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Atto a cui si riferisce:
S.1/00740 premesso che: il 1o dicembre di ogni anno si celebra la giornata mondiale per la lotta contro l'AIDS; l'infezione da HIV continua a propagarsi e l'Aids rimane la pandemia che miete...



Atto Senato

Mozione 1-00740 presentata da LUIGI GAETTI
giovedì 9 marzo 2017, seduta n.782

GAETTI, AIROLA, BOTTICI, BULGARELLI, CAPPELLETTI, DONNO, FATTORI, LEZZI, MONTEVECCHI, MORONESE, SANTANGELO, SCIBONA, TAVERNA - Il Senato,

premesso che:

il 1o dicembre di ogni anno si celebra la giornata mondiale per la lotta contro l'AIDS;

l'infezione da HIV continua a propagarsi e l'Aids rimane la pandemia che miete più vittime al mondo; tutti i Paesi ONU si sono impegnati formalmente, attraverso la rete UNAIDS e in particolare il progetto «Getting to Zero 2011-2015», a ridurre a zero le nuove infezioni da HIV, entro il 2015;

il rapporto UNAIDS "Global Report 2013 - Getting to Zero" sottolinea come la percentuale globale delle infezioni e dei decessi per HIV siano diminuiti per la maggiore disponibilità di accesso alle cure: le morti relative all'AIDS sono passate da 2.3 milioni nel 2005 a 1.6 milioni del 2012. Nel 2011 le persone con AIDS erano 5 milioni, nel 2012 sono divenuti 2.3 milioni;

con la strategia UNAIDS 2016-2021, si è definito il quadro della politica di sviluppo globale nel corso dei prossimi 15 anni, che prevede, tra l'altro, l'obiettivo di porre fine all'epidemia di AIDS entro il 2030;

i dati relativi all'Italia, raccolti ed elaborati dal 1984 dall'Istituto superiore di sanità, vengono pubblicati sul sito del centro operativo AIDS (COA);

la relazione AIDS 2015, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n.135, è stata inviata al Parlamento il 16 novembre 2016 e illustra le attività svolte dal Ministero della salute nell'ambito dell'informazione, prevenzione, assistenza e attuazione di progetti relativi all'Hiv/Aids;

nella relazione si legge che, secondo i dati dell'ultimo report UNAIDS (Joint United Nations Programme on HIV and AIDS), nel 2015 ci sono state, in tutto il mondo, oltre 2 milioni di nuove diagnosi di infezione da HIV e sono 36,7 milioni le persone che vivono con l'infezione da HIV. Gli ultimi dati forniti dall'ECDC (Centro europeo per il controllo delle malattie), riferiti al 2014, riportano circa 30.000 nuove diagnosi di infezione da HIV nei 31 Paesi dell'Unione europea ed European economic area (EU/EEA);

nel 2014 sono stati diagnosticati 858 nuovi casi di AIDS segnalati entro giugno 2015, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti. Dopo il Portogallo, l'Italia presenta la più alta incidenza di nuovi casi di AIDS tra i Paesi dell'Europa occidentale. In totale, 43.028 persone risultano decedute al 31 dicembre 2014. Il numero annuale di nuovi casi di AIDS al 31 dicembre 2014 è di 67.369 casi;

il nostro Paese, con un'incidenza del 6,1 per 100.000 abitanti, si posizionava nel 2014 al 12° posto rispetto ad altri Paesi dell'Europa occidentale. I dati sono stati aggiornati dall'Istituto superiore di sanità nell'ultimo "Notiziario dell'ISS (Volume 29 - Numero 9, Supplemento 1 - 2016), "Aggiornamento delle nuove diagnosi di infezione da HIV e dei casi di Aids in Italia al 31 dicembre 2015", che riporta i dati sulle nuove diagnosi di infezione da HIV e sui casi di Aids segnalati in Italia aggiornati a dicembre 2015. Tali dati portano invece l'Italia al 13° posto in termini di incidenza HIV tra le nazioni europee, registrando un lieve calo delle diagnosi di HIV e di casi di Aids;

nel notiziario dell'ISS citato si legge che, dall'inizio dell'epidemia, nel 1982, a oggi sono stati segnalati oltre 68.000 casi di AIDS, di cui oltre 43.000 deceduti. Nel 2015 sono stati diagnosticati 789 nuovi casi di AIDS pari a un'incidenza di 1,4 nuovi casi per 100.000 residenti;

le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nel 2015 sono maschi nel 77,4 per cento dei casi. L'età mediana era di 39 anni per i maschi e 36 anni per le femmine. L'incidenza più alta è stata osservata nella fascia d'età 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti). Nel 2015 la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l'85,5 per cento di tutte le segnalazioni: eterosessuali 44,9 per cento, MSM (men who have sex with men) 40,6 per cento;

nel 2015, il 28,8 per cento delle persone diagnosticate come HIV positive era di nazionalità straniera. Nello stesso anno l'incidenza è stata di 4,3 nuovi casi ogni 100.000 tra italiani residenti e di 18,9 nuovi casi ogni 100.000 tra stranieri residenti. Le incidenze più elevate tra stranieri sono state osservate in Abruzzo, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna;

nel 2015, il 36,6 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV è stato diagnosticato con un numero di linfociti CD4 inferiore a 200 cell/?L e il 54,5 per cento con un numero inferiore a 350 cell/?L. In Piemonte e nella Provincia autonoma di Trento l'esecuzione del test di avidità anticorpale, che permette con una buona approssimazione di identificare le infezioni recenti, ha evidenziato che nel 2015 il 17,3 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva verosimilmente acquisito l'infezione nei 6 mesi precedenti la prima diagnosi di HIV positività;

nel 2015, il 32,4 per cento delle persone con una nuova diagnosi di infezione da HIV aveva eseguito il test HIV per la presenza di sintomi HIV-correlati, il 27,6 per cento in seguito a un comportamento a rischio non specificato;

considerato che:

la recente indagine condotta da Doxa per il Cesvi, ha rilevato che in Italia sono soprattutto i giovani a sottovalutare i rischi della malattia: 1 su 3 pensa che esiste, ma è tenuta sotto controllo e non fa quasi più vittime, 1 giovane su 5 è a rischio, perché non ne ha sentito parlare a scuola e solo raramente sui media. Solo il 35 per cento dei ragazzi e ragazze in Italia, nonostante sappiano perfettamente che la via di trasmissione principale è quella sessuale, usa abitualmente il preservativo nelle proprie relazioni e solo il 29 per cento dichiara di aver fatto il test dell'HIV. Le giovani donne si espongono maggiormente al rischio, sentendosi protette da una relazione stabile;

i dati suddetti sono soprattutto la diretta conseguenza della mancanza di qualsiasi forma di educazione alla sessualità nelle scuole, ed in particolare del tabù che continua a limitare l'uso del preservativo. La scuola è invece il luogo privilegiato per attuare un metodo partecipativo, che consenta di raggiungere obiettivi comportamentali che siano determinanti nel prevenire e conservare la salute. Nelle scuole e nelle università si registra, di contro, la totale mancanza di distributori di preservativi; acquistarli risulta poi ancora troppo caro per un'ampia fascia di cittadini. Il preservativo maschile e femminile, unico metodo per prevenire tutte le malattie a trasmissione sessuale ed insieme le gravidanze non desiderate, è un presidio sanitario; per tale ragione deve esserne garantita l'accessibilità a tutti; elencare i preservativi tra i farmaci prescrivibili, effettuare campagne nelle scuole e per il pubblico generalista, inserire l'educazione alla sessualità (utile anche contro la discriminazione di genere e per l'orientamento sessuale), sono la base minima per una politica seria per la salute della popolazione relativa alle malattie sessualmente trasmissibili. Quanto al mondo lavorativo, poi, l'infezione da HIV non è tuttora considerata una normale patologia cronica appartenente alla categoria delle malattie sessualmente trasmissibili. Anche in questo campo, a causa della disinformazione, questa malattia provoca un processo di stigmatizzazione e discriminazione: licenziamenti, trasferimenti e cambi di mansioni del tutto illegittimi e immotivati;

la riduzione degli ostacoli per l'accesso al test per l'HIV e la conseguente diagnosi precoce rappresentano l'unica possibilità per offrire adeguate cure al sieropositivo, tant'è che in data 22 novembre 2012, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, è stato stipulato "l'Accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministro della salute di linee guida per l'utilizzo da parte delle regioni e province autonome delle risorse vincolate, ai sensi dell'articolo 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2012", che prevede l'erogazione alle regioni di fondi funzionalizzati alla realizzazione di progetti finalizzati alla prevenzione e al contrasto della diffusione dell'HIV (linea progettuale 3: diagnosi di infezione da HIV) con una dotazione di 15 milioni di euro;

un'analisi condotta di recente da cittadini ("Cittadinanza attiva" e "LILA") ha evidenziato molte incongruenze tra i progetti presentati dalle regioni sulla «linea progettuale 3: diagnosi di infezione da HIV» e gli obiettivi definiti dall'accordo citato, tant'è che gli stessi hanno sollecitato gli organi preposti, affinché vigilino sul corretto utilizzo dei fondi dedicati;

numerosi nuovi casi di sieropositività potrebbero essere facilmente scongiurati, attraverso l'informazione e i comportamenti corretti: attività di prevenzione fondamentale, con programmi di educazione sanitaria della popolazione, rivolti ai giovani in particolare, garantiti nel tempo e costanti nella loro applicazione,

impegna il Governo:

1) ad ottemperare puntualmente all'impegno di cui all'articolo 8, comma 3, della legge 5 giugno 1990, n. 135, quindi a riferire annualmente al Parlamento sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV, tenuto conto che l'ultima relazione è stata quella per l'anno 2015, inviata al Parlamento il 16 novembre 2016;

2) ad assumere iniziative volte a garantire il corretto svolgimento dei compiti del Comitato tecnico sanitario operante presso il Ministero della salute, al quale sono state trasferite le funzioni della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS e della Consulta delle associazioni per la lotta contro l'AIDS;

3) ad assumere iniziative per ridurre l'Iva sui profilattici;

4) ad attivare iniziative di informazione e prevenzione continuative utili alla diffusione dell'uso del profilattico nei rapporti sessuali e a rendere noto il suo costo nonché la sua effettiva disponibilità nei luoghi maggiormente frequentati soprattutto dai giovani;

5) ad assumere iniziative per prevedere la distribuzione possibilmente gratuita, in particolare nelle scuole e nelle università, del profilattico in quanto presidio sanitario, anche tramite appositi distributori automatici;

6) ad adottare, in raccordo con tutte le altre amministrazioni competenti, iniziative permanenti di informazione e prevenzione relative all'igiene sessuale nelle scuole e nei luoghi di maggior aggregazione, così come avviene da anni in tutti gli altri Paesi europei;

7) a elaborare appositi programmi di «educazione sentimentale» e di genere nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di promuovere il superamento dei pregiudizi fondati sul genere di appartenenza e sull'orientamento sessuale capaci di motivare la violenza e la discriminazione;

8) a promuovere una revisione dei criteri cui riconnettere il trattamento pensionistico assistenziale in favore dei soggetti affetti da immunodeficienza, considerando, oltre all'attuale criterio tabellare basato sul numero di linfociti CD4 presenti nel sangue, ulteriori parametri obiettivi da stabilire congiuntamente alle associazioni e agli esperti del settore;

9) a ottemperare all'impegno verso le istituzioni internazionali UNAIDS e ECDC per la stesura del rapporto sullo stato dell'epidemia e sulle azioni per contrastarla (country progress reports);

10) a valutare il corretto utilizzo dei fondi erogati alle regioni per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale, così come da accordo del 22 novembre 2012 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;

11) a garantire sull'intero territorio nazionale quanto previsto dalla legge n. 135 del 1990 in merito all'anonimato del test HIV, al fine di tutelare integralmente la riservatezza delle persone sieropositive.

(1-00740)