• Testo DDL 2628

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Atto a cui si riferisce:
S.2628 Modifiche alla Legge 25 maggio 1970, n. 352, in tema di norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2628
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori DE PETRIS, PETRAGLIA, BAROZZINO, BOCCHINO, CAMPANELLA, CERVELLINI, DE CRISTOFARO, MINEO, MASTRANGELI, URAS, BIGNAMI, DE PIETRO, MUSSINI, SIMEONI e VACCIANO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 16 DICEMBRE 2016

Modifica all’articolo 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352,
in materia di fissazione della data dei referendum

Onorevoli Senatori. -- Per legge, i referendum abrogativi non possono essere espletati nello stesso anno in cui ci sono le votazioni per il rinnovo del Parlamento. La loro indizione, a opera del capo dello Stato e in una data la cui scelta spetta al Consiglio dei ministri, si presta dunque a essere dilazionata nel caso sopraggiunga lo scioglimento delle Camere.

Nel 1971 fu proposto un referendum, da effettuare nell'anno seguente, sulla disposizione che aveva istituito per la prima volta il divorzio in Italia. Al fine di rimandarne il compimento, nel 1972 alcuni partiti ottennero appunto dall'allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone le prime elezioni politiche anticipate del dopoguerra. Ma la scelta della data di queste ultime da parte del Governo ebbe come effetto quello di produrre un'ulteriore proroga.

Un'altra previsione della normativa che inquadra l'attuazione dei referendum abrogativi infatti è che essi abbiano luogo in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno. Considerato che, sempre per la stessa normativa, la campagna referendaria deve svilupparsi obbligatoriamente per un minimo di 45 giorni, l'aver fissato a suo tempo la tornata elettorale per il 7 maggio 1972 comportò il fatto che non ci sarebbero poi stati i tempi tecnici necessari per tenere il referendum neanche nel 1973, facendolo cosi slittare definitivamente all'anno successivo. Il medesimo effetto non si è potuto invece avere nel 2008 nei riguardi della consultazione sui tre quesiti Guzzetta-Segni visto che le elezioni anticipate in tal caso si sono avute l'11 e 12 aprile di quell'anno lasciando cosi aperta una piccola «finestra» di due settimane (comprendente le tre domeniche del 31 maggio e del 7 e 14 giugno) per la sua effettuazione durante il 2009.

La previsione, contemplata dalle norme vigenti, del rinvio di un anno della data fissata di un referendum abrogativo, per il quale si mobilitano normalmente ben più di cinquecentomila elettori, sembra oggi un dato che stride fortemente con la voglia di partecipazione democratica del popolo italiano evidenziata nella recente tornata elettorale referendaria sulla riforma costituzionale, il cui esito è inequivocabilmente contrassegnato dall'affermazione di una potente volontà di partecipazione e di espressione della propria sovranità.

Nessuno può negare che vi è in questo frangente la quasi certa possibilità di una tale eventualità e cioè che vi possa essere una coincidenza di date tra lo svolgimento del referendum abrogativo della legge sul cosiddetto Jobs act ed elezioni politiche anticipate. Risulta nello stesso tempo abbastanza evidente la volontà dell'attuale maggioranza governativa a procrastinare il più possibile la data di indizione di un referendum sul lavoro e sulla difesa di diritti conquistati negli anni e cancellati da una controriforma voluta dal mondo dell'impresa e della finanza che colpisce la stragrande maggioranza degli italiani attanagliati da una crisi economica e sociale che sembra non aver mai fine e che la priva dei propri diritti e del futuro delle giovani generazioni e di quelle a venire. Stiamo parlando di quella maggioranza di elettori, cioè, che si è espressa massicciamente ed inequivocabilmente e di recente contro le sciagurate politiche di governo di cui il Jobs act rappresenta ancora, di risulta, una sorta di fiore all'occhiello.

Le questioni del lavoro, richiamato, come sappiamo d'altra parte, dall'articolo 1 della nostra Costituzione, sono sempre più centrali oggi e rappresentano elemento determinante per qualsiasi proposta di programma politico nazionale e quindi funzionale, si potrebbe dire, ad una competizione elettorale nazionale in cui si confrontano varie opzioni politiche e programmatiche del futuro governo.

Utilizzare quindi oggi, in funzione politica, la possibilità di rinviare il referendum, fissando la data delle elezioni politiche nel periodo tra il 15 aprile e il 15 giugno, se da un lato allontana il pericolo reale di ritrovarsi di fronte ad un'ulteriore amarissima sconfitta, dall'altro priverebbe i cittadini elettori del diritto di esprimersi in modo diretto sulle politiche del Governo specie su quelle che tanto incidono sulla loro vita e, in special modo, su quella delle giovani generazioni.

Proprio per scongiurare un uso politicamente distorto della facoltà di fissazione della data referendaria e delle eventuali elezioni politiche anticipate, con il presente disegno di legge vengono proposte alcune modifiche che, come già in occasione dei referendum abrogativi del 1987, in quell'occasione in maniera solo derogatoria, diano la possibilità di un accorpamento delle due scadenze elettorali.

Ad adiuvandum è anche possibile utilizzare un argomento che è sembrato molto caro ai rappresentanti della maggioranza governativa nella recente campagna referendaria sulle riforme costituzionali e cioè quello del risparmio dei costi. Ben inteso risparmiare sui costi della democrazia non costituisce un argomento molto forte, perché i princìpi democratici e le forme della loro concreta applicazione devono essere perseguiti a qualunque costo, ma poiché l'argomento è molto caro alla maggioranza che ci governa potremmo dire che l'accorpamento proposto porterebbe mediamente ad un risparmio di circa 300 milioni di euro e, come certificato da una nota della Ragioneria generale dello Stato, circa sei volte i risparmi previsti dalla sciagurata riforma costituzionale respinta a gran voce dal popolo italiano.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. Il secondo comma dell'articolo 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352, è sostituito dal seguente:

«Nel caso di anticipato scioglimento delle Camere o di una di esse, qualora l'indizione dei comizi elettorali delle nuove Camere o di una di esse sia compresa nell'intervallo di tempo compreso tra il 15 aprile e il 15 giugno, il referendum già indetto si intende automaticamente fissato nella stessa data di convocazione degli elettori per le elezioni politiche».

2. Il terzo comma dell’articolo 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352, è abrogato.