• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/07107 DI BIAGIO, MICHELONI, SCALIA, DI GIACOMO, ZIN, BERGER - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale - Premesso che: gli...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-07107 presentata da ALDO DI BIAGIO
giovedì 2 marzo 2017, seduta n.775

DI BIAGIO, MICHELONI, SCALIA, DI GIACOMO, ZIN, BERGER - Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale - Premesso che:

gli esiti del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, notoriamente etichettato per sintesi comunicativa "Brexit" dello scorso 23 giugno 2016 orientati a favore dell'uscita dalla UE con il 51,9 per cento dei voti e le dinamiche di strutturazione dell'uscita dalla UE attuate dalla Gran Bretagna in questi mesi lasciano configurare uno scenario complesso e attualmente privo di riferimenti chiari ed indicazioni specifiche da parte dell'amministrazione britannica, sotto il profilo del proseguimento della permanenza e dell'operatività di cittadini dei Paesi terzi sul territorio UK;

da notizie trapelate dai media inglesi emerge che la procedura di attuazione del portato dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona dovrebbe avere inizio a decorrere dalla metà di marzo, esattamente il 15 marzo, pertanto questa data dovrebbe indicare l'avvio ufficiale del meccanismo di recesso volontario e unilaterale del Paese dall'Unione europea con l'avvio del negoziato;

nel contempo, appare opportuno segnalare che il "Libro bianco" presentato in Parlamento che delinea le modalità di attuazione del recesso, evidenzia una sorta di "hard Brexit", come è stata ribattezzata dai media, che all'uscita dal mercato unico e alla riappropriazione delle frontiere accosterebbe anche la garanzia dei diritti acquisiti dai circa 3 milioni cittadini comunitari già residenti nel Paese di cui circa 600.000 italiani, ribadendo la definizione di un "processo per gradi di attuazione" nell'interesse reciproco;

appare opportuno evidenziare che in data 1° marzo 2017 la Camera alta, con 358 voti a favore e 256 contrari, ha approvato un emendamento nell'ambito dell'iter della legge recante le procedure di attivazione dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che dispone la garanzia dei diritti dei 3,3 milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito per i quali potrebbero sorgere delle criticità a seguito dell'attuazione della Brexit. Tale orientamento conferma con maggiore enfasi l'approccio garantista del Parlamento britannico e sotto il profilo procedurale rallenta la procedura di attivazione dell'articolo 50 mettendo in discussione l'avvio del negoziato alla data evidenziata dal premier May;

malgrado siffatte premesse garantiste, appare evidente che l'attuazione delle dinamiche di recesso e il conseguente venir meno della sovrastruttura legislativa comunitaria creerebbe notevoli difficoltà ai cittadini non britannici sebbene residenti sul territorio da notevole tempo, i quali non sono al momento correttamente informati circa il loro diritto di stabilimento e sono privi di quei riferimenti istituzionali ed amministrativi tali da tutelarne il diritto acquisito alla permanenza che però, stando al nuovo scenario, deve essere opportunamente dimostrato e nei cui confronti, malgrado le richiamate dichiarazioni di tutela, continuano a sussistere approcci confusi e sotto certi aspetti discriminatori da parte dell'amministrazione;

una delle difficoltà maggiori va rintracciata nella mancata possibilità di avanzare prove della permanenza duratura sul territorio britannico in assenza del certificato di residenza permanente e di eventuali elementi che ne potrebbero dimostrare la validità, quali i supporti documentali rilasciati dall'AIRE, nel caso di cittadini italiani, a cui è iscritto al momento poco più di un terzo della totalità dei cittadini italiani in UK;

qualora un cittadino italiano decidesse di richiedere la cittadinanza dovrebbe detenere il certificato di residenza permanente da almeno un anno, in ragione della nuova normativa, e se per qualcuno la regolarizzazione del proprio stato risulta una procedura relativamente semplice, per quei cittadini italiani che vivono sul territorio UK e risultano inoccupati per molteplici ragioni, in particolare, meritevole di attenzione dato il numero cospicuo di casi, la fattispecie di cittadini italiani inoccupati coniugati con cittadini britannici, la normativa vigente impone l'obbligo di dimostrare la possibilità di essere autosufficienti, con tutte le conseguenze in termini di individuazione di elementi comprovanti;

risulta agli interroganti che uno dei requisiti dimostranti l'autosufficienza economica è quello di aver maturato almeno 5 anni di convenzione con l'assicurazione privata (CSI) anche se, su questo punto, non sembrano essere state fornite dall'amministrazione adeguate informazioni circa i criteri secondo cui la fattispecie è tenuta ad operare per rientrare nella nuova disciplina,

