• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
C.4/03926 l'esame comparato del decreto Destinazione Italia fa emergere in tutti i suoi elementi quello che all'interrogante appare il grande scacco messo in atto sulle bonifiche dei siti inquinati...



Atto Camera

Interrogazione a risposta scritta 4-03926presentato daPILI Maurotesto diLunedì 10 marzo 2014, seduta n. 186

PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'esame comparato del decreto Destinazione Italia fa emergere in tutti i suoi
elementi quello che all'interrogante appare il grande scacco messo in atto sulle bonifiche dei siti inquinati in Italia;
emerge e viene confermata ad avviso dell'interrogante la strategia messa in campo ripetutamente dai poteri forti e attuata reiteratamente negli ultimi anni, dal decreto Salva Italia a Destinazione Italia, che introducono evidenti attuazioni del principio chi inquina paga agevolandone di fatto l'elusione. Siamo dinanzi al più evidente condono sotterraneo delle bonifiche in Italia. Si tratta di un'operazione già tentata nei mesi scorsi e scongiurata in parte e che ora si riaffaccia prepotentemente con il cosiddetto decreto Destinazione Italia che introduce norme esplicite che, sostanzialmente condonano e, anzi, finanziano gli affari di chi avrebbe dovuto bonificare;
la lettura attenta e comparata delle norme conferma che l'operazione che si sta mettendo in campo è pianificata su larga scala ed appare evidente chi sarà il maggiore «utilizzatore finale» del condono, ossia l'ENI;
otto sono i punti nevralgici in cui la nuova normativa «Destinazione Italia» consentirà agli inquinatori di utilizzare denaro pubblico per i propri affari:
1) si prevedono accordi di programma per provvedere alle bonifiche derubricando di fatto a mero provvedimento amministrativo e negoziale un obbligo di legge, civile e penale; (articolo 4 comma 1);
2) si pongono sullo stesso piano le bonifiche «o» progetti di messa in sicurezza ambientale, lasciando un margine finanziario e oggettivo tra le due soluzioni davvero insostenibile;
3) individuazione contributi pubblici e misure di sostegno economico finalizzate alle nuove attività, a prescindere dalla realizzazione delle bonifiche;
4) individuazione interventi di riconversione industriale preventivamente alla bonifica con la definizione di due percorsi separati, sia sulla tempistica che per il finanziamento, ovvero: mera pianificazione finanziaria per le bonifiche e su altra corsia realizzazione di interventi di riconversione industriale;
5) avvio esplicito della riconversione che, secondo il decreto, deve essere avvenire a prescindere dalla bonifica (valutazione economica di dieci anni);
6) condono tombale-esclude per tali soggetti proprietari dell'area inquinata ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo;
7) i soldi pubblici non sarebbero erogati per pagare le bonifiche ma per acquisto beni strumentali per la riconversione industriale e allo sviluppo economico;
8) la pubblica amministrazione «può» e non «deve» agire autonomamente in tutti gli altri casi di bonifica;
in particolar modo e nel dettaglio nell'articolo 4 del decreto denominato «Destinazione Italia» che dispone «Misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti di interesse nazionale e misure particolari per l'area di crisi complessa del porto di Trieste» si prevede:
al comma 11 «Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dello (sviluppo economico), d'intesa con la regione territorialmente interessata e, per le materie di competenza, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo per gli aspetti di competenza in relazione agli eventuali specifici vincoli di tutela insistenti sulle aree e sugli immobili, possono stipulare accordi di programma con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica, e di riconversione industriale e sviluppo economico in siti di interesse nazionale individuati entro il 30 aprile 2007 ai sensi della legge 9 dicembre 1998, n. 426, al fine di promuovere il riutilizzo di tali siti in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare le matrici ambientali non contaminate. Sono escluse le aree interessate dalle misure di cui al decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, e successive modificazioni.
