• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
S.3/03615 MICHELONI - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze - Premesso che: il 9 marzo 1976 fu siglata a Roma la "Convenzione tra la...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-03615 presentata da CLAUDIO MICHELONI
giovedì 23 marzo 2017, seduta n.791

MICHELONI - Ai Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze - Premesso che:

il 9 marzo 1976 fu siglata a Roma la "Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera per evitare le doppie imposizioni e per regolare talune altre questioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio" (CDI, in vigore dal 27 marzo 1979), con la quale, per quanto attiene, in particolare, all'imposizione relativa ai beni immobili situati in uno dei Paesi contraenti diverso da quello di residenza, si stabilisce che tale imposizione spetta al Paese ove l'immobile è situato, che si tratti di reddito, di utile derivante da alienazione o di patrimonio (rispettivamente, artt. 6, 13 e 22 della CDI);

secondo quanto stabilito dall'art. 24, paragrafo 3, "Se un residente della Svizzera percepisce redditi e possiede un patrimonio che, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, sono imponibili in Italia, la Svizzera esenta da imposta detti redditi o detto patrimonio (...), ma può, per determinare l'imposta afferente al rimanente debito o al rimanente patrimonio di questo residente, applicare l'aliquota corrispondente all'intero reddito o all'intero patrimonio senza tener conto dell'esenzione";

secondo informazioni provenienti da cittadini italiani residenti nella Confederazione Svizzera, alcune autorità locali hanno diramato una circolare rivolta a tutti i cittadini, ma in particolare a quelli di origine straniera, con la quale si informa che è in corso un processo di revisione della spesa sociale e di verifica dei requisiti, inclusa la situazione patrimoniale dei beneficiari; si informa inoltre che rimane tempo per sanare eventuali irregolarità entro il 31 marzo 2017, termine oltre il quale si prevedono, a latere di sanzioni varie, provvedimenti di "espulsione temporanea" da 5 a 15 anni;

il Dipartimento federale degli affari esteri della Confederazione Svizzera (DFAE), rispondendo in data 17 febbraio 2016 a una serie di questioni poste dall'Ambasciata italiana, inerenti ai beni immobili posseduti in Italia da cittadini italiani residenti in Svizzera, affermava che: l'imposta sui redditi delle persone fisiche viene prelevata sui tre livelli (federale, cantonale, comunale), mentre l'imposta sul patrimonio concerne unicamente i cantoni e i comuni; qualsiasi persona fisica domiciliata fiscalmente in Svizzera ha l'obbligo di dichiarare i suoi redditi e sostanza mondiali; nelle relazioni internazionali "l'assoggettamento dei beni immobili è delimitato secondo i principi del diritto federale concernente il divieto di doppia imposizione intercantonale; tale disposizione autorizza la presa in conto dei redditi derivati da immobili all'estero ai fini del calcolo dell'aliquota applicabile ai redditi assoggettati ad imposizione in Svizzera" (la cosiddetta "esenzione con progressività"); l'articolo 21, primo capoverso, della legge federale sull'Imposta federale diretta (LIFD) "fornisce un elenco non esaustivo dei redditi da sostanza immobiliare. Tra questi redditi figura il cosiddetto valore locativo degli immobili che il contribuente ha a disposizione per uso proprio in forza del suo diritto di proprietà. In pratica per valore locativo si intende l'affitto teorico annuale (inferiore comunque al valore di mercato) che il proprietario dovrebbe pagare per poter avere in uso proprio l'immobile. (...) Per quanto concerne gli immobili siti all'estero, il valore locativo viene preso in conto unicamente per il calcolo dell'aliquota applicata ai redditi assoggettati ad imposta in Svizzera"; dunque l'imposizione, applicata secondo il criterio descritto, "non viola le pertinenti disposizione della CDI. In particolare, l'art. 6 e l'art. 22 della CDI non prevedono un'imposizione esclusiva dei redditi immobiliari e della sostanza immobiliare nel Paese di situazione dell'immobile. (...) La Svizzera esonera i propri residenti proprietari di un immobile in Italia, ma prende in conto i redditi e il valore nella determinazione dell'aliquota (art. 24 CDI e art. 6 LIFD). Infine, non risulta alcuna imposizione contraria all'art. 25 CDI"; in conclusione, il DFAE, dopo aver spiegato che, sia per prassi, che per giurisprudenza le autorità locali responsabili dell'imposizione fiscale sul patrimonio rispettano il modello dell'"esenzione con progressività", ricorda che, oltre alla possibilità di adire le "vie legali di diritto interno", "l'autorità competente per l'applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni è a disposizione per discutere delle questioni relative all'applicazione delle sopracitate regole ed eventualmente valutare il caso nell'ambito di una domanda di procedura di amichevole composizione ai sensi dell'art. 26 CDI";

considerato che:

fino a pochi anni fa, la grande maggioranza dei cittadini italiani residenti in Svizzera ignorava la necessità di comunicare al fisco svizzero le proprietà immobiliari situate in Italia, peraltro soggette nel corso degli anni a ICI, IMU, eccetera;

a riprova della buona fede dei più, negli ultimi anni, nel corso dei quali le autorità svizzere si sono impegnate in una campagna di informazione più efficace e capillare e il mondo dell'associazionismo italiano ha contribuito a sostenerla ed espanderla, molti cittadini italiani hanno completato le proprie dichiarazioni al fisco svizzero e altri intendono farlo a breve;

