• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/03604 Gianluca ROSSI - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante: alla fine di marzo 2016, Tata Steel ha...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-03604 presentata da GIANLUCA ROSSI
mercoledì 22 marzo 2017, seduta n.790

Gianluca ROSSI - Ai Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali - Premesso che, a quanto risulta all'interrogante:

alla fine di marzo 2016, Tata Steel ha annunciato di voler vendere o chiudere le acciaierie inglesi, di cui era entrata in possesso nel 2007, la più grande delle quali, Port Talbot, impiega circa 11.000 lavoratori tra diretti e indiretti. Tata Steel opera in India (Tata Steel limited), Asia sud orientale (Tata Steel Thailand and NatSteel) ed Europa (Tata Steel Europe), dove solo quest'ultima corporate ha una capacità produttiva di 18 milioni di tonnellate per annum ed un panorama produttivo fortemente diversificato, intrecciando parte della sua gamma con quella della multinazionale tedesca;

da tempo si ricorrono le notizie su possibili forme di fusione tra Tata e ThyssenKrupp, a partire dall'agenzia "Reuters", che il 24 giugno 2016 ha annunciato la prossima firma di un memorandum d'intesa sulla fusione delle "divisioni acciaio" delle 2 corporation. Il 4 aprile 2016, tramite una corporate news, la stessa ThyssenKrupp, pur smentendo la notizia, confermava la volontà di un consolidamento sul mercato europeo dell'acciaio anche attraverso partnership non meglio definite;

il 23 febbraio 2017 su "Financial Times", "Handelsblatt", "Frankfurter Allgemeine Zeitung" e "Milano Finanza" appare la notizia della vendita del gigantesco impianto siderurgico brasiliano Csa di ThyssenKrupp alla famiglia Rocca con una rilevante minusvalenza, circostanza che provocherà la chiusura dell'anno economico della multinazionale tedesca in rosso. Heinrich Hiesinger, ceo di ThyssenKrupp, intervistato da quotidiani internazionali, non cita l'acciaio inox tra gli interessi strategici della multinazionale tedesca;

il 17 marzo 2017, dal sito della rivista specializzata "Siderweb", si apprende che «L'ultima questione da definire sarebbe il prezzo. La due diligence tra il gruppo Tata e ThyssenKrupp sarebbe arrivata alle fasi finali. Secondo le indiscrezioni la lunga trattativa potrebbe concludersi a maggio con il nulla osta da parte dell'antitrust inglese all'operazione». La fase negoziale attuale, dice il portale specializzato, «si concentrerebbe sul prezzo, con un particolare focus sul sito di Port Talbot. L'indiscrezione ha avuto come effetto immediato un recupero del 4% per le azioni Tata quotate sui mercati internazionali»;

se fossero vere le rivelazioni, sarebbe ragionevole pensare, infatti, che il primo sito produttivo ad essere coinvolto dalla fusione sarebbe quello di Terni, perché è l'unico sito ThyssenKrupp per l'acciaio inox e l'unica realtà produttiva di acciai inossidabili piani in Italia, con una quota di mercato superiore al 40 per cento, che lo colloca tra i primi produttori mondiali di acciai laminati piani inossidabili. Come è noto, le imprese del gruppo, oltre ad occupare circa 2.300 dipendenti e impiegare altrettante persone nell'indotto diretto di riferimento, rappresentano la realtà industriale di maggior rilievo dell'Italia centrale, distribuendo redditi che, secondo le usuali metodologie di determinazione statistica, ricadono su circa 20.000 persone;

considerato che, ad avviso dell'interrogante:

una possibile nuova stagione di incertezza per lo stabilimento ternano porterebbe ad un panorama esiziale per il futuro inquadramento strategico delle produzioni di acciaio;

sarebbe urgente comprendere i "confini" di tale accordo tra le due global company e quale sia il mercato oggetto di tale joint venture. Risulta imprescindibile, inoltre, comprendere se l'accordo riguarderebbe il global network delle due multinazionali o esclusivamente il mercato europeo dell'acciaio;

lo scorso 22 marzo 2016, in sede di verifica dell'accordo di programma presso il Ministero dello sviluppo economico, ThyssenKrupp, per voce del suo rappresentante Peter Sauer, ha ribadito che esiste un legame a doppio filo tra le sorti del futuro di AST e le misure antidumping sull'acciaio cinese e che «se le produzioni non verranno protette, ThyssenKrupp ha in serbo un piano B». Ciò lascia numerosi interrogativi irrisolti e, anche alle luce delle indiscrezioni di stampa, non andrebbe perso ulteriore tempo per effettuare una ricognizione del contingente, garantendo un impegno del Governo ai massimi livelli;

il "caso Inoxum", ossia lo spin off nato dall'accordo ThyssenKrupp-Outokumpu, risalente al 2012, unitamente alla vicenda di Port Talbot, ha messo in evidenza l'assenza di una reale azione strategica europea, nonostante il "piano Tajani" per la siderurgia e la vulnerabilità dei Governi nazionali di fronte alle decisioni unilaterali delle multinazionali;

lo stabilimento ternano non è nelle condizioni di sopportare un nuovo periodo di incertezze e scelte rinviate, né di giocare la sua partita per una rinnovata centralità di mercato senza l'impegno delle istituzioni tutte,

si chiede di sapere:

se il Governo sia a conoscenza dello stato dell'arte dell'eventuale progetto di fusione e di quali relative informazioni disponga;

quali azioni intenda mettere in atto, al fine di garantire la continuità produttiva e i relativi livelli occupazionali di una delle produzioni più strategiche per la competitività del Paese.

(3-03604)