• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/01191    premesso che:     la delega al Governo per la revisione del sistema fiscale di cui alla legge 11 marzo 2014, n. 23, contempla, all'articolo 15, il tema della fiscalità...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01191presentato daFREGOLENT Silviatesto diMartedì 21 febbraio 2017, seduta n. 745

   La VI Commissione,
   premesso che:
    la delega al Governo per la revisione del sistema fiscale di cui alla legge 11 marzo 2014, n. 23, contempla, all'articolo 15, il tema della fiscalità ambientale, prevedendo una riforma del sistema fiscale diretta a coniugare lo sviluppo sostenibile con la tutela dell'ambiente e la salute della collettività;
    anche la Banca d'Italia – già in occasione dell'esame parlamentare, nel corso della XVI legislatura, del disegno di legge AC 5291 di delega per la riforma del sistema fiscale – ha posto in chiara evidenza il valore della riforma in senso ambientale del sistema di tassazione, in quanto strumento capace di costituire valido motore per lo sviluppo di nuove tecnologie, per ridurre l'impatto ambientale dei processi produttivi e mitigare il consumo di importanti risorse naturali;
    uno dei principi fondanti della ratio della richiamata norma di delega, ampiamente condiviso e che trova riscontro anche nella raccomandazione del Consiglio del 6 luglio 2012, è che il maggiore gettito derivante dall'imposizione fiscale debba essere destinato alla riduzione della tassazione sui redditi da lavoro; per converso, particolare attenzione è rivolta alle tecnologie a basso contenuto di carbonio e alla promozione delle fonti di energia rinnovabili;
    occorre infatti perseguire una migliore tutela e razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse naturali, che non vanno depauperate, ma opportunamente gestite e garantite anche per le generazioni future;
    la Commissione europea, già con la comunicazione del 26 settembre 1997, nell'affermare l'onere per gli Stati membri di disciplinare la materia dei tributi ambientali, ha enunciato taluni principi di attuazione, orientando in questo senso la politica fiscale degli Stati;
    negli anni vi sono stati infatti rilevanti interventi dell'Unione europea a tutela dell'ambiente, che hanno quale fondamento un'adeguata politica fiscale, in grado di contemperare le diverse esigenze della produzione e dell'evoluzione tecnologica con la tutela dell'ambiente, in tutte le sue componenti, inteso quale bene di interesse collettivo;
    la mancata attuazione dell'articolo 15 della richiamata normativa di delega non ha consentito un'efficace razionalizzazione del sistema della fiscalità italiana, fiscalità che deve essere adeguata alle esigenze, ampiamente evidenziate nel corso dell'esame parlamentare del provvedimento di delega, e che afferiscono a più ambiti dell'agire umano e sociale, ai sistemi produttivi, alle imprese, alle attività antropiche, alla tutela e al più contenuto utilizzo delle risorse naturali;
    più in particolare, la mancata attuazione di un sistema di fiscalità energetica e ambientale ripropone all'attenzione i contenuti della direttiva 2003/96/CE, che ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, al fine di dare attuazione al protocollo di Kyoto;
    la mancata attuazione della riforma in senso ambientale del sistema della fiscalità espone l'Italia a severe critiche nel consesso internazionale e consente il permanere di una disciplina fiscale ambientale non adeguata ai tempi e alle esigenze dello sviluppo sostenibile e della tutela dell'ambiente, in un momento storico in cui è fortemente avvertita l'esigenza di razionalizzare l'utilizzo delle fonti di energia per un sempre più concreto e ampio utilizzo delle fonti rinnovabili;
    è infatti innegabile che in Italia sia prevalente l'utilizzo delle fonti di energia derivanti da combustibili fossili, ed è altrettanto noto il sostanziale fallimento dell’Emission Trading Scheme (ETS) per il contenimento delle emissioni di CO2;
