• Testo DDL 1379

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Atto a cui si riferisce:
S.1379 Norme in materia di prostituzione


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 1379
DISEGNO DI LEGGE
d'iniziativa dei senatori ALBERTI CASELLATI, CALIENDO, MALAN, MUSSOLINI, PALMA e Mariarosaria ROSSI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 6 MARZO 2014

Norme in materia di prostituzione

Onorevoli Senatori. -- Come noto, anteriormente all'entrata in vigore della legge 20 febbraio 1958, n. 75 (recante abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui, cosiddetta «legge Merlin»), il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, disciplinava in maniera alquanto minuziosa l'esercizio di tale attività, prevedendo un complesso sistema di autorizzazioni, controlli e divieti, che riguardava sia i locali nei quali l'esercizio stesso era consentito, sia le persone che in essi prestavano la propria opera. Nelle intenzioni della senatrice Merlin, la legge si rendeva necessaria al fine di garantire le libertà civili e l'eguaglianza tra i sessi, compresse e svilite da una disciplina ritenuta discriminatoria, vessatoria, degradante, e dunque incompatibile con il mutato quadro costituzionale di riferimento. Ma dalla lettura degli atti del lungo dibattito parlamentare che occorse affinché il progetto si trasformasse in legge, si ricava che le iniziali, nobili preoccupazioni di tutela dei diritti fondamentali dell'individuo cedettero il passo a istanze del tutto diverse: e infatti, più che di diritti violati e di princìpi costituzionali vanificati, si discusse di costumi morali corrotti e di degradazione della società. Particolarmente illuminante appare, a questo proposito, l'intervento del senatore Caporali, presidente della Commissione sanità, che ebbe a dichiarare: «Bisogna abolire tutto ciò che è lurido. lo sono fervente abolizionista, ma non in modo unilaterale [ ... ] sono abolizionista nel senso di chiudere quelle carceri, carceri del resto alle quali si sono le stesse donne rinchiuse spontaneamente, per i loro fatali errori, per le loro debolezze, per le loro degenerazioni». Quello che si operò fu, dunque, la traslazione della questione dal piano giuridico-normativo a quello morale, e la legge in parola, nell'indifferenza generale verso l'effettiva violazione di diritti costituzionalmente protetti, si trasformò nel braccio armato di istanze moralizzatrici della società che, più che punire lo sfruttamento della prostituzione, intendevano punire i cattivi costumi delle prostitute e, in parte, dei loro clienti.

Non c'è, a questo punto, da stupirsi se gli effetti della legge Merlin sono stati quelli che tutti abbiamo sotto gli occhi: i fenomeni sociali, specie se intrinsecamente pericolosi come quello in esame, vanno infatti governati attraverso idonei strumenti giuridici, giacché l'assenza di regolamentazione -- ove non accompagnata, come nel caso di specie, dalla completa proibizione delle condotte -- ne determina inevitabilmente lo sviluppo.

A questo proposito non dimentichiamo che, grazie alla chiusura delle case di tolleranza, l'offerta è divenuta più visibile e accessibile, e ha quindi indotto un consistente aumento della domanda, dando al settore un impulso prima impensabile. Parallelamente, l'assenza di controlli e regole ha favorito l'aumento della criminalità legata al mercato della prostituzione, tradizionalmente assai redditizio. Cosicché oggi le strade pullulano di persone, spesso giovanissime, che si prostituiscono perché -- nella maggioranza dei casi --vittime di organizzazioni criminali che con violenza, minaccia o inganno, le reclutano, le gestiscono, ne recepiscono i profitti e, ovviamente, impediscono a chi lo voglia di abbandonare l'attività.

Orbene, dalle brevi considerazioni che precedono ritengo emerga con chiarezza la necessità di assoggettare nuovamente a disciplina il fenomeno della prostituzione, sì da riportarlo nell'alveo del diritto, sull'esempio di quanto è stato fatto negli ultimi anni in diversi Paesi europei quali, tra gli altri, Svezia, Olanda e Germania.

Un esame delle norme dagli stessi approvate può rivelarsi, a questo punto, assai utile a costruire anche da noi un sistema legislativo valido, che abroghi la legge Merlin, superandone gli insanabili vizi.

I modelli legislativi adottati, pur molteplici, registrano comunque il superamento delle tradizionali categorie del proibizionismo, del regolamentarismo e dell'abolizionismo -- risalenti al 1800 e imperniati sull'equivalenza tra prostituzione e offesa ai pubblici costumi --, e la loro rielaborazione in modelli che danno conto del mutato atteggiamento generale nei confronti della sessualità. Cosicché nel neoregolamentarismo come nella depenalizzazione, nel semiproibizionismo come nella criminalizzazione del cliente, la prostituzione è considerata come un vero e proprio lavoro, cioè un fatto sociale pienamente accettato, soggetto o meno a regole e divieti.

