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Atto a cui si riferisce:
C.4380 Modifica all'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, per favorire l'inserimento lavorativo delle persone sorde


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4380


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CARRESCIA, CARNEVALI, AMATO, ARLOTTI, BASSO, BRAGA, CARELLA, CRIVELLARI, IORI, LA MARCA, PATRIZIA MAESTRI, MINNUCCI, MORANI, PATRIARCA, PREZIOSI, SCUVERA, ZANIN
Modifica all'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, per favorire l'inserimento lavorativo delle persone sorde
Presentata il 22 marzo 2017


      

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Onorevoli Colleghi! — Il termine lavoro viene sovente associato a quelli di creatività, produttività, autostima e realizzazione dei propri bisogni. Il lavoro è all'origine di rapporti sociali e di confronto ed è il mezzo per l'affermazione della persona nella comunità. Il diritto al lavoro è valore fondativo della nostra Repubblica (articolo 1 della Costituzione) nonché status attraverso il quale si realizza la partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (articolo 3, secondo comma, della Costituzione, che recita «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese).
      In tale contesto l'inserimento di persone disabili nel mondo lavorativo assume un significato di estremo valore.
      Per promuovere l'integrazione sociale dei disabili e il pieno sviluppo della loro persona, anche nell'ambito lavorativo, la legge si è perciò preoccupata di favorirne l'inserimento favorendo la creazione di occasioni di occupazione sia mediante incentivi e misure di sostegno al collocamento mirato sia soprattutto imponendo l'assunzione di una determinata quota di disabili da parte delle aziende in relazione alle dimensioni. Le principali fonti normative in materia sono la legge 12 marzo 1999, n. 68, sul diritto al lavoro dei disabili, e il relativo regolamento di esecuzione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica. 10 ottobre 2000, n. 333, e, più di recente, il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, che è intervenuto su numerosi ambiti relativi alla gestione del rapporto di lavoro subordinato quali la chiamata nominativa, gli incentivi e le sanzioni.
      Rispetto alla legge 2 aprile 1968, n. 482, la prima che storicamente ha segnato l'attenzione verso il collocamento obbligatorio dei disabili, il quadro normativo in materia si è evoluto verso una maggiore flessibilità che si esprime soprattutto nell'istituto delle convenzioni fra aziende e servizi pubblici per il collocamento obbligatorio.
      In tale contesto assume una propria specificità proprio il collocamento obbligatorio, già previsto per le persone non vedenti, anche per quelle definite sorde ai sensi della legge 27 maggio 1970, n. 382, e della legge 20 febbraio 2006, n. 95, la quale ha espressamente stabilito, all'articolo 1, comma 1, che «In tutte le disposizioni legislative vigenti, il termine “sordomuto” è sostituito con l'espressione “sordo”».
      Sono pertanto considerati sordi ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 381 del 1970 e della legge n. 95 del 2006 i minorati sensoriali dell'udito affetti da sordità congenita o acquisita durante l'età evolutiva (fino a 12 anni) che abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da cause di guerra, di lavoro o di servizio. Si considera causa impeditiva del normale apprendimento del linguaggio parlato l'ipoacusia (pari o superiore a 75 decibel di livello sopra la soglia uditiva di media tra le frequenze 500, 1.000 e 2.000 hertz nell'orecchio migliore) che renda o abbia reso difficoltoso tale normale apprendimento. Nel nostro Paese sono almeno 90.000 i portatori di grave deficit uditivo bilaterale sin dalla nascita o, comunque, in età infantile, con conseguente e inevitabile compromissione della possibilità di acquisire «normalmente» la capacità di espressione verbale, ovvero utilizzando i canali uditivi compromessi.
      Le statistiche, inoltre, dicono che ogni anno, su mille nati, uno è sordo e che molti altri ancora perdono l'udito nel corso dell'infanzia. Gli ausili protesici e gli impianti cocleari non sono in grado, in molti casi, di restituire al paziente un udito normale. La sordità infantile rimane, dunque, una gravissima disabilità, come riconosciuto dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità e, di conseguenza, permangono elevate le difficoltà di integrazione che tale disabilità comporta in tutti i settori della società. Esse sono oggi ancora più gravi tenuto conto della maggiore complessità della società moderna e del fatto che, trattandosi di una comunità fondata sulle telecomunicazioni, il senso dell'udito, seppure inconsapevolmente per la generalità degli individui, riveste un ruolo centrale ed essenziale.
      In particolare, con riguardo all'ambito lavorativo, nel nostro Paese è in vigore, come già ricordato, la legge n. 68 del 1999, sul diritto al lavoro dei disabili, che ha sostituito la previgente legge n. 482 del 1968, sul «collocamento obbligatorio» degli invalidi, ed è incentrata sul principio del cosiddetto inserimento mirato, certamente meglio espressivo di una società più evoluta e civile, in rapporto all'idea semplicemente assistenzialistica che ispirava la citata normativa abrogata.
