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Atto a cui si riferisce:
C.4/01129 il Ninfeo di Genazzano, sito di straordinaria bellezza e di eccezionale importanza storica e artistica, fu edificato nei primi decenni del Cinquecento, stando alle fonti più accreditate, su...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Giovedì 3 ottobre 2013
nell'allegato B della seduta n. 90
4-01129
presentata da
D'UVA Francesco

Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, con il quale l'interrogante chiede di verificare l'attuale stato del Ninfeo di Genazzano, la sicurezza strutturale delle sue colonne e l'opportunità di una sostituzione di materiale utilizzato per il suo precedente restauro, che ne starebbe deturpando la bellezza artistica, alla luce degli elementi raccolti, si comunica quanto segue.
I lavori di restauro del Ninfeo bramantesco di Genazzano sono stati svolti dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo. Il progetto, suddiviso in quattro distinte perizie afferenti ad altrettante annualità di programmazione (2000-2003) aveva un importo complessivo di euro 542.345,60 e, appaltato in un'unica soluzione, venne aggiudicato a seguito di gara pubblica esperita il 5 novembre 2003 alla ditta Lattanzi srl, per un importo a base d'appalto di euro 425.536.22 (di cui 29.374,41 per oneri relativi alla sicurezza del cantiere non soggetti a ribasso). La ditta aggiudicataria possedeva tutti i requisiti di qualificazione, sia formali che di esperienza concreta, previsti per il tipo di gara indetto. Inoltre, all'interno della squadra di progettazione e direzione dei lavori della soprintendenza, è stata inserita la figura del restauratore per gli adempimenti di cui all'articolo 202, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni.
Sulla base della lettura degli atti dell'ufficio, i rilievi avanzati sembrano destituiti di effettivo fondamento. In merito, si riportano alcuni passaggi significativi della relazione finale elaborata all'epoca: «le murature risultavano tutte sconnesse con le malte decoese, numerosi blocchi frammentati dal gelo, o caduti, fratture e fessure dovute a dissesti statici o all'insediamento di piante. I colmi risultano protetti da una soletta armata, collegata con chiodature alle sottostanti strutture, realizzata nei restauri degli anni settanta. Alcune zone della copertine presentavano a vista i ferri d'armatura ammalorati; considerate le caratteristiche d'irreversibilità degli interventi è stato necessario neutralizzare l'ossidazione dei ferri ed applicare uno strato protettivo di malta composta da cemento LEDAN ed inerti. Le malte in opera, a parte quelle cementizie dei restauri degli anni settanta, sono a base pozzolanica ma non sono omogenee tra loro. Si sono conservati inoltre consistenti lacerti d'intonaci originari, di rivestimento delle murature, assai degradato e senza segni superficiali di finitura. Al contrario essi sembrano essere rimasti allo stato di strato primario senza successive finiture. Nei sottarchi sono conservati gli intonaci con i segni delle tavole delle centine utilizzate per la costruzione delle volte. I pennacchi delle volte conservano ancora l'impronta dell'incannucciata... [omissis]... Accertato l'avanzato stato di degrado del monumento e l'aspetto ormai ruderizzato dell'architettura le operazioni di restauro dovevano pertanto garantire prioritariamente la conservazione del manufatto e considerare in subordine la restituzione dell'immagine per quanto possibile. Il criterio rigorosamente filologico di tipo archeologico e quello architettonico dovevano fondersi con le più idonee metodologie di restauro.
Le murature sono state consolidate iniettandovi all'interno un impasto di malta pozzolanica, le pietre spaccate dal gelo sono state consolidate localmente con resina epossidica per fare aderire i piccoli pezzi tra loro e successivamente ricostruite con malta a base di calce pigmentata come i tufi. Di seguito dopo la ricostruzione le pietre sono state ulteriormente consolidate con silicato di etile.
Le malte cementizie e quelle decoese e degradate in profondità da radici, licheni, muschi, sono state rimosse. Tutti i giunti e le mancanze sono state risarcite con malta a base di grassello di calce stagionata e pozzolana.
I lacerti di malte antiche sono stati consolidati.
Le parti cadute ricostruite con materiali di recupero.
Le superfici infine sono state stuccate con lungo lavoro d'integrazione con malte mimetiche. Queste dovevano svolgere siauna funzione conservativa sia d'integrazione estetica. Sono pertanto stati studiati impasti (sempre a base di calce ed inerti di vario colore) che avessero la funzione di proteggere le superfici, consentire la lettura delle tessiture murarie (variate nell'ambito della stessa fabbrica e a causa dei risarcimenti eseguiti nel corso dei precedenti restauri), ricostruire un'unità visiva senza proporsi come «nuove», infine rimanere sotto livello rispetto ai resti delle malte antiche ancora in opera seppure degradate. Anche le mancanze di pietra sono state risarcite in modo da non dovere intervenire sul materiale originale rimasto in opera. Pertanto ove non sia stato possibile recuperare le pietre originali le lacune sono state risarcite con laterizi successivamente rivestiti di due strati malta: uno pozzolanico di profondità ed uno «mimetico» di finitura.
Per i travertini, dopo avere rimosso le malte cementizie, stese per risarcire grosse lacune della pietra, si è seguito il medesimo criterio utilizzato per le murature, variando ovviamente il colore dell'impasto. In questo caso, le piccole mancanze sono state risarcite creando una vera e propria piccola struttura armata con chiodi d'acciaio successivamente rivestita. Sono stati imperniati tutti i frammenti che ne avevano necessità.
A reintegrazione ultimata il monumento viene protetto dapprima con un consolidante con biocida a lento rilascio e successivamente con un sottile film polisilossano.
Tutte le operazioni specialistiche di restauro delle superfici (dall'iniziale applicazione di biocidi al protettivo finale) sono state eseguite da maestranze qualificate e sotto la continua sorveglianza di restauratore».
I corretti criteri da seguire per il restauro sembrano essere stati rispettati e la situazione non appare particolarmente grave o urgente, alla luce degli elementi pervenuti.
Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo: Massimo Bray.