilizzati i dati e i riferimenti statistici già in possesso delle Amministrazioni proponenti.

ANALISI DELL'IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

      Sezione 1 – CONTESTO E OBIETTIVI DELL'INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE.

      A) Rappresentazione del problema da risolvere e delle criticità constatate, anche con riferimento al contesto internazionale ed europeo, nonché delle esigenze sociali ed economiche considerate.

      Occorre preliminarmente osservare che il codice penale e il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recano specifiche disposizioni relativamente ai reati contro i beni culturali e il paesaggio.
      In particolare, l'articolo 635 del codice penale prevede, per il reato di danneggiamento, la reclusione da sei mesi a tre anni anche quando la condotta delittuosa ricada su cose di interesse storico e artistico.
      Anche l'articolo 639 prevede un trattamento differenziato in caso di deturpamento e imbrattamento di cose di interesse storico o artistico.
      Gli articoli 733 e 734 dettano disposizioni, rispettivamente, in materia di danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale e di distruzione o deturpamento di bellezze naturali.
      Il codice dei beni culturali e del paesaggio riserva la parte quarta alla disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale.
      In particolare, il titolo I reca le sanzioni amministrative (il capo I relativamente ai beni culturali e il capo II relativamente al paesaggio), mentre il titolo II reca le sanzioni penali (anche in questo caso il capo I relativamente ai beni culturali e il capo II relativamente al paesaggio).
      La disciplina sanzionatoria penale relativamente ai beni culturali riguarda l'esecuzione di opere illecite, l'uso illecito dei beni, la collocazione e la rimozione illecita degli stessi, l'inosservanza delle prescrizioni di tutela indiretta, le violazioni in materia di alienazione, l'uscita o esportazione illecite di beni culturali, le violazioni in materia di ricerche archeologiche, l'impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, la contraffazione di opere d'arte, l'inosservanza dei provvedimenti amministrativi (articoli 169-180).
      In relazione ai beni paesaggistici, le sanzioni penali riguardano le opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa (articolo 181).
      Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.
      La problematica fondamentale che si intende risolvere consiste principalmente nell'arginare i fenomeni criminosi ancora molto diffusi contro il patrimonio culturale del nostro Paese, il quale, per la rilevanza e la diffusione dei beni, può essere considerato un «museo a cielo aperto» e, come tale, necessita di controlli capillari, da svolgere anche mediante apparecchiature tecnologiche e sistemi informatizzati sempre più sofisticati.


      Nell'ambito dei crimini contro il patrimonio culturale, quello che arreca maggiori danni è sicuramente lo scavo clandestino (e il saccheggio delle aree archeologiche), spesso attuato, con l'ausilio di strumentazioni apposite, da organizzazioni criminali che riescono a immettere sul mercato, soprattutto estero, un numero elevatissimo di beni culturali, causando non solo un depauperamento perenne del patrimonio medesimo, ma sottraendo anche i beni alla ricerca storico-scientifica. A tale proposito l'attività dei carabinieri, nel 2014, ha rilevato almeno 59 scavi clandestini con 127 persone denunciate all'autorità giudiziaria.
      Altrettanto deleteri e ampiamente diffusi sono il danneggiamento, l'imbrattamento e il deturpamento dei beni, nonché il furto (oltre 600 casi secondo i dati dei carabinieri), a danno di luoghi di culto, musei e biblioteche, e la contraffazione, la cui incidenza è provata dal sequestro di oltre 1.600 falsi nel 2014.
      Il prioritario interesse collettivo alla tutela del patrimonio culturale risulta attualmente protetto mediante sanzioni spesso poco afflittive.
      Sorge pertanto l'esigenza di adottare iniziative mirate al contenimento e alla repressione dei descritti fenomeni, secondo due direttrici principali e complementari:

          aggravamento delle pene e delle misure per il contrasto dei reati che abbiano ad oggetto il patrimonio culturale, anche mediante l'allungamento dei tempi di prescrizione e l'introduzione di nuove figure di reato (come ad esempio il furto di bene culturale o l'illecita detenzione di bene culturale), nonché per mezzo della procedibilità d'ufficio;

          misure di rafforzamento e di potenziamento dell'azione di contrasto svolta dagli organi di polizia.

