• C. 4274 EPUB Proposta di legge presentata il 3 febbraio 2017

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Atto a cui si riferisce:
C.4274 Disposizioni in materia di controllo e vigilanza negli asili nido, nelle scuole dell'infanzia e presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio nonché in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale del personale scolastico e sanitario


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4274


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
DI VITA, COLONNESE, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO, NESCI, AGOSTINELLI, ALBERTI, BARONI, BASILIO, BATTELLI, BENEDETTI, PAOLO BERNINI, MASSIMILIANO BERNINI, NICOLA BIANCHI, BONAFEDE, BRESCIA, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, BUSTO, CANCELLERI, CARIELLO, CARINELLI, CASO, CASTELLI, CECCONI, CHIMIENTI, CIPRINI, COLLETTI, COMINARDI, CORDA, COZZOLINO, CRIPPA, DA VILLA, DADONE, DAGA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DE LORENZIS, DE ROSA, DEL GROSSO, DELLA VALLE, DELL'ORCO, DI BATTISTA, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, MANLIO DI STEFANO, DIENI, D'INCÀ, D'UVA, FANTINATI, FERRARESI, FICO, FRACCARO, FRUSONE, GAGNARLI, GALLINELLA, LUIGI GALLO, GRANDE, GRILLO, L'ABBATE, LIUZZI, LOMBARDI, LUPO, MANNINO, MARZANA, MICILLO, NUTI, PARENTELA, PESCO, PETRAROLI, PISANO, RIZZO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, RUOCCO, SARTI, SCAGLIUSI, SIBILIA, SORIAL, SPADONI, SPESSOTTO, TERZONI, TOFALO, TONINELLI, TRIPIEDI, VACCA, SIMONE VALENTE, VALLASCAS, VIGNAROLI, VILLAROSA, ZOLEZZI
Disposizioni in materia di controllo e vigilanza negli asili nido, nelle scuole dell'infanzia e presso le strutture socio-assistenziali per anziani, persone disabili e minori in situazione di disagio nonché in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale del personale scolastico e sanitario
Presentata il 3 febbraio 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — Le notizie di cronaca riportano sempre più spesso casi di maltrattamenti perpetrati a danno di minori, anziani e persone disabili (soggetti che necessitano di una tutela maggiore da parte delle istituzioni in quanto versano in una situazione di particolare svantaggio, non essendo in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze e alla propria autodifesa) all'interno delle strutture, pubbliche o private, come asili nido e scuole dell'infanzia o strutture socio-assistenziali, di cui sono ospiti.
      Questi, purtroppo, non costituiscono singoli casi isolati. È chiaro a tutti ormai che gli episodi che continuano a registrarsi in tutto il territorio nazionale si inseriscono a pieno titolo nel quadro di un fenomeno invero più diffuso di quanto si possa immaginare, dovuto in particolare alla pressoché generalizzata assenza di controlli in tale settore. Realtà tristemente simili emergono infatti sempre più di frequente dalle cronache giornalistiche.
      Tra i casi più recenti si ricorda quello del 18 gennaio 2016 relativo a una comunità alloggio a Licata in provincia di Agrigento, sottoposta a sequestro preventivo, in cui sarebbero stati maltrattati fisicamente e psicologicamente alcuni minori e persone con disabilità psichiche (inabili psichici) affidati alla struttura per ricevere assistenza e sostegno psicologico. Un'assistente sociale, responsabile della gestione della struttura, è stata posta agli arresti domiciliari, per tre operatori è scattato il divieto di dimora nella provincia di Agrigento e l'amministratore è stato interdetto dall'esercizio dell'attività. Nell'ambito dell'operazione, condotta dai carabinieri e denominata «Catene spezzate», sono complessivamente otto le persone iscritte nel registro degli indagati.
      È dell'8 febbraio 2016, invece, la notizia dell'arresto di dieci persone, nella provincia di Roma, accusate di maltrattamenti di giovani pazienti affetti da patologie neuropsichiatriche e ospiti di un centro di riabilitazione a Grottaferrata. Tre pazienti sono stati segregati e chiusi a chiave nelle loro stanze. Un vero e proprio lager con i degenti – sedici ragazzi, di cui cinque minori di quattordici anni, affetti da gravi disabilità – che venivano picchiati, ingozzati di cibo a forza, umiliati e insultati. Alcune delle vittime avevano otto anni. I principali artefici dell'orrore sono un educatore e un assistente socio-sanitario con funzioni educative che si sarebbero distinti per atteggiamenti particolarmente autoritari e violenti, tanto da creare un sistematico e diffuso clima di terrore nei giovani ospiti. Nel corso delle indagini sono stati documentati diversi episodi di maltrattamenti commessi dagli altri operatori che, sebbene con ruoli minori, sottoponevano i ragazzi a soprusi e a violenza fisica e verbale, quasi da ipotizzare una «consuetudine repressiva» adottata dal personale addetto a quel reparto.
