• Testo ODG - ORDINE DEL GIORNO IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.9/1-00494/001 premesso che: dai dati raccolti dall'Istituto superiore di sanità emerge che, nel 2015, sono state segnalate 3.444 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 5,7 nuovi casi per 100.000...



Atto Senato

Ordine del Giorno 9/1-00494/1 presentato da NUNZIANTE CONSIGLIO
martedì 14 marzo 2017, seduta n. 783

Il Senato,
premesso che:
dai dati raccolti dall'Istituto superiore di sanità emerge che, nel 2015, sono state segnalate 3.444 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a 5,7 nuovi casi per 100.000 residenti. Questa incidenza pone l'Italia al tredicesimo posto tra le nazioni dell'Unione europea. Le regioni con l'incidenza più alta sono state il Lazio, la Lombardia, la Liguria e l'Emilia-Romagna. Le persone che hanno scoperto di avere l'HIV nel 2015 erano maschi nel 77,4 per cento dei casi. L'età mediana era di 39 anni per i maschi e di 36 anni per le femmine. L'incidenza più alta è stata osservata tra le persone di 25-29 anni (15,4 nuovi casi ogni 100.000 residenti);
si osserva un aumento dell'età mediana al momento della diagnosi di infezione da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 39 e 36 anni nel 2015 (sono escluse le persone di età inferiore ai 15 anni). La proporzione di stranieri tra le nuove diagnosi di infezione da HIV è aumentata dall'11 per cento nel 1992 a un massimo di 32,9 per cento nel 2006; nel 2015 è stata del 28,8 per cento con un numero assoluto di casi pari a 991;
i casi di AIDS, secondo gli ultimi dati disponibili, registrati in Italia nel 2015 sono stati circa 789, pari a un'incidenza di 1,4 per 100.000 residenti, e i casi di prevalenza ammontano a 23.385 nel 2013;
analizzando l'andamento temporale delle notifiche di AIDS si è passati da un caso del 1982 (il primo noto in Italia) ai 5.653 del 1995, con un crescita che è stata costante fino alla metà degli anni novanta. Dal 1996 si è assistito ad una riduzione dei nuovi casi, dapprima molto rapida e dal 2001 meno marcata (figura 2). Rapportando i nuovi casi sulla popolazione residente (tassi di incidenza) le regioni più colpite nel 2010 sono state nell'ordine: Toscana, Lazio, Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna, con un gradiente Nord-Sud nella diffusione della malattia essendo meno colpite le regioni meridionali e insulari;
nel biennio 2012-2013 si stima che in Italia i decessi annuali con AIDS sono circa 645 (ultimi dati disponibili); complessivamente nel periodo 1983-2013 i decessi sono stati oltre 43.000 con un andamento temporale simile a quello dei nuovi casi, ma il decremento dalla seconda metà degli anni Novanta è stato molto più marcato per merito dell'introduzione della terapia antiretrovirale. Si è così passati dai primissimi decessi del 1983 ai 4.582 del 1995 con una crescita costante, dopo di che si è avuta una forte diminuzione fino ai valori attuali;
il calo dei nuovi casi e dei decessi non è l'unico fenomeno che si è registrato nell'ultimo decennio. Vi sono stati numerosi altri cambiamenti che si sono potuti osservare grazie all'esistenza di sistemi di sorveglianza nazionali, regionali e provinciali dell'infezione da HIV (cioè dello stato di sieropositività) che si affiancano a quelli della malattia conclamata (AIDS). Tramite questi sistemi di monitoraggio epidemiologico, che operano con procedure rispettose della privacy, è stato possibile riconoscere con tempestività i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni nelle caratteristiche di diffusione dell'HIV e la maggior durata dello stato di infezione pre-AIDS in seguito all'introduzione di nuove terapie farmacologiche. A questo proposito il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con decreto in data 31 marzo 2008, ha promosso l'attivazione del Sistema di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV, provvedendo ad aggiungere l'infezione da HIV all'elenco della Classe III delle malattie infettive sottoposte a notifica obbligatoria. Sulla scorta di tale decreto varie Regioni stanno organizzando l'attivazione del Sistema regionale di sorveglianza;
l'AIDS è attualmente una malattia prevalentemente a trasmissione sessuale (MST). In passato, sia in Italia che in Europa, l'HIV si trasmetteva prevalentemente mediante lo scambio di siringhe infette tra chi faceva uso di droghe iniettabili (come ancora sta avvenendo in molte parti del mondo, ad esempio in Europa Orientale od in Asia). Attualmente però la modalità principale di trasmissione è quella sessuale, in particolare quella eterosessuale. Le notifiche di infezione di HIV associate a trasmissione sessuale sono aumentati dal 8,0 per cento del 1985 al 85,5 per cento del 2015. Questi cambiamenti impongono il superamento del concetto di categoria a rischio (omosessuali, tossicodipendenti, eccetera), è necessario pertanto ragionare in termini di comportamenti a rischio, cioè rapporti sessuali non protetti, elevato numero di partner, non conoscenza dello stato di eventuale sieropositività del partner, scambio di siringhe. Si assiste inoltre ad un cambiamento delle modalità di trasmissione. Lo stesso fenomeno si registra anche dall'analisi dei casi conclamati di AIDS: prima del 2000 il 61,4 per cento era dovuto a scambio di siringhe mentre la trasmissione sessuale (etero, omo e bisessuale) interessava il 35,8 per cento, nel biennio 2014-2015 questi valori sono rispettivamente del 11,3 per cento e del 79,8 per cento;
