• Testo RISOLUZIONE IN COMMISSIONE

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Atto a cui si riferisce:
C.7/01209    premesso che:     con la sentenza n. 238 del 2009, pubblicata il 27 luglio 2009, la Corte costituzionale ha riconosciuto la natura tributaria della tariffa di igiene...



Atto Camera

Risoluzione in commissione 7-01209presentato daALBERTI Ferdinandotesto diVenerdì 3 marzo 2017, seduta n. 752

   La VI Commissione,
   premesso che:
    con la sentenza n. 238 del 2009, pubblicata il 27 luglio 2009, la Corte costituzionale ha riconosciuto la natura tributaria della tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 del decreto legislativo del 5 febbraio 1997, n. 22 (cosiddetto TIA 1). Secondo la Corte, sussistono tutti i requisiti necessari per configurare il prelievo come tributo: l'obbligatorietà del pagamento, dovuto per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del territorio comunale, da «chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale»; la struttura autoritativa e non sinallagmatica, «che emerge sotto svariati e concorrenti profili: a) i servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti devono essere obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono, in regime, appunto, di privativa, sulla base di una disciplina regolamentare da essi stessi unilateralmente fissata; b) i soggetti tenuti al pagamento dei relativi prelievi (salve tassative ipotesi di esclusione o di agevolazione) non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi; c) la legge non da alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio»; mentre i criteri di commisurazione del prelievo sono analoghi a quelli previsti per la tariffa sui rifiuti, la cui natura tributaria non è mai stata posta in dubbio né dalla dottrina né dalla giurisprudenza;
    la sentenza della Corte ha trovato successiva conferma nelle pronunce della giurisprudenza di legittimità. Da ultimo, nella recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, n. 5078 del 2016, depositata il 15 marzo 2016, che ha ulteriormente confermato che la TIA 1 non debba essere assoggettata all'IVA. Anche le Sezioni Unite hanno riconosciuto la presenza di «elementi autoritativi» tra cui l'assenza di volontarietà nel rapporto, la predeterminazione dei costi da parte del soggetto pubblico e l'assenza della corrispettività tra le prestazioni;
    i principi affermati dalla Consulta e dalla giurisprudenza di legittimità in materia di TIA 1 possono essere estesi anche alla tariffa integrata ambientale di cui all'articolo 238 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (cosiddetta TIA 2), successivamente qualificata come entrata di natura patrimoniale con norma di interpretazione autentica (articolo 14, comma 33, del decreto-legge n. 78 del 2010). Con la circolare 3/DF/2010 dell'11 novembre 2010, infatti, il dipartimento delle Politiche fiscali ha evidenziato che la TIA 2 si applica sulla base degli stessi criteri stabiliti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999 su cui si fonda la TIA1: «La circostanza che la TIA2 – si legge nella circolare – possa in definitiva essere regolata dalle disposizioni inerenti la TIA1, conduce a concludere che i prelievi presentano analoghe caratteristiche ... discende, quindi, che i comuni che applicano attualmente la TIA1 in concreto adottano già il regime TIA2, grazie all'anello di congiunzione operato dal legislatore con il comma 2-quater, dell'articolo 5 e, pertanto, non appare necessaria alcuna innovazione regolamentare, a meno che i comuni non ritengano opportuno esplicitare maniera formale, attraverso riferimenti normativi, l'adozione della TIA2»;
    da tali considerazioni discende che TIA 1 e TIA 2 debbono considerarsi entrambe entrate di natura tributaria alla luce della qualificazione data in tal senso dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, a nulla rilevando il nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi e la natura patrimoniale attribuita per legge (vedere ex plurimis: Corte costituzionale, sentenze n. 238 del 2009; n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64 del 2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005);
    molti cittadini si sono attivati inoltrando richieste di rimborso, sostenuti anche dalle associazioni dei consumatori;
    tuttavia, ancora oggi la gran parte dei concessionari incaricati della riscossione non si sono adeguati agli orientamenti giurisprudenziali. Allarmante è la risposta ricevuta in data 18 luglio 2016 dal servizio clienti della società ETA Spa (la multiutility che si occupa della gestione del servizio idrico integrato e la gestione dei rifiuti nei territori tra Altopiano di Asiago fino ai Colli Euganei, comprendendo l'area del Bassanese, l'Alta Padovana e la cintura urbana di Padova): facendo seguito ad una richiesta di restituzione dell'IVA da parte di un cittadino, il concessionario ha risposto che in attesa di un intervento chiarificatore del legislatore o dell'emanazione di linee guida da parte degli apparati statali competenti, «ha presentato all'Agenzia delle entrate, in via prudenziale, istanza di rimborso dell'IVA versata negli anni pregressi 2006-2015. Pertanto non appena ETRA Spa avrà comunicazione da parte dell'Agenzia delle entrate provvederà ad informare tempestivamente tutti i suoi clienti». Si protrae quindi lo stato di incertezza applicativa per cui le società di gestione dei servizi continuano ad applicare l'IVA sulla tariffa ambientale e contemporaneamente presentano istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate;
    sul fronte ministeriale, le circolari del Ministero dell'economia e delle finanze (n. 111 del 1999, n. 3/DF/2010) e le risoluzioni dell'Agenzia delle entrate (nn. 25/2003 e 250/2008) propendono per l'applicazione dell'IVA alla Tia, in totale contrasto con l'orientamento giurisprudenziale;
    tuttavia, in risposta all'interrogazione 5-09697, svolta presso la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, il Ministero dell'economia e delle finanze ha evidenziato che la questione è all'attenzione delle competenti strutture dell'amministrazione finanziaria che hanno avviato gli approfondimenti istruttori volti ad individuare una soluzione idonea a contemperare le istanze dei cittadini utenti del servizio con le esigenze connesse al rispetto dei saldi di finanza pubblica;
    è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/4127-bis-A/46 con il quale si chiedeva al Governo di impegnarsi ad individuare una soluzione alla questione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative al fine di definire la controversa applicazione dell'IVA alla tariffa di igiene ambientale di cui all'articolo 49 comma 3, del decreto legislativo n. 22 del 1997 (TIA 1) e alla tariffa integrata ambientale di cui all'articolo 238 del decreto legislativo del 3 aprile 2006 n. 152 (TIA 2) dichiarando la natura tributaria delle tariffe ed escludendo pertanto l'applicazione dell'IVA, in armonia con i princìpi sanciti dalla Corte costituzionale con la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 5078 del 2016, depositata il 15 marzo 2016;
   a prevedere, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, misure volte a garantire il rimborso di eventuali somme illegittimamente versate dai cittadini in conseguenza dell'applicazione dell'IVA sulla TIA 1 e TIA 2 da parte dei comuni e dei concessionari del servizio di riscossione.
(7-01209) «Alberti, Brugnerotto, Pesco, Sibilia, Ruocco, Villarosa, Fico, Pisano».