      Il 15 febbraio 2016 si è poi registrato il caso dei quattordici operatori impiegati presso la sede dell'Associazione italiana assistenza spastici di Decimomannu (Cagliari), che sono stati sospesi per sei mesi dal pubblico servizio dopo che la registrazione delle telecamere ha rivelato immagini inequivocabili di violenze perpetrate a danno di alcune persone con disabilità. Secondo quanto emerso dalle indagini dei carabinieri, iniziate nel 2014, i quattordici operatori avrebbero maltrattato alcuni ospiti, tutti adulti, della struttura sanitaria dove si trovavano ricoverati a causa delle loro gravi condizioni di disabilità psico-fisiche. Tra le accuse, oltre ai maltrattamenti, percosse, lesioni personali e omissione di referto.
      A marzo un'operazione simile era stata condotta dai carabinieri a Bazzane, in provincia di Parma. Sette persone erano state arrestate nella casa di riposo «Villa Matilde», dove gli anziani erano costretti perfino a mangiare sul pavimento.
      Sconcerto ha destato anche il caso di Potenza del 7 aprile 2016, che ha visto l'arresto di sette persone in servizio presso il centro riabilitativo «Don Uva» che ospita anche pazienti con ritardo mentale medio o grave. Le telecamere nascoste dai carabinieri del Nucleo antisofisticazione e sanità hanno documentato atti di violenza sia fisica sia psicologica perpetrati da dipendenti della struttura ai danni dei pazienti.
      L'11 aprile 2016 viene ricordato per la vicenda delle maestre di un nido d'infanzia privato di Grosseto, finite agli arresti domiciliari dopo circa un anno di indagini per i maltrattamenti perpetrati a danno dei bimbi loro affidati. Dalle riprese delle telecamere nascoste si vedono le maestre forzare con il cibo e strattonare alcuni bambini.
      Si segnala, infine, il 24 maggio 2016, il caso di maltrattamenti e violenze ad anziani e disabili ricoverati presso la casa di riposo «L'accoglienza» di Nuoro. In questa circostanza, la polizia della città ha sistemato telecamere nascoste fra le corsie, le cui riprese hanno consentito l'emissione di sei ordini di custodia cautelare per la direttrice e per cinque operatori sanitari. Due persone sono finite in carcere e una agli arresti domiciliari. Per gli altri tre è previsto l'obbligo di dimora. Ma le perquisizioni degli inquirenti non sono finite e l'operazione potrebbe estendersi ancora. La casa di accoglienza ospitava trentasette anziani, molti dei quali affetti dal morbo di Alzheimer, che ora sono stati trasferiti in altre sette strutture socio-assistenziali della provincia. La direttrice della struttura è anche indagata per violenza e per minaccia nei confronti dei dipendenti: aveva infatti imposto loro di non parlare con gli inquirenti. La stessa struttura era già stata sottoposta a sequestro dalle Forze di polizia nel giugno 2015 per una serie di carenze igienico-sanitarie che poi erano state sanate.
      Con riferimento a tutti i casi citati è bene rimarcare il ruolo fondamentale rivestito dallo strumento della denuncia dei familiari delle vittime degli atti di violenza. Infatti, la maggior parte di questi casi è potuta emergere solo grazie alle denunce di questi ultimi e grazie ad esse sono conseguentemente iniziate le indagini delle Forze di polizia, che hanno poi potuto verificare, con il monitoraggio disposto attraverso l'installazione di apposite telecamere nascoste presso le strutture coinvolte, l'effettiva consumazione, a volte reiterata, di tali reati.
      La drammaticità dei dettagli delle condotte poste in essere in quelle circostanze è ben nota a tutti, soprattutto grazie alle immagini riprese dalle telecamere e diffuse dai mezzi di informazione. Le registrazioni mostrano scenari semplicemente sconcertanti: luoghi di accudimento che si trasformano in prigioni e in lager, educatori che diventano aguzzini e l'assistenza che si deforma in violenza. Bambini, persone disabili e anziani, cioè i soggetti più fragili, che diventano bersaglio di violenze in luoghi ritenuti protetti, in cui però la protezione lascia il passo alla correzione o alla punizione.
      Si discute di soggetti che a volte, purtroppo, subiscono il disinteresse anche da parte delle loro famiglie. È questo un motivo ulteriore per sottolineare la necessità e l'urgenza di sistema di controllo che garantisca la sicurezza di queste persone più bisognose di tutela.
      La Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dalla legge n. 176 del 1991, riconosce a ogni bambino e adolescente il diritto alla protezione da ogni tipo di abuso, sfruttamento e violenza.