      B) Indicazione degli obiettivi (di breve, medio o lungo periodo) perseguiti con l'intervento normativo.

      L'intervento ha lo scopo prioritario di definire uno «statuto» penale comune alle aggressioni nei confronti dei beni che presentano interesse culturale e paesaggistico.
      Il predetto complesso sistematico è volto a perseguire i seguenti obiettivi:

          rafforzamento della repressione contro gli interventi non autorizzati sui beni culturali;

          potenziamento del contrasto dell'illecita esportazione di beni culturali all'estero, delle violazioni in materia di ricerche archeologiche compiute con l'uso di strumenti per il sondaggio del terreno, della contraffazione delle opere d'arte;

          maggiore efficacia dell'applicazione delle disposizioni sanzionatorie;

          decremento dei fenomeni criminosi commessi contro il patrimonio culturale, inteso come somma dei beni culturali e del paesaggio.

      La verifica circa la realizzazione dei predetti obiettivi si baserà, nel breve periodo, principalmente sull'aumento dell'attività di repressione legata all'applicazione delle nuove disposizioni e, nel medio periodo, sulla possibilità di intervenire per contrastare l'attività delle associazioni criminali che si occupano, tra l'altro, di traffici di beni culturali, a livello sia europeo che internazionale; invece, nel lungo periodo essa, per l'effetto deterrente prodotto dall'intervento normativo proposto, si baserà sulla percentuale di riduzione dei reati commessi, per le diverse tipologie criminose, da verificare attraverso i dati forniti nel report annuale del Comando carabinieri tutela del patrimonio culturale.

      C) Descrizione degli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi indicati e di monitorare l'attuazione dell'intervento nell'ambito della VIR.

      La verifica circa la realizzazione dei predetti obiettivi si baserà prioritariamente sulla percentuale di riduzione dei reati commessi, per le diverse tipologie criminose, secondo i dati forniti nel report annuale del Comando carabinieri tutela del patrimonio culturale.
      Tali dati sono, con tutta evidenza, quelli relativi all'attuale attività di contrasto svolta dalle Forze di polizia e non certo al complessivo numero dei reati commessi nel settore dei beni culturali anche perché, specialmente nei reati di scavo clandestino o contrabbando o riciclaggio, non si ha spesso notizia del reato se non dopo lo svolgimento di attività investigativa. Gli stessi furti sono spesso scoperti solo a seguito di verifiche inventariali svolte anni dopo l'evento criminoso.
      Non è possibile fornire una grandezza direttamente osservabile proprio per mancanza, nella maggioranza dei casi, degli elementi di fatto. È invece più agevole acquisire, quale indicatore, il dato concernente le attività repressive (persone deferite all'autorità giudiziaria in stato di libertà; persone deferite all'autorità giudiziaria in stato di fermo/arresto in flagranza; persone in stato di arresto su provvedimento dell'autorità giudiziaria), quello concernente il numero di recuperi di beni culturali illecitamente sottratti, il rilievo di scavi e l'individuazione di falsi effettuati, relativamente all'anno 2014, dalle Forze di polizia.
      In particolare, i nuovi strumenti investigativi consentirebbero un sostanziale incremento:

          del numero delle associazioni per delinquere perseguite, anche in ambito transnazionale;

          dei recuperi, in Italia e all'estero, di beni culturali di notevole rilevanza storico-artistica.

      Il valore per gli indicatori relativi alla suddetta verifica potranno essere definiti in sede di successiva adozione dei decreti legislativi con i quali sarà specificamente dettata la nuova disciplina sanzionatoria penale.

      D) Indicazione delle categorie dei soggetti, pubblici e privati, destinatari dei principali effetti dell'intervento regolatorio.

      Destinatari dell'intervento sono:

          il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministero della giustizia;

          le Forze di polizia, impegnate nell'azione di contrasto e repressione dei reati commessi ai danni del patrimonio culturale, e in particolare il Comando carabinieri tutela del patrimonio culturale, anche in relazione all'aggiornamento della «Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti», gestita dal predetto Comando, strumento indispensabile per la prevenzione e la repressione di questo tipo di reati;

          soggetti, pubblici e privati, proprietari, possessori o detentori di beni culturali;

          operatori commerciali nel settore dell'antichistica e dell'antiquariato.

      Sezione 2 – PROCEDURE DI CONSULTAZIONE PRECEDENTI L'INTERVENTO.

      Al fine di approfondire il quadro di contesto delle criticità e di individuare con chiarezza l'area di intervento, era stato costituito, già con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 28 giugno 2011, un Gruppo di lavoro che ha operato presso l'amministrazione.
      Del predetto Gruppo erano sono stati chiamati a far parte rappresentanti sia del Ministero per i beni e le attività culturali sia del Ministero della giustizia, nonché esperti della materia.
      Nel corso degli incontri era emersa l'esigenza di conferire coerenza sistematica al complesso delle sanzioni penali previste per le lesioni dell'interesse della collettività alla tutela del patrimonio culturale. Per l'offesa di tale interesse deve infatti sempre essere comminato un trattamento sanzionatorio appropriato e differenziato.
      Tale orientamento è stato condiviso dagli esperti del Comando carabinieri tutela del patrimonio culturale, che hanno rappresentato i numerosi problemi incontrati nella prassi applicativa delle varie disposizioni.
      Nel corso degli ultimi quattro anni il confronto tra questi soggetti è stato, seppur con fasi alterne, tenuto vivo, fino alla stesura del presente testo, che costituisce punto di incontro e di equilibrio tra le diverse istanze rappresentate dalle amministrazioni statali coinvolte e dalle Forze di polizia che hanno partecipato agli incontri.

      Sezione 3 – VALUTAZIONE DELL'OPZIONE DI NON INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE (OPZIONE ZERO).

      L'opzione di non intervento non è stata ritenuta perseguibile, in considerazione dell'esigenza di modificare lo status quo, caratterizzato dalle problematiche in precedenza illustrate. È stato infatti verificato che i vantaggi derivanti dall'intervento regolatorio sono maggiori rispetto a quelli del non intervento. L'intervento si pone in linea con le attività svolte dall'Italia anche a livello internazionale (in primis con l'UNESCO e l'INTERPOL), in materia di prevenzione del traffico

illegale, di giustizia penale e di cooperazione internazionale nonché in materia di sequestro, confisca e restituzione dei beni oggetto dei traffici illegali.
      In particolare, l'opzione zero, manterrebbe:

          la lacunosità dell'attuale sistema sanzionatorio per i reati contro il patrimonio culturale, anche in considerazione della diffusione di moderni sistemi tecnologici utilizzati nel compimento di fattispecie criminose;

          la scarsa efficacia deterrente delle vigenti norme;

          l'inadeguatezza di alcuni degli strumenti operativi a disposizione degli investigatori che svolgono attività di prevenzione, monitoraggio e contrasto.

      Sezione 4 – OPZIONI ALTERNATIVE ALL'INTERVENTO REGOLATORIO.

