• Testo DDL 1312

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Atto a cui si riferisce:
S.1312 Modifiche al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167 in materia di apprendistato di riqualificazione


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1312
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori Mariarosaria ROSSI, SERAFINI, MUSSOLINI, PICCINELLI, PAGNONCELLI, ZUFFADA, MALAN e PELINO

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 12 FEBBRAIO 2014

Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011,
n. 167, in materia di apprendistato di riqualificazione

Onorevoli Senatori. -- L'istituto dell'apprendistato ha origini storiche antichissime e generalmente ricondotte alla relazione tra maestro e allievo, la cui disciplina trovava una prima compiuta forma nell'ambito degli statuti delle Corporazioni medievali. In tale contesto, l'allievo imparava l'arte o il mestiere, senza ricevere in cambio alcun compenso se non l'insegnamento necessario a fargli conseguire la qualificazione professionale utile per il libero svolgimento dell'arte o del mestiere per il quale l'insegnamento veniva ripartito.

Già dalla fase embrionale emerge la finalità precipua dell'istituto in commento, ossia quella di «formare» l'allievo trasferendo su di esso l'intero know-how del mestiere e porlo, dopo un lungo periodo di tirocinio, nella condizione di poter attestare la sua professionalità all'interno della società.

L'attitudine formativa non ha mai abbandonato il contratto di apprendistato nelle molteplici modifiche legislative che si sono succedute nel tempo, dove, sia pure con caratteristiche diverse derivanti dalle diverse contingenze storico-economiche, è sempre presente l'obiettivo del legislatore di favorire l'accesso alle «nuove leve» ad una occupazione qualificata.

La fattispecie contrattuale dell'apprendistato è stata disciplinata per la prima volta nel dettaglio, dalla legge 19 gennaio 1955 n. 25, che rispondeva alla esigenza di tradurre in un sistema più consono ai tempi il precetto costituzionale contenuto nell'articolo 35 della Costituzione.

Una prima modifica dell'istituto fu fatta con la legge 24 giugno 1997, n. 196 (cosiddetto Pacchetto Treu), il cui obiettivo era quello di valorizzare le finalità formative dell'istituto in armonia con quanto previsto negli altri Paesi europei (Francia e Germania in particolare).

Le problematiche del contratto di apprendistato sono state successivamente affrontate dal «Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia», dell'ottobre del 2001, e quindi nel decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (cosiddetta Riforma Biagi), di attuazione della legge delega 14 febbraio 2003, n. 30.

In esso, l'istituto dell'apprendistato è stato diversificato in tre nuove tipologie di rapporti lavorativi con finalità formative, modulati in base ai soggetti a cui si rivolgevano, alla durata e alle finalità formative.

Giova ricordare che la riforma costituzionale del 2001 -- legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 -- ha attribuito la potestà legislativa esclusiva alle regioni della materia della formazione professionale, la cui eccessiva lentezza nell'emanare la disciplina dei profili formativi ha senz'altro rappresentato una delle cause del fallimento della nuova disciplina.

L'evoluzione normativa della materia si è avuta con l'emanazione del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, recante testo unico dell'apprendistato, a norma dell'articolo 1, comma 30, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

L'articolo 1 reca la definizione dell'apprendistato, come un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all'occupazione dei giovani, specificando all'articolo 4 che possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere per il conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali, i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale, conseguita ai sensi del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere può essere stipulato a partire dal diciassettesimo anno di età.

Una novità rispetto alla tradizionale funzione dell'apprendistato, cioè la formazione di giovani lavoratori non ancora qualificati, è rappresentata dall'articolo 7, comma 4, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 167 del 2011, ai sensi del quale è possibile assumere in apprendistato anche i lavoratori in mobilità, ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale, in deroga ai limiti di accesso all'istituto sulla base dell'età anagrafica.

Da ultimo la materia è stata disciplinata dal decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 99, recante primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti.

I dati del I trimestre 2013 contenuti nel rapporto di monitoraggio dell'ISFOL relativo agli effetti della riforma Fornero (legge 28 giugno 2012, n. 92) sulla dinamica degli avviamenti dei contratti di lavoro, basato sulle comunicazioni obbligatorie del primo trimestre 2013, evidenziano, tuttavia: che l'obiettivo di rendere l'apprendistato il contratto prevalente per l'ingresso dei giovani nel mercato del lavoro appare decisamente lontano; che l'incidenza degli avviamenti in apprendistato sul totale degli avviamenti nella fascia d'età 15-29 anni, che non supera il 10 per cento tra il 2012 e il primo trimestre 2013, non può far ritenere raggiungibile a breve l'obiettivo posto dalla legge n. 92 del 2012.

Nel I trimestre 2013, infatti, l'andamento tendenziale dei nuovi contratti di apprendistato, rispetto al primo trimestre del 2012, ha messo in evidenza una contrazione significativa, pari al 22 per cento. Si tratta di una flessione più che doppia rispetto a quella che nello stesso trimestre ha interessato il totale degli avviamenti. Se ne può dedurre che l'apprendistato non è ritenuto un contratto conveniente neanche per la fascia di popolazione a cui è diretto.

Le principali cause sono: 1) complessità della normativa sulla formazione (ripartita tra Stato e regioni); 2) difficoltà di gestione della formazione (rischio di sanzioni pesanti).