      Con la legge 3 marzo 2009, n. 18, il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007, con il relativo Protocollo opzionale. Scopo della Convenzione è quello di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità.
      La Convenzione ha, inoltre, tra i suoi obiettivi primari quello di garantire su scala nazionale la piena capacità giuridica e la tutela dell'integrità psico-fisica delle persone con disabilità, come in particolare è previsto dagli articoli 12, 14, 15, 16 e 33 della Convenzione medesima.
      Secondo l'articolo 12 della Convenzione, gli Stati che ne sono Parti devono assicurare che tutte le misure relative all'esercizio della capacità giuridica forniscano adeguate ed efficaci garanzie per prevenire abusi, in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. Tali garanzie devono assicurare che le misure relative all'esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interessi e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e che siano soggette a periodica revisione da parte di un'autorità competente, indipendente e imparziale o di un organo giudiziario.
      L'articolo 14 prevede che gli Stati Parti garantiscano che le persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, godano del diritto alla libertà e alla sicurezza personale e che non siano private della loro libertà illegalmente o arbitrariamente, che qualsiasi privazione della libertà sia conforme alla legge e che l'esistenza di una disabilità non giustifichi in nessun caso una privazione della libertà.
      In base all'articolo 15, nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Per garantire ciò, in particolare, gli Stati Parti devono adottare tutte le misure legislative, amministrative, giudiziarie o di altra natura idonee a impedire che persone con disabilità, su base di eguaglianza con gli altri, siano sottoposte a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti.
      A tale proposito è opportuno rilevare come dalle statistiche degli ultimi anni emerga che circa un lavoratore su quattro, nell'ambito dell'Unione europea, soffre di stress legato all'attività lavorativa (Eurostat statistics, 2004).
      Questi dati non sono trascurabili e infatti la questione è stata considerata meritevole di una regolamentazione negoziale definita a livello europeo e nazionale.
      La normativa di riferimento, riguardante la valutazione dei rischi da stress nell'ambito lavorativo, è contenuta nel decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il quale sancisce per il datore di lavoro, a tutela della salute dei lavoratori, l'obbligo di valutare i rischi da stress lavoro – correlato.
      Questo però non sempre avviene o non avviene in misura articolata e soddisfacente, soprattutto nella nostra nazione, dove non si registra un'adeguata attività di prevenzione.
      Tra le principali conseguenze generate dallo stress lavorativo si rinvengono in particolare taluni effetti comportamentali. Molti lavoratori lamentano di essere facilmente irritabili e aggressivi. Altri si descrivono come «asociali» o con una tendenza a estraniarsi o a evitare le situazioni di confronto.
      Queste considerazioni fanno riflettere e introducono un concetto cruciale: quello del burnout, un termine inglese, la cui traduzione letterale è «bruciato», che si riferisce a una sindrome derivante da un processo generatore di stress, il quale colpisce le persone in ambito lavorativo e porta con sé una perdita della motivazione, ossia un disamoramento verso il proprio lavoro, con conseguente impedimento di vedere il reale obiettivo delle proprie mansioni. Tale sindrome è descritta, in particolare, come una malattia professionale specifica degli operatori impegnati in professioni di aiuto, ossia infermieri, medici, psicologi, assistenti sociali, ma anche agenti di polizia, insegnanti e altri. Sembra che queste figure professionali siano caratterizzate da una duplice fonte stressante: il proprio stress personale e quello della persona aiutata (Maslach, Leiter, 1997). Questi soggetti si fanno carico dei problemi delle persone con cui si rapportano e di conseguenza hanno una certa difficoltà nel discernere tra la propria vita e la loro.
      Pertanto si ritiene che prevenire più efficacemente l'insorgere delle cause che provocano tale sindrome nel personale soggetto a particolare stress lavorativo possa contribuire a determinare una sensibile riduzione degli episodi di violenza e dei maltrattamenti che avvengono nelle strutture che ospitano le persone in condizione di particolare fragilità.