l'asserita generosità con cui le autorità svizzere hanno presentato l'opportunità per i cittadini inadempienti di regolarizzare la propria posizione, considerando solo gli ultimi 10 anni, corrisponde in realtà alla prassi regolarmente adottata dalle medesime autorità in materia fiscale;

secondo informazioni provenienti da diversi cittadini italiani residenti in Svizzera, alcune autorità locali, a differenza di quanto asserito dal DFAE, non si limitano ad applicare il modello dell'"esenzione con progressività", ma considerano il suddetto "valore locativo" dell'immobile come reddito imponibile a tutti gli effetti, peraltro fissandone arbitrariamente il livello;

per quanto concerne i requisiti richiesti per le prestazioni sociali, nella stragrande maggioranza dei casi riguardanti i cittadini italiani residenti in Svizzera, la mera applicazione dell'aliquota sull'intero patrimonio non produrrebbe la perdita dei requisiti, esito quasi certo, invece, nel caso di una doppia imposizione fondata sul suddetto valore locativo degli immobili situati in Italia;

"Adire le vie legali di diritto interno" è una opportunità alla quale molti cittadini italiani, residenti in Svizzera, non possono accedere, per ovvie ragioni di carattere economico;

la necessità che le autorità locali della Confederazione Svizzera si conformino al divieto di doppia imposizione non deriva, né dalla prassi, né dalla giurisprudenza di quel Paese, bensì dalla Convenzione in vigore dal 1979, in particolare dal primo e terzo paragrafo dell'art. 2: "La presente Convenzione si applica alle imposte sul reddito e sul patrimonio prelevate per conto di ciascuno degli Stati contraenti, delle sue suddivisioni politiche o amministrative e dei suoi enti locali";

risulta pertanto evidente che dovrebbe essere la stessa Confederazione Svizzera ad assumere pienamente e preventivamente la responsabilità di evitare che ignari cittadini possano essere vessati dalle sue articolazioni amministrative, essendo altrimenti oggettivamente discutibile l'opportunità di stipulare simili accordi;

l'applicazione del suddetto valore locativo ai beni immobili, situati in Italia, anche quando circoscritta ai fini della determinazione dell'aliquota complessiva, appare in evidente contraddizione con il divieto della doppia imposizione. In base alle considerazioni avanzate dal DFAE nel documento citato, infatti, esso appare in tutto e per tutto equiparato a un reddito presunto: "La scelta del legislatore svizzero ha quale obiettivo di parificare parzialmente la situazione dei conduttori di immobili, che hanno un costo dovuto agli affitti mensili che non è deducibile fiscalmente, a quello dei proprietari di immobili destinati ad uso proprio, che possono dedurre gli interessi passivi ed i costi di manutenzione". Ora, non solo tale reddito non esiste nella realtà, altrimenti sarebbe imponibile in Italia e non ci sarebbe bisogno che siano le autorità locali svizzere a lavorare di fantasia per determinarlo, ma non esiste neppure in sede teorica, visto che i suoi ipotetici beneficiari pagano l'affitto in Svizzera;

nella grande maggioranza dei casi i beni immobili in questione sono situati in aree economicamente depresse e soggette ad un durevole fenomeno di spopolamento. Tale condizione rende non solo altamente improbabile un qualsiasi valore locativo superiore a zero, ma determina anche un valore patrimoniale puramente teorico: si tratta, in effetti, di immobili "fuori mercato";

la condizione paradossale in cui si trovano molti cittadini italiani residenti in Svizzera, dunque, unisce gli svantaggi di una proprietà immobiliare tassata come seconda casa in Italia, nonostante sia quasi sempre l'unica abitazione di proprietà, agli svantaggi inerenti alla loro condizione di affittuari in Svizzera, per riparare ai quali viene ulteriormente penalizzata la proprietà immobiliare in Italia. Tuttavia, non risulta in alcun passaggio della CDI, e tanto meno nella prassi internazionale tanto cara al DFAE, che gli accordi miranti a vietare la doppia imposizione siano finalizzati a permettere una imposizione tripla,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo intendano procedere con la massima urgenza a convocare la commissione mista, prevista dall'art. 26 CDI, al fine di valutare l'insieme delle criticità e sospendere il termine del 31 marzo 2017, la cui persistenza può determinare un autentico dramma sociale, che avrebbe conseguenze gravi e durevoli sulle relazioni dei due Paesi;

se intendano negoziare, alla luce delle considerazioni espresse sullo scarso grado di consapevolezza del problema fino a pochi anni fa, nonché dell'entità residuale e della natura discutibile del cosiddetto "valore locativo" dei beni immobili in questione, termini di applicazione della regolarizzazione molto inferiori ai 10 anni previsti;

se vogliano informare gli organismi dell'Unione europea, per valutare anche la situazione dei cittadini europei non italiani residenti in Svizzera e verificare l'opportunità di considerare tali questioni nell'ambito delle trattative in corso tra Unione europea e Confederazione Svizzera;

se vogliano considerare l'opportunità, a fronte di minacce di espulsione dei nostri concittadini residenti in Svizzera, i quali, dopo una vita di lavoro in Svizzera e per la Svizzera, necessitano di aiuti sociali per sopravvivere e, in caso di risposta negativa da parte delle autorità, di reinserire la Confederazione elvetica nella "Black List".

(3-03615)