la molteplicità delle fattispecie familiari italiane attualmente sussistenti sul territorio britannico impone adeguate formule di salvaguardia, dato il rischio di paradossali trattamenti discriminatori intrafamiliari, tali ad esempio da condurre alla forzata fuoriuscita dal Regno Unito di coloro che seppur residenti non sono cittadini britannici nel caso di genitori di cittadinanza italiana e figli nati sul territorio britannico e dunque detentori di cittadinanza;

appare ulteriormente opportuno che siano tutelati coloro che svolgono un periodo di ricerca e di studio in UK, attraverso il riconoscimento dei medesimi diritti e riconoscimenti a loro garantiti in precedenza, soprattutto se presenti sul territorio da prima del referendum, anche al fine di esorcizzare l'ipotesi di un'applicazione retroattiva di quanto auspicato con la Brexit;

pertanto, per i cittadini italiani e degli altri Paesi dell'Unione europea la regolarizzazione della posizione dovrebbe avvenire attraverso il rilascio del certificato di residente permanente che produrrà effetti anche dopo la Brexit configurandosi come "diritto acquisito" solo se legittimamente dimostrato;

risulta quindi evidente che incombe sui cittadini, italiani e non, residenti sul territorio britannico una sorta di opacità operativa in assenza di norme e prospettive chiare, e appare presumibile che il biennio necessario per le dinamiche di recesso dalla UE si configuri come un vero e proprio limbo per i cittadini non britannici privi di riferimenti e certezze normative decadute in maniera rapida ed inaspettata all'indomani degli esiti del referendum, a cui si aggiunge la morsa della burocrazia seguita dall'Home office britannico nel rilascio di certificazioni e documentazioni che rendono poi di fatto complesso per i cittadini italiani, e non solo, il semplice espletamento delle pratiche quotidiane;

risulta agli interroganti che, anche in assenza di specifiche direttive, si stia perpetuando un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei cittadini non britannici anche sul fronte dell'accesso ai servizi sanitari del sistema pubblico (NHS), con limitate informazioni ed impedimenti alla fruizione che stanno minando di fatto la serenità e la quotidianità di migliaia di connazionali;

un ulteriore elemento di criticità va ricercato nel fatto che risulta essere stata interdetta ai cittadini italiani, dal mese di dicembre, la possibilità di spostare sui fondi pensione italiani le pensioni private, probabilmente per esorcizzare l'ipotesi, complessa per il Regno Unito, di uno spostamento massivo di risorse finanziarie al di fuori dei propri confini, configurandosi però in questo modo una notevole violazione della normativa europea in materia, che Londra è comunque tenuta a rispettare fino al completo espletamento della procedura di recesso;

in occasione dell'incontro del 9 febbraio 2017, con il Primo ministro Theresa May, il Presidente del Consiglio dei ministri Gentiloni ha rassicurato gli italiani che vivono e lavorano in Gran Bretagna, evidenziando che "I loro diritti saranno rispettati e saranno trattati bene" ed ha auspicato un negoziato amichevole e costruttivo tra UE e Regno Unito, "coltivando l'unità dei 27 Paesi", evidenziando in tal modo la possibilità e la disponibilità dell'Italia nella promozione di un confronto costruttivo che miri, tra l'altro, ad una mutua tutela degli interessi dei cittadini italiani in UK e quelli britannici in UE;

al di là delle dichiarazioni politiche che si orientano nel condiviso auspicio della tutela dei diritti acquisiti, al momento non esistono orientamenti normativi ed amministrativi che protendono verso questo trend, che nei fatti risulta completamente annullato da un approccio discriminatorio e caotico da parte dell'amministrazione britannica;

appare paradossale, ad avviso degli interroganti, che al momento nel Regno Unito si attui un'operazione di natura retroattiva di quanto invece dovrebbe essere messo in pratica e reso legittimo ad avvenuto recesso ex articolo 50 del Trattato di Lisbona,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Governo intenda intraprendere, al fine di garantire nelle opportune sedi la tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani già residenti ed operativi in territorio britannico;

se si intenda intervenire, nelle opportune e legittime modalità ed in sede di negoziato tra Londra e Bruxelles, affinché si impegni Londra a garantire, con specifici strumenti, direttive e disposizioni, la tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani al fine di esorcizzare derive burocratiche e formule discriminatorie di cui già si registrano molteplici casi;

se intenda predisporre, con apposite modalità normative, strumenti atti ad offrire, attraverso il coinvolgimento attivo delle rappresentanze in loco, informazioni e supporto ai cittadini italiani residenti, al fine di fungere da riferimento nell'accoglimento e nella comprensione della disciplina loro applicata nell'attuale fase transitoria, nella quale si svilupperà il negoziato e che condurrà all'uscita di Londra dalla UE.

(4-07107)