      A tale proposito è da segnalare, ad esempio, che la Commissione europea ha ravvisato una violazione da parte dell'Italia nell'applicazione dell'orario di lavoro nel settore sanitario e ha chiesto espressamente alle autorità italiane «di essere informata sull'attuazione della direttiva nel settore sanitario in tutto il territorio italiano». Il nostro Paese, infatti, fatica ad adeguare l'orario di lavoro alla normativa europea: emerge così in modo eclatante come i modelli di organizzazione in varie realtà ospedaliere disattendano l'applicazione dell'articolo 14 della legge n. 161 del 2014 sulla durata del riposo minimo giornaliero e sul tempo di lavoro massimo settimanale.
      L'articolo 16 della Convenzione stabilisce che gli Stati Parti devono adottare tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all'interno e all'esterno della loro dimora, contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, e che allo scopo di prevenire il verificarsi di ogni forma di sfruttamento, violenza e abuso, gli Stati Parti assicurano che tutte le strutture e i programmi destinati alle persone con disabilità siano effettivamente controllati da autorità indipendenti.
      L'articolo 33 della Convenzione, poi, stabilisce alcuni obblighi degli Stati Parti relativi alla sua applicazione e al suo monitoraggio nell'ambito degli ordinamenti nazionali.
      In particolare, ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 1, gli Stati Parti hanno l'obbligo di designare una struttura di coordinamento al fine di facilitare l'applicazione della Convenzione al livello interno.
      Rientra in tale ambito l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito dall'articolo 3 della citata legge n. 18 del 2009, preposto essenzialmente alla promozione e al monitoraggio dell'esecuzione della stessa Convenzione.
      Tuttavia, tale organismo dà attuazione soltanto in parte all'articolo 33. L'articolo 33, paragrafo 2, richiede infatti agli Stati Parti di predisporre un'ulteriore struttura indipendente che risponda ai criteri relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani, indicati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione 48/134 del 20 dicembre 1993 (comunemente noti come «princìpi di Parigi»).
      La piena conformità alla Convenzione richiede pertanto che sia istituita in Italia un'ulteriore struttura alla luce dei citati princìpi di Parigi.
      La legge 21 maggio 1998, n. 162, recante «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernenti misure di sostegno in favore di persone con handicap grave», che ha modificato la legge-quadro sulla disabilità, ha avuto l'importantissimo merito di introdurre per prima in Italia il concetto di «vita indipendente», in particolare legando tale termine all'idea dell'assistenza domiciliare personale finanziata con fondi statali gestiti dalla stessa persona con disabilità.
      La legge 8 novembre 2000, n. 328, recante «Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», stabilisce poi, all'articolo 14, che i comuni devono predisporre, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale per realizzare la piena integrazione delle persone disabili nell'ambito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, che punta a una visione in chiave unitaria dei bisogni della persona con disabilità.
      Entrambe le leggi citate, in vigore ormai da parecchi anni, potrebbero dunque dare concreta attuazione ai princìpi sanciti dalla Convenzione, se soltanto le disposizioni in esse contenute non fossero ancora quasi del tutto disattese a livello locale, e limitare drasticamente sin dalla radice il rischio che situazioni gravissime e drammatiche come quelle ricordate si verifichino nuovamente.
      In Italia esistono ancora molte, troppe strutture che accolgono le persone con disabilità, attraverso le quali, almeno sulla carta, dovrebbero essere erogate prestazioni socio-sanitarie, riabilitative ed educative.
      Il M5S ritiene che il Parlamento, oggi più che mai, abbia anzitutto il dovere di promuovere ed elaborare proposte di modifica della normativa vigente, volte a rimuovere ogni situazione segregante e di istituzionalizzazione delle persone con disabilità, a cominciare da misure in favore di soluzioni abitative che realizzino il diritto alla vita indipendente nonché alla permanenza e al pieno inserimento della persona con disabilità nella propria comunità di origine, permanendo, ove possibile, nella propria abitazione, come peraltro indicato nell'articolo 19 della Convenzione, rubricato «Vita indipendente e inclusione nella società».
      Ai sensi della disposizione citata, gli Stati Parti riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci e adeguate al fine di facilitare il pieno godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità e la loro piena integrazione e partecipazione nella società, anche assicurando che:

          a) le persone con disabilità abbiano la possibilità di scegliere, su base di eguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione;

          b) le persone con disabilità abbiano accesso a una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l'assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e per impedire che siano isolate o vittime di segregazione;

          c) i servizi e le strutture sociali destinati a tutta la popolazione siano messi a disposizione, su base di eguaglianza con gli altri, delle persone con disabilità e siano adattati ai loro bisogni.

          La misura di prevenzione più importante resta quindi sempre la realizzazione di una politica di transizione dall'assistenza negli istituti all'assistenza nella stessa collettività come previsto, oltre che dalla Convenzione, dalla Strategia europea sulla disabilità 2010-2020, firmata anche dall'Italia.

          Nelle more della realizzazione di tale ambizioso e nobile obiettivo, si ritiene necessario prevedere disposizioni specifiche atte ad affrontare i comportamenti illeciti descritti e denunciati, dovuti anche alla carenza di controlli mirati nei confronti delle strutture e delle persone giuridiche che svolgono attività di interesse pubblico per conto dell'ente locale di riferimento fornendo servizi di accoglienza, cura, istruzione e assistenza ai soggetti più fragili della società, quali i minori, gli anziani e le persone con disabilità.

          Ciò può essere fatto in particolare attraverso nuove misure di carattere preventivo che rappresentino, da un lato, un elemento di maggiore tranquillità per le famiglie che eventualmente decidano di affidare una persona cara a tali strutture e, da un altro lato, un deterrente per scongiurare ogni tipo di abuso da parte di coloro che operano in tali strutture o, addirittura, di soggetti esterni.

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge, in attuazione dei princìpi stabiliti dagli articoli 2 e 32 della Costituzione, dagli articoli 24 e 26 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dagli articoli 19 e 34 della Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, nonché dagli articoli 12, 14, 15, 16, 19 e 33 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, è volta a prevenire gli atti di violenza perpetrati nei confronti delle persone in condizioni di maggiore fragilità, come i minori, gli anziani e i disabili, nonché a favorire l'incremento delle attività di controllo e vigilanza nei confronti delle strutture socio-educative, sanitarie e di ricovero e, in generale, di tutti i soggetti che svolgono attività di interesse pubblico attraverso l'erogazione di servizi di accoglienza, cura, istruzione e assistenza nei confronti dei soggetti indicati nel presente comma.

Art. 2.
(Iniziative per la dimissione dalle strutture di ricovero e sostegno alla permanenza nel domicilio personale).

      1. Per le finalità di cui all'articolo 1, in caso di ricovero temporaneo o continuativo, anche se motivato da situazioni di emergenza, dei soggetti di cui al medesimo articolo 1 in strutture assistenziali che non consentano ai medesimi una vita indipendente e il pieno inserimento sociale, in particolare in residenze sanitarie assistenziali e residenze sanitarie per persone disabili, reparti psichiatrici o strutture simili,

il comune competente adotta tempestivamente le iniziative necessarie per avviare e portare a compimento un percorso di dimissione dalla struttura di ricovero e di sostegno alla permanenza nel domicilio personale.
      2. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni del comma 1 del presente articolo, entro centoventi giorni dall'ingresso del soggetto di cui all'articolo 1 della presente legge nella struttura assistenziale, il comune competente elabora, unitamente al responsabile della struttura in cui è ricoverato il soggetto, un progetto individuale ai sensi dell'articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328, che preveda, in particolare, la dimissione dalla struttura e il supporto alla permanenza nel domicilio personale in un periodo non superiore a dodici mesi.
      3. Per i soggetti che sono ricoverati nelle strutture indicate al comma 1 alla data di entrata in vigore della presente legge, il progetto di cui al comma 2 è elaborato entro centoventi giorni dalla medesima data.
Art. 3.
(Misure di controllo negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e presso le strutture socio-assistenziali pubbliche e private).

      1. Gli asili nido e le scuole dell'infanzia, pubblici e privati, e le strutture socio-assistenziali di carattere residenziale e semiresidenziale per anziani, persone disabili e minori in situazione di disagio, gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali, convenzionate o non convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, introducono specifiche forme di controllo interno, in particolare attraverso meccanismi di segnalazione che consentano ai lavoratori delle strutture di cui al presente comma di denunciare all'amministrazione comunale, anche in forma anonima, eventuali casi di violenza o di maltrattamento accaduti al loro interno.
      2. Nell'ambito della valutazione dello stress lavoro-correlato, di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81,