      Nell'ordinamento nazionale i reati contro il patrimonio culturale (con ciò intendendo sia i beni culturali che i beni paesaggistici) sono contenuti in due corpora normativi distinti: il codice dei beni culturali e del paesaggio e il codice penale.
      Si ritiene opportuno formulare un raffronto tra la situazione legislativa vigente e quella che si intende realizzare proprio al fine di documentare la necessità dell'intervento regolatorio e la mancanza di opzioni alternative.
      La diversa collocazione delle norme incriminatrici discende dalla finalità perseguita mediante le relative incriminazioni. Sono contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio le disposizioni volte a rendere effettiva la disciplina di tutela prevista dal medesimo codice, sanzionando le relative trasgressioni, mentre il codice penale colpisce alcune condotte che si caratterizzano per l'aggressione del bene, anche indipendentemente dalla violazione delle norme di tutela e dei provvedimenti emanati dall'autorità in attuazione delle stesse. Inoltre, alcune fattispecie, specificamente offensive dell'interesse culturale o paesaggistico, trovano nel codice penale una collocazione tra le ipotesi contravvenzionali, come ad esempio il danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale (articolo 733) e la distruzione o deturpamento di bellezze naturali (articolo 734), significativamente collocate nel titolo II del libro III, dedicato alle contravvenzioni concernenti l'attività sociale della pubblica amministrazione, e assoggettate quindi a un trattamento sanzionatorio particolarmente mite.
      La materia è già stata oggetto in tempi abbastanza recenti di alcuni interventi modificativi. In particolare: l'articolo 1, comma 36, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, ha introdotto alcune modifiche all'articolo 181 del codice di settore, concernente le opere eseguite in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; i decreti legislativi 24 marzo 2006, n. 156 e n. 157, hanno apportato alcune modifiche, rispettivamente, alle disposizioni dei capi I e II del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio; l'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, ha anch'esso introdotto modifiche all'articolo 181 del codice; infine, l'articolo 2,

comma 1, lettera l), del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, ha sostituito l'articolo 635 del codice penale in materia di danneggiamento.
      Tali interventi hanno presentato, tuttavia, carattere episodico e asistematico, tanto da rendere evidente la necessità di ulteriori modifiche normative, improntate a un disegno di ampio respiro.
      Si è ritenuto di ricorrere a regolamentazione diretta in quanto ritenuta idonea a modificare efficacemente lo status quo.
      Si rappresenta quindi che, sulla base della pregressa esperienza, non sono emerse opzioni regolatorie alternative effettivamente praticabili in relazione agli obiettivi fissati.

      Sezione 5 – GIUSTIFICAZIONE DELL'OPZIONE REGOLATORIA PROPOSTA E VALUTAZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI E DELL'IMPATTO SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE.

      A) Svantaggi e vantaggi dell'opzione prescelta, per i destinatari diretti e indiretti, a breve e a medio-lungo termine, adeguatamente misurati e quantificati, anche con riferimento alla possibile incidenza sull'organizzazione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni, evidenziando i relativi vantaggi collettivi netti e le relative fonti di informazione.

      È stato valutato che non sussistono svantaggi derivanti dell'opzione prescelta.
      Di contro, l'intervento fornisce una soluzione equilibrata alle problematiche derivanti dal vigente assetto normativo, che hanno determinato di fatto l'impossibilità di perseguire con la massima efficacia i diversi reati commessi contro il patrimonio culturale.
      L'introduzione di autonome figure di reato e di circostanze aggravanti di reati già previsti dall'ordinamento, con un trattamento sanzionatorio improntato a maggiore severità per il caso in cui alcuni comuni delitti contro il patrimonio (ricettazione; riciclaggio; impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) abbiano ad oggetto beni culturali, renderà più efficace l'azione delle Forze di polizia grazie all'innalzamento delle pene edittali che consentono l'applicazione, in taluni casi, di misure restrittive della libertà personale.
      L'intervento non incide sulla vigente organizzazione delle pubbliche amministrazioni coinvolte, che svolgeranno le attività previste nell'intervento normativo nell'ambito delle risorse umane e strumentali già disponibili a legislazione vigente.
      I soggetti, pubblici e privati, proprietari, possessori o detentori di beni culturali potranno contare su un sistema normativo più chiaro ed efficace per la tutela della proprietà.
      Gli operatori commerciali nel settore dell'antichistica e dell'antiquariato saranno tenuti ad un maggiore controllo sulla provenienza delle opere oggetto di transazioni commerciali.
      La maggior chiarezza delle disposizioni e degli effetti della loro applicazione non potrà che avere ricadute positive sull'efficacia dell'azione di tutela svolta dall'amministrazione e di prevenzione e repressione dei reati di settore svolti dalle Forze di polizia.

