• C. 4313 EPUB Proposta di legge presentata il 21 febbraio 2017

link alla fonte  |  scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.4313 Modifica all'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, in materia di pianificazione delle aree per lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di deposito sotterraneo di gas naturale


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4313


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SEGONI, PELLEGRINO, AIRAUDO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, ANDREA MAESTRI, MARCON, MATARRELLI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO, PLACIDO, TURCO
Modifica all'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, in materia di pianificazione delle aree per lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di deposito sotterraneo di gas naturale
Presentata il 21 febbraio 2017


      

torna su
Onorevoli colleghi! – Il responso delle urne del 4 dicembre 2016 è stato netto. Il tempo fin qui trascorso e i fatti intervenuti all'indomani della consultazione referendaria sono tali da indurci a passare da una prima fase di doverosa riflessione a una di un'azione responsabile e conseguente. In primis, dell'insediamento di un nuovo esecutivo nel cui programma non si colgono elementi di discontinuità rispetto a quello precedente anche con riferimento alle politiche energetiche malgrado, sul piano della governance dell'energia, gli elettori abbiano chiaramente bocciato la proposta di riforma costituzionale, lasciando in capo alle regioni la potestà legislativa concorrente, in questa come in altre importanti materie.
      In secondo luogo, si tratta del procedere senza requie, da parte delle compagnie dell’Oil&Gas, di azioni finalizzate all'ottenimento di titoli per la ricerca, l'estrazione in mare e su terraferma, il trasporto e lo stoccaggio di gas e di petrolio. Le cronache delle ultime settimane danno ulteriore conferma del fatto che nessuna delle aree del Paese tra quelle indicate nella Strategia energetica nazionale 2013 è risparmiata da questa irrefrenabile corsa alle fonti fossili: dal Canale di Sicilia fino alla Val Padana, transitando per la dorsale appenninica, zone terremotate incluse. Non vi è palmo del territorio della Repubblica che si possa ritenere al riparo dall'insediamento di nuove trivelle o di nuove grandi opere inutili, dispendiose e impattanti. Con il voto del 4 dicembre 2016, tuttavia, è stato messo un punto fermo: quasi 19 milioni e mezzo di italiane e di italiani si sono espressi chiaramente contro l'estromissione delle comunità locali e delle regioni dalle decisioni che riguardano i progetti «petroliferi» e le infrastrutture energetiche.
      Il Governo, le forze politiche rappresentate in Parlamento e le regioni, destinatarie e beneficiare dirette di questa rinnovata fiducia, hanno il dovere di tenerne conto e di conformare la loro azione legislativa all'esito referendario, che impone alle regioni di recitare un ruolo di primo piano nelle scelte di politica energetica del Paese. Uno degli strumenti di primaria importanza, in questo senso, è il cosiddetto piano delle aree, inopinatamente abrogato dalla legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016). È bene rammentare che il piano delle aree era stato introdotto dalla legge di conversione del decreto-legge cosiddetto Sblocca Italia (decreto-legge n. 133 del 2014 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014) su richiesta dell'Associazione nazionale dei comuni italiani e delle regioni. Nelle intenzioni dei proponenti e del legislatore, il piano delle aree avrebbe dovuto rappresentare un indispensabile strumento di ricerca di un ragionevole punto di equilibrio e di ricomposizione di interessi territoriali ed economici in cui, oltre a garantire la salvaguardia di legittime prerogative costituzionali, avrebbero dovuto essere messe in gioco le migliori capacità di definizione di criteri scientifici e di procedure metodologiche con valore erga omnes, garantendo al contempo i necessari processi di coinvolgimento e di partecipazione democratica, come sanciti dalla Convenzione di Aahrus del 1998 sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, resa esecutiva dalla legge n. 108 del 2001. Lo strumento fu poi eliminato, come detto, in sede di approvazione della legge di stabilità 2016, malgrado l'opposizione delle regioni promotrici del referendum «No Triv», che avrebbero invece voluto mantenerlo e rafforzarlo, estendendone la sfera di applicazione anche alle aree marine poste entro 12 miglia dalle linee di costa. La questione fu al centro di uno dei sei quesiti referendari su cui non fu possibile votare a causa della soppressione del piano e fu anche oggetto di un acceso dibattito alla Camera dei deputati e di uno specifico emendamento alla legge di stabilità 2016 che, posto ai voti, non fu accolto tuttavia dall'Assemblea. La presente proposta di legge torna a porre la questione condividendo la posizione a suo tempo espressa dalle regioni referendarie che volevano fortemente il piano e che tentarono di preservarlo. Quanto esposto assume ancora più rilevanza dopo il referendum sulla revisione costituzionale: la reintroduzione del piano delle aree e, quindi, la necessità di far partecipare attivamente le regioni alla redazione dello strumento non sono solo un atto politicamente necessario ma anche un atto costituzionalmente dovuto in quanto la materia del «governo del territorio» è rimasta di competenza concorrente, unitamente a quella energetica. Nel merito della questione energetica, inoltre, alla luce dell'urgente necessità di una radicale revisione della politica energetica nazionale ed europea in applicazione degli accordi della Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici del 2015, non è accettabile che gli obiettivi della Strategia energetica nazionale 2013 restino invariati. Occorre avviare da subito in tal senso la revisione della normativa riguardante l'acquisizione dei titoli minerari, la ricerca, l'estrazione a fini produttivi, lo stoccaggio e il trasporto di gas e di petrolio. Non è ulteriormente rinviabile il fatto che il Paese si doti di uno strumento di pianificazione in grado di identificare quali aree del territorio e del mare debbano essere definitivamente e stabilmente sottratte alla disponibilità delle compagnie petrolifere. Nella prospettiva di un rinnovato e autentico regionalismo, le assemblee elettive regionali ben potrebbero e dovrebbero, dunque, farsi motore, mediante un'apposita proposta legislativa da approvare all'unanimità, di un'innovazione normativa finalizzata al ripristino e al potenziamento dello strumento del piano delle aree. Questo è quanto la presente proposta di legge si prefigge di realizzare in tempi ragionevolmente brevi, in un clima di confronto sereno e costruttivo e ricercando la più ampia condivisione possibile.
torna su
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. Dopo il comma 1 dell'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, è inserito il seguente:

          «1-bis. La Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attività di cui al comma 1. Il piano di cui al primo periodo è adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».