i datori di lavoro del personale impiegato nelle strutture di cui al comma 1, attraverso la programmazione di interventi organizzativi e di sostegno di carattere preventivo e sottoposti a verifica periodica per la valutazione del risultato, adottano specifiche misure di carattere collettivo e individuale, anche riferite distintamente a singoli fattori di stress individuati, volte a prevenire, eliminare o ridurre i fattori di rischio che possono influire sull'equilibrio psicologico del lavoratore nelle sue relazioni con i minori, gli anziani o le persone disabili che fruiscono dei servizi della struttura medesima. Le misure adottate ai sensi del primo periodo sono riesaminate almeno annualmente al fine di valutare la loro necessità e utilità, la loro efficacia complessiva e la loro adeguatezza in relazione alle risorse disponibili.
      3. Entro il termine previsto al comma 1, le regioni istituiscono uffici o sportelli, realizzati anche in forma digitale attraverso appositi servizi telematici e collegati anche con gli organi ispettivi e di vigilanza e con le aziende sanitarie locali, che consentano a chiunque ne abbia notizia di denunciare, anche in forma anonima, casi di violenza o di maltrattamento nei confronti di minori, anziani o persone disabili, commessi presso le strutture di cui al comma 1.
      4. Entro il 30 giugno di ogni anno, a decorrere dall'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, i responsabili delle strutture di cui al comma 1 trasmettono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'Organismo indipendente di cui all'articolo 4 e all'Autorità nazionale anticorruzione una relazione sulle segnalazioni effettuate ai sensi del presente articolo e sugli esiti delle medesime.
      5. Le regioni assicurano in ogni caso che i regolamenti interni delle strutture socio-assistenziali di cui al comma 1 del presente articolo garantiscano la piena tutela del diritto dei ricoverati al rispetto della libertà e della dignità della persona, alla personalizzazione e all'umanizzazione dell'assistenza, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, in particolare disciplinando le modalità dei rapporti interpersonali dei ricoverati medesimi, tenendo conto della volontà e delle indicazioni in tal senso fornite dagli stessi o, in caso di incapacità, dal tutore legale ai gestori delle strutture, e assicurando l'accessibilità delle strutture medesime in modo da consentire l'accesso alla struttura anche in orari di visita non prestabiliti, salvaguardando comunque il diritto alla riservatezza e al riposo degli altri ospiti nonché il regolare svolgimento delle attività lavorative degli operatori.
Art. 4.
(Istituzione dell'Organismo indipendente di controllo sull'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità).

      1. È istituito, ai sensi dell'articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. 48/134 del 20 dicembre 1993, l'Organismo indipendente di controllo sull'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, di seguito denominato «Organismo».
      2. Per il raggiungimento dei propri scopi, l'Organismo svolge le sue funzioni in maniera integrata con l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, istituito dalla legge 3 marzo 2009, n. 18.
      3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disciplina la composizione, l'organizzazione e il funzionamento dell'Organismo sulla base dei criteri relativi allo status e al funzionamento delle istituzioni nazionali per la protezione e la promozione dei diritti umani, indicati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione

n. 48/134 del 20 dicembre 1993, assicurando in particolare che l'Organismo:

          a) sia composto da rappresentanti della società civile e di specifiche categorie di esperti del settore;

          b) sia indipendente dal Governo e preveda la partecipazione a titolo consultivo di rappresentanti dei Ministeri competenti;

          c) disponga di una dotazione finanziaria adeguata per lo svolgimento delle proprie attività in modo autonomo.

      4. L'Organismo ha i seguenti compiti:

          a) la promozione e il monitoraggio dell'attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità nell'ordinamento interno;

          b) l'adozione di raccomandazioni destinate alle autorità competenti e l'elaborazione di proposte in materia di disabilità;

          c) lo svolgimento di inchieste amministrative nelle materie di propria competenza;

          d) l'esame di reclami presentati da disabili o da organizzazioni che li rappresentano.

      5. A decorrere dall'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'Organismo trasmette alle Camere, entro il 31 dicembre di ogni anno, una relazione sulle attività svolte nel corso dell'anno.
      6. Per il funzionamento dell'Organismo è autorizzata la spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2021. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328.
      7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 5.
(Rilevazione del grado di soddisfazione).

      1. Le amministrazioni comunali e le aziende sanitarie locali dispongono rilevazioni

periodiche, da effettuare almeno una volta all'anno, del grado di soddisfazione delle persone ricoverate nelle strutture socio-assistenziali di cui all'articolo 3 nonché dei loro prossimi congiunti o dei tutori.
      2. Al fine di incrementare la qualità del lavoro degli operatori impiegati nelle strutture di cui all'articolo 3, nella rilevazione del grado di soddisfazione di cui al comma 1 sono inseriti quesiti specifici sul livello delle prestazioni dei singoli operatori addetti alla persona ricoverata.
      3. Le rilevazioni di cui al comma 1 sono eseguite tramite l'utilizzo di tecniche di analisi e di elaborazione dei dati sulla soddisfazione degli utenti, preferibilmente mediante un colloquio diretto tra l'intervistato e l'intervistatore e, in via secondaria e opzionale, tramite l'impiego di questionari e strumenti di comunicazione asincrona somministrabili anche per via telematica o telefonica.
      4. Al fine di promuovere il miglioramento della qualità dei servizi resi dalle strutture di cui all'articolo 3, le amministrazioni competenti e le aziende sanitarie locali pubblicano in un'apposita sezione del loro sito internet istituzionale i dati, presentati attraverso grafici o elaborati statistici, relativi ai risultati delle rilevazioni effettuate ai sensi del comma 1.
      5. Le amministrazioni competenti e le aziende sanitarie locali, in base alle rispettive competenze, definiscono i criteri tecnico-organizzativi per l'attuazione del presente articolo.
Art. 6.
(Piano straordinario di ispezioni).