    sebbene l'Unione europea sia stata tra le prime aree al mondo a dotarsi di un meccanismo di mercato per il contenimento delle emissioni di CO2 attraverso l’Emission Trading Scheme (ETS), tuttavia – per ragioni tanto di carattere macroeconomico, quanto di sovrapposizione di interventi di policy (target rinnovabili ed efficienza energetica) – il sistema ETS non è riuscito a disincentivare l'utilizzo delle fonti a maggior impatto emissivo, come il carbone, che negli in anni recenti ha anzi visto crescere in Europa il suo ruolo nel mix energetico;
    al 2014, il carbone – pur contribuendo al 27 per cento della produzione elettrica dell'Unione europea (con 841 su 3155 TWh) – è responsabile del 77 per cento delle emissioni di CO2 (865 su 1130 Mt) del settore (secondo i dati della IEA, WorldEnergy Outlook 2016);
    in tale quadro urge dunque una riforma della normativa fiscale energetica e ambientale, volta a incentivare le produzioni più sostenibili, con accise adeguate, che consenta all'Italia di rimanere tra i Paesi a più alta sensibilità ambientale;
    invero, l'accordo firmato a dicembre 2015 in occasione della Conferenza di Parigi sul clima (COP21) e ratificato a novembre 2016 da Paesi che rappresentano oltre il 55 per cento delle emissioni globali di GHG, vincola le Parti, tra cui anche Stati membri dell'Unione europea, ad adottare misure per mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale al di sotto di 2oC rispetto ai livelli preindustriali; i settori della generazione elettrica e dei trasporti contribuiscono ai due terzi delle emissioni globali di CO2 (rispettivamente, al 42 e al 23 per cento);
    nell'Unione europea i prodotti petroliferi soddisfano il 92 per cento (secondo l'IEA 2016) della domanda di mobilità e, sempre secondo l'IEA, continueranno a svolgere un ruolo importante anche nelle economie nazionali;
    le politiche fiscali sono innegabilmente strumenti idonei a modificare vecchie linee di consumo energetico e a indirizzare correttamente scelte d'investimenti e di consumi alternativi, capaci di assolvere alle esigenze di un corretto utilizzo di fonti di energia rinnovabili a bassissimo o impatto ambientale e a razionalizzare con una tassazione adeguata l'intero sistema di tutela dell'ambiente garantendone il suo equilibrio;
    una politica di fiscalità ambientale adeguata non può prescindere dal valutare l'incidenza del rischio ambientale nel mondo del lavoro, in particolare, nell'esercizio delle attività industriali, nonché dalla necessità di porvi rimedio con adeguati strumenti di prevenzione, evitando che i danni da inquinamento conseguenti ad attività lavorative improvvide ricadano sulla collettività dei contribuenti;
    il fondamentale principio «chi inquina paga» che ispira le legislazioni ambientali degli Stati europei, stando alle indagini statistiche dell'ultimo decennio non ha ancora trovato concreta attuazione, atteso il rilevante numero di siti inquinati, come indica il censimento dei siti d'interesse nazionale e ancor più quello delle regioni: in Italia sono infatti attualmente censiti 57 siti interesse nazionale e, secondo le stime delle Arpa, sono decine di migliaia i siti contaminati o potenzialmente contaminati nelle regioni del bel Paese;
    a tale ultimo riguardo esiste un'oggettiva difficoltà a perseguire chi ha prodotto l'inquinamento, anche in ragione di un sistema legale non sempre adeguato alle esigenze del recupero del danno ambientale;
    occorre dunque pensare anche a un sistema di assicurabilità del rischio ambientale che vada al di là del meccanismo di responsabilità civile verso terzi e che veda le compagnie assicurative direttamente impegnate nell'attività di ripristino ambientale, evitando le estenuanti e non fattive controversie legali volte a stabilire, attraverso interventi della magistratura ordinaria, chi, e per quali importi, debba intervenire per la riduzione del danno ambientale determinato chissà quanti anni prima, con grave danno all'ambiente e, sovente, alla salute dei cittadini;
    un'adeguata rivisitazione delle aliquote dell'imposta sulle polizze assicurative in materia può rendere l'attività assicurativa in tale settore d'interesse per le compagnie di assicurazione;