      La legge n. 68 del 1999 però non coglie pienamente il proprio obiettivo con riguardo alla categoria dei sordi. La loro immissione nell'insieme di tutte le disabilità, senza distinzione, ha di fatto determinato per essi il venire meno del principio di pari opportunità e di non discriminazione.
      La previgente legge n. 482 del 1968, pur con le sue inadeguatezze, serviva almeno a garantire un posto di lavoro a tutti i sordi o, comunque, a favorirne un più equo inserimento. La legge n. 68 del 1999 ha avuto il pregio di sostituire al principio assistenziale quello ben più evoluto dell'inserimento mirato, in modo che il disabile, lungi dal costituire un peso per la società, ne divenisse parte attiva e produttiva. Uno scopo nobile e condivisibile quello della legge ma che, al di là delle intenzioni che animavano il legislatore dell'epoca, non ha prodotto effetti positivi per i sordi.
      Dall'entrata in vigore della legge n. 68 del 1999 il tasso di disoccupazione dei sordi ha avuto un'impennata preoccupante, tanto che l'Ente nazionale sordi aveva prodotto già nel 2002 un'indagine statistica attestante i gravi problemi involontariamente arrecati alla categoria dei sordi dalla nuova legge. Tale situazione drammatica è stata ribadita con forza dallo stesso Ente in occasione dell'audizione del 4 ottobre 2005 presso la XI Commissione del Senato della Repubblica.
      Dalla VII relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili-biennio 2012-2013 presentata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali (Doc. CLXXVIII n. 1) è emerso, a conferma del trend negativo, che è estremamente basso il numero dei sordi assunti ricorrendo alla legge.
      La recente estensione delle chiamate nominative a tutte le imprese con più di 15 dipendenti ha reso ancora più arduo l'inserimento di persone sorde avviate al mondo del lavoro così come evidenziato dalle stesse associazioni delle persone sorde in numerose occasioni e confermato in atti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
      A mero titolo esemplificativo, nella risposta del 5 dicembre 2016 (protocollo n. 0008764.05) del Direttore generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali all'avvocato Alessandro Cellucci, Presidente della Federazione nazionale sordi, si rileva che la quota totale di sordi avviati al lavoro è stata: pari a 0,52 per cento nel 2008, a 0,67 per cento nel 2009, a 0,45 per cento nel 2012 e a 0,48 per cento nel 2013, cioè percentuali decisamente inferiori rispetto all'1 per cento previgente alla legge n. 68 del 1999.
      Si segnalano, sempre a titolo esemplificativo e non esaustivo in quanto comuni a tante altre realtà territoriali, alcune situazioni che dimostrano il deprimente dato riportato, come quelle di Latina (zero sordi avviati al lavoro nel 2014 su 64 invalidi), di Rimini (tre sordi su 186 invalidi, nel 2014) o di Parma (due sordi su 468 invalidi nel 2014).
      È perciò necessaria la revisione della normativa per ripristinare quello che, pur volendo cogliere l'obiettivo opposto, ha finito per determinare la legge n. 68 del 1999 e porre fine alla difficoltà per i sordi di accedere al lavoro.
      È una situazione che merita attenzione anche alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 4 luglio 2013 (causa C-312/11) la quale ha posto l'accento sul mancato recepimento dell'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che ha indicato invece soluzioni appropriate al fine di garantire un accesso al lavoro dei disabili; in particolare nelle conclusioni (paragrafo 65) della sentenza viene rilevato che l'impianto normativo della legge n. 68 del 1999 privilegia determinate categorie di disabili a scapito di altre.
      La presente proposta di legge si pone perciò l'obiettivo di porre rimedio a questa situazione con una piccola ma decisiva integrazione dell'impianto della legge n. 68 del 1999, che resterebbe comunque inalterato nel suo spirito moderno e lungimirante. In sintesi: la proposta di legge prevede che una minima quota (l'1 per cento) dei posti delle quote riservate dalla legge alle categorie protette sia riservata specificamente alle persone sorde.
      Questo rappresenterebbe il felice approdo da quanto auspicato: 1) dall'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE (Soluzioni ragionevoli per i disabili); 2) dall'articolo 27 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e resa esecutiva dalla legge 3 marzo 2009, n. 18, permettendo di non discriminare quanti devono convivere con la pesante condizione della sordità; 3) dall'articolo 26 (Inserimento delle persone con disabilità) della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (2010/C 83/02) che recita che «L'Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità».
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifica all'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68).

      1. Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, di cui l'uno per cento costituito da persone sorde».

Art. 2.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'attuazione della disposizione di cui all'articolo 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.