Testo della risposta
Atto a cui si riferisce:
C.5/01178 in molti Paesi coinvolti nelle più impegnative missioni militari internazionali degli ultimi dodici anni, in Afghanistan ed Iraq, è ammessa apertamente l'esistenza di una grande quantità di...
Atto Camera
Risposta scritta pubblicata Giovedì 10 ottobre 2013
nell'allegato al bollettino in Commissione IV (Difesa)
5-01178
In linea generale, rappresento che la Difesa attua il contrasto allo stress operativo attraverso la prevenzione e la cura.
Gli strumenti per la prevenzione sono:
il reclutamento, che consente di arruolare personale sicuramente idoneo dal punto di vista psico-fisico e attitudinale;
l'addestramento, che consente, fra l'altro, di mettere il personale nelle migliori condizioni per svolgere le proprie mansioni con appropriatezza, proficuità e adeguatezza;
il monitoraggio, inteso come il mantenimento delle condizioni psicofisiche e attitudinali (idoneità) in maniera sistematica (visite periodiche a cadenza obbligatoria, annuale, pluriennale o episodica nell'imminenza di particolari impieghi/missioni).
La cura, invece, si effettua mediante l'individuazione tempestiva di eventuali casi di disturbo acuto da stress, disturbo post-traumatico da stress, per l'adeguato trattamento.
Fatta questa premessa, con riferimento ai dati inerenti al Disturbo Post-Traumatico da Stress (DTDS), segnalo che:
agli atti dell'Osservatorio Epidemiologico della Difesa sono presenti 16 casi, di cui 3 nel 2007, 9 nel 2008, 1 nel 2010 e 3 nel 2011;
risultano estrapolati dai ricoveri (post-sgombero da Teatro Operativo estero) presso il Celio 16 casi, di cui 2 nel 2008, 3 nel 2009, 1 nel 2010, 3 nel 2011 e 7 nel 2012;
questi dati si riferiscono al periodo 2007 e primo trimestre 2013.
Devo osservare, tuttavia, che è possibile una sottostima del tasso di incidenza del Disturbo Post-Traumatico da Stress per due ragioni:
mancata segnalazione;
tendenza da parte del personale ad occultare/dissimulare il disturbo, al fine di evitare provvedimenti medico-legali.
In ogni caso, è da ritenere che il tasso «reale» di incidenza di tale disturbo nelle nostre Forze armate possa essere inferiore (anche sensibilmente) rispetto a quello delle Forze armate alleate/amiche per almeno due motivazioni:
migliore selezione del nostro personale;
minor carico operativo (per intensità e durata).
Per quanto concerne, invece, gli episodi di suicidio, la Difesa ha da tempo attuato una mirata attività di prevenzione specificamente mirata ad individuare eventuali soggetti a rischio già nelle prime fasi dell'incorporazione e ad analizzare situazioni ambientali e personali che possono costituire potenziali concause o fattori di rischio.
Dal 1984, i dati del fenomeno sono raccolti dall'Osservatorio Permanente sul fenomeno dei suicidi, mentre ogni singola Forza armata ha attivato Consultori Psicologici con accesso facilitato per il personale militare.
Con la sospensione del servizio di leva obbligatorio, il fenomeno dei suicidi nelle Forze armate e nell'Arma dei Carabinieri si è sostanzialmente ridotto a valori non statisticamente rilevabili: tale dato positivo è emerso dal progetto «Studio relativo all'analisi osservazionale dei casi di suicidio nei militari dell'Arma» e dall'analogo «Studio per la conoscenza e prevenzione del fenomeno suicidario in ambito militare».
Il numero degli psicologi e degli psichiatri militari impegnati nella selezione del personale all'atto dell'arruolamento, è stato incrementato proprio per soddisfare l'esigenza di approfondire le valutazioni cliniche sugli stati latenti o pre-morbosi per ogni candidato.
Il personale militare è sottoposto a specifici accertamenti prima dell'invio in teatro operativo, nel contesto di una visita medica al termine della quale viene rilasciata l'idoneità psicofisica all'impiego. Successivamente, al rientro dalla missione, il personale viene monitorizzato e, se ritenuto opportuno, sottoposto a ulteriori approfondimenti di merito.
Con specifico riguardo al numero dei suicidi avvenuti entro due anni dall'impiego in Teatro Operativo Afghano o Irakeno, sono noti, purtroppo soltanto dati parziali riferiti ai Carabinieri:
2 casi in personale impiegato in Afghanistan;
2 casi in personale impiegato in Irak.
Proprio per consentire un adeguato flusso dei dati, attualmente previsto in modo aggregato e non nominativo, è in atto una pianificazione organizzativa nell'ambito del Board appositamente costituto presso il competente ufficio della Sanità militare.