Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE
Atto a cui si riferisce:
C.5/02298 nel marzo 2009, il Ministro pro tempore dello sviluppo economico Claudio Scajola ha firmato i protocolli d'intesa con il Ministro dell'energia serbo Petar Skundric, per cooperare alla...
Atto Camera
Interrogazione a risposta in commissione 5-02298presentato daCOLLETTI Andreatesto diGiovedì 6 marzo 2014, seduta n. 184
COLLETTI. —
Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nel marzo 2009, il Ministro pro tempore dello sviluppo economico Claudio Scajola ha firmato i protocolli d'intesa con il Ministro dell'energia serbo Petar Skundric, per cooperare alla costruzione e alla concessione di impianti idroelettrici, termici, reti di interconnessione con l'Italia, la Serbia ed i Paesi confinanti e allo sviluppo di fonti rinnovabili, anche ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali per il calcolo della quota di emissioni stabilita dall'Unione europea. Nel piano di azione nazionale presentato dall'Italia alla Commissione europea nel luglio 2010, è previsto infatti che dall'area dei Balcani siano importati 6 TWh (terawattora) all'anno, attraverso il cavo con la rete montenegrina;
il primo protocollo ha ad oggetto la realizzazione dell'interconnessione fisica tra Italia e Serbia con la posa di un cavo sottomarino di 390 chilometri di lunghezza, in corrente continua, con portata fino a un GW (giga watt), per collegare il Montenegro e l'Italia, al costo di un miliardo di euro a carico di Terna (quindi a carico delle bollette elettriche italiane). I lavori di questa interconnessione sono da poco cominciati sulla terraferma italiana, vicino a Villanova (Pescara), in Abruzzo;
il secondo protocollo prevede per il chilovattora prodotto da impianti da fonte rinnovabile realizzati in Serbia il ritiro dell'energia elettrica da parte del GSE (gestore servizi energetici) a prezzo fisso. Il protocollo dispone altresì che gli stessi impianti realizzati in Serbia siano costruiti da una società mista al 51 per cento di proprietà della società italiana Seci Energia (gruppo Maccaferri) e per il 49 per cento di proprietà della società statale serba Eps (elektroprivreda Srbije). Gli investimenti che saranno attivati a fronte dell'accordo sono di circa 800 milioni di euro per la costruzione delle centrali sui fiumi Ibar e Drina, oltre a quelli già previsti di 775 milioni per l'interconnessione Italia-Montenegro che sarà realizzata da Terna;
il 25 ottobre 2011 è stato firmato dal Ministro pro tempore Paolo Romani un accordo che aggiorna quelli firmati nel marzo e nel novembre 2009, stabilendo le condizioni, anche tariffarie, in base alle quali saranno costruiti gli impianti idroelettrici allora individuati la cui realizzazione, dopo il recepimento della direttiva europea sulle fonti rinnovabili, viene inquadrata nell'ambito di un «progetto comune» tra Italia e Serbia. Sulla base di tale accordo, l'energia che sarà prodotta dalle centrali idroelettriche realizzate da investitori italiani e serbi sarà destinata al consumo nel mercato italiano, verso il quale sarà convogliata garantendone il transito a lungo termine sull'interconnessione elettrica tra Serbia e Montenegro e, da questa, verso l'Italia attraverso l'elettrodotto già programmato;
come riferisce l'articolo pubblicato il 6 febbraio 2014 sul sito della rivista on line «Qualenergia» intitolato «Elettricità rinnovabile dalla Serbia. Accordo poco trasparente da 12 miliardi?», a firma di Alessandro Codegoni, nel 2011 il ministro Romani dichiarò che: «Su questi progetti convergono due interessi reciproci: quello italiano di investire sullo sviluppo di progetti congiunti per contribuire al raggiungimento al 2020 dell'obiettivo del 17 per cento di energia da rinnovabili fissato in ambito europeo, e quello dei Paesi dell'area balcanica di sviluppare le loro fonti interne, rafforzando al contempo la cooperazione industriale e la loro integrazione nel sistema europeo»;
l'articolo 36 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, infatti, ai fini del conseguimento degli obiettivi nazionali, detta i criteri in base ai quali è incentivata l'importazione di elettricità da fonti rinnovabili proveniente da Paesi extra Unione europea sulla base di accordi internazionali. In particolare, al comma 1, si prevede che gli accordi di importazione (effettuata su iniziativa di soggetti operanti nel settore energetico), dovranno conformarsi ai seguenti criteri:
a) il sostegno consiste nel riconoscimento, sull'energia immessa nel sistema elettrico nazionale, di un incentivo di pari durata e di entità inferiore rispetto a quello riconosciuto in Italia alle fonti e alle tipologie di impianti da cui l'elettricità viene prodotta nel paese terzo, in misura fissata negli accordi tenendo conto della maggiore producibilità ed efficienza degli impianti nei Paesi terzi e del valore medio di incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia;
b) le modalità di produzione e importazione devono assicurare che l'elettricità importata contribuisce al raggiungimento degli obiettivi italiani in materia di fonti rinnovabili;
c) sono stabilite le necessarie misure che assicurino il monitoraggio dell'elettricità importata per le finalità di cui all'articolo 36; il comma 2 del medesimo articolo consente che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si possa stabilire un valore dell'incentivo diverso da quello previsto alla lettera a), salvaguardando gli accordi già stipulati e contemperando gli oneri economici conseguenti al riconoscimento dell'incentivo stesso e gli effetti economici del mancato raggiungimento degli obiettivi. Non risulta al momento che sia stato emanato alcun provvedimento attuativo del comma 2;