      1. Ai fini della presente legge e per garantire il miglioramento complessivo della qualità dei servizi socio-assistenziali, per il triennio 2017-2019 il Ministero della salute, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, con l'Organismo, con le regioni, con le province autonome di Trento e di Bolzano e con le aziende sanitarie locali, attua, in aggiunta all'ordinaria

attività di vigilanza e di controllo, per quanto di sua competenza, un piano straordinario di ispezioni presso gli asili-nido, le scuole dell'infanzia e le strutture socio-assistenziali di cui all'articolo 3, in particolare allo scopo di accertare il grado di accoglienza e di salubrità delle stesse nonché di valutare, anche in collaborazione con l'ispettorato regionale del lavoro competente, le condizioni generali di sicurezza del lavoro, il benessere organizzativo del personale impiegato e l'efficacia delle misure adottate dai datori di lavoro per la prevenzione dei fattori di rischio da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Resta ferma l'applicazione della relativa disciplina sanzionatoria nel caso di inadempimento da parte dei medesimi datori di lavoro.
      2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, i datori di lavoro degli asili-nido, delle scuole dell'infanzia e delle strutture socio-assistenziali di cui all'articolo 3 eseguono almeno annualmente, attraverso la somministrazione di questionari anonimi, un'indagine sul grado di soddisfazione e di benessere organizzativo del personale dipendente.
      3. Le ispezioni di cui al comma 1 del presente articolo, effettuate in modo sia occasionale sia programmato, con periodicità almeno semestrale, sono disposte nell'intero territorio nazionale e articolate su base provinciale tenendo conto del rapporto tra il numero dei minori in situazione di disagio, degli anziani e delle persone disabili e la popolazione residente nonché del numero degli asili-nido, delle scuole dell'infanzia e delle strutture di cui all'articolo 3 esistenti nel territorio di riferimento.
      4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 marzo di ciascun anno, trasmettono al Ministero della salute una relazione, riferita all'anno precedente, nella quale sono esposti i dati aggregati sui controlli effettuati presso gli asili-nido, le scuole e le strutture di cui all'articolo 3 nonché le informazioni trasmesse dalle aziende sanitarie locali relativamente ai provvedimenti adottati.
Art. 7.
(Verifica dell'idoneità psico-attitudinale del personale docente delle scuole dell'infanzia e primarie).

      1. Dopo l'articolo 15 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, è inserito il seguente:

          «Art. 15-bis. – (Verifica dell'idoneità psico-attitudinale del personale scolastico). – 1. Ai fini dell'accesso ai ruoli delle graduatorie del personale docente delle scuole dell'infanzia e primarie è necessario il possesso di specifici requisiti di idoneità psico-attitudinale al servizio, verificati ai sensi del comma 4. I requisiti sono individuati con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:

          a) integrazione della personalità in sintonia con l'evoluzione globale, con riferimento alle esperienze di vita, alla stima di sé e al senso di responsabilità;

          b) stabilità psicologica che consenta di contenere le reazioni emotive e comportamentali mantenendo un'adeguata efficienza operativa anche in situazioni generatrici di ansia;

          c) facoltà intellettive che favoriscano un positivo impegno in compiti prevalentemente dinamico-pratici che implicano anche capacità di osservazione, di attenzione e di memorizzazione;

          d) comportamento sociale che evidenzi la capacità di stabilire rapporti soddisfacenti con l'ambiente di lavoro, tenuto conto dell'adattabilità, della predisposizione all'ambiente medesimo e della motivazione personale.

          2. La commissione per la verifica e la valutazione dei requisiti psico-attitudinali stabiliti ai sensi del comma 1 è composta da tre professionisti iscritti all'Ordine professionale degli psicologi, nominati dal competente ufficio scolastico regionale.

          3. Con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le disposizioni necessarie per l'attuazione del presente articolo.

          4. I docenti delle scuole dell'infanzia e primarie sono sottoposti ogni cinque anni a visita da parte della commissione di cui al comma 2 per la verifica e la valutazione dei requisiti psico-attitudinali stabiliti ai sensi del comma 1.