Per poter aumentare il ricorso all'apprendistato occorre prevedere una nuova tipologia (apprendistato di riqualificazione) che aumenti le possibilità di utilizzo di questo contratto riducendo i vincoli che oggi lo penalizzano.

Le caratteristiche essenziali dell'apprendistato di riqualificazione sono le seguenti: obblighi formativi ridotti (magari prevedendo solo un numero minimo di ore); modalità di erogazione della formazione non vincolate (deve essere lasciata alle aziende la possibilità di decidere che tipo di formazione effettuare); requisiti soggettivi (in primis l'età) più ampi; limiti quantitativi di assunzioni effettuabili più alti (eventualmente si può ridurre la durata massima e prevedere un meccanismo di penalizzazione nel caso in cui l'apprendista non sia stabilizzato); durata massima in funzione dell'età (più lunga per soggetti più giovani e per le donne) e della condizione soggettiva (più lunga per disoccupati); formazione incrementale rispetto a quella obbligatoria che da diritto a qualche beneficio se effettuata dall'azienda (portare la formazione da obbligo a elemento incentivante).

La nuova tipologia contrattuale può agevolare la ricollocazione con un contratto a tempo indeterminato (tale è l'apprendistato) di persone che possiedono competenze specifiche, avendo già avuto precedenti esperienze lavorative, ma che non riescono a rientrare nel ciclo produttivo soprattutto per la mancanza di uno strumento contrattuale con cui le aziende possano gestire la necessaria riqualificazione.

Occorre evidenziare che la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), all'articolo 1, comma 215, prevede l'istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Fondo per le politiche attive del lavoro, con una dotazione pari a 15 milioni di euro per il 2014 e a 20 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016. Lo stesso comma demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione delle iniziative, anche sperimentali, finanziabili a valere sul suddetto Fondo, specificando che tali iniziative debbano essere intese a favorire il reinserimento lavorativo dei fruitori di ammortizzatori sociali (anche in regime di deroga) e di lavoratori in stato di disoccupazione ed essere sostenute da programmi formativi specifici; tra le iniziative finanziabili è compresa anche la sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione, che non è un nuovo rapporto di lavoro ma un accordo tra lavoratore, strutture pubbliche regionali ed agenzie private per la ricollocazione di persone prive occupazione.

L'apprendistato di riqualificazione può rappresentare una tipologia contrattuale coerente con gli obiettivi di questa misura di politica del lavoro e può rappresentare, in generale, un importante strumento per gestire il reinserimento nel mondo del lavoro di persone già professionalizzate ed appartenenti ad una fascia di età che, in assenza di interventi, rischierebbe di essere marginalizzata aumentando fenomeni di disagio sociale.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. Al testo unico dell'apprendistato, di cui al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 2, dopo la lettera c) è aggiunta, in fine, la seguente:

«c-bis) apprendistato di riqualificazione»;

b) all'articolo 2:

1) al comma 1, lettera d), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatto salvo quanto previsto all'articolo 5-bis, comma 5»;

2) al comma 3-bis sono premesse le seguenti parole: «Fermo quanto previsto all'articolo 5-bis, comma 6,»;

c) all'articolo 4, comma 1, le parole: «ventinove anni» sono sostituite dalle seguenti: «trentanove anni»;

d) dopo l'articolo 5, è inserito il seguente:

«Art. 5-bis. -- (Apprendistato di riqualificazione). -- 1. Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato di riqualificazione i soggetti in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181.

2. La durata massima del contratto di apprendistato di riqualificazione è fissata dalla contrattazione collettiva, e non può comunque essere superiore a trentasei mesi. Il predetto limite è elevato a quarantotto mesi per le donne e per i soggetti che siano privi di regolare occupazione retribuita da oltre dodici mesi.

3. I contratti collettivi possono definire specifiche modalità di gestione dell'attività formativa, fermo restando che l'azienda può erogare sotto la propria responsabilità esclusivamente quella finalizzata all'acquisizione delle competenze tecnico-professionali. In assenza di previsioni da parte della contrattazione collettiva aziendale o territoriale, spetta al datore di lavoro definire modalità coerenti con l'obiettivo di riqualificazione.

4. La durata complessiva dell'attività formativa non può essere inferiore a sedici ore per ciascun anno di durata del contratto. Le regioni possono riconoscere contributi a favore delle aziende che eroghino un numero di ore maggiore rispetto al limite di cui al primo periodo, ovvero al diverso limite individuato in sede di contrattazione collettiva.

5. La previsione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), non si applica nel caso in cui il datore di lavoro impieghi, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione di lavoro ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, un numero complessivo di apprendisti non superiore rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro.

6. L'assunzione di nuovi apprendisti ai sensi del presente articolo è subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei quarantotto mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 30 per cento degli apprendisti impiegati in esecuzione delle disposizioni del presente articolo dallo stesso datore di lavoro. Dal computo della predetta percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è consentita l'assunzione di un numero massimo di cinque apprendisti ovvero di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in violazione dei limiti di cui al presente comma sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, al di fuori delle previsioni del presente decreto, sin dalla data di costituzione del rapporto.

7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano nei confronti dei datori di lavoro che occupano alle loro dipendenze un numero di lavoratori inferiore a dieci unità».