• Testo INTERPELLANZA

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Atto a cui si riferisce:
S.2/00452 GINETTI, Gianluca ROSSI, LANZILLOTTA, SPILABOTTE, CANTINI, GIACOBBE, VALENTINI, MORGONI, CALEO, IDEM, CARDINALI - Al Ministro della salute - Premesso che: l'art. 1 della legge 22 maggio...



Atto Senato

Interpellanza 2-00452 presentata da NADIA GINETTI
martedì 7 marzo 2017, seduta n.777

GINETTI, Gianluca ROSSI, LANZILLOTTA, SPILABOTTE, CANTINI, GIACOBBE, VALENTINI, MORGONI, CALEO, IDEM, CARDINALI - Al Ministro della salute - Premesso che:

l'art. 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, recante "Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza", afferma che: "Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio; l'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non e? mezzo per il controllo delle nascite; lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite";

l'art. 2, tra l'altro, stabilisce che: "I consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, fermo restando quanto stabilito dalla stessa legge, assistono la donna in stato di gravidanza: a) informandola sui diritti a lei spettanti in base alla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; b) informandola sulle modalità idonee a ottenere il rispetto delle norme della legislazione sul lavoro a tutela della gestante; c) attuando direttamente o proponendo allo ente locale competente o alle strutture sociali operanti nel territorio speciali interventi, quando la gravidanza o la maternità creino problemi per risolvere i quali risultino inadeguati i normali interventi di cui alla lettera a); d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza";

all'art. 9 si statuisce, inoltre, che: "Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non e? tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni; l'obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale; l'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento; gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenute in ogni caso ad assicurare lo espletamento delle procedure previste dall'articolo 7 e l'effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8; la Regione ne controlla e garantisce l'attuazione anche attraverso la mobilità del personale";

considerato che, a quanto risulta agli interpellanti:

negli scorsi giorni, a Foligno (Perugia), una città con quasi 60.000 abitanti, l'ospedale ha sospeso il servizio di IVG (interruzione volontaria di gravidanza) perché l'unico medico non obiettore della Usl Umbria 2 si è trasferito e, nonostante tale evento fosse noto a tutti da tempo, non sono stati presi i necessari provvedimenti per la sua sostituzione; quello che si è verificato nella cittadina umbra è ciò che si verifica quotidianamente in tutto il Paese;

i dati oggi a disposizione, riferiti al 2013, sul numero di medici obiettori di coscienza tratti dalla relazione annuale al Parlamento del Ministero della salute sulla legge n. 194 testimoniano, in concreto, il disagio che le donne sono costrette a sopportare; in alcune regioni, le percentuali di medici obiettori sono altissime; la quasi totalità dei medici in Molise (93,3 per cento), il 90,2 per cento in Basilicata, lo 87,6 per cento in Sicilia, l'86 per cento in Puglia, l'81,8 per cento in Campania, oltre l'80,7 per cento in Abruzzo e nel Lazio, del 69,4 per cento in Lombardia e di oltre il 65 per cento in Umbria;

secondo una relazione del Ministero del 2015, in Italia ben 7 ginecologi su 10 si rifiutano di effettuare interventi di aborto volontario per motivi etici ed ogni anno più di 20.000 donne sono costrette a lunghi e faticosi spostamenti per interrompere la gravidanza, in quanto su 94 ospedali con un reparto di ostetricia e ginecologia, solo 62 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza, cioè solo il 65,5 per cento del totale;

la possibilità che medici ed operatori sanitari scelgano l'obiezione di coscienza non è messa in discussione nell'attuale ordinamento, né, diversamente da quanto avveniva per l'obiezione di coscienza rispetto alla leva militare, è richiesta la concreta dimostrazione delle ragioni che spingono a tale scelta; tuttavia è da considerare che, mentre la scelta rispetto al servizio di leva non aveva alcun costo per la collettività, l'obiezione di coscienza dei sanitari rispetto all'interruzione di gravidanza comporta ingenti spese per il reclutamento di personale che possa compiere quell'assistenza medica negata dagli obiettori alle donne;

negli scorsi giorni è stato bandito per l'ospedale "San Camillo" di Roma un concorso per assumere 2 medici con la specifica indicazione delle funzioni da svolgere per le prestazioni assistenziali legate all'erogazione del servizio, tra cui l'IVG; tale iniziativa ha creato forti contrasti tra l'ordine dei medici di Roma, la Regione Lazio e l'azienda sanitaria competente, per un'asserita disparità di trattamento tra medici obiettori e non;

considerato, al contrario, che l'azienda sanitaria laziale ha preso questa iniziativa per ricercare il personale idoneo a garantire le prestazioni in cui ha rilevato un'assoluta carenza e dare attuazione al disposto della legge 22 maggio 1978, n. 194, garantendo alle donne i diritti riconosciuti dalla legge;

valutato il pronunciamento del Consiglio d'Europa del 10 marzo 2014, con il quale è stato sanzionato il nostro Paese con la motivazione che: "In Italia ci sono troppi obiettori di coscienza e il loro elevato numero negli ospedali non garantisce l'esercizio effettivo del diritto delle donne a interrompere la loro gravidanza"; secondo il Comitato europeo dei Diritti sociali in seno al Consiglio Europeo, "la protezione dell'obiezione di coscienza non deve limitare né aggravare l'esercizio dei diritti riconosciuti dalla legge" ed ancora "troppi obiettori nelle corsie del S.S.N., fino anche al 70% limitano l'accesso all'interruzione legale della gravidanza e violano la Carta Sociale Europea";

ritenuto che l'interruzione della gravidanza è un evento in ogni caso doloroso, il cui abuso è dissuaso fermamente dalla legge, come si è avuto modo di ricordare in precedenza, ma allo stesso tempo è doveroso considerare che la legge n. 194 è una legge dello Stato italiano e che la sua mancata applicazione viola in modo incontrovertibile i diritti propri di cui ogni essere umano è titolare, con conseguenze, oltre che politiche, anche etiche: il diritto alla salute, il diritto alle cure, la stessa laicità dello Stato,

si chiede di sapere quali provvedimenti il Ministro in indirizzo intenda assumere al fine di garantire il monitoraggio costante della situazione rispetto ai servizi sanitari, come l'IVG, nonché del numero degli obiettori di coscienza, a livello nazionale, negli ospedali, case di cura e centri autorizzati e in ogni struttura pubblica o accreditata al Servizio sanitario nazionale, al fine di garantire almeno il livello di servizio minimo essenziale connesso agli interventi di interruzione volontaria di gravidanza in ogni Regione italiana, affinché ogni donna, ma anche ogni altro essere umano, possa ricevere le cure di cui ha bisogno, senza discriminazioni, a prescindere dal credo, etico o religioso e dal medico che incontra.

(2-00452)