          5. I docenti delle scuole dell'infanzia e primarie in servizio alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono sottoposti, entro il 31 dicembre 2017, alla verifica e alla valutazione dei requisiti socio-attitudinali stabiliti ai sensi del comma 1 dalla commissione di cui al comma 2.

          6. Al personale docente delle scuole dell'infanzia e primarie dichiarato inidoneo per mancanza dei requisiti psico-attitudinali stabiliti ai sensi del comma 1 del presente articolo si applicano le disposizioni del comma 6 dell'articolo 15».

Art. 8.
(Disposizioni in materia di asili-nido).

      1. All'articolo 6 della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il numero 3) è abrogato;

          b) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

          «La regione, ai sensi e per gli effetti di cui al primo comma, si dota di personale qualificato sufficiente e idoneo a garantire l'assistenza sanitaria e psico-pedagogica del bambino. Tale personale deve essere sottoposto a specifiche verifiche di idoneità psico-attitudinale al servizio in base ai requisiti stabiliti ai sensi dell'articolo 15-bis, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128.

          Il personale degli asili nido è sottoposto a verifica e a valutazione dei requisiti di cui al secondo comma del presente articolo in

sede di concorso, prima delle prove selettive scritte e orali, dalle commissioni di cui all'articolo 15-bis, comma 4, del decreto-legge 12 settembre 2013 n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2013, n. 128, su richiesta degli enti locali che hanno bandito il concorso.

          Il personale dei degli asili nido in servizio alla data di entrata in vigore della presente disposizione deve essere sottoposto, entro il 31 dicembre 2017, dalla commissione di cui al terzo comma a verifica e valutazione dei requisiti psico-attitudinali di cui al secondo comma.

          Il personale degli asili nido deve comunque essere sottoposto a verifica e valutazione dei requisiti psico-attitudinali di cui al secondo comma ogni cinque anni».

Art. 9.
(Personale sanitario).

      1. All'articolo 2 della legge 1° febbraio 2006, n. 43, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

          «6-bis. Per l'esercizio delle funzioni definite ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, il personale impiegato nelle strutture socio-assistenziali per anziani, per persone disabili e per minori in situazione di disagio, convenzionate o non convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, nonché in quelle gestite direttamente dalle aziende sanitarie locali a carattere residenziale e semiresidenziale, deve essere in possesso di specifici requisiti di idoneità psico-attitudinale al servizio. I requisiti sono individuati con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute, in particolare con riferimento ai seguenti aspetti:

          a) stabilità psicologica che consenta di contenere le proprie reazioni emotive e comportamentali mantenendo un'adeguata efficienza operativa anche in situazioni generatrici di ansia;

          b) facoltà intellettive che predispongano a un positivo impegno in compiti e in mansioni che richiedono attenzione e cura nei confronti degli assistiti;

          c) comportamento sociale che evidenzi la capacità di stabilire rapporti soddisfacenti con l'ambiente di lavoro, tenuto conto dell'adattabilità, della predisposizione all'ambiente medesimo e della motivazione personale.

          6-ter. La commissione per la verifica e per la valutazione dei requisiti psico-attitudinali stabiliti ai sensi del comma 6-bis è composta da tre professionisti iscritti all'Ordine professionale degli psicologi, nominata con decreto del Ministro della salute.

          6-quater. Con regolamento adottato con decreto del Ministro della salute, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le disposizioni necessarie per l'attuazione dei commi 6-bis e 6-ter.

          6-quinquies. Il personale sanitario impiegato nelle strutture socio-assistenziali di cui al comma 6-bis è sottoposto ogni cinque anni a visita da parte della commissione di cui al comma 6-ter per la verifica e per la valutazione dei requisiti psico-attitudinali stabiliti ai sensi del comma 6-bis».

Art. 10.
(Circostanza aggravante per i reati contro la persona commessi presso strutture socio-educative, sanitarie o socio-sanitarie residenziali e semiresidenziali).

      1. Il numero 11-ter) dell'articolo 61 del codice penale è sostituito dal seguente:

          «11-ter) l'aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all'interno di asili nido o scuole dell'infanzia, pubblici e privati, ovvero all'esterno di essi, quando il fatto sia avvenuto in occasione di un'attività prestata per la struttura, o ai danni delle persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture socio-sanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche, convenzionate o non convenzionate con il Servizio sanitario nazionale».

Art. 11.
(Copertura finanziaria).

      1. Salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 6, agli oneri derivanti dall'attuazione

delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.