      B) Individuazione e stima degli effetti dell'opzione prescelta sulle micro, piccole e medie imprese.

      L'opzione regolatoria prescelta non produrrà limitazioni al numero o alla tipologia di imprese del settore attinenti agli ambiti disciplinati, né inciderà negativamente sulle possibilità competitive o sugli incentivi a competere delle stesse imprese.
      L'intervento normativo offre, al contrario, un più chiaro quadro di riferimento per i soggetti che intendano avviare attività e iniziative economiche nel settore disciplinato.

      C) Indicazione e stima degli oneri informativi e dei relativi costi amministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese. Per onere informativo si intende qualunque adempimento comportante raccolta, elaborazione, trasmissione, conservazione e produzione di informazioni e documenti alla pubblica amministrazione.

      Non sono previsti obblighi informativi a carico dei destinatari.

      D) Condizioni e fattori incidenti sui prevedibili effetti dell'intervento regolatorio, di cui comunque occorre tener conto per l'attuazione (misure di politica economica e aspetti economici e finanziari suscettibili di incidere in modo significativo sull'attuazione dell'opzione regolatoria prescelta; disponibilità di adeguate risorse amministrative e gestionali; tecnologie utilizzabili, situazioni ambientali e aspetti socio-culturali da considerare per quanto concerne l'attuazione della norma prescelta eccetera).

      L'intervento regolatorio non determina nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      Si è provveduto inoltre a verificare, con esito positivo, che l'intervento fosse immediatamente attuabile nell'ambito delle risorse e delle strutture funzionali già nella disponibilità, a legislazione vigente, delle strutture coinvolte.
      Non si ravvisano allo stato attuale fattori che possano incidere sugli effetti dell'intervento.

      Sezione 6 – INCIDENZA SUL CORRETTO FUNZIONAMENTO CONCORRENZIALE DEL MERCATO E SULLA COMPETITIVITÀ DEL PAESE.

      È stato valutato che l'intervento risulta coerente e compatibile con il corretto funzionamento concorrenziale dei mercati, non comportando restrizioni all'accesso, restrizioni dell'attività né restrizioni delle possibilità competitive.

      Sezione 7 – MODALITÀ ATTUATIVE DELL'INTERVENTO DI REGOLAMENTAZIONE.

      A) Soggetti responsabili dell'attuazione dell'intervento regolatorio.

      Responsabili dell'intervento regolatorio sono il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e il Ministero della giustizia.

      B) Azioni per la pubblicità e per l'informazione dell'intervento (con esclusione delle forme di pubblicità legale degli atti già previste dall'ordinamento).

      Il provvedimento sarà pubblicizzato nei siti internet istituzionali dei due Ministeri responsabili, nonché nei siti internet istituzionali delle Forze di polizia.

      C) Strumenti e modalità per il controllo e il monitoraggio dell'intervento regolatorio.