ciò si verifica sia in seguito ai cambiamenti nei comportamenti individuali sia per effetto della terapia farmacologia che ritarda, anche di molto, la progressione dell'HIV. Si è così passati da un'età mediana alla diagnosi di AIDS di 34 anni negli uomini e di 32 anni nelle donne nel 1995 a rispettivamente 45 e 43 anni nel 2015. Si preferisce utilizzare l'età mediana a quella media quando vi sono intervalli di valori piuttosto ampi;
la popolazione immigrata straniera è andata fortemente crescendo negli ultimi anni in Italia e spesso è di provenienza da Paesi ad alta endemia (cioè dove è alta la diffusione del virus). Circa un 29 per cento delle nuove diagnosi di infezione da HIV riguarda persone di cittadinanza straniera. Negli stranieri non vi sono forti differenze di genere (nel 2015 il 58,6 per cento erano uomini e 41,4 per cento donne), l'età mediana è più bassa rispetto a quella degli italiani e la modalità di trasmissione più importante è quella per via eterosessuale;
ciò è l'effetto della terapia antiretrovirale ad alta efficacia che ritarda sensibilmente la comparsa di sintomi, allunga anche di molto la sopravvivenza e soprattutto migliora la qualità di vita dei pazienti con AIDS conclamato. Un altro dato interessante è che oltre il 79,9 per cento dei casi di AIDS diagnosticati nel 2015 non ha fatto terapia antiretrovirale prima della diagnosi;
ancora troppe persone in Italia scoprono di aver contratto l'HIV quando compaiono i primi sintomi dell'AIDS: nel 2015 il 74,5 per cento delle persone a cui è stata fatta diagnosi di AIDS ha fatto il primo test di HIV prima di 6 mesi. È quello che i tecnici chiamano ritardo di diagnosi. Questo fenomeno è segnale di una bassa percezione del rischio, soprattutto fra chi si infetta per via sessuale e fra gli stranieri. Si stima infatti che un quarto delle persone HIV positive, in Italia, non conosca il proprio stato di sieropositività. È importante invece riconoscere precocemente l'avvenuta infezione da HIV, da un lato per intraprendere la terapia farmacologica antiretrovirale che rallenterà fortemente la progressione del virus e dall'altro per assumere comportamenti consapevoli verso il prossimo. Questi vanno sempre attuati indipendentemente dal conoscere o meno il proprio stato di sieropositività. Il ritardo di diagnosi è più frequente in chi ha contratto l'infezione per via sessuale (in particolare quella eterossessuale). La diagnosi precoce permette inoltre non solo di avviare prima la terapia farmacologica ma anche e soprattutto di modularla sulla singola persona riducendone gli effetti collaterali;
dal 1994 non si registrano nuovi casi sia tra gli emofilici che tra i trasfusi e sono in netto calo i nuovi casi di HIV pediatrico (negli ultimi anni poche unità all'anno). Ciò è il frutto, da un lato del controllo costante della provenienza del sangue: selezione ed educazione dei donatori ad una maggior consapevolezza e controllo di laboratorio di ogni singola sacca; dall'altro è l'effetto dell'applicazione delle linee guida che prevedono l'effettuazione del test HIV in gravidanza ed il trattamento antiretrovirale nelle donne gravide risultate positive. Sebbene questa pratica dovrebbe essere assicurata a tutte le donne gravide, a livello mondiale purtroppo solo una bassa percentuale delle donne incinte può effettuare questo test. Senza varcare i confini del nostro Paese, molti obiettivi rimangono ancora da perseguire soprattutto in ambito educativo: non è ancora soddisfacente la conoscenza dell'HIV, di come si trasmette e di come si prevenga il contagio. Troppe persone, soprattutto giovani, non conoscono l'uso corretto dei sistemi di protezione durante i rapporti sessuali (ad esempio il preservativo) o non ne accettano a priori l'uso pur avendo comportamenti fortemente a rischio,
impegna il Governo:
a dare piena attuazione al nuovo piano nazionale contro l'AIDS permettendo di adeguare la lotta alla malattia al nuovo contesto storico e sociale in cui si inserisce, prevedendo la messa a punto e la realizzazione di modelli di intervento per ridurre il numero delle nuove infezioni; la facilitazione all'accesso al test per far emergere il sommerso; garantire a tutti l'accesso alle cure; favorire il mantenimento in cura dei pazienti diagnosticati e in trattamento; migliorare lo stato di salute e di benessere delle persone che vivono con HIV e AIDS; coordinare i piani di intervento sul territorio nazionale; tutelare i diritti sociali e lavorativi delle persone che vivono con HIV e AIDS; promuovere la lotta allo stigma; promuovere l'informazione e il coinvolgimento attivo delle popolazioni a rischio;
a promuovere nella scuola secondaria di secondo grado percorsi di sensibilizzazione e conoscenza delle patologie parenterali o sessualmente trasmesse, nell'ambito dei piani dell'offerta formativa e nel rispetto dell'autonomia scolastica, anche mediante la presenza di idonee figure professionali;
a promuovere la pubblicità progresso a scopo divulgativo e informativo, prevedere la distribuzione di opuscoli e cartoline esplicative in ambienti frequentati da giovani e non solo, come in locali da ballo e di divertimento in genere, nonché negli ambulatori dei medici di base e specialisti;
a coinvolgere i medici di base nel prendere contatti con i propri pazienti di giovane età, al fine di dare loro tutte le informazioni necessarie sul tema.
(numerazione resoconto Senato G1)
(9/1-00494/1)
CONSIGLIO, CENTINAIO, ARRIGONI, CALDEROLI, CANDIANI, COMAROLI, CROSIO, DIVINA, STEFANI, STUCCHI, TOSATO, VOLPI