• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

link alla fonte scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
S.3/00847 GRANAIOLA, ALBANO, AMATI, ASTORRE, CHITI, CIRINNA', CUCCA, D'ADDA, DI GIORGI, FAVERO, LAI, MATTESINI, PAGLIARI, PEZZOPANE, PUPPATO, SOLLO, VALENTINI - Ai Ministri del lavoro e delle...



Atto Senato

Interrogazione a risposta orale 3-00847 presentata da MANUELA GRANAIOLA
giovedì 27 marzo 2014, seduta n.218

GRANAIOLA, ALBANO, AMATI, ASTORRE, CHITI, CIRINNA', CUCCA, D'ADDA, DI GIORGI, FAVERO, LAI, MATTESINI, PAGLIARI, PEZZOPANE, PUPPATO, SOLLO, VALENTINI - Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti - Premesso che:

i marittimi italiani si trovano in una situazione lavorativa disperata che ha origine ben prima dell'attuale crisi economica;

la fonte di tali enormi problemi è la disciplina del settore, in particolare il decreto del Ministro dei trasporti n. 121 del 2005, che ha disciplinato l'attività dei lavoratori marittimi in modo nuovo ed incompatibile con le regole del mercato internazionale con il quale da sempre il settore si confronta;

secondo la convenzione internazionale STCW (Standards of training, certification and watchkeeping for seafarers), adottata il 7 luglio 1978 dall'IMO (International maritime organization), che disciplina gli standard minimi di conoscenza ed addestramento necessari per svolgere le diverse mansioni a bordo, un marittimo, che assume il ruolo di marinaio, ufficiale di navigazione, primo ufficiale, comandante oppure direttore di macchine, deve essere in possesso di un certificato a norma STCW che lo abilita a tale ruolo;

il regolamento attuativo della STCW descrive e regola nel dettaglio la certificazione;

il decreto ministeriale n. 121 del 2005 ha, invece, istituito un nuovo tipo di certificato ufficiale del diporto, capitano del diporto, e così via, per le quali non esiste un corrispettivo nella convenzione STCW, così come di fatto nel mercato del lavoro estero;

oggi si può constatare una consuetudine non scritta che vede l'agenzia inglese MCA riconoscere l'equipollenza tra i certificati del diporto e le patenti inglesi;

la nefasta conseguenza è che la certificazione italiana non è spendibile in acque straniere e che l'IMO, commissione ONU sotto la cui egida è stata stipulata la STCW, non riconosce alcuna validità al certificato italiano del diporto;

ciò significa che in caso di un controllo effettuato a norma STCW l'equipaggio con certificati del diporto italiano risulterebbe non abilitato alle qualifiche e mansioni di bordo, nel qual caso la nave dovrebbe fermare la propria navigazione in attesa dell'imbarco di un equipaggio provvisto di certificati di abilitazione secondo la regola della STCW;

i marittimi italiani, lavoratori che da sempre appartengono alla categoria "gente di mare", sono stati illegittimamente divisi in due sottospecie: i marittimi del diporto e quelli addetti al traffico commerciale;

il marittimo è, invece, una figura unica sia secondo il codice della navigazione (di cui al regio decreto n. 327 del 1942 e successive modificazioni) sia secondo la normativa internazionale STCW, traffico o diporto sono, infatti, la destinazione d'uso della nave, elemento che non può portare a distinzioni sotto il profilo delle abilitazioni professionali, diversamente si dovrebbe ipotizzare il proliferare di figure specifiche quali il marittimo crocerista, quello petroliere, gassiere o diportista;

il diporto, secondo il codice della navigazione, altro non è che un attività ludico-ricreativa senza fine di lucro, concetto che mal si sposa con la prestazione lavorativa regolarmente retribuita e quindi come elemento atto a fondare distinzioni in materia di certificazioni professionali;

nel tempo si sono, inoltre, moltiplicati circolari ministeriali e decreti fino al decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 136, recante "Attuazione della direttiva 2008/106/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare", a giudizio degli interroganti una superfetazione legislativa che ha portato ad una disciplina indecifrabile, caotica e spesso in contraddizione con se stessa;

tale decreto prevede che, per ottenere il rinnovo delle proprie abilitazioni, i marittimi debbano aver navigato almeno 36 mesi negli ultimi 5 anni, quando per tutti vale la STCW che prevede 12 mesi di navigazione negli ultimi 5 anni;

tale termine temporale penalizza i lavoratori che non riescono ad accumulare i 36 mesi richiesti condannandoli ad un'illegittima revoca della propria certificazione;

in un mercato del lavoro profondamente in crisi, causato anche dalla concorrenza extracomunitaria a basso costo, il termine temporale di 36 mesi penalizza sia i lavoratori stagionali sia tutti coloro che non riescono a trovare un impiego stabile, i quali non raggiungendo tale requisito vedono i propri certificati illegittimamente declassati o non rinnovati, secondo uno spirito punitivo che non tiene conto di una convenzione internazionale firmata a suo tempo dal nostro Paese, contenente disposizioni estremamente semplici e chiare che permettono un veloce e certo rilascio o rinnovo dei certificati;

in aggiunta a quanto sopra è necessario ricordare che, nel nostro Paese, anche la stazza della nave diventa una discriminante per l'ottenimento ed il rinnovo dei certificati: per conseguenza, un marittimo che presta la propria attività lavorativa su una nave di stazza insufficiente viene declassato ad un grado inferiore a quello in suo possesso;

nell'ambito dei marittimi il diritto al lavoro è conculcato e certamente non è stato promosso dal legislatore;

sono stati inutili i ricorsi al Consiglio di Stato che, per quanto accolti, non hanno cambiato nulla, né stimolato il legislatore ed il Governo a provvedere ad un adeguamento della normativa italiana a quella internazionale, nonostante il codice della navigazione, a differenza della normativa regolamentare recata dal decreto del Ministro dei trasporti n. 121 del 2005 sia compatibile con la normativa internazionale;

la stessa Unione europea, con le direttive 2008/106/CE e 2012/35/UE, ha preso come riferimento una disciplina legislativa in pieno accordo con STCW ed è probabile che un regolamento di prossima emanazione imponga agli Stati membri un adeguamento rigoroso alla Convenzione;

si tratta di una corsa contro il tempo affinché il nostro Paese torni nel solco della STCW e prima che la Commissione europea sanzioni l'Italia per il permanere di una disciplina che attribuisce ai marittimi l'obbligo di dotarsi di un documento che la stessa Commissione europea non sa come decifrare,

si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo intendano adeguare la disciplina nazionale alla convenzione internazionale STCW ed in particolare se intendano abolire i certificati del diporto convertendoli in certificati IMO a regola STCW, ridurre il periodo utile di navigazione per il rinnovo del certificato da 36 a 12 mesi e abolire la stazza della nave quale criterio necessario per il rilascio ed il rinnovo dei certificati ai marittimi.

(3-00847)