      L'attuazione e gli effetti determinati dall'intervento regolatorio potranno essere costantemente monitorati e valutati in relazione alle attività operative realizzate dalle Forze di polizia.
      In particolare la banca dati gestita dal Comando carabinieri tutela del patrimonio culturale potrà fornire le informazioni necessarie per comprendere l'efficacia delle conseguenze dell'intervento normativo sulle attività svolte dai carabinieri e, in generale, dalle Forze di polizia.
      In attuazione di quanto disposto dalla direttiva 2014/60/UE, in corso di recepimento, saranno attivati gli strumenti previsti dal regolamento (UE) n. 1024/2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di Informazione del mercato interno (IMI).
      Tale regolamento ha lo scopo di assistere gli Stati membri nello scambio e nella richiesta di informazioni, fornendo un meccanismo di comunicazione centralizzato che facilita lo scambio di informazioni transfrontaliero e la mutua assistenza.
      L'utilizzo del sistema IMI è obbligatorio per gli Stati membri per tutte le richieste di collaborazione in materia di restituzione di beni culturali. Si prevede, con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, un incremento dei risultati di indagine, con conseguente positiva ricaduta quanto al ritrovamento, sul territorio nazionale, di beni di illecita provenienza estera o di identificazione, in altri Paesi europei, di beni culturali di provenienza nazionale. Il monitoraggio dell'intervento regolatorio potrà pertanto avvenire anche mediante l'analisi dei dati delle comunicazioni transfrontaliere contenute nell'articolato e capillare software di tracciatura del sistema IMI.

      D) Meccanismi eventualmente previsti per la revisione dell'intervento regolatorio.

      Dopo due anni dalla data di entrata in vigore dell'intervento e successivamente a cadenza biennale sarà effettuata la verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR), ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 novembre 2009, n. 212, recante disciplina attuativa della verifica dell'impatto della regolamentazione, ai sensi dell'articolo 14, comma 5, della legge 28 novembre 2005, n. 246.

      E) Aspetti prioritari da monitorare in fase di attuazione dell'intervento regolatorio e considerare ai fini della VIR.

      La VIR dovrà rendere conto del grado di raggiungimento degli obiettivi, dell'efficacia complessiva dell'intervento, mediante l'individuazione dei punti di forza e di debolezza, e dell'impatto sui principali destinatari.
      A tal fine, si procederà a verificare, prioritariamente sulla base dei dati forniti dal Comando carabinieri tutela del patrimonio culturale:

          le attività preventive e di controllo svolte;

          le attività repressive poste in essere per le diverse fattispecie criminose e il numero di persone deferite all'autorità giudiziaria;

          le pene e le sanzioni applicate;

          le attività di recupero realizzate in Italia e all'estero.

      A seguito delle risultanze della VIR si valuterà se e in quale grado siano stati conseguiti gli obiettivi connessi all'intervento e quale sia stato l'impatto dell'intervento medesimo sui soggetti coinvolti, al fine di valutare la necessità e l'opportunità di apportare correttivi e integrazioni alla normativa.


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DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
(Delega al Governo per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di reati contro il patrimonio culturale attraverso modifiche e integrazioni del codice penale, dei capi I e II del titolo II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di seguito denominato «decreto legislativo n. 42 del 2004», nonché, ai soli fini di cui al comma 3, lettera t), del presente articolo, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
      2. Ai fini della presente legge e del decreto o dei decreti legislativi di cui al comma 1:
      a) per «beni culturali» si intendono le cose e i beni sottoposti a tutela ai sensi e per gli effetti delle disposizioni della parte seconda del decreto legislativo n. 42 del 2004;
      b) per «beni paesaggistici» si intendono le aree e gli immobili di cui all'articolo 134 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
      3. Il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere i delitti di distruzione, danneggiamento nonché di deturpamento o imbrattamento di beni culturali o paesaggistici, consistenti nel porre in essere in danno di tali beni le condotte previste dagli articoli 635, 639, 733 e 734 del codice penale; prevedere, per ciascuno di tali delitti, la pena della reclusione non inferiore