    fin dal 2012 lo United Nations Environment Programme – Finance Initiative (UNEP FI), l'Agenzia dell'Onu che si occupa dell'ambiente e del ruolo della finanza per lo sviluppo sostenibile, ha elaborato, in collaborazione con trenta tra le maggiori compagnie assicuratrici, principi fondamentali per l'assicurazione sostenibile;
    in tale contesto, occorre inoltre evidenziare come gli interventi per l'evoluzione nel senso della sostenibilità dell'intero sistema nazionale necessitino di massicci investimenti, di cui lo Stato e gli enti territoriali non possono farsi carico da soli;
    ad esempio, per la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale si stima che gli investimenti da sostenere nel settore residenziale siano pari a 13,6 miliardi di euro l'anno per interventi globali e a 10,5 miliardi di euro l'anno per interventi parziali, mentre per gli interventi nel settore dell'edilizia non residenziale si stima un fabbisogno di 17,5 miliardi di euro l'anno; la bonifica dei 39 siti di interesse nazionale, pari a 100 mila ettari inquinati, e delle 6 mila aree di interesse regionale costerebbe 30 miliardi di euro all'anno; la messa in sicurezza del territorio e di edifici pubblici, e la ricostruzione successiva a eventi sismici richiederebbe, nel solo 2017, interventi per circa 6 miliardi di euro;
    secondo la Banca d'Italia tra il 2009 e il 2011 si sono verificati 82 eventi climatici estremi con danni, per i bilanci bancari, pari 2,7 miliardi di euro, mentre nel 2015 il costo sarebbe arrivato a 3,1 miliardi di euro;
    pertanto, occorre stimolare in tutti tali settori gli investimenti privati, seguendo anche l'esempio di altri Paesi, dove la portfolio decarbonization coalition, che include alcuni dei maggiori investitori al mondo, ha deciso di investire 600 miliardi di euro nel settore green smobilizzando le posizioni in aziende legate alle fonti fossili, nonché rafforzando ulteriormente le misure già in vigore in Italia, quali l’ecobonus del 50 per cento sulle ristrutturazioni e il 65 per cento sull'efficentamento energetico, che, tra il 1998 ed il 2016, hanno attivato investimenti per 237 miliardi di euro (205 miliardi di euro per la ristrutturazione edilizia e 32 per la riqualificazione energetica);
    in tale prospettiva è dunque necessario mobilitare i capitali privati, che possono essere raggruppati in modo efficiente attraverso strumenti finanziari quali i Fondi di investimento e i titoli di debito (obbligazioni); nel caso di investimenti legati alla sostenibilità si tratta in particolare di prodotti di risparmio sostenibile (SRI), ovvero di fondi etici, Green bond e Green insurance bond, i quali potrebbero in particolare rappresentare una soluzione innovativa rispetto al tema delle calamità naturali (terremoti, alluvioni);
    a tale proposito, merita ricordare che in Europa gli SRI costituiscono un'esperienza molto significativa, avendo raccolto già nel 2014 un patrimonio complessivo di 127 miliardi di euro gestiti da 957 fondi etici, rispetto ai 3,2 miliardi di euro dell'Italia gestiti da una manciata di fondi etici e che, per quanto riguarda i Green bond, Moody's stima che le emissioni di obbligazioni nel 2016 siano state pari a 50 miliardi di dollari (emessi sia da soggetti pubblici sia da soggetti privati) con un incremento del 20 per cento rispetto al 2015,

impegna il Governo:

   a compiere scelte di politica fiscale idonee a preservare l'equilibrio ambientale, nel rispetto del principio di neutralità fiscale e tenuto conto della disciplina vigente negli enti territoriali, regioni e comuni;
   ad assumere iniziative per impiegare il gettito derivante dall'introduzione della carbon tax destinandolo alla funzione sociale ed economica della «riduzione della tassazione sui redditi di lavoro e al finanziamento di tecnologie a basso contenuto di carbonio», prediligendo le fonti di energia rinnovabili;
