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Atto a cui si riferisce:
C.4/02325 secondo quanto riportato sul quotidiano «Il Sole-24 Ore», del 27 ottobre 2013 i centri di identificazione ed espulsione – Cie sono un modello ormai fallito, in considerazione del fatto che...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Martedì 17 dicembre 2013
nell'allegato B della seduta n. 139
4-02325
presentata da
NASTRI Gaetano

Risposta. — Il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione (Cie) è necessario affinché le rappresentanze diplomatiche dei paesi terzi effettuino il riconoscimento dei loro connazionali privi di documenti e forniscano la documentazione per il rimpatrio. All'ingresso nel centro, lo straniero è tenuto a compilare un modulo con il quale viene informato che il periodo di trattenimento verrà ridotto al tempo strettamente necessario, qualora egli collabori alla propria identificazione (ad esempio, producendo originale o copia del passaporto, oppure un altro documento identificativo corredato di fotografia). Pertanto, se la persona trattenuta è collaborativa, la presenza nel centro di identificazione ed espulsione è di breve durata. Decorsi i primi 180 giorni, la proroga della misura per ulteriori 12 mesi è possibile solo nel caso in cui – nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo – il rimpatrio non sia stato ancora effettuato, a causa di una mancanza di collaborazione da parte dello straniero, ovvero di ritardi nel rilascio del lasciapassare da parte del Paese di origine.
Peraltro, l'efficacia della misura è dimostrata dal fatto che, negli ultimi due anni, la percentuale di stranieri allontanati dall'Italia dopo il collocamento nei centri di identificazione ed espulsione è stata elevata (50,16 per cento nel 2011 e 50,54 per cento nel 2012); mentre quella delle persone dimesse dai centri perché non identificate è stata di poco più del 9 per cento nel 2011 e del 5 per cento nel 2012. Anche per il 2013 la percentuale degli allontanati continua a essere elevata (il 47 per cento circa), mentre quella dei dimessi per mancata identificazione resta sempre di poco superiore al 5 per cento.
La normativa nazionale opera conformemente al regolamento (CE) n. 562 del 2006, che istituisce il codice comunitario Schengen relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, e alla direttiva 2008/115/CE, la cui finalità è di consentire l'effettivo allontanamento dello straniero che soggiorna illegalmente nel territorio di uno Stato membro attraverso una procedura equa e trasparente, con decisioni da adottare caso per caso, sulla base di criteri obiettivi e senza limitarsi a considerare il semplice fatto del soggiorno irregolare.
La partenza volontaria dello straniero è preferita rispetto al rimpatrio coatto, a condizione che non vi sia motivo di ritenere che ciò possa compromettere il suo effettivo allontanamento, secondo un meccanismo di espulsione a intensità graduale crescente. Nel caso di un cittadino extracomunitario che si presume non lascerà mai volontariamente il territorio dell'Unione europea, invece, si procede all'effettivo allontanamento. Infatti, se si configura il rischio che lo straniero si renda irreperibile, oppure laddove sia pericoloso per l'ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, o qualora abbia presentato una domanda di soggiorno rigettata in quanto manifestamente infondata o fraudolenta, egli viene immediatamente rimpatriato. In tale ipotesi, si procede all'accompagnamento forzato alla frontiera.
Più in generale, con riferimento alle politiche in materia di immigrazione e asilo, si assicura che l'obiettivo del Governo è di garantire l'accoglienza materiale e giuridica degli stranieri che giungono nel nostro Paese, senza trascurare l'aspetto di sicurezza che deriva in termini di rischio dagli sbarchi. Inoltre, il Ministero dell'interno svolge un costante monitoraggio sulle condizioni di vita all'interno dei centri di identificazione ed espulsione, sia direttamente sia tramite le prefetture territorialmente competenti. In particolare, viene verificata la regolarità dei servizi appaltati, nonché l'effettiva erogazione dell'assistenza socio-sanitaria, psicologica e infermieristica, finalizzata a garantire la salute psico-fisica degli immigrati. In caso di accertato disservizio, le stesse prefetture applicano una penale e, in caso di grave inadempienza, hanno la facoltà di risolvere il contratto, come più volte avvenuto nei mesi scorsi.
Proprio al fine di garantire il rispetto dei diritti umani e civili degli stranieri presenti all'interno dei centri di identificazione ed espulsione il Ministero dell'interno si avvale anche della collaborazione di organismi ad hoc – come il Garante dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, la Croce rossa italiana, l'agenzia dell'ONU per i rifugiati e la Caritas – con i quali le singole prefetture stipulano apposite convenzioni. Inoltre, sono state istituite apposite commissioni presso ciascuno dei centri governativi, con il compito di svolgere opportune verifiche con cadenza periodica.
Infine, gli episodi di tensione e i disordini che hanno recentemente interessato alcuni dei centri di identificazione ed espulsione dislocati sul territorio nazionale dimostrano chiaramente che sussiste l'esigenza di intraprendere iniziative finalizzate ad assicurare migliori standard di accoglienza e un maggiore livello di sicurezza, sia degli ospiti che degli operatori. In tal senso, senza arrivare a ipotizzare una soppressione di tali strutture – che appaiono ancora necessarie sotto diversi profili – si ritiene che possano essere riviste alcune modalità di funzionamento dei centri di identificazione ed espulsione. Al riguardo, si possono immaginare sia interventi in via amministrativa, sia iniziative normative.
Sotto il primo profilo, compatibilmente con le risorse economiche disponibili, si potrà intervenire sui criteri posti a base d'asta per l'aggiudicazione degli appalti di gestione, anche modificando l'elenco dei servizi previsti dall'attuale capitolato unico. Ulteriori iniziative, come la necessità di rafforzare l'espletamento dell'attività di identificazione già in carcere – in considerazione del fatto che molti dei cittadini stranieri trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione provengono da istituti di detenzione – dovranno essere attentamente valutate con le altre amministrazioni coinvolte. Eventuali percorsi normativi di più ampio respiro – come la riduzione dei tempi di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione – necessitano invece di un sostanziale contributo parlamentare. Tutte le iniziative saranno comunque finalizzate a garantire il pieno rispetto dei diritti e della dignità degli stranieri che entrano nel nostro Paese, nonché la massima trasparenza ed efficienza da parte dei soggetti cui è affidata la gestione.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Domenico Manzione.