a un anno e non superiore a cinque anni e prevedere che le condotte siano punite anche a titolo di colpa, stabilendo per tale ipotesi una riduzione della pena in misura non superiore alla metà; prevedere la procedibilità d'ufficio e subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena alle condizioni di cui all'articolo 635, terzo comma, del codice penale; abrogare, per conseguenza, le disposizioni dell'articolo 635, secondo comma, numero 1, e le disposizioni in materia di circostanze aggravanti di cui all'articolo 639, secondo comma, secondo periodo, relativamente alle condotte aventi ad oggetto cose di interesse storico o artistico, nonché gli articoli 733 e 734 del codice penale; coordinare i delitti previsti e puniti ai sensi della presente lettera con le ipotesi di inquinamento ambientale e di disastro ambientale aggravate, per inquinamento prodotto in un'area sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, previste dal titolo VI-bis del libro secondo del codice penale; coordinare altresì i delitti previsti e puniti ai sensi della presente lettera con i reati previsti e puniti dagli articoli 169 e 170 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

          b) prevedere il delitto di furto di un bene culturale, punito con la pena della reclusione non inferiore a due anni e non superiore a otto anni; prevedere che la pena sia non inferiore a quattro anni e non superiore a dodici anni, se sussistono una o più delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 625 del codice penale ovvero se ricorrono una o più delle circostanze aggravanti comuni di cui all'articolo 61 del codice penale;

          c) prevedere l'aumento della pena in misura non inferiore a un terzo e non superiore alla metà per il delitto di devastazione e saccheggio, di cui all'articolo 419 del codice penale, quando la condotta ha ad oggetto beni culturali ovvero gli istituti e i luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

          d) prevedere l'aumento della pena in misura non superiore alla metà per il delitto di ricettazione, di cui all'articolo 648

del codice penale, quando il delitto ha ad oggetto beni culturali;

          e) prevedere, al di fuori delle ipotesi previste dal delitto di ricettazione, il delitto di illecita detenzione di un bene culturale, consistente nel fatto di detenere un bene culturale conoscendone la provenienza illecita, punito con la pena della reclusione non superiore, nel massimo, a otto anni e della multa non superiore, nel massimo, a 20.000 euro;

          f) prevedere, per le violazioni in materia di alienazione di beni culturali, di cui all'articolo 173 del decreto legislativo n. 42 del 2004, la pena della reclusione non superiore a due anni e della multa non superiore a 80.000 euro;

          g) prevedere per il delitto di uscita o esportazione illecite, di cui all'articolo 174 del decreto legislativo n. 42 del 2004, la pena della reclusione non inferiore a due anni e non superiore a cinque anni nel caso che il delitto abbia ad oggetto beni culturali di rilevante valore;

          h) prevedere il reato di possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli, sanzionato con la pena dell'arresto non superiore nel massimo a due anni, consistente nel fatto di essere colti in possesso ingiustificato di tali strumenti o apparecchiature all'interno di uno dei seguenti luoghi:

              1) siti oggetto di dichiarazione di interesse archeologico particolarmente importante, ai sensi degli articoli 10, comma 3, e 13 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

              2) aree e parchi archeologici di cui all'articolo 101, comma 2, lettere d) ed e), del decreto legislativo n. 42 del 2004;

              3) zone di interesse archeologico di cui all'articolo 142, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 42 del 2004;

              4) aree nelle quali sono in corso lavori sottoposti alle procedure di verifica preventiva dell'interesse archeologico, ai sensi dell'articolo 28, comma 4, del decreto

legislativo n. 42 del 2004 e dell'articolo 25 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

          i) prevedere, per il delitto di contraffazione di opere d'arte, di cui all'articolo 178, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, la pena della reclusione non inferiore a un anno e non superiore a sei anni e della multa non superiore a 10.000 euro; quando il reato ha ad oggetto beni culturali di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004, prevedere la pena della reclusione non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni e della multa non superiore a 5.000 euro;

          l) prevedere l'aumento della pena in misura non superiore alla metà per il delitto di riciclaggio, di cui all'articolo 648-bis del codice penale, quando il delitto ha ad oggetto beni culturali;

