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Atto a cui si riferisce:
S.1/00768 premesso che: il fenomeno del caporalato e del lavoro nero in agricoltura si è in questi ultimi anni enormemente sviluppato. Le dimensioni del fenomeno e le condizioni di estremo...



Atto Senato

Mozione 1-00768 presentata da MARIA TERESA BERTUZZI
martedì 4 aprile 2017, seduta n.799

BERTUZZI, LUMIA, PIGNEDOLI, ALBANO, CANTINI, CAPACCHIONE, CIRINNA', CUCCA, DEL BARBA, FASIOLO, FILIPPIN, GINETTI, LO GIUDICE, PAGLIARI, RUSSO, RUTA, SAGGESE, Elena FERRARA - Il Senato,

premesso che:

il fenomeno del caporalato e del lavoro nero in agricoltura si è in questi ultimi anni enormemente sviluppato. Le dimensioni del fenomeno e le condizioni di estremo sfruttamento che esso comporta sui lavoratori sono inaccettabili, ed incompatibili con il nostro ordinamento costituzionale: chi lavora nelle terre del caporalato e in condizioni di sfruttamento non ha una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e comunque non ha una retribuzione sufficiente ad assicurare a sé ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa;

nella realtà del caporalato e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura, per chi è in condizioni di bisogno e si sottomette al ricatto dell'intermediazione illecita e a condizioni lavorative di sfruttamento, non vi sono limiti alla durata della giornata lavorativa, che supera di norma la durata stabilita per legge, il lavoratore non ha diritto al riposo giornaliero e settimanale, né alle ferie, né vi sono limiti minimi di età, né vi sono tutele per le lavoratrici madri, né vi è garanzia di condizioni di sicurezza sul lavoro, né vi sono tutele in caso di infortunio o malattia, e certamente nessun lavoratore godrà mai di una pensione; il diffondersi sempre più ampio del caporalato e dello sfruttamento in agricoltura come in altri settori mina i principi sui quali si fonda la stessa convivenza democratica;

per contro, le aziende ed i datori di lavoro che si servono dell'intermediazione illecita dei caporali e sfruttano il lavoro di chi è in condizioni di bisogno recano danni alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana, in primo luogo degli stessi lavoratori, che costringono spesso con violenze e minacce a condizioni di vita degradanti ed intollerabili; essi godono di ingiusti profitti costruiti sullo sfruttamento dei lavoratori, costringendo ad una concorrenza al ribasso le tante aziende e i tanti imprenditori onesti, che assumono regolarmente, con conseguenze negative sul prezzo, sulla qualità e sulla stessa salubrità dei prodotti;

premesso altresì che:

la legge n. 199 del 2016, recante "Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento contributivo nel settore agricolo", ha visto la luce proprio il fine di rimuovere, anche attraverso lo strumento penale, un fenomeno che costituisce oggi uno dei più gravi ostacoli alla libertà ed all'uguaglianza dei cittadini, che offende la dignità dei lavoratori, ne preclude il pieno sviluppo della personalità e la partecipazione alla vita economica, sociale e politica del Paese;

nella coscienza della vastità e della gravità del fenomeno, essa rappresenta un primo passo per contrastare l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro. E proprio per questi motivi, il disegno di legge è stato approvato in entrambe le Camere a larghissima maggioranza, senza nessun voto contrario, e con il largo consenso anche dei partiti di opposizione, a riprova che la riforma del reato di intermediazione illecita e sfruttamento è stata valutata fondamentale per l'adeguata repressione del fenomeno, rappresentando inoltre la riconduzione del diritto penale alla sua principale funzionalità, che è quella di apprestare garanzie a tutela dei diritti di chi è più debole;

considerato che:

l'articolo 1 della legge n. 199 del 2016 ha riscritto l'intero articolo 603-bis del codice penale che, introdotto nel 2011, puniva il solo caporale e richiedeva come requisiti del reato l'organizzazione di un'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento mediante violenza o minaccia; l'esperienza concreta dei 5 anni dalla sua introduzione nel codice aveva dimostrato come quella formulazione fosse del tutto inadeguata a reprimere il fenomeno dello sfruttamento del lavoro in agricoltura;