secondo quanto riportato nell'articolo sopra indicato, «I serbi stimano il costo totale del progetto in oltre 2 miliardi di euro, che sarebbero però recuperati da loro e dai loro soci privati italiani, grazie alla disponibilità dell'ex governo Berlusconi di pagare l'elettricità importata, e qui sta la questione, ben 155 euro/MWh – Megawattora – (per confronto il costo medio dell'elettricità italiana in Borsa Elettrica è stato di 63 euro/MWh nel 2013), grazie al pagamento di una tariffa omnicomprensiva che la produzione da nuovi impianti idroelettrici riceverebbe in Italia. Visto che l'import dalla Serbia legato a questo progetto potrebbe arrivare a un massimo di 6 TWh l'anno (quasi il 2 per cento dei consumi italiani), l'Italia, oltre al costo del collegamento sottomarino, potrebbe sborsare ogni anno, e per 15 anni, circa 930 milioni di euro per importare l'elettricità balcanica, di cui la metà o più come sovrapprezzo rispetto ai costi di mercato, contribuendo notevolmente a un ulteriore rialzo del costo della nostra elettricità, senza neanche i vantaggi degli incentivi spesi nei confini nazionali»;
con riferimento a quanto da ultimo si sostiene nell'articolo, occorre inoltre considerare che in Italia vi è un eccesso di capacità produttiva nel settore elettrico italiano che dovrebbe protrarsi fino al 2020 e che non rende comprensibili le motivazioni di un accordo per l'importazione di energia;
a parere degli interroganti:
a) non è chiaro perché in un momento in cui molte centrali a ciclo combinato presenti sul territorio, che possono produrre certamente a meno di 155 euro al MWh, restano ferme per eccesso di capacità rispetto alla domanda, dovrebbe essere opportuno aggiungere ulteriori importazioni di energia. Nel 2012 il fattore di carico medio degli impianti a ciclo combinato non cogenerativi è sceso sotto le 2.000 ore (equivalenti a piena potenza), pari a circa il 22 per cento, mettendo in pericolo l'equilibrio economico-finanziario delle società che li detengono, mentre i cicli combinati cogenerativi, che godono di priorità di dispacciamento e di un migliore rendimento energetico totale, funzionano a livello più soddisfacente, mediamente 4.700 ore nel 2012 (54 per cento), anche se sensibilmente inferiore al passato. Tale situazione ha spinto il legislatore ad individuare forme di sostegno per il settore, tramite l'introduzione del meccanismo del capacity payment;
b) i contenuti dell'accordo del 2011 sono in contrasto con:
1) i criteri di attribuzione degli incentivi all'elettricità prodotta da fonti rinnovabili in Paesi extra Unione europea previsti al comma 1, lettera a), dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 28 del 2011, prevedendo per l'energia elettrica importata dalla Serbia un incentivo di entità maggiore di quello riconosciuto alla produzione di energia elettrica da fonte idraulica in Italia;
2) le previsioni di cui alla lettera b), tenuto conto che gli obiettivi di produzione italiani da fonte rinnovabile sono sostanzialmente raggiunti grazie al contributo degli impianti idroelettrici, eolici e fotovoltaici realizzati in Italia;
3) le disposizioni di cui al comma 2, poiché trattandosi di un incentivo più elevato rispetto a quello riconosciuto in Italia ai sensi del comma 1, sarebbe stato opportuno procedere all'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per definire un diverso valore dell'incentivo da attribuire;
appare irragionevole che l'Italia si sobbarchi, oltre al costo di oltre 2 miliardi per la realizzazione del collegamento sottomarino, anche la spesa di 930 milioni di euro all'anno per 15 anni per importare l'elettricità balcanica, di cui la metà o più come sovrapprezzo rispetto ai costi di mercato in una situazione di surplus di produzione elettrica e di obiettivi di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile al 2020 praticamente già raggiunti, contribuendo, inoltre, ad un ulteriore rialzo del costo dell'elettricità per i cittadini italiani;
appare illogico proseguire le importazioni di energia rinnovabile, in un momento in cui le centrali italiane a ciclo combinato restano ferme per eccesso di capacità rispetto alla domanda, cosa che ha indotto il Governo ad introdurre il meccanismo del capacity payment;
appare infine estremamente grave, dopo aver distrutto l'intero settore industriale operante nel settore fotovoltaico italiano, azzerando il «conto energia» in ragione dei costi eccessivi sostenuti in bolletta, attribuire un incentivo di 12 miliardi di euro a operatori privati per la realizzazione di impianti in Serbia che non necessitano di incentivi, anziché incrementare ancora la produzione sul territorio nazionale di energia verde, con le evidenti ricadute economiche, occupazionali e fiscali –:
se il Governo non intenda attivarsi al fine di arrivare all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 28 del 2011, al fine di prevedere che il valore dell'incentivo per l'energia elettrica prodotta dagli impianti in Serbia sia conforme ai dettami di cui al comma 1;
se l'uso riservato al gruppo privato, costituito dalla società Maccaferri e dai partner serbi, di un nuovo elettrodotto che prevede un investimento pubblico di oltre 2 miliardi di euro per un periodo di 15 anni sia in contrasto con la normativa comunitaria;
se il Governo non intenda assumere alla luce delle considerazioni esposte in premessa, ogni iniziativa di competenza per rivedere tale azzardo che sembra all'interrogante produrre soltanto costi per l'Italia e utili per la parte privata.
(5-02298)