   per quanto riguarda in particolare il settore elettrico, a compiere scelte di politica fiscale che, attraverso meccanismi di mercato, siano idonee a conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, tenendo conto delle esigenze di sviluppo, sicurezza ed economicità del sistema elettrico, in particolare:
    a) ad assumere iniziative per disincentivare la produzione da impianti carbon-intensive e a favorire la transizione verso tecnologie più efficienti e immediatamente disponibili;
    b) a sostenere la posizione, espressa dalla Commissione europea nel pacchetto Clean Energy For All Europeans, relativamente all'applicazione dello strumento dell’Emission performance standard (EPS) – complementare all'ETS;
   per quanto riguarda in particolare il settore dei trasporti, a compiere scelte di politica fiscale che, attraverso meccanismi di mercato, siano idonee a conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione, tenendo conto di potenzialità e costi delle diverse tecnologie del settore dei trasporti e, in particolare:
    a) a sostenere l'applicazione delle raccomandazioni espresse dalla Commissione europea nella comunicazione A European Strategy for Low-Emission Mobility di luglio 2016, volta a favorire lo sviluppo di una mobilità a basso impatto emissivo a livello europeo;
    b) a favorire, in linea con le raccomandazioni della Commissione europea, lo sviluppo di un quadro normativo e fiscale stabile che agevoli gli investimenti (anche infrastrutturali) di medio e lungo termine nel settore della mobilità sostenibile;
    c) ad assumere iniziative per mantenere una fiscalità di favore verso i carburanti a minor impatto emissivo;
   per quanto riguarda in particolare le fonti rinnovabili, ad assumere iniziative per prevedere un adeguato sistema di incentivazione (non solo di carattere economico), privilegiando i progetti a maggiore contenuto tecnologico, innovativo e di efficienza;
   per quanto riguarda in particolare la copertura assicurativa del rischio ambientale:
    ad assumere iniziative per prevedere l'assicurabilità del rischio ambientale per tutte le attività produttive potenzialmente inquinanti, non solamente quelle a rischio d'incidente rilevante, incluso il trasporto di merci pericolose, in ciò dando più puntuale attuazione alla disposizione dell'articolo 14 – garanzia finanziaria – della direttiva 2004/35/CE, la quale prevede appunto il ricorso all'assicurabilità del rischio ambientale e conseguentemente il ristoro del danno ambientale, consentendo la bonifica e il ripristino dei siti inquinati da parte di chi ha prodotto l'inquinamento attraverso l'intervento di un terzo garante;
    ad adottare iniziative per prevedere l'intervento diretto del terzo garante per l'intervento di ripristino ambientale e in ragione di ciò:
     a) ad assumere iniziative per stabilire un'aliquota fiscale considerevolmente inferiore a quella attualmente vigente per la copertura assicurativa sulla responsabilità civile in materia ambientale;
     b) ad adottare iniziative per prevedere l'intervento del terzo garante, unitamente agli organi deputati ai controlli in materia (Arpa, Asl, vigili del fuoco), al verificarsi del sinistro ambientale, per una puntuale caratterizzazione dello stato d'inquinamento che faciliti il ripristino ambientale;
   per quanto riguarda in particolare gli strumenti finanziari a sostegno della sostenibilità ambientale, a promuovere, nell'ambito di un pacchetto di interventi legati alla fiscalità ecologica, misure volte a favorire la canalizzazione del risparmio privato (domestico e/o internazionale) verso prodotti finanziari sostenibili e innovativi (come i green insurance bond), che potrebbe dare un impulso al ciclo economico nazionale in chiave di sostenibilità, coinvolgendo in tale processo tutti i soggetti interessati, banche, assicurazioni, investitori, imprese, pubblica amministrazione e terzo settore, definendo un modello di riferimento condiviso ed equilibrato rispetto a tutti gli interessi in gioco, nonché favorendo la creazione in Italia di una piazza finanziaria di riferimento per la finanza green con ricadute positive generali.
(7-01191) «Fregolent, Bernardo».