con le modifiche introdotte all'articolo 603-bis del codice penale, la legge n. 199: riscrive la condotta dell'intermediario e punisce anche quella del datore di lavoro o utilizzatore che impieghi manodopera reclutata dall'intermediario e sottoponga i lavoratori a condizioni di sfruttamento, anche senza il ricorso a violenza o minacce; prevede un'aggravante specifica per l'intermediazione o l'utilizzo di lavoratori in condizioni di sfruttamento, mediante uso di violenza o minaccia; conseguentemente prevede maggiore gradualità delle pene, comprese quelle pecuniarie (da uno a 6 anni per sfruttamento senza violenza o minaccia, con multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato; da 5 a 8 con violenza o minaccia, con multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato); prevede la figura di reato autonoma del datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno, anche laddove non sia assunta mediante ricorso ad un intermediario; precisa e semplifica gli indici di sfruttamento lavorativo rendendoli più puntuali: in particolare, viene presa in considerazione la violazione degli indici di sfruttamento relativi alla retribuzione e all'orario di lavoro quando è reiterata e non solo sistematica;

la legge introduce poi nel codice penale, tra l'altro, l'articolo 603-bis.1, che individua un'ipotesi di circostanza attenuante specifica per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; per il ricorrere dell'attenuante è richiesto che il responsabile si adoperi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuti concretamente le autorità nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti. La specifica definizione della condotta che dà luogo all'attenuante è diretta conseguenza della riformulazione del reato e della sua estensione al datore di lavoro;

la riduzione di pena prevista dalla circostanza attenuante va da un terzo ai due terzi, e ciò mira a rompere il sodalizio criminale che si istaura tra il caporale e il datore di lavoro, premiando quelle forme di collaborazione con l'autorità giudiziaria che permettano di estirpare il fenomeno;

la legge n. 199 del 2016 introduce, inoltre, nel codice la previsione della confisca obbligatoria in caso di condanna (o di applicazione della pena su richiesta delle parti) per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro; si prevede che la confisca obbligatoria faccia salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno;

un'altra importante innovazione introdotta con la legge riguarda il controllo giudiziario dell'azienda e la rimozione delle condizioni di sfruttamento; il controllo giudiziario è disposto dal giudice, qualora l'interruzione dell'attività imprenditoriale possa comportare ripercussioni negative sui livelli occupazionali o compromettere il valore economico del complesso aziendale e risponde dunque alla necessità di ripristinare la legalità accompagnandola al rilancio dell'azienda, alla tutela del suo valore economico e al mantenimento dei posti di lavoro;

proprio per contemperare le esigenze di continuità occupazionale e produttiva delle aziende con quelle di ripristinare la legalità, l'amministratore giudiziario nominato dal giudice, che può adottare misure anche in difformità da quelle proposte dall'imprenditore, ha quali specifici compiti quelli di controllare il rispetto delle norme e delle condizioni lavorative, la cui violazione costituisce indice di sfruttamento e di procedere alla regolarizzazione dei lavoratori;

infine, viene introdotta una norma di coordinamento per i casi di sequestro disposto, in cui è consentita la confisca (comma 2 dell'art. 321 del codice di procedura penale) e per i casi di confisca disposta ai sensi del nuovo articolo 603-bis.2, nei quali si prevede l'applicazione regime dei beni sequestrati e confiscati alla mafia contenute nel codice antimafia, di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011; è previsto l'inserimento del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato prevedendolo, coerentemente con la nuova formulazione del reato, nei casi in cui l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro siano stati commessi con violenza o minaccia; il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro viene ricompreso tra i reati per i quali è prevista la responsabilità di enti, società ed associazioni (anche prive di personalità giuridica) privati, nonché gli enti pubblici economici per i reati commessi nell'interesse o a vantaggio dell'ente;

considerato inoltre che:

una parte importante della legge n. 199 del 2016 fissa quelle politiche che connettono lo Stato, le istituzioni locali e l'amministrazione con le imprese, le forze sociali, altri attori privati, al fine di favorire il contrasto al lavoro nero e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, evidenziando le principali linee di intervento e predisponendo strumenti in grado di affrontare alcune situazioni d'emergenza;

la legge agisce in primo luogo sulle disposizioni (articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014) che hanno istituito la rete del lavoro agricolo di qualità e che regolano la sua composizione, le sue funzioni, le sue attività; le modifiche più importanti sono destinate a rafforzare i compiti della rete, nonché ad ampliare i partecipanti alla cabina di regia, che sovrintende al funzionamento della rete, e l'ambito dei soggetti che vi possono aderire; le modifiche sono mirate a garantire un più efficace intervento nella valutazione delle richieste di iscrizione, così come nel monitoraggio del settore agricolo e delle sue dinamiche occupazionali, che permetta di proporre adeguati interventi in previsione dei nuovi compiti attribuiti alla rete;

risulta essenziale che la rete si doti di una struttura articolata sul territorio, attraverso la creazione di nodi locali, le sezioni territoriali, cui potranno aderire i soggetti che hanno stipulato convenzione con la rete. Con tale ampia partecipazione, sarà più facilmente disponibile la conoscenza di dati relativi a quantità, capacità, qualità, specializzazione della manodopera disponibile, alle esigenze del territorio, alle caratteristiche delle produzioni, all'ammodernamento dei sistemi produttivi. È attraverso la sezione territoriale che si rende possibile una maggiore conoscenza dei problemi dell'agricoltura del territorio, delle sue specificità e difficoltà, soprattutto per affrontare e fornire soluzioni a due questioni rilevanti per il contrasto del caporalato, ovvero il collocamento agricolo e il trasporto dei lavoratori sino al luogo di lavoro;

si è infine affrontato il tema delle urgenze che ogni anno, in specifici periodi, si palesano in diversi territori, relative in particolare alla sistemazione logistica e al supporto dei lavoratori impegnati in attività stagionali di raccolta, attraverso un piano di interventi predisposto congiuntamente dalle amministrazioni statali direttamente coinvolte nella vigilanza e nella tutela delle condizioni di lavoro nel settore agricolo (Ministero del lavoro, delle politiche agricole, dell'interno), con il coinvolgimento delle Regioni e delle amministrazioni locali, nonché delle organizzazioni del terzo settore;

valutato che:

la nuova formulazione dell'articolo 603-bis del codice penale ha suscitato alcune ingiustificate critiche in una parte del mondo imprenditoriale agricolo, secondo la quale la nuova legge introdurrebbe lo stesso rigore punitivo per gli imprenditori agricoli, che occasionalmente possono incorrere in lievi e formali violazioni della normativa legale e contrattuale rispetto a chi sfrutta indegnamente la manodopera, sottoponendola a disumani e degradanti condizioni di lavoro;

tale interpretazione sembra del tutto infondata e si basa su un'erronea valutazione degli elementi che configurano il reato di sfruttamento lavorativo ed in particolare del ruolo svolto dagli indici di sfruttamento, di cui al comma 3 del nuovo articolo 603-bis;

a questo riguardo occorre ricordare, in primo luogo, che la condotta punita dal comma 1 del nuovo art. 603-bis si basa sul ricorrere di due elementi, entrambi necessari: lo sfruttamento del lavoratore e l'approfittamento dello stato di bisogno, quale modalità attraverso cui si realizza lo sfruttamento stesso. È quindi essenziale per la configurazione del reato la situazione di vulnerabilità della vittima che versa in stato di bisogno. Questo costituisce il presupposto della condotta approfittatrice dolosamente perseguita, sia dal caporale che dal datore di lavoro, e attraverso la quale si realizza lo sfruttamento;

in secondo luogo, gli indici di sfruttamento non si identificano con gli elementi costitutivi del reato. Il ricorrere di singole violazioni di tali indici non integra il reato di sfruttamento lavorativo. Innanzitutto, gli indici si basano su una reiterazione delle condotte e delle violazioni; inoltre, costituiscono un mero indicatore dell'esistenza di sfruttamento che implica una violazione temporalmente apprezzabile e non occasionale dei beni interessati tutelati. Il giudice in questo senso deve tenerne conto nell'accertamento della verità, valutando l'idoneità di tali violazioni ad integrare una condotta, lo sfruttamento del lavoratore approfittando del suo stato di bisogno, che necessariamente si sviluppa nel tempo ed integra una situazione di fatto duratura e non contingente;

ciò significa che il nuovo art. 603-bis non riguarda affatto lievi e formali violazioni fatte dall'imprenditore agricolo, per le quali permangono le relative e sicuramente più tenui sanzioni di carattere amministrativo e contrattuale. Saranno certamente escluse non solo dalla valutazione, ma anche dal considerarli indice di sfruttamento, le violazioni accidentali o gli errori lievi, non idonei per l'assenza di dolo o per la loro tenuità anche solo ad essere connessi alle condotte delittuose previste dal 603-bis;

il reato, per come riformulato nel nuovo articolo 603-bis, prende in considerazione le condotte in tali "materie", solo quando la condotta delittuosa è idonea a conculcare e pregiudicare per una durata significativa i diritti fondamentali in materia di equa retribuzione (art. 36, comma primo, della Costituzione), limiti all'orario di lavoro, il diritto al riposo e alle ferie (art. 36, commi secondo e terzo, della Costituzione) il diritto alla sicurezza sul lavoro ed alle tutele in caso di infortunio o malattia (art. 38 della Costituzione), non a caso garantiti della Costituzione italiana,

impegna il Governo:

1) a verificare con attenzione la concreta applicazione della legge sul caporalato, tenendo conto che a 6 mesi dalla sua entrata in vigore ogni valutazione sui concreti effetti e sulla sua attuazione non può che essere prematura, specie con riferimento alla parte penale, la cui forza dissuasiva di condotte gravemente illecite necessita di un tempo congruo per apprezzarne i concreti benefici;

2) a rendersi disponibile ad un confronto con tutte le componenti del mondo dell'agricoltura per evidenziare l'importanza della repressione del fenomeno del caporalato per la tutela dei diritti fondamentali dei lavoratori, ma anche delle tante aziende e dei tanti imprenditori onesti che assumono regolarmente, oggi costretti ad una concorrenza al ribasso, che ha conseguenze negative rilevanti sull'intero comparto agricolo;

3) a promuovere in tali sedi e tra tutti gli imprenditori e lavoratori agricoli una chiarificazione dell'esatta portata delle norme penali relative alle condotte degli imprenditori, al fine di evidenziare come esse non riguardino lievi o occasionali infrazioni, ma siano volte esclusivamente alla repressione delle gravi forme di sfruttamento che pregiudicano per un tempo significativo i diritti costituzionali dei lavoratori;

4) a rafforzare l'impegno per la realizzazione dei piani di intervento per il supporto dei lavoratori che svolgono attività stagionale di raccolta dei prodotti agricoli, attraverso adeguate soluzioni per la sistemazione logistica e il trasporto dei lavoratori e mediante il coinvolgimento di Regioni, enti locali e delle rappresentanze degli imprenditori e dei lavoratori del settore, anche in vista dell'inizio della prossima stagione di raccolta;

5) a valutare l'effetto delle modifiche introdotte dalla legge destinate a rafforzare il ruolo della rete per il lavoro agricolo di qualità per verificarne la congruità rispetto alle esigenze di maggior conoscenza delle dinamiche occupazionali del settore agricolo a livello territoriale e a fornire gli strumenti e le soluzioni idonei al contrasto del caporalato;

6) a sostenere le forme sperimentali di attivazione dei nodi locali della rete del lavoro di qualità;

7) a riferire alle Camere, ad un anno dalla entrata in vigore della legge n. 199 del 2016, sullo stato di attuazione e sui concreti risultati conseguiti nel contrasto al fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro.

(1-00768)