Adottare un sistema piuttosto che un altro, significa, in primo luogo, stabilire se si voglia considerare lecito l'esercizio della prostituzione o se, viceversa, si preferisca considerarlo reato, indipendentemente dalle modalità dello stesso: la prostituzione è infatti lecita nel regolamentarismo, nell'abolizionismo, e nelle relative rielaborazioni (adottate, da ultimo, in Olanda e Germania); è illecita nel proibizionismo e nella criminalizzazione del cliente (vigenti, tra gli altri, in Svezia, Irlanda e Stati Uniti).

A questo punto, preso atto del fallimento del sistema abolizionista previsto dalla legge Merlin, e ritenendo che l'esercizio della prostituzione debba continuare ad essere considerato lecito, crediamo che il cosiddetto neoregolamentarismo costituisca, tra i vari modelli prospettati, quello che meglio risponde all'esigenza di bilanciare tra i diritti delle persone che si prostituiscono e quelli dell'intera collettività. In esso la prostituzione viene legalizzata attraverso la previsione di regole non discriminatorie, che consentono di controllare il fenomeno, restituendo dignità e diritti ai soggetti che si prostituiscono.

In questo si sostanzia la ratio del presente disegno di legge, la cui architettura generale ricalca il modello della legge sulla prostituzione entrata in vigore in Germania nel gennaio 2002. Passando ad una rapida analisi degli articoli che compongono la proposta in esame, e soffermandoci sulle sole novità introdotte, occorre, in primo luogo, dire che la prostituzione diventa un'attività pienamente lecita, purché esercitata volontariamente da parte di soggetti maggiorenni. In conseguenza di ciò, da un lato, il contratto avente ad oggetto la cessione di prestazioni sessuali cessa di essere nullo ai sensi dell'articolo 1343 del codice civile; dall'altro, chi si prostituisce è tenuto al pagamento delle tasse e degli oneri previdenziali e assistenziali. In secondo luogo, il divieto generale di esercitare la prostituzione in case o altri luoghi chiusi viene sostituito dal divieto di esercitare la prostituzione in luoghi pubblici o aperti o esposti al pubblico, che, come visto, alimentano il fenomeno e mettono in pericolo sia i diritti di chi si prostituisce, sia la sicurezza generale.

Il compito di stabilire le condizioni per l'esercizio della prostituzione al chiuso viene demandato nel rispetto di alcuni principi inderogabili fissati dalla legge -- ai singoli comuni, in ragione della maggiore conoscenza che essi hanno dei territori, degli abitanti e delle loro specifiche esigenze. Ai medesimi enti spetta anche la tenuta del «Registro delle persone che esercitano la prostituzione», nel quale sono indicate, per ciascuna casa di prostituzione, le generalità delle persone che vi esercitano la propria attività. Scopo del Registro è garantire l'indipendenza e i diritti fondamentali dei soggetti in esso iscritti, mettendoli al riparo dallo sfruttamento di terzi. Da ultimo, per quanto concerne l'apparato sanzionatorio, ricordiamo che oltre alle pene per le ipotesi di sfruttamento della prostituzione, il disegno di legge prevede pene, detentive e pecuniarie, per le ipotesi di esercizio della prostituzione in luogo pubblico.

Occorre ricordare che nel corso della XVI legislatura, le Commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato avviarono l'esame di alcuni disegni di legge sull'argomento [(atto Senato n. 1079) Misure contro la prostituzione, d’iniziativa governativa; (atto Senato n. 125) Poretti e Perduca. -- Disposizioni in materia di esercizio della prostituzione; (atto Senato n. 674) Paolo Franco. -- Disposizioni in materia di prostituzione; (atto Senato n. 756) Stiffoni. Misure contro lo sfruttamento della prostituzione e in materia di controlli sanitari; (atto Senato n. 776) Della Monica ed altri. -- Disciplina dei reati connessi con il fenomeno della prostituzione e misure di integrazione sociale; (atto Senato n. 1027) Musso. -- Disposizioni in materia di lotta alla prostituzione; (atto Senato n. 1093) Serra ed altri. -- Norme in materia di prostituzione; (atto Senato n. 1139) Vittoria Franco ed altri. -- Disciplina dei reati connessi con il fenomeno della prostituzione e misure di integrazione sociale; e petizione n. 227 ad essi attinente], recanti tutti disposizioni in materia di prostituzione, a conferma della presa di coscienza, da parte non solo della maggioranza di Governo ma anche della opposizione, della indubbia obsolescenza della normativa in vigore e della necessità quindi di introdurre modifiche puntuali alla legge Merlin, al fine di rendere più efficace il contrasto alla prostituzione, ed in particolare alla prostituzione esercitata in strada, cui si ricollegano fenomeni criminali soprattutto di sfruttamento, nonché situazioni di degrado e di allarme sociale.

L'iter, iniziato nel novembre 2008, si fermò il 13 maggio 2009.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. La presente legge disciplina la prostituzione, intesa come cessione di prestazioni sessuali verso corrispettivo di un prezzo tra soggetti maggiorenni consenzienti.

2. La prostituzione può essere esercitata solo come prestazione resa da un lavoratore autonomo e ne è vietato lo sfruttamento sotto qualsiasi forma.

3. Chiunque esercita la prostituzione è tenuto al pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali ed erariali. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta, con regolamento, le norme attuative del presente comma.