          m) introdurre il delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali, prevedendo la pena della reclusione non inferiore a due anni e non superiore a sei anni per chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto o vantaggio, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, trasferisce, aliena, scava clandestinamente e comunque gestisce illecitamente beni culturali; prevedere che tale delitto rientri tra quelli previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

          n) prevedere che le pene indicate nel presente comma siano diminuite in misura non inferiore alla metà e non superiore a due terzi per colui che collabora concretamente con l'organo di polizia o con l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell'individuazione degli autori, nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti, al fine di evitare conseguenze ulteriori dell'attività delittuosa; provvedere al coordinamento tra la disposizione adottata ai sensi della presente lettera e l'articolo 177 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

          o) prevedere, per i reati aventi ad oggetto i beni culturali o i beni paesaggistici, l'aumento delle pene in misura non inferiore a un terzo e non superiore alla

metà quando il fatto cagiona un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale ovvero è commesso nell'esercizio di un'attività professionale o commerciale; prevedere che, in quest'ultimo caso, si applichi la pena accessoria di cui all'articolo 30 del codice penale;

          p) prevedere che le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili, le autovetture e i motocicli sequestrati nel corso di operazioni di polizia giudiziaria a tutela dei beni culturali siano affidati in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego in attività di tutela dei medesimi beni;

          q) prevedere che nelle attività di contrasto e di repressione del delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali, di cui alla lettera m), nei confronti degli ufficiali di polizia giudiziaria degli organismi specializzati nel settore dei beni culturali, secondo la legislazione vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché nei confronti degli agenti di polizia giudiziaria, degli ausiliari e delle interposte persone di cui si avvalgono, nei limiti delle proprie competenze, si applichino la causa di non punibilità e la facoltà di omettere o ritardare gli atti di propria competenza, di cui all'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, secondo le modalità di autorizzazione e di esecuzione ivi stabilite, in particolare utilizzando indicazioni di copertura, anche per attivare siti nelle reti telematiche, realizzare o gestire aree di comunicazione o scambio su reti o sistemi telematici o partecipare ad esse, nonché procedendo, anche per via telematica, all'acquisto simulato di beni e alle relative attività di intermediazione, dandone comunicazione all'autorità giudiziaria, che può, con decreto motivato, differire il sequestro fino alla conclusione delle indagini;

          r) prevedere la responsabilità delle persone giuridiche per il delitto di attività organizzata finalizzata al traffico di beni culturali, di cui alla lettera m) del presente comma, ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, con la previsione di una sanzione pecuniaria fino a mille quote

e con l'applicazione delle sanzioni interdittive previste nella sezione II del capo I del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2001;

          s) assicurare il coordinamento e l'armonizzazione tra le disposizioni del codice penale e le disposizioni del decreto legislativo n. 42 del 2004, mediante le necessarie norme modificative, integrative e abrogative;

          t) armonizzare i riferimenti normativi ai beni culturali o paesaggistici, ovunque rilevanti nella legislazione vigente ai fini penali, con le definizioni di cui agli articoli 10 e 134 del decreto legislativo n. 42 del 2004, in particolare estendendo tale armonizzazione all'articolo 44, comma 1, lettera c), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380;

          u) prevedere per i delitti di cui al presente articolo che il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale, ordini sempre, fatti salvi i diritti delle persone estranee al reato, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il profitto o il prezzo, ovvero, quando non è possibile, la confisca dei beni di cui il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente al predetto prezzo o profitto.

Art. 2.
(Disposizioni finali e clausola di invarianza finanziaria).

      1. Il decreto o i decreti legislativi di cui al comma 1 dell'articolo 1 sono adottati su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti, e, successivamente all'approvazione del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano nel termine

di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere comunque emanati.
      2. Con la procedura di cui al comma 1 del presente articolo, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto o di ciascuno dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 3.
      3. Dall'attuazione della presente legge e dei decreti legislativi da essa previsti non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.