nel comma 1 dell'articolo 4 del suddetto decreto si determina in modo esplicito e funzionale l'obiettivo di rendere sempre più discrezionale e negoziale la normativa in materia di bonifiche;
in particolar modo nel comma 1 articolo 4, novellando l'articolo 252-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 si prevede la stipula di accordi di programma derubricando a fatto amministrativo e negoziale un preciso obbligo di legge, sia civile che penale, per l'applicazione del principio che inquina paga;
sempre nel comma 1 si fa riferimento a «soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa in sicurezza o bonifica» ponendo sullo stesso piano i due interventi e lasciando quindi aperto un varco discrezionale assolutamente sia sul piano normativo che sostanziale, considerata la rilevante differenza tra bonifica e messa in sicurezza;
al comma 2 della novella, lettera e) si prevede di disciplinare «contributi pubblici e le altre misure di sostegno economico finanziario disponibili e attribuiti»;
con tale previsione di stanziamento di contributi pubblici in alcun modo codificati e non parametrati si demanda ad una previsione amministrativa del tutto discrezionale che confligge in modo chiaro ed evidente con il principio «chi inquina paga»;
al comma 5 della novella si prevede: «il termine finale per il completamento degli interventi di riparazione del danno ambientale è determinato in base ad uno specifico piano finanziario presentato dal soggetto interessato tenendo conto dell'esigenza di non pregiudicare l'avvio e lo sviluppo dell'iniziativa economica e di garantire la sostenibilità economica di detti interventi, comunque in misura non inferiore a dieci anni»;
nel comma 5 si fa esplicita, dunque, menzione di una doppia tempistica relativa agli interventi di «riparazione del danno ambientale», definizione ambigua tra bonifica e messa in sicurezza, rispetto allo sviluppo dell'iniziativa economica;
in particolar modo al comma 5 della novella si procede all'individuazione interventi di riconversione industriale preventivamente alla bonifica con la definizione di due percorsi separati, sia sulla tempistica che per il finanziamento, ovvero: mera pianificazione finanziaria per le bonifiche e su altra corsia realizzazione di interventi di riconversione industriale;
al comma 6 della novella si prevede: «L'attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni di messa in sicurezza, bonifica, monitoraggio, controllo e relativa gestione, e di riparazione, individuati dall'accordo di programma esclude per tali soggetti ogni altro obbligo di bonifica e riparazione ambientale e fa venir meno l'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo».
il dispositivo del comma 6 della novella è nella sua formulazione discrezionale, ambiguo e dispone di fatto un condono tombale su «ogni altro obbligo di bonifica»;
appare evidente che tale formulazione tesa ad escludere ogni altro obbligo di bonifica lascia intendere la sollevazione da oneri di bonifica non individuati o addirittura omessi, consentendo un «condono tombale» e immodificabile proprio per la disposizione che «esclude ogni altro onere»;
nella formulazione ancora più chiara, assolve tutto il pregresso che di fatto si prende in considerazione ma si punta a «far venir meno» per tutti i fatti antecedenti all'accordo medesimo;
il proprietario dell'area inquinata finirebbe per ricevere dallo Stato non solo il pagamento degli oneri delle bonifiche ma anche i finanziamenti per gli investimenti dei nuovi impianti che saranno ubicati nei siti inquinati e dichiarati automaticamente di pubblica utilità, per giunta senza disciplinare le caratteristiche dell'investimento, che in teoria potrebbe essere più invasivo del precedente;
tutto ciò si configura secondo l'interrogante come un vero e proprio condono tombale proprio per la stessa formulazione adottata che esplicita l'intendimento di chi ha proposto la norma: salvare gli inquinatori ed evitare di far pagare chi ha inquinato o è subentrato all'inquinamento stesso;
sempre al comma 6 è previsto: «Nel caso di soggetto interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le misure di cui alla lettera e) del comma 2 non potranno riguardare le attività di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l'acquisto di beni strumentali alla riconversione industriale e allo sviluppo economico dell'area»;
in questa norma si esplicita l'obiettivo non solo di non far pagare i danni ambientali ma anche quello di pagare con denaro pubblico coloro che li hanno commessi o che ne hanno l'onere in conseguenze della proprietà del bene;
aver scisso lo stanziamento pubblico dal finanziamento per il pagamento delle bonifiche e la messa in sicurezza a quello dei beni strumentali per la riconversione è, secondo l'interrogante un chiaro e palese aggiramento del principio chi inquina paga;
un aggiramento del principio imporrebbe ad avviso dell'interrogante l'accertamento di danni erariali qualora la stessa norma dovesse essere messa in atto con provvedimenti di natura amministrativa da qualsiasi soggetto pubblico;
si tratta, infatti, di contributi pubblici e misure di sostegno economico finalizzate alle nuove attività, a prescindere dalla realizzazione delle bonifiche;
il comma 7 della novella dispone: «Al di fuori dei casi che rientrano nel campo di applicazione del comma 5, la pubblica amministrazione può agire autonomamente nei confronti del responsabile della contaminazione per la ripetizione delle spese sostenute per gli interventi di messa in sicurezza e di bonifica individuati dall'accordo nonché per gli ulteriori interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nelle forme e nei modi previsti dalla legge»;
in tale disposto normativo si allenta ulteriormente l'azione risarcitoria verso chi ha inquinato o non ha eseguito a regola d'arte gli interventi di bonifica e messa in sicurezza delle aree contaminate;
la formulazione proposta dal comma 7 articolo 4 prevede infatti che la pubblica amministrazione «può» e non già «deve» agire autonomamente. Questa disposizione lascia aperto una variabile discrezionale rilevantissima nell'azione della pubblica amministrazione;
tale dispositivo normativo appare ispirato e sulla stessa lunghezza d'onda di quello proposto e poi parzialmente modificato nel provvedimento del 2011 denominato «Salva Italia» che apriva di fatto ad una vera e propria moratoria degli obblighi di risanamento da parte delle aziende. In quel caso le disposizioni contenute nell'articolo 40 comma 5 si configuravano di fatto come un condono silenzioso degli obblighi di bonifica dei siti contaminati per le aziende inquinatrici;
appare evidente che nei ministeri competenti si continua ad operare con proposte che in modo subdolo tendono a favorire un vero e proprio condono tombale delle bonifiche;
a tal punto appare davvero una conferma di questo intendimento la ridicola
quanto ammissiva dichiarazione resa dal «Ministero dell'ambiente» che nei giorni stessi dell'approvazione della norma che di fatto «cancella» le bonifiche e pone i relativi oneri a carico degli italiani aveva avuto l'ardire di dichiarare in forma anonima, senza dichiarare l'autore della stessa nota: «Tuttavia, per fugare ogni incertezza in merito ed elaborare risposte che, ove ritenuto indispensabile, potranno eventualmente tradursi anche in maggiori chiarimenti del testo di legge, gli uffici tecnici del ministero stanno lavorando per dissipare qualunque ombra sulla norma in oggetto».
