• C. 1981 EPUB Proposta di legge presentata il 21 gennaio 2014

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Atto a cui si riferisce:
C.1981 Istituzione dei Corpi civili di pace


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1981


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MARCON, BENI, SBERNA, BOCCADUTRI, BOBBA, AIRAUDO, COCCIA, DURANTI, MARZANO, FRATOIANNI, FOSSATI, NICCHI, D'ARIENZO, FAVA, MARCHI, MELILLA, RAMPI, DI SALVO, QUARTAPELLE PROCOPIO, PAGLIA, CAPONE, KRONBICHLER, CIMBRO, PIRAS, ARLOTTI, PALAZZOTTO, ANTEZZA, COSTANTINO, BARUFFI, PELLEGRINO, NARDUOLO
Istituzione dei Corpi civili di pace
Presentata il 21 gennaio 2014


      

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Onorevoli Colleghi! La necessità e l'urgenza di una legge che disciplini i Corpi civili di pace vengono evidenziate dall'approvazione della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), che all'articolo 1, comma 253, prevede un finanziamento di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016 per sperimentare l'istituzione di tali corpi, con il coinvolgimento di almeno 500 operatori. La legge di stabilità fa riferimento al comma 1, lettera c), dell'articolo 1 della legge n. 64 del 2001 e, per la realizzazione dell'intervento, a quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 77 del 2002, e quindi sostanzialmente alla vigente disciplina del servizio civile nazionale.
      Attualmente, infatti, esperienze analoghe a quelle dei Corpi civili di pace vengono svolte nell'ambito delle attività regolate dalla legge istitutiva del servizio civile, appunto la legge n. 64 del 2001, e precisamente dall'articolo 9 di tale legge, sul servizio civile all'estero. Dal 2001 ad oggi sono stati oltre 3.300 i volontari in servizio civile che hanno svolto il servizio all'estero, grazie a progetti realizzati da varie organizzazioni come l'Associazione Papa Giovanni XXIII, la Caritas Italiana, la FOCSIV. È attiva, al riguardo, una piattaforma delle organizzazioni e dei progetti denominata «antenne di pace», che svolge un ruolo di coordinamento, di raccolta e di informazione rispetto agli interventi.
      Le esperienze di presenza di operatori di pace, volontari, attivisti dei diritti umani, obiettori di coscienza nelle aree di conflitto o in attività di prevenzione e di peace building hanno una storia antica, che ha visto impegnati decine di migliaia di persone nel dopoguerra in tanti teatri di guerra, di tensione internazionale o di crisi economica, sociale e ambientale: dall'America Latina (Brasile, Argentina, Guatemala, Colombia eccetera) e dal Centro America (Nicaragua, Salvador eccetera) negli anni ’60, al Medio Oriente (Israele, Palestina, Iraq eccetera) negli anni ’80, dai territori della ex Jugoslavia (Bosnia Erzegovina, Kosovo, Serbia e Croazia eccetera) negli anni ’90, a molti Paesi africani negli anni ’80 e ’90: dal Congo al Ruanda, dal Burundi al Mali. Queste esperienze hanno dato vita a campagne, organizzazioni, reti e coordinamenti con lo scopo di promuovere la presenza di attivisti e volontari nelle aree di conflitto, e hanno avuto il merito di sistematizzare le metodologie operative e la programmazione degli interventi. Nello specifico, numerose sono le azioni di interposizione diretta non violenta e di mediazione, come quella dei «Volontari di pace in Medioriente» nel 1990 e nel 1991, o più specificatamente in forma di marce per la pace, come Mir Sada a Sarajevo nel 1992 e nel 1993, a Pristina nel 1998, dove era già stata aperta un'Ambasciata di Pace, in Congo nel 2000, per non dimenticare le azioni fatte in Palestina con «Time for Peace» prima e «Action for Peace» poi e le azioni di diplomazia parallela portate avanti dalla Comunità di Sant'Egidio. È questo un bagaglio di competenze e conoscenze che va riconosciuto e valorizzato e da cui i Corpi civili di pace dovrebbero partire, in quanto permette proprio di garantire quella sostenibilità, in termini di appartenenza locale e di durata di lungo termine dei processi di costruzione della pace, che è origine e punto di arrivo di un approccio di prevenzione e trasformazione non violenta dei conflitti.
      A livello istituzionale deve essere ricordata l'approvazione in Italia, nel 1982, della legge n. 180 del 1982, che prevede lo stanziamento di fondi per consentire all'Italia la partecipazione a iniziative di pace e umanitarie in sede internazionale. Inoltre il Governo italiano ha già accolto come raccomandazione, il 14 aprile del 1998, una mozione parlamentare a prima firma dell'onorevole Paissan che auspicava l'impegno del nostro Paese alla realizzazione di Corpi civili di pace. In quella mozione si rileva che «l'invio di contingenti civili di volontari in funzione umanitaria, oltre a dare un aiuto concreto, assume un valore simbolico positivo e può contribuire a creare le condizioni più idonee al dialogo e alla gestione pacifica del conflitto». Sempre nel 1998 è stata approvata la legge n. 230 del 1998, di riordino della materia dell'obiezione di coscienza e del servizio civile, il cui articolo 8, comma 2, lettera e), prevede di realizzare «forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e non violenta». A tale fine, l'allora appena nato Ufficio nazionale per il servizio civile ha istituito il Comitato consultivo per la difesa civile non armata e non violenta. La legge n. 64 del 2001 ha costituito poi un ulteriore passo in avanti, con la previsione, all'articolo 9, della possibilità di svolgere il servizio civile all'estero. Va altresì ricordato che presso il Ministero degli affari esteri è stato istituito nel 2007 e nel 2008 un Tavolo permanente per gli interventi civili di pace.
      Nel 1995, il Parlamento europeo ha inserito nel cosiddetto «rapporto Boulanger-Martin» la proposta di istituire un Corpo civile di pace europeo (CPCE), aperto alla partecipazione dei cittadini: «un primo passo per contribuire alla prevenzione dei conflitti potrebbe consistere nella creazione di un Corpo civile europeo della pace (che comprenda gli obiettori di coscienza) assicurando la formazione di controllori, mediatori e specialisti in materia di soluzione dei conflitti». Sempre il Parlamento europeo – grazie al lavoro di sollecitazione e di iniziativa promosso dall'onorevole Alex Langer nei primi anni ’90 – con una apposita raccomandazione del 10 febbraio del 1999 ha invitato i Governi europei a realizzare un Corpo di pace europeo capace di intervenire con strumenti civili e di pace nelle aree di conflitto. Nel 1999 è stata approvata una nuova raccomandazione del Parlamento europeo, in cui viene proposta l'istituzione del Corpo civile europeo e uno studio preliminare di fattibilità dello stesso, ad opera del Consiglio europeo, nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC). Si raccomandava inoltre di attivare una struttura minima e flessibile, al solo fine di censire e mobilitare sia le risorse delle ONG, sia quelle messe a disposizione degli Stati e di concorrere, eventualmente, al loro coordinamento. Il Parlamento europeo indicava come esempi concreti delle attività del CPCE intese a creare la pace: la mediazione e il rafforzamento della fiducia tra le parti belligeranti, l'aiuto umanitario (ivi compresi gli aiuti alimentari e la fornitura di acqua, medicinali e servizi sanitari), la reintegrazione (ivi compresi il disarmo e la smobilitazione degli ex combattenti e il sostegno agli sfollati, ai rifugiati e ad altri gruppi vulnerabili), il recupero e la ricostruzione, la stabilizzazione delle strutture economiche (ivi compresa la creazione di legami economici), il controllo e il miglioramento della situazione relativa ai diritti dell'uomo e alla possibilità di partecipazione politica (ivi comprese la sorveglianza e l'assistenza durante le elezioni), l'amministrazione provvisoria per agevolare la stabilità a breve termine, l'informazione e la creazione di strutture e di programmi in materia di istruzione intesi a eliminare i pregiudizi e i sentimenti di ostilità e campagne di informazione e di istruzione della popolazione sulle attività in corso a favore della pace. Analogamente il 13 dicembre 2001, sempre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla comunicazione della Commissione europea per l'istituzione di un Corpo di pace europeo nell'ambito del meccanismo di reazione rapida. Nel 2004 e nel 2005 Parlamento europeo e Commissione hanno anche elaborato due studi di fattibilità per un Corpo civile di pace europeo, il primo denominato On the European Civil Peace Corps e il secondo On the Establishment of a European Civil Peace Corp.
      Le Nazioni Unite, con l'Agenda for Peace del Segretario Generale Boutros Boutros-Ghali (1992), hanno prospettato da tempo il coinvolgimento di personale civile nelle operazione di peace building e di peace making. Con una risoluzione del 1994 (risoluzione 49/139b) l'Assemblea Generale dell'ONU si è impegnata a procedere all'istituzione dei Caschi bianchi dell'ONU, corpo di volontari civili. Va ricordato che da tempo le Nazioni Unite hanno una rete di volontari (UNV – United Nations Volunteers) che operano nell'ambito dei progetti delle agenzie delle Nazioni Unite in attività di cooperazione allo sviluppo e di aiuto umanitario.
      Negli ultimi anni, anche in ambito militare, e in particolare della NATO, si è sottolineata l'importanza della componente civile nelle operazioni militari, tanto che si è formalizzata una modalità operativa denominata CIMIC (Civil Military Cooperation), sperimentata soprattutto in Iraq e in Afghanistan, durante i recenti interventi militari. Ma a questo riguardo va segnalata la necessità che i Corpi civili di pace mantengano una loro autonomia operativa, capace di garantirne il ruolo di neutralità e indipendenza, che è anche la caratteristica che le organizzazioni umanitarie internazionali, a partire dal Comitato internazionale della Croce Rossa hanno rivendicato per sé nei loro interventi. Questo a maggior ragione dopo gli interventi militari, quando, in certe circostanze, l'intervento umanitario e civile è stato strumentalizzato, rendendolo subalterno alle operazioni militari. Diverso è il caso, ovviamente, delle missioni delle Nazioni Unite di peace keeping e di peace building, con le quali si possono costruire condizioni per un coordinamento degli interventi.
      Negli ultimi anni nella società civile si sono consolidate esperienze importanti di promozione di attività e iniziative di volontari e operatori di pace nelle aree di conflitto. Recentemente si è costituito il Tavolo degli interventi civili di pace (ICP) – che ha avuto riconoscimento nel 2007 anche presso il Ministero degli affari esteri – formato dalle più importanti organizzazioni della società civile italiana con lo scopo di promuovere il coordinamento e l'organizzazione delle attività di prevenzione dei conflitti e di peace building in diversi Paesi. Il Tavolo degli interventi civili di pace ha avuto un importante ruolo nel sistematizzare le coordinate teoriche, operative e metodologiche delle attività e degli interventi dei Corpi civili di pace. Le attività di tali Corpi possono essere di vario tipo: monitoraggio dei diritti umani e denuncia delle violazioni; monitoraggio elettorale e sostegno ai processi di democratizzazione; promozione del processo di pace; mediazione, facilitazione e costruzione della fiducia tra le parti; processi di riconciliazione; interposizione non armata tra le parti; attività di sensibilizzazione e di dialogo tra le comunità; accompagnamento non violento di difensori dei diritti umani; educazione alla pace e alla non violenza, lavoro di pace nell'aiuto umanitario, inclusa assistenza nel reintegro dei combattenti; sostegno a profughi e sfollati in collegamento con le agenzie europee e delle Nazioni Unite; iniziative di «diplomazia dal basso», di costruzione di reti e iniziative comunitarie tra le parti in conflitto.
      Ancora prima, a partire dagli anni ’90 è nata la rete dei Caschi bianchi promossa dall'associazione Papa Giovanni XXIII e, sempre negli anni ’90, in occasione delle guerre jugoslave, moltissimi progetti di interposizione non violenta, di riconciliazione e di «diplomazia dal basso» sono stati realizzati dalla rete delle organizzazioni dell'ICS-Consorzio italiano di solidarietà e da altri soggetti come Pax Christi e Beati i costruttori di pace in Bosnia Erzegovina, Kosovo, Croazia, Serbia, Macedonia e Slovenia. Analoghe iniziative sono state realizzate in Israele e nei territori palestinesi, in Africa e nell'America Latina, dove storicamente sono state attive le Peace Brigades International che hanno svolto un lavoro di protezione degli esponenti democratici e dell'opposizione, difensori dei diritti umani minacciati da gruppi paramilitari e terroristi. A livello internazionale è nata una rete mondiale di queste esperienze, denominata Nonviolent Peaceforce, attiva dal 2001, che coordina e mette in rete le diverse esperienze e organizzazioni attive sul campo.
      Anche sulla base dell'esperienza dei «parlamentari per la pace» di questi mesi si pone l'urgenza quindi di dare sistematicità alle attività dei Corpi civili di pace con una legge specifica che sia in grado di dare riconoscimento e sostegno a un'esperienza che ha una sua specificità ed esigenza precipua.
      L'articolo 1 della proposta di legge dà una definizione dei Corpi civili di pace. L'articolo 2 ne disegna gli scopi e le finalità. L'articolo 3 designa le modalità di individuazione delle aree di intervento. L'articolo 4 individua le attività e fissa la durata dei progetti. L'articolo 5 individua le modalità organizzative e la gestione del servizio e dei progetti. L'articolo 6 tratta degli operatori che operano nei Corpi, ne definisce i requisiti e ne fissa i diritti. L'articolo 7 tratta del tema della formazione come parte integrante dell'intervento. L'articolo 8 fissa le linee e le coordinate dei progetti e la loro formulazione. L'articolo 9 individua i criteri e le modalità con le quali stabilire i soggetti abilitati a presentare i progetti. L'articolo 10 istituisce la Consulta nazionale per i Corpi civili di pace. L'articolo 11 stabilisce forme di coordinamento con le altre istituzioni nazionali e internazionali. L'articolo 12 reca disposizioni transitorie.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Definizione).

      1. Sono Corpi civili di pace i gruppi, i contingenti e le unità operative non violenti e non armati formati da operatori di pace con lo scopo di realizzare attività di prevenzione dei conflitti di cui all'articolo 3.

Art. 2.
(Finalità).

      1. I Corpi civili di pace hanno la finalità di promuovere la prevenzione dei conflitti armati, la pace, la riconciliazione e la mediazione tra le parti, la promozione dei diritti umani, la solidarietà internazionale, l'educazione alla pace nel mondo o il dialogo interreligioso, in particolare nelle aree di cui all'articolo 3.
      2. I Corpi civili di pace promuovono la cultura della non violenza, dei diritti umani, della pace e del ripudio della guerra in coerenza con quanto previsto dall'articolo 11 della Costituzione, dal preambolo della Carta delle Nazioni Unite e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
      3. I Corpi civili di pace promuovono la sicurezza umana intesa come sicurezza sociale, ambientale, economica e culturale, volta a prevenire i conflitti e a garantire condizioni di dialogo e di convivenza tra i popoli.

Art. 3.
(Aree di intervento).

      1. Sono aree di intervento dei Corpi civili di pace le zone a rischio di conflitto armato, le zone in cui è in atto un

conflitto armato e le zone di post conflitto, individuate come tali dalla Consulta nazionale di cui all'articolo 10 sulla base delle informazioni ricevute dal Ministero degli affari esteri, dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e dai principali istituti di ricerca italiani e internazionali.
      2. I Corpi civili di pace intervengono anche in aree che, per le condizioni economiche e sociali e per le condizioni di rischio ambientale, di crisi alimentare e di povertà, possono diventare aree di crisi e di tensione sociale e politica.
Art. 4.
(Attività).

      1. I Corpi civili di pace svolgono attività di:

          a) monitoraggio dei diritti umani e denuncia delle loro violazioni;

          b) monitoraggio elettorale e sostegno ai processi di democratizzazione;

          c) promozione del processo di pace;

          d) mediazione, facilitazione e costruzione della fiducia tra le parti;

          e) processi di riconciliazione;

          f) interposizione non armata tra le parti;

          g) attività di sensibilizzazione e di promozione del dialogo tra le comunità;

          h) accompagnamento non violento di difensori dei diritti umani;

          i) educazione alla pace e alla non violenza;

          l) lavoro di pace nell'aiuto umanitario, inclusa l'assistenza nel reintegro dei combattenti e il sostegno a profughi e sfollati in collegamento con le agenzie europee e delle Nazioni Unite;

          m) iniziative di «diplomazia dal basso» e di costruzione di reti e iniziative comunitarie tra le parti in conflitto.

      2. Le attività dei Corpi civili di pace si svolgono in condizioni di piena autonomia da qualsiasi soggetto o attore militare o paramilitare presente nell'area di intervento e rispettano le condizioni di imparzialità e neutralità di fronte alle parti in conflitto.
      3. Il servizio degli operatori dei Corpi civili di pace ha una durata minima di dodici mesi e massima di ventiquattro mesi.

Art. 5.
(Organizzazione e gestione).

      1. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della gioventù e del servizio civile istituisce la Struttura di assistenza tecnica dei Corpi civili di pace, composta da dieci unità di personale, compreso il personale direttivo e amministrativo.
      2. La Struttura di cui al comma 1 può essere istituita nell'ambito dell'Ufficio per il servizio civile nazionale del Dipartimento di cui al medesimo comma 1 ovvero tramite affidamento del servizio a un soggetto esterno alla pubblica amministrazione, individuato tramite una gara a evidenza pubblica con modalità idonee a selezionare una organizzazione o istituzione con chiare competenze e capacità nel settore.
      3. I costi complessivi per il funzionamento della Struttura di cui al comma 1 non possono superare il 15 per cento dell'ammontare delle risorse destinate alla realizzazione dei progetti di cui alla presente legge.
      4. La Struttura di cui al comma 1 svolge le seguenti funzioni:

          a) promuove attività di informazione sulle finalità della presente legge;

          b) indìce e divulga un bando annuale per la presentazione dei progetti di cui all'articolo 8;

          c) seleziona i progetti presentati;

          d) autorizza il finanziamento delle attività connesse ai progetti;

          e) verifica la rendicontazione dei progetti;

          f) adotta e aggiorna annualmente linee guida per lo svolgimento dell'attività formativa di cui all'articolo 7 e promuove ulteriori attività di formazione specifica per i partecipanti ai progetti, anche con riferimento a particolari aspetti dell'esperienza dei Corpi civili di pace in Italia e all'estero;

          g) realizza attività di valutazione in itinere ed ex post dei progetti.

Art. 6.
(Operatori dei Corpi civili di pace).

      1. Possono partecipare ai progetti dei Corpi civili di pace tutti i cittadini italiani e i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia di età compresa tra i 18 e 65 anni, salvo quanto disposto dal comma 3.
      2. I partecipanti ai progetti di cui al comma 1 assumono la qualifica di «operatori dei Corpi civili di pace».
      3. Non possono partecipare ai progetti dei Corpi civili di pace coloro che hanno subito una condanna in via definitiva per reati connessi alla partecipazione ad associazioni di tipo mafioso, all'uso di violenza su persone e cose, all'istigazione al razzismo, al commercio illegale o all'uso e alla detenzione di armi.
      4. Gli operatori dei Corpi civili di pace hanno diritto al trattamento economico e assicurativo previsto dalla normativa vigente per i soggetti che svolgono il servizio civile all'estero ai sensi degli articoli 8 e 9 della legge 6 marzo 2001, n. 64, secondo modalità definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
      5. I dipendenti pubblici che partecipano ai progetti dei Corpi civili di pace hanno diritto al congedo e a un'aspettativa non retribuita per un massimo di ventiquattro mesi. Il congedo può essere fruito solo per i periodi di permanenza all'estero

nell'ambito delle attività connesse ai progetti dei Corpi civile di pace. Durante il periodo di congedo il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Il periodo di congedo è computato nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelle relativi alla tredicesima mensilità, alle mensilità aggiuntive, alle ferie e al trattamento di fine rapporto. Il periodo di congedo è coperto da contribuzione figurativa, ai sensi dell'articolo 8 della legge 23 aprile 1981, n. 155.
Art. 7.
(Formazione).

      1. Gli operatori dei Corpi civili di pace, prima di recarsi all'estero per partecipare ai progetti dei medesimi Corpi, devono aver svolto un'attività formativa per un periodo di almeno 400 ore nell'arco di 8 settimane, prolungabile fino ad un massimo di 10 settimane, eventualmente integrato da un ulteriore periodo di 2 settimane durante lo svolgimento del progetto.
      2. L'attività formativa di cui al comma 1 fa parte integrante del progetto ed è curata dal soggetto promotore del progetto medesimo.
      3. I soggetti promotori dei progetti sono tenuti a organizzare un incontro finale di valutazione a conclusione del progetto e a fornire alla Struttura di assistenza tecnica di cui all'articolo 5 una scheda di valutazione per ciascun partecipante ai progetti.

Art. 8.
(Progetti).

      1. I progetti dei Corpi civili di pace, promossi dai soggetti di cui all'articolo 9, sono selezionati tramite bando pubblico dalla Struttura di assistenza tecnica di cui all'articolo 5, sulla base dei criteri previsti dalla legge.
      2. I progetti di cui al comma 1 devono individuare:

          a) l'area o le aree, le finalità e le attività dell'intervento;

          b) il programma formativo e le metodologie operative;

          c) il responsabile operativo sul campo;

          d) il piano finanziario;

          e) la durata, che non può essere inferiore a dodici mesi né superiore a ventiquattro mesi.

      3. I soggetti di cui all'articolo 9 provvedono all'autonoma gestione finanziaria dei progetti, nell'ambito di parametri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, alla diaria, alle spese di viaggio e ai rimborsi degli operatori, ai costi assicurativi e di formazione, e in misura variabile, con riferimento alle specifiche caratteristiche di singoli progetti.
      4. I progetti devono valorizzare il coinvolgimento della comunità locale, tendere alla continuità ed essere sostenibili nel tempo.
      5. I progetti selezionati ai sensi del comma 1 sono finanziati per un massimo dell'80 per cento della spesa ammessa, di cui almeno il 40 per cento in fase di avvio. In base alla durata del progetto possono essere autorizzati successivi anticipi. Il saldo finale è liquidato alla presentazione del rendiconto.
      6. Fra le spese ammesse a contributo sono comprese, in ogni caso:

          a) la diaria per gli operatori del Corpo civile di pace in attività;

          b) gli oneri previdenziali e per l'assicurazione sanitaria, per infortunio e per la responsabilità civile dