• C. 2047 EPUB Proposta di legge presentata il 4 febbraio 2014

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Atto a cui si riferisce:
C.2047 Disposizioni in materia di consumo del suolo e di tutela e valorizzazione dell'agricoltura


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2047


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato ZACCAGNINI
Disposizioni in materia di consumo del suolo e di tutela e valorizzazione dell'agricoltura
Presentata il 4 febbraio 2014


      

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Onorevoli Colleghi! Nel nostro ordinamento non è mai stata data attuazione in modo organico alla finalità costituzionale del razionale sfruttamento del suolo (articolo 44 della Costituzione), che oggi deve considerarsi come una risorsa sempre più scarsa, il cui consumo, inteso come irreversibile impoverimento, riduzione o perdita delle caratteristiche naturali che sottendono alla capacità, reale o potenziale, di assicurare il funzionamento dei cicli eco-biologici, determina non solo pesanti ripercussioni sull'economia agricola e turistica, ma, soprattutto, pregiudica la conservazione di un fondamentale bene comune necessario per la vita delle future generazioni umane.
      Infatti, autorevoli indagini compiute dimostrano che dal 1970 al 2010 si è registrato in Italia un calo del 28 per cento della superficie agricola utilizzata (SAU), ossia pari a circa 5 milioni di ettari (la superficie di Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna messe insieme), mentre, a fronte di un aumento della popolazione del 28 per cento dal 1950 ad oggi la cementificazione ha avuto un trend di crescita pari al 166 per cento e tuttora i processi di impermeabilizzazione dei suoli nazionali proseguono al ritmo di 100 ettari al giorno (fonti INEA, ISPRA, ISTAT).
      Tali numeri, se rapportati agli altri indicatori riguardanti la capacità di auto approvvigionamento di beni agro-alimentari in rapida decrescita e attualmente pari solo all'80/85 per cento del fabbisogno nazionale (in altre parole, la produzione nazionale copre i consumi di solo tre italiani su quattro), evidenziano la straordinaria rilevanza e portata del problema «consumo di suolo», e dunque la necessità e l'urgenza di fronteggiarlo con la maggiore efficacia possibile.
      Ciò a maggior ragione tenendo conto delle previsioni di incremento demografico su scala globale, della crescita del potere di acquisto di Paesi estremamente popolosi, quali la Cina, l'India e il Brasile, e del passaggio da una economia basata sui combustibili fossili ad altre forme energetiche che eserciteranno una pressione sempre maggiore sui terreni agricoli. Si stima, infatti, che nel 2050 la domanda di prodotti agricoli crescerà del 70 per cento mettendo sotto pressione i sistemi ambientali e agro-alimentari e incrementando il pericolo della scarsità (dati della Commissione europea rilevati nel 2012).
      Ma il problema dell'indipendenza alimentare non è il solo a pesare sul tema «consumo di suolo».
      Oggi, infatti, quando la globalizzazione sta riproducendo per ciclicità storica fenomeni già vissuti al tempo dell'urbanesimo, la progressiva erosione della risorsa suolo sta incidendo, alimentandoli, anche sui grandi cambiamenti ambientali e sociali che possono misurarsi ormai ad occhio nudo osservando i nostri territori: il dissesto idrogeologico e conseguente aumento dei rischi di franosità derivanti dall'abbandono delle montagne; la devastazione dei paesaggi agrari per effetto dell'espansione delle aree urbanizzate e della trasformazione caotica degli spazi rurali di frontiera periurbana e metropolitana; i processi migratori e di ricolonizzazione disordinata e sparsa generati dallo spostamento e dal riversamento specie nelle pianure e nelle gronde di fondovalle di milioni di persone in fuga dalle città e dalle lande più povere e desolate dell'Italia e del mondo intero.
      Sicché la questione «consumo di suolo» non attiene soltanto alla regolazione degli aspetti quantitativi e qualitativi delle trasformazioni, ma riguarda anche le metamorfosi sociali e i potenti fenomeni di esclusione che si stanno verificando come effetto dei processi di globalizzazione, tanto nelle città quanto negli spazi rurali.
      Se è dunque inderogabile affrontare il problema del «consumo di suolo» sul doppio fronte della preservazione dei terreni agricoli e della limitazione dei processi di cementificazione, non meno importante è la capacità di intraprendere nuovi percorsi di sviluppo sostenibile in modo integrato e senza artificiose distinzioni tra città e campagna; soprattutto, interpretandoli anche in funzione di nuove costruzioni sociali.
      Sul fronte della preservazione dei terreni agricoli è proprio l'articolo 44 della Costituzione che illumina i nuovi percorsi di sviluppo sostenibile da perseguire per fronteggiare l'erosione della risorsa suolo anche in chiave di riforma sociale.
      L'obiettivo per lo sviluppo dell'agricoltura è la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo, la ricostituzione delle unità produttive, l'aiuto alla media e piccola proprietà e il sostegno delle aree montane; ma il più alto fine su cui poggia l'articolo 44 è però il razionale utilizzo del suolo non disgiunto dal conseguimento di equi rapporti sociali; ed è proprio in queste due grandi finalità – tra loro interconnesse – che è racchiuso il senso stesso dell'agricoltura, che produce da diecimila anni una pluralità di valori: cibo, tutela delle risorse naturali, beni relazionali, legami comunitari e inclusione sociale.
      In questa logica, dunque, oltre che assicurare la produzione agro-alimentare, la funzione principale delle aree agricole urbane e periurbane è quella di produrre beni relazionali in contesti di forte esclusione sociale; mentre la funzione principale delle aree agricole montane e collinari è quella di mantenere una presenza umana diffusa per poter presidiare le risorse naturali dai rischi idrogeologici in contesti territoriali difficili.
      A questi principi e dettami costituzionali questa proposta di legge si conforma integralmente.
      Sul fronte della limitazione dei processi di cementificazione l'obiettivo principale è interrompere l'espansione o la densificazione degli spazi urbanizzati a scapito di suoli liberi anche solo potenzialmente utilizzabili per fini agricoli, puntando al riuso dell'esistente anche attraverso l'incentivazione di sistematiche e diffuse operazioni di trasformazione per conseguire il miglioramento delle condizioni ambientali e microclimatiche locali, dei sistemi di mobilità ciclabili e pedonali, dei servizi e delle reti di protezione sociale.
      In armonia con le linee guida della Commissione europea (Guidelines on bestpractic to limit, mitigate or compensate soil sealing), occorre infatti impedire e prevenire la conversione di aree verdi in aree edificate, promuovere l'utilizzo di materiali permeabili, costruire infrastrutture «verdi», implementare i sistemi naturali di reggimentazione delle acque, procedere ovunque possibile alla deimpermeabilizzazione del suolo.
      Il fine principale delle operazioni che la presente proposta di legge intende promuovere è una compenetrazione ecologica tra città e campagna, sfruttando i «corridoi» dei fiumi, dei parchi, dei giardini, degli orti urbani, per riconquistare la continuità eco-biologica perduta tra gli spazi aperti, i frammenti di campagna nelle periferie, fino ai centri più antichi.
      Il faro e il lievito che guidano e conformano il senso complessivo e l'articolato di questa proposta di legge sono i princìpi fondamentali dell'articolo 3 della Costituzione, finalizzati a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscano il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese, e quelli dell'articolo 9 della Costituzione, per la tutela, il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione dell'immenso patrimonio paesaggistico italiano, frutto di millenari intrecci tra natura e storia.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Tutela e valorizzazione dell'agricoltura e degli ambiti rurali e misure per il contenimento del consumo del suolo).

      1. La presente legge stabilisce i princìpi fondamentali per la tutela del paesaggio, per il razionale sfruttamento del suolo nonché per la conservazione e la valorizzazione dei terreni agricoli, al fine di promuovere l'attività agricola e forestale, di prevenire il dissesto idrogeologico del territorio e di promuovere, nel pieno rispetto dei princìpi stabiliti dall'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, un rapporto equilibrato tra sviluppo delle aree urbanizzate e delle aree rurali mediante il riconoscimento e la valorizzazione degli habitat rurali, il sostegno alle attività agrarie e silvopastorali e gli aiuti alla piccola e media proprietà e alle iniziative di cooperazione, in attuazione degli articoli 9, secondo comma, e 44 della Costituzione, nonché della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata e resa esecutiva dalla legge 9 gennaio 2006, n. 14, al fine di contrastare l'uso irrazionale delle risorse naturali, i processi di spopolamento umano nelle aree montane, la dismissione delle attività agricole e il contenimento del consumo di suolo libero dovuto a processi di espansione o densificazione degli ambiti urbani.
      2. Le politiche di programmazione e pianificazione di sviluppo territoriale attuate dallo Stato e dalle regioni devono prevedere, in forma integrata, l'attuazione dei princìpi stabiliti al comma 1 perseguendo i seguenti obiettivi primari:

          a) fronteggiare l'abbandono della montagna e della collina, causa principale del dissesto idrogeologico, mediante la

programmazione integrata di interventi volti a garantire e ripristinare la presenza umana, anche attraverso la gestione delle terre di proprietà demaniale e collettiva nonché dei diritti di uso civico con le finalità di cui agli articoli 12 e 13 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, al fine di ripristinare l'insediamento produttivo e occupazionale nelle aree agricole;

          b) interrompere e invertire il processo di dismissione delle attività delle aziende agricole e della pesca, mediante la programmazione integrata di misure di sostegno alle attività produttive finalizzate all'incentivazione delle filiere corte nonché per l'implementazione della multifunzionalità aziendale per la fornitura di servizi (agriasili, fattorie didattiche, turismo rurale, terapie occupazionali, inserimento lavorativo di disoccupati e persone a bassa contrattualità, inclusione sociale, immigrazione, povertà, social housing, co-housing, sport, tempo libero, vivaismo), promozione di tecniche di coltivazione agro ecologica per la messa in sicurezza del territorio dal dissesto idrogeologico in armonia con quanto disposto dall'articolo 7, comma 3, della legge 5 marzo 2001, n. 57;

          c) azzerare tutte le previsioni di espansione edificatoria urbana, compresi i cosiddetti «ambiti di riserva» o similari, a scapito di terreni agricoli o liberi in ambito periurbano e metropolitano;

          d) impedire ogni tipo di densificazione urbana che preveda l'utilizzo di aree libere o impegnate da strutture attive o dismesse (caserme, depositi, opifici) in assenza di possibilità alternative, prioritarie e tassative, di riutilizzazione del patrimonio pubblico o privato esistente;

          e) avviare, principalmente negli spazi periurbani e di frontiera urbano-rurale e mediante la programmazione integrata di specifiche misure di sostegno alle attività agricole, la riqualificazione del welfare locale, da conseguire con il potenziamento della dotazione strutturale del territorio

agricolo di servizi alla persona, di alloggi per le categorie svantaggiate, di centri di accoglienza e di integrazione interculturale degli immigrati. Ciò in aderenza con le finalità di razionale utilizzo del suolo e il conseguimento di equi rapporti sociali su cui si fonda l'articolo 44 della Costituzione, ove il secondo fine va inteso come inclusione sociale e lotta alla povertà.
Art. 2.
(Definizioni).

      1. Ai fini della presente legge, si intende:

          a) per «aree agricole»: le superfici costituite da suoli produttivi o comunque vegetati, coltivati, incolti o forestali, libere da edificazioni e infrastrutture;

          b) per «attività agricole»: il complesso delle azioni umane finalizzate alla coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse, ovvero, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile tutte le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine; alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali; alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge;

          c) per «agricoltura biologica»: il metodo di coltivazione e di allevamento basato sull'intero ecosistema agricolo e

che ammette solo l'impiego di sostanze naturali, secondo quanto stabilito dal regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, e dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 27 novembre 2009, n. 18354;

          d) per «agricoltura conservativa»: l'insieme delle pratiche agricole che minimizzano l'alterazione della composizione, della struttura e della naturale biodiversità del suolo salvaguardandolo dall'erosione e dalla degradazione, in particolare attraverso la copertura del suolo, le rotazioni colturali e la lotta alle erbe infestanti;

          e) per «agricoltura sociale»: il modello di impiego dei terreni agricoli e a vocazione agricola, dei terreni forestali, della aziende agricole e dei fabbricati rurali di tipo multifunzionale, comprendente un insieme di attività volte all'inserimento nel mondo del lavoro, all'inclusione sociale e allo svolgimento di attività di tipo rieducativo, terapeutico e pedagogico, attraverso l'impiego di risorse agricole, sia vegetali che animali, ispirato ai princìpi dell'agricoltura sostenibile;

          f) per «agroecologia»: una forma di agricoltura biologica e conservativa, che attui le migliori pratiche agricole, nel rispetto della sicurezza alimentare, dell'equilibrio sociale nel territorio, della conservazione del paesaggio e dell'ambiente, nonché della garanzia dell'approvvigionamento alimentare, che non sia indirizzata alla monocultura delle specie annuali e privilegi specie autoctone in difesa della biodiversità, che utilizzi biofermentati organici e preveda il mantenimento dell'autofertilità del suolo ed escluda coltivazioni finalizzate all'agrocombustibile o con presenza di organismi geneticamente modificati e sui cui terreni non vi siano impianti fotovoltaici a terra;

          g) per «spazio rurale»: tutte le parti del territorio non comprese negli spazi urbani-industriali, nelle quali le attività

agricole costituiscono la componente dominante e non esclusiva, ove si svolge e si sviluppa un complesso eterogeneo di usi, relazioni umane, funzioni di produzione, di scambio e di servizio anche di natura extra agricola. Gli spazi rurali sono per definizione molteplici e corrispondenti alle varietà dei contesti locali, differenziandosi in funzione delle diverse caratteristiche geomorfologiche, di tessuto o trama storico-insediativa, di cultura e tradizioni locali. La loro varietà è classificabile in funzione di parametri integrati di carattere demografico, ambientale, economico e sociologico, quali: percentuali di superfici agro-silvo-pastorali utilizzate; tipologie colturali e dell'imprenditoria locale; densità insediativa; caratteristiche storico-insediative e dei paesaggi locali; prodotto interno lordo zonale; reddito medio pro capite; frazionamento fondiario; livelli di infrastrutturazione e dei servizi alla popolazione;

          h) per «spazio urbano-industriale»: le aree nelle quali il rapporto tra superficie impermeabilizzata e superficie totale sia superiore al 50 per cento, generalmente individuate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone territoriali omogenee di cui alle lettere a), b), d) e f) dell'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;

          i) per «consumo di suolo»: ogni uso non razionale della risorsa suolo che ne comporti irreversibile impoverimento, riduzione o perdita delle caratteristiche naturali che sottendono alla capacità, reale o potenziale, di assicurare il funzionamento dei cicli eco-biologici, e tale perciò da pregiudicarne la conservazione quale fondamentale bene comune per la vita delle future generazioni umane;

          l) per «impermeabilizzazione del suolo»: la copertura permanente di parte del terreno e del relativo suolo con materiale messo in opera dall'uomo che ne impedisca normali livelli di evapotraspirazione e scolo naturale delle acque;

          m) per «lavoratore svantaggiato»: qualsiasi persona appartenente a una categoria che abbia difficoltà a entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 2, lettera f), del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 12 dicembre 2002, nonché ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381.

Art. 3.
(Adeguamenti normativi e classificazione del territorio rurale).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono ad adeguare i propri ordinamenti alle finalità, agli obiettivi, alle definizioni e ai criteri della programmazione e pianificazione socio-economica e territoriale in forma integrata ai sensi di quanto disposto dalla presente legge.
      2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni, facendo ricorso al patrimonio conoscitivo disponibile e sulla base delle scansioni geografiche, geomorfologiche e storico-insediative della pianificazione paesistica vigente, ovvero in applicazione dei criteri indicati dalla Convenzione europea sul Paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 9 gennaio 2006, n. 14, provvedono alla classificazione anche cartografica degli spazi rurali come definiti all'articolo 2, comma 1, lettera g), della presente legge, in funzione di caratteristiche riconosciute tendenzialmente omogenee.
      3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono a definire e codificare nei propri ordinamenti i criteri funzionali, economici e prestazionali per il razionale sfruttamento del suolo, in coerenza con la classificazione degli spazi rurali di cui al comma 2, disciplinando, secondo la tipologia di ciascun ambito individuato, i rapporti e le dimensioni ammissibili in funzione delle varie attività

agricole come definite all'articolo 2 comma 1, lettera b), della presente legge. Detti criteri dovranno altresì fissare caratteristiche e contenuti di piani di sviluppo aziendale, zonale o di miglioramento ambientale, intesi con valore di piano di dettaglio preventivo e con funzione di collegamento tra edificazione necessaria per la conduzione delle attività agricole e relativi investimenti, a cui subordinare le trasformazioni urbanistiche nel territorio rurale.
      4. La definizione dei criteri di cui al comma 3 costituisce sottoarticolazione delle zone territoriali omogenee come definite all'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.
Art. 4.
(Strumenti di programmazione e pianificazione e di uso razionale delle risorse finanziarie).

      1. Anche in relazione agli obiettivi della strategia Europa 2020 contenuti nella comunicazione della commissione europea COM(2010)2020, del 3 marzo 2010, almeno il 50 per cento dei fondi stanziati dalla programmazione operativa nazionale (PON 2013-2020) e regionale (POR 2013-2020), finalizzata al rafforzamento della base produttiva e della competitività territoriale, accessibilità, attrattività, salvaguardia ambientale, prevenzione dei rischi, ricerca, innovazione e offerta occupazionale, nonché i fondi stanziati dai programmi di sviluppo rurale nazionale e regionali 2013-2020, devono essere orientati agli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 1 della presente legge.
      2. L'asse prioritario del piano si sviluppo rurale nazionale, da selezionare obbligatoriamente tra gli obiettivi indicati dall'Unione europea per il periodo di programmazione 2013-2020, è quello concernente l'attivazione di misure di sostegno, riservate in via prioritaria ai giovani agricoltori e localizzate prioritariamente

nelle grandi aree metropolitane, finalizzate alla moltiplicazione delle forme produttive, all'associazione e assimilazione delle attività afferenti il turismo rurale, l'agriturismo, l'artigianato, la piccola industria, la fornitura di beni e servizi alle attività e funzioni proprie dell'agricoltura, all'incentivazione di pratiche collaborative e cooperative, alla riqualificazione del paesaggio e delle qualità ambientali degli ambiti di periferia urbana e periurbani, al potenziamento delle filiere corte (vendita diretta e gruppi di acquisto solidale, mercati rionali) nonché per la riqualificazione e il rafforzamento del welfare locale mediante potenziamento della dotazione strutturale del territorio agricolo di servizi alla persona, di alloggi per le categorie svantaggiate, di centri di accoglienza e di integrazione interculturale degli immigrati. La suddetta programmazione di interventi di sostegno dovrà essere concepita ed attuata con logica di sistema in funzione della costituzione di distretti rurali e agroalimentari di qualità.
      3. La definizione dei programmi indicati nei commi 1 e 2, al fine di evitare la dispersione delle risorse europee, si avvale della pianificazione strategica come strumento aperto, da utilizzare in chiave partecipativa e partenariale al fine di consentire l'individuazione e la promozione, con logiche di sistema e nel medio-lungo periodo, di strategie di sviluppo locale. L'accesso diretto alle risorse finanziarie disponibili è regolato da procedure di progettazione integrata territoriale, ovvero a seguito della costituzione di partenariati locali sanciti dalla sottoscrizione di formali accordi, rappresentativi dei soggetti istituzionali e delle diverse componenti economiche e sociali dei territorio, che pianifichino le relazioni e i rapporti intercorrenti tra la pluralità delle iniziative imprenditoriali in modo da ricondurle sistematicamente, moltiplicandone gli effetti, al perseguimento di uno o più obiettivi della programmazione dei fondi dell'Unione europea coerenti con i fabbisogni delle diverse tipologie territoriali.
Art. 5.
(Trasformazione dei terreni di proprietà pubblica in proprietà collettiva).

      1. I terreni utilizzabili per la coltivazione agraria o come bosco o come pascolo permanente appartenenti a enti pubblici sono trasformati in demani civici e costituiscono proprietà collettive della generalità dei cittadini abitanti nel territorio comunale o frazionale in cui i beni sono situati. Tali beni sono indivisibili, inalienabili, inusucapibili, inespropriabili.
      2. I terreni di cui al comma 1 sono amministrati separatamente dagli altri beni pubblici da organismi eletti ai sensi della legge 17 aprile 1957, n. 278, e sono denominati «amministrazioni separate di beni di uso civico».
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono a individuare su cartografie su base catastale i terreni interessati da uso civico, provvedendo a distinguerli tra «terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente» e «terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria», in conformità a quanto stabilito all'articolo 11 della legge 16 gennaio 1927, n. 1766.
      4. In base alla classificazione definita in attuazione del comma 3 e in funzione di politiche volte alla reintegrazione del demanio pubblico, al recupero e alla coltivazione di terre incolte o abbandonate, alla ricomposizione di continuità eco-biologiche interrotte, al riordinamento di tessuti insediativi extra agricoli sparsi, le regioni procedono alla gestione delle procedure di affrancazione e liquidazione di usi civici con le seguenti modalità:

          a) nelle aree incolte o abbandonate ove sono in atto, o si prevede possano avvenire, fenomeni di spontaneo rimboschimento, la liquidazione di eventuali diritti di uso civico su beni di proprietà

privata potrà essere effettuata soltanto mediante cessione di una quota del terreno nelle dimensioni massime previste dall'articolo 5 della legge 16 gennaio 1927, n. 1766, ovvero pari alla metà dell'estensione del fondo;

          b) nelle aree incolte o abbandonate che risultassero tra quelle concesse in enfiteusi e per le quali non si sia dato luogo a liquidazione di eventuali diritti di uso civico, detta liquidazione non dovrà essere concessa, e gli organi competenti dovranno provvedere alla devoluzione del terreno nella sua completa estensione in favore del comune ai sensi dell'articolo 19 della legge 16 gennaio 1927, n. 1766; nelle aree investite da processi insediativi, o negli ambiti interessati da piani di recupero di cui alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, la liquidazione di eventuali diritti di uso civico su beni di proprietà privata dovrà essere effettuata mediante cessione di una quota del terreno secondo le dimensioni massime previste dall'articolo 5 della legge 16 gennaio 1927, n. 1766. Le parti di terreno da cedere saranno quelle più funzionali alle previsioni d'assetto urbanistico, piani particolareggiati o di recupero, ovvero più utili ai fini della localizzazione di infrastrutture, reti e servizi di uso pubblico nonché alla articolazione di corridoi eco-biologici. Qualora la cessione in tutto o in parte del terreno risulti impossibile, la liquidazione dovrà essere effettuata mediante corresponsione di compenso in denaro, con valore da calcolare al prezzo di mercato corrente di terreni edificabili nello spazio urbano corrispondente o più vicino, come desumibili dall'osservatorio dei valori immobiliari dell'Agenzia delle entrate. Le somme in denaro derivanti dalla liquidazione degli usi civici devono essere vincolate per l'acquisizione dei terreni necessari all'attuazione delle previsioni di assetto dell'area, nonché per la realizzazione di interventi di riqualificazione ambientale, paesaggistica o della dotazione di servizi pubblici.

Art. 6.
(Utilizzazione delle terre incolte di proprietà privata).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni provvedono esclusivamente con riferimento ai terreni di proprietà privata ovvero non contemplati dall'articolo 5, comma 1, della presente legge, agli adempimenti di cui alla legge 4 agosto 1978, n. 440, ovvero determinandosi, mediante attivazione di procedure di evidenza pubblica, all'assegnazione per la coltivazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate, ai richiedenti che si obblighino a coltivarle in forma singola o associata, dando priorità ai giovani agricoltori al di sotto dei 40 anni di età, ai lavoratori svantaggiati e alla cooperative costituitesi da non più di due anni i cui soci siano al 70 per cento lavoratori svantaggiati o disoccupati.
      2. Ai fini della presente legge, si considerano abbandonati o incolti i terreni agricoli non destinati ad uso produttivo da almeno tre anni, ad esclusione dei terreni oggetto di impegni derivanti dalla normativa europea.
      3. Ai fini dell'inserimento occupazionale di lavoratori svantaggiati nel settore agricolo, le regioni adottano misure specifiche per favorire la creazione di cooperative agricole sociali, in funzione dell'assegnazione di terreni agricoli e a vocazione agricola secondo i criteri previsti dalla presente legge.

Art. 7.
(Trasformazione dei beni non agricoli di proprietà pubblica in proprietà collettiva).

      1. I beni non agricoli utilizzabili per finalità sociali e culturali appartenenti a enti pubblici sono trasformati in demani civici e costituiscono proprietà collettive della generalità dei cittadini abitanti nel territorio comunale o frazionale in cui i beni sono situati. Tali beni sono indivisibili,

inalienabili, inusucapibili, inespropriabili.
      2. I beni di cui al comma 1 sono amministrati separatamente dagli altri beni pubblici da organismi eletti ai sensi della legge 17 aprile 1957 n. 278, denominati «amministrazioni separate di beni comuni».
Art. 8.
(Trasformazione degli spazi urbani e previsione di nuove urbanizzazioni).

      1. Le trasformazioni urbane sono ammesse esclusivamente nell'ambito degli spazi urbano-industriali come definiti all'articolo 2, comma 1, lettera h). Salvo il rispetto dei parametri urbanistico-edilizi afferenti le strumentazioni vigenti per gli ambiti interessati quando non in contrasto con i dispositivi di cui alla presente legge, le suddette trasformazioni, ai fini del miglioramento della resilienza ambientale, delle condizioni microclimatiche locali, dei livelli di efficienza energetica e di sicurezza antisismica, nonché delle reti di mobilità ecosostenibile, di welfare e di scambio di beni e servizi a livello locale, dovranno conformarsi ai seguenti parametri ambientali e funzionali:

          a) piantumazione di masse arboree dense o lineari (barriere) con funzione di metabolizzazione delle sostanze inquinanti, produzione di ossigeno, minimizzazione delle cosiddette isole di calore, con sviluppo non inferiore al 20 per cento della superficie complessiva, libera o edificata, del suolo dell'ambito interessato;

          b) garantire o ripristinare la permeabilità del suolo, al fine di attenuare gli impatti sul microclima locale e garantire adeguati livelli di evapotraspirazione del terreno, assicurando, oltre quanto indicato alla lettera a), una quota di terreno libero o comunque impegnato da pavimentazioni di tipo discontinuo pari ad almeno il 45 per cento della superficie complessiva, libera o edificata, del suolo dell'ambito

interessato, di cui almeno un terzo da riservare all'allestimento di «orti urbani» autogestiti da tutti gli abitanti insediati nell'ambito;

          c) rispetto, per le nuove costruzioni o per la ristrutturazione di quelle esistenti, dei parametri energetici corrispondenti alla classe C come definita dalla classificazione «Casaclima» della provincia di Bolzano nonché ai parametri e criteri minimi di sostenibilità stabiliti dai protocolli «Itaca»;

          d) previsione di impianti e reti di raccolta e riuso della acque bianche e grigie nonché di impianti collettivi di compostaggio, autogestiti da tutti gli abitanti insediati nell'ambito;

          e) realizzazione di percorsi ciclabili e pedonali di collegamento tra tutte le unità edilizie e tra ciascuna di queste e i servizi pubblici o di uso pubblico comprese le stazioni o le fermate del trasporto collettivo di scala urbana o metropolitana, nonché di connessione con le reti di mobilità ecosostenibile esistenti o previste negli ambiti urbani circostanti;

          f) divieto per attività commerciali di media e grande distribuzione e obbligo di assicurare superfici utili lorde da destinare a commercio di vicinato in misura non inferiore ad 2 mq per ogni abitante insediato o di previsto insediamento.

      2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni, le province e i comuni provvedono con atti di propria competenza all'abrogazione di tutte le previsioni di espansione edificatoria urbana in zone non comprese nella classificazione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera h), o comunque a scapito di terreni agricoli o liberi in ambito periurbano e metropolitano, nonché riferite a zone in qualsiasi forma destinate a edificazione differita («ambiti di riserva» o similari) o interessate da trasferimenti di cubatura in funzione delle cosiddette «compensazioni immobiliari». Gli enti competenti in materia di pianificazione

urbana, sulla base di specifiche ed effettive esigenze abitative o infrastrutturali e accertata l'assenza di alternative di reimpiego e riorganizzazione degli immobili e delle infrastrutture esistenti, possono individuare nuovi ambiti di insediamento, purché connotati da bassa densità territoriale (massimo 20 AB/HA) e tassativamente collegati e subordinati all'avvio e all'attuazione dei programmi di cui all'articolo 1, comma 2, lettera e).
      3. I provvedimenti di individuazione di nuove aree edificabili ai sensi del comma 2 devono essere motivati sulla base di esigenze desunte da indicatori statistici relativi alle dinamiche demografiche, economiche e occupazionali a livello regionale, elaborati dall'Istituto nazionale di statistica o da istituti di ricerca pubblici, e non possono superare il 60 per cento dell'incremento registrato dai dati statistici. In ogni caso la possibilità di nuove edificazioni ad usi abitativi dovrà essere preventivamente accompagnata dalla realizzazione dei servizi connessi alla vita residenziale, come previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444.
      4. I provvedimenti di individuazione di nuove aree edificabili ai sensi del comma 2 devono altresì essere motivati specificamente con la dimostrazione dell'impossibilità di soddisfare le esigenze all'interno delle aree interessate da processi di trasformazione di cui al comma 1 del presente articolo o mediante il recupero o il reimpiego di immobili esistenti inutilizzati, individuati con il censimento previsto dall'articolo 9. L'atto è trasmesso alla regione o alla provincia autonoma competente, la quale verifica la congruità della motivazione di cui al presente comma.
      5. Le costruzioni nelle nuove aree edificabili, individuate ai sensi del comma 2, sono soggette a un contributo addizionale rispetto agli obblighi di pagamento connessi con gli oneri di urbanizzazione e con il costo di costruzione, la cui misura è stabilita dai comuni ai sensi delle leggi statali e regionali vigenti e con le modalità previste dal comma 6.
      6. Il contributo di cui al comma 5 è determinato in un importo pari a cinque volte il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione. Gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione non possono subire diminuzioni rispetto agli anni precedenti.
      7. Sono obbligati al pagamento del contributo di cui al comma 5 i soggetti tenuti al pagamento degli oneri relativi ai costi di urbanizzazione e al costo di costruzione, secondo le stesse modalità e negli stessi termini.
      8. I comuni destinano i proventi del contributo di cui al comma 5 a un capitolo di bilancio vincolato per l'esecuzione dei seguenti interventi:

          a) per non meno del 20 per cento, alla bonifica dei suoli, adottando preferibilmente le tecniche dell'ingegneria naturalistica;

          b) per non meno del 20 per cento, al recupero e alla riqualificazione del patrimonio edilizio pubblico esistente, con priorità per gli interventi di messa in sicurezza e risanamento conservativo degli edifici scolastici e per l'edilizia agevolata e sovvenzionata da realizzarsi in aree già edificate o in disuso:

          c) per non meno del 20 per cento, alla riduzione del rischio idrogeologico, sia mediante interventi di eliminazione delle cause o di riduzione del pericolo, adottando preferibilmente le tecniche dell'ingegneria naturalistica, sia mediante interventi di delocalizzazione di edifici pubblici situati in aree soggette ad elevato rischio;

          d) per non meno del 20 per cento, all'acquisizione, alla realizzazione e alla manutenzione di aree verdi estese e per la demolizione e acquisizione di immobili realizzati abusivamente.

      9. L'utilizzazione degli importi versati nel capitolo vincolato e destinati agli interventi di cui al comma 8 è esclusa dai vincoli del patto di stabilità interno.

Art. 9.
(Orti urbani sociali).

      1. I comuni, nell'ambito dei terreni ricadenti nelle aree urbane e periurbane, con particolare riferimento a terreni agricoli inutilizzati, aree industriali dismesse, terreni adibiti a verde pubblico e ogni altra superficie assimilabile, favoriscono il loro impiego per la creazione di orti urbani sociali; a tale fine i comuni predispongono un apposito censimento dei terreni disponibili per tale iniziativa e predispongono le necessarie attività di informazione e formazione relative alle pratiche agricole correlate alla gestione degli orti urbani sociali.
      2. L'assegnazione dei terreni destinati alla realizzazione di orti sociali avviene tramite assegnazione diretta in favore dei cittadini residenti nel comune che ne facciano richiesta, anche riuniti in associazione o cooperativa; l'assegnazione, in caso di eccesso di domande rispetto alle disponibilità, viene effettuata tenendo conto dell'Indicatore della situazione economica equivalente individuale dei soggetti richiedenti.
      3. Ai fini dell'assegnazione dei terreni per la realizzazione di orti urbani sociali, il comune adotta un regolamento, indicando in particolare i criteri di accessibilità e fruizione degli spazi, le misure per il corretto inserimento paesaggistico e ambientale nel contesto urbano, le prescrizioni rispetto all'uso delle risorse irrigue, allo smaltimento dei rifiuti e al monitoraggio ambientale delle produzioni, valorizzando le pratiche esenti da ricorso ai pesticidi.

Art. 10.
(Destinazione dei proventi derivanti dal rilascio di titoli abilitativi edilizi).

      1. I comuni destinano i proventi derivanti dal rilascio dei titoli abilitativi edilizi, compreso il contributo addizionale di cui all'articolo 8, comma 5, nonché dall'applicazione

delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, all'attuazione sistematica degli interventi finalizzati al miglioramento delle caratteristiche prestazionali e di comfort ambientale per gli ambiti urbano-industriali non ancora interessati da processi di trasformazione, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, a interventi di recupero e riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, anche ai fini della messa in sicurezza delle aree esposte a rischio idrogeologico e sismico, all'acquisizione e alla realizzazione di aree verdi e a interventi di qualificazione dell'ambiente e del paesaggio.
      2. Il comma 8 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, è abrogato.
Art. 11.
(Ripristino delle regole ordinarie in materia urbanistica).

      1. Qualora la definizione e l'esecuzione di interventi complessi, programmi di intervento, opere pubbliche o di interesse pubblico che interessino gli spazi rurali o gli spazi urbano-industriali come definiti all'articolo 2, comma 1, lettera h), della presente legge, anche di iniziativa privata, richiedano l'azione integrata e coordinata di comuni, province, regioni, amministrazioni dello Stato e altri enti pubblici, si procede alla stipulazione di accordo di programma secondo le disposizioni dell'articolo 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      2. Fatti salvi casi particolari per i quali venga fornita formale e documentata motivazione, gli accordi di programma di cui al comma 1 devono contenere nel proprio articolato specifiche procedure di progettazione integrata territoriale, da adottare a partire dalla fase di definizione dell'intervento, ovvero tali da garantire informazione

e pubblicità dell'iniziativa assicurando il rispetto dei princìpi di trasparenza dell'azione amministrativa e di concorrenza tra tutti i soggetti operanti sul territorio di riferimento, favorendo e garantendo la libera partecipazione di tutti i potenziali interessati che ne facciano richiesta e i cui interventi programmati siano compatibili con le finalità e gli obiettivi del progetto.
      3. Nei casi di cui al comma 2, le eventuali variazioni degli strumenti di pianificazione urbanistica, ove necessarie per la definizione e attuazione degli interventi di cui al comma 1, sono adottate, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 6, attraverso i procedimenti ordinari di variante urbanistica previsti dalle leggi regionali.
      4. Gli strumenti di concertazione, negoziazione e semplificazione amministrativa, compresi gli accordi di programma di cui all'articolo 34 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, non possono derogare ai regolamenti e agli strumenti urbanistici adottati o approvati secondo la normativa vigente. La definizione e l'attuazione dei suddetti strumenti è comunque subordinata all'applicazione senza deroghe alle procedure di progettazione integrata territoriale di cui al comma 2.
      5. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti provvede ad emanare un regolamento concernente le procedure di progettazione integrata territoriale funzionali all'applicazione di quanto disposto nel presente articolo, nonché alla predisposizione degli strumenti di programmazione e pianificazione e uso razionale delle risorse finanziarie di cui all'articolo 4, comma 3.
Art. 12.
(Censimento degli immobili inutilizzati nel territorio comunale).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni eseguono il censimento, nonché le rilevazioni di cui alla legge 4 agosto 1978, n. 440, degli immobili di proprietà privata risultanti sfitti, non utilizzati o abbandonati esistenti nel proprio territorio, individuandone le caratteristiche e le dimensioni.
      2. Per ciascun immobile è acquisito il certificato catastale ed è indicata la destinazione d'uso, che sono iscritti con gli altri dati in un archivio elettronico degli immobili inutilizzati.

Art. 13.
(Censimento degli immobili di proprietà pubblica).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni, le province, le regioni, le amministrazioni dello Stato e gli altri enti pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, e le università agrarie, che siano a qualsiasi titolo proprietari di immobili, redigono l'elenco degli immobili di loro proprietà, compresi i terreni destinati ad uso civico ricadenti nella proprietà pubblica, distinguendoli secondo quanto stabilito all'articolo 5, comma 3, della presente legge, e i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, suddivisi in appositi elenchi sulla base dell'effettiva assegnazione a soggetti terzi.
      2. Per ciascun immobile è acquisito il certificato catastale ed è indicato l'uso al quale l'immobile è adibito, con specifica distinzione tra gli immobili utilizzati per fini istituzionali, gli immobili concessi in locazione o in uso e gli immobili inutilizzati.
      3. Per gli immobili concessi in locazione o in uso sono indicati il titolare del contratto di locazione o del titolo di concessione

e le condizioni economiche del contratto medesimo.
      4. L'elenco è trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze entro il termine stabilito dal comma 1.
Art. 14.
(Censimento degli immobili di proprietà privata utilizzati dalle amministrazioni pubbliche).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i comuni, le province, le regioni, le amministrazioni dello Stato e gli altri enti pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, nonché le università agrarie, redigono l'elenco degli immobili di proprietà privata da essi utilizzati sulla base di contratto di locazione passiva, nonché dei terreni interessati da uso civico non ancora alienati o affrancati, distinguendoli secondo quanto stabilito all'articolo 5, comma 3, della presente legge.
      2. Per ciascun immobile è acquisito il certificato catastale ed è indicato l'uso al quale l'immobile è adibito.
      3. Per ciascun immobile sono indicate le condizioni economiche del contratto di locazione.
      4. L'elenco è trasmesso al Ministero dell'economia e delle finanze entro il termine stabilito al comma 1.

Art. 15.
(Disposizioni concernenti l'utilizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e delle terre incolte di proprietà privata).

      1. Le informazioni raccolte in attuazione degli articoli 12, 13 e 14 sono rese pubbliche mediante l'inserimento in un archivio informatico consultabile attraverso il sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, della regione e del comune, ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32,

e del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
      2. Il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con le amministrazioni o gli enti interessati, redige per ogni amministrazione o ente titolare di contratti di locazione passiva di immobili un piano di razionalizzazione e ricollocazione delle sedi per lo svolgimento delle attività istituzionali mediante l'utilizzazione degli immobili di proprietà pubblica.
      3. Le regioni, in base alle risultanze del censimento e delle rilevazioni di cui all'articolo 12, provvedono a dare attuazione ai dispositivi di cui all'articolo 6 della presente legge.
Art. 16.
(Uso sociale e collettivo del patrimonio immobiliare pubblico).

      1. I comuni, le province, le regioni, le amministrazioni dello Stato e gli altri enti pubblici proprietari di immobili non utilizzabili a fini istituzionali redigono il piano di utilizzazione dei medesimi immobili prevedendone la destinazione sulla base delle loro caratteristiche ad usi produttivi o, nei casi di grave disagio abitativo, alla soddisfazione di fabbisogni residenziali, e procedono alla loro trasformazione in demanio civico ed all'attuazione di quanto disposto dall'articolo 7.
      2. Gli enti e le amministrazioni di cui al comma 1 rendono noti al pubblico, nelle forme più efficaci per assicurarne la conoscenza, la disponibilità degli immobili e il piano di utilizzazione predisposto.

Art. 17.
(Tutela e riqualificazione del territorio rurale).

      1. Le regioni, adottati gli adempimenti legislativi, regolativi e di classificazione dei territori rurali ai sensi dell'articolo 3, provvedono, entro i successivi dodici mesi,

alla predisposizione o all'aggiornamento dei propri strumenti di programmazione e pianificazione e uso razionale delle risorse finanziarie indicati all'articolo 4, al fine di dare attuazione agli obiettivi prioritari di tutela e valorizzazione del territorio rurale e no, elencati nel comma 2 dell'articolo 1.
      2. Le leggi regionali dispongono che le aree di proprietà pubblica trasformate in demanio civico ai sensi dell'articolo 16, comma 1, nonché gli ambiti di proprietà privata interessati da uso civico iscritti negli elenchi redatti ai sensi dell'articolo 14, comma 1, siano destinate a specifica sottozona agricola con vincolo di inalienabilità, inusucapibilità e di inedificabilità dei manufatti non strettamente funzionali all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali come definite all'articolo 2, comma 1, lettera b).
      3. Le leggi regionali stabiliscono che gli interventi ammessi dagli strumenti di programmazione e di pianificazione di cui al comma 1 siano assentiti previa sottoscrizione di apposite convenzioni, nelle quali sono previsti la costituzione di un vincolo di inedificabilità, da trascrivere nei registri della proprietà immobiliare, fino a concorrenza della superficie fondiaria per la quale è assentita la trasformazione e l'impegno a non frazionare né alienare separatamente la parte del fondo corrispondente all'estensione richiesta per l'intervento assentito, nonché l'impegno a non operare mutamenti dell'uso degli edifici, o di parti di essi, con utilizzazioni non strettamente funzionali all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali come definite all'articolo 2, comma 1, lettera b).
      4. Le leggi regionali disciplinano altresì le trasformazioni ammissibili dei manufatti edilizi esistenti, aventi utilizzazioni in atto non strettamente funzionali all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, limitandole agli interventi di manutenzione, di restauro e risanamento conservativo ovvero di ristrutturazione edilizia, con esclusione di qualsiasi fattispecie di demolizione e ricostruzione.
      5. Le leggi regionali e gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale possono disporre ulteriori limitazioni all'uso del patrimonio edilizio esistente, in relazione a condizioni di fragilità del territorio, ovvero per finalità di tutela del paesaggio, dell'ambiente, dell'ecosistema, dei beni culturali e di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico o paesaggistico.
      6. Gli strumenti regionali di pianificazione urbanistica e territoriale dovranno regolamentare, nell'ambito degli adempimenti di cui all'articolo 3, commi 2 e 3, limiti e criteri di realizzazione negli spazi rurali di impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra e delle opere connesse.
Art. 18.
(Imposta municipale).

      1. I terreni destinati ad uso agricolo e i manufatti che svolgono funzioni strumentali delle aziende agricole sono esenti dal pagamento dell'imposta municipale.
      2. Sono soggetti al pagamento dell'imposta municipale i terreni improduttivi e gli immobili ad uso agricolo a tale scopo inutilizzati.
      3. I fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita sono assoggettati all'aliquota ordinaria dalla data di ultimazione degli stessi.

Art. 19.
(Disposizioni sanzionatorie e finanziarie).

      1. Il Ministro dell'economia e delle finanze sospende l'erogazione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale di cui al comma 380 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, nei confronti dei comuni inadempienti rispetto alle disposizioni degli articoli 3, comma 1, 12, comma 1, 13, comma 1, e 14 comma 1, della presente legge.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze sospende l'erogazione delle risorse di cui al decreto legislativo 18 febbraio

2000. n. 56, nei confronti delle regioni inadempienti rispetto alle disposizioni degli articoli 3, comma 2, 8, comma 4, secondo periodo, 13, comma 1, e 14, comma 1, della presente legge.
      3. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti nella presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 20.
(Disposizioni transitorie e finali).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino alla data di entrata in vigore del regolamento concernente le procedure di progettazione integrata territoriale di cui all'articolo 11, comma 5, nonché degli strumenti regionali di programmazione e pianificazione e uso razionale delle risorse finanziarie di cui all'articolo 4, comma 3, resta possibile la realizzazione dei soli interventi previsti dagli strumenti urbanistici ordinari, approvati e vigenti, ancorché provvisti di titolo abilitativo edilizio non decaduto né annullato alla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, secondo le disposizioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.