il fatto stesso che il ministero stia lavorando per dissipare qualunque ombra è evidente che ve n’è più di una;
quelli definiti «accordi di programma» con i soggetti responsabili dell'inquinamento prima del 2007 non sono nient'altro che accordi tesi a porre l'onere finanziario in massima parte in carico allo Stato;
la mancata definizione di un importo limite al sostegno pubblico, né una proporzione sul valore complessivo dell'accordo di programma rende tutto ancor più grave compresa la determinazione normativa che la parte di stanziamento privato usufruirà anche del credito d'imposta;
in questo contesto appare del tutto assente un seppur minimo ed elementare concetto di sostenibilità ambientale per i nuovi interventi proposti a partire per esempio dal recupero di aree minerarie dismesse ai fini turistico ricettivi, archeologico industriali;
si tratta obiettivamente di un vero e proprio condono per chi ha inquinato e chi tenta ora di lucrare sulle stesse aree inquinate;
le modifiche introdotte alla Camera sull'articolo 4, non hanno di fatto risolto niente, considerato che le risorse pubbliche da parte del privato saranno utilizzate per le spese d'investimento e non per le bonifiche, ma è evidente che, come detto, il prodotto non cambia, perché si tratta sempre di denaro pubblico che finisce nelle tasche degli inquinatori;
una volta sottoscritto l'accordo di programma che stanzia le risorse pubbliche a favore del privato, qualora venisse successivamente individuata un ulteriore inquinamento rispetto a quello accertato, non sarebbe più a carico dell'inquinatore privato ma del soggetto pubblico –:
se non ritenga il Governo di assumere un'iniziativa normativa urgente tesa ad abrogare le norme richiamate in premessa al fine di ribadire, senza nessuna deroga o variabile, l'obbligo alla preventiva bonifica dei siti inquinati e la piena assunzione della responsabilità economica dell'onere della stessa bonifica da parte dei privati o dei soggetti responsabili dell'inquinamento o titolari dell'area stessa;
se non ritenga di dover assumere un'iniziativa normativa diretta a escludere qualsiasi previsione di esonero di obblighi per qualsiasi tipo di inquinamento pregresso alla data di sottoscrizione degli accordi stessi;
se non ritenga di dover assumere iniziative dirette a escludere qualsiasi tipo di intervento economico pubblico in favore di chi ha inquinato o ha la titolarità delle aree inquinate;
se non ritenga di dover assumere un'iniziativa normativa che preveda che qualsiasi intervento di bonifica sia preventivo, sia nella pianificazione che nell'esecuzione, a qualsiasi intervento di riconversione;
se non ritenga di dover assumere iniziative normative per eliminare la possibilità che possano essere avviati processi di riconversione senza aver prima definito e concluso gli interventi di bonifica proprio per evitare che si mettano in atto interventi di riconversione a prescindere da quelli di bonifica;
se non ritenga di dover assumere un'iniziativa urgente al fine di verificare la puntuale costituzione in giudizio da parte dello Stato relativamente alle situazioni di inquinamento con particolare riferimento alla stessa condanna al pagamento dei danni da parte dei soggetti artefici dell'inquinamento o comunque titolari dell'area stessa;
se non ritenga di dover valutare i presupposti per segnalare alla Corte dei conti eventuali omissioni relative a mancate costituzioni dello Stato come parte civile in danni all'ambiente e gli eventuali responsabili;
se non ritenga di dover sospendere qualsiasi tipo di accordo di programma in attesa di una puntuale e sostanziale modifica della norma così come indicato nella premessa di questo atto di sindacato ispettivo. (4-03926)