4. I contratti aventi ad oggetto la cessione di cui al comma 1 non sono illeciti ai sensi dell'articolo 1343 del codice civile.

Art. 2.

1. L'esercizio della prostituzione è disciplinato dai singoli comuni con propri regolamenti, adottati in conformità ai princìpi generali fissati dalla presente legge.

2. I comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti possono vietare l'esercizio della prostituzione all'interno del proprio territorio.

Art. 3.

1. L'esercizio della prostituzione è consentito solo in luoghi chiusi, di seguito denominati «case di prostituzione», previa autorizzazione del questore.

2. Le case di prostituzione sono situate entro i confini delle zone periferiche allo scopo individuate dai sindaci entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Non possono essere autorizzate case di prostituzione:

a) situate in edifici ove sono presenti locali con destinazione d'uso diversa;

b) distanti meno di un chilometro da edifici scolastici, di culto, caserme, stazioni dei mezzi pubblici;

c) con un numero di stanze superiore a venti;

d) prive del certificato di idoneità igienico-sanitaria dei locali, rilasciato dall'azienda sanitaria locale competente previa ispezione.

Art. 4.

1. Al fine di garantire l'indipendenza e i diritti fondamentali delle persone che esercitano la prostituzione e di impedire lo sfruttamento delle stesse, presso ogni casa di prostituzione possono prestare la propria attività solo i soggetti risultanti dal Registro di cui al comma 2. Agli stessi soggetti spetta, in via esclusiva, la gestione della casa di prostituzione.

2. Presso ciascun comune è istituito un «Registro delle persone che esercitano la prostituzione», di seguito denominato «Registro», nel quale sono indicate, per ciascuna casa di prostituzione, le generalità complete delle persone che vi esercitano la propria attività. La tenuta del Registro è curata da un ufficio comunale allo scopo costituito, che garantisce il rispetto del diritto alla riservatezza degli interessati. Le annotazioni sono cancellate quando la persona interessata comunica la cessazione dell'attività di prostituzione.

3. Della registrazione è data comunicazione, da parte dell'ufficio competente, all'azienda sanitaria locale e all'amministrazione tributaria.

Art. 5.

1. Le persone iscritte al Registro ricevono, all'atto della registrazione, un libretto sanitario nominativo, sul quale sono annotati, a cura dell'azienda sanitaria locale, gli esiti dei controlli medici da effettuare con cadenza semestrale.

Art. 6.

1. Chiunque esercita la prostituzione violando gli articoli 4 e 5 è punito con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da 100 a 1.000 euro.

2. Chiunque esercita la prostituzione in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico è punito con la reclusione da due mesi a due anni e con la multa da 200 a 4.000 euro.

3. Chiunque si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico è punito con le pene previste al comma 2.

4. Non è punibile per i fatti di cui al comma 2 chi risulta essere stato indotto a prostituirsi mediante violenza, minaccia, inganno ovvero chi fornisce all'autorità giudiziaria elementi utili all'individuazione degli autori dei reati di cui all'articolo 7.

Art. 7.

1. È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 200 a 5.000 euro, salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 240 del codice penale:

a) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo da ballo o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze o qualunque locale aperto al pubblico o utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, esercitano la prostituzione;

b) chiunque recluta una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne organizza, sfrutta o agevola la prostituzione;

c) chiunque induce alla prostituzione una donna di età maggiore, o compie atti di lenocinio, sia personalmente sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;

d) chiunque impedisce o tenta di impedire a persona che esercita la prostituzione di desistere da tale attività;

e) chiunque induce una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza, al fine di esercitare la prostituzione ovvero si adopera per agevolarne la partenza;

f) chiunque svolge un'attività in associazioni e organizzazioni nazionali o estere dedite al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevola o favorisce l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni.

2. In tutti i casi previsti al comma 1, lettera a), oltre alle pene in esso comminate, può essere altresì revocata l'eventuale licenza di esercizio o ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio.

3. I delitti previsti dalle lettere b) e c) del comma 1, se commessi da un cittadino italiano in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano.

4. Ai colpevoli di uno dei delitti previsti dal presente articolo, consumati o tentati, si applica l'interdizione dai pubblici uffici, di cui all'articolo 28 del codice penale, e dall'esercizio della tutela e della curatela per un periodo da un minimo di due anni a un massimo di venti anni.

Art. 8.

1. La pena prevista per i delitti di cui all'articolo 7 è raddoppiata:

a) se il fatto è commesso con violenza, minaccia, inganno;

b) se il fatto è commesso ai danni di persona minore degli anni diciotto o di persona in stato di infermità o minorazione psichica, naturale o provocata;

c) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il coniuge, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore;

d) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza, di custodia;

e) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio o di impiego;

f) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni;

g) se il fatto è commesso ai danni di più persone;

h) se il fatto è commesso ai danni di una persona tossicodipendente.

Art. 9.

1. I comuni promuovono attività e interventi idonei alla prevenzione dell'esercizio della prostituzione e iniziative in favore delle persone che manifestano la volontà di cessare l'attività di prostituzione.

Art. 10.

1. La legge 20 febbraio 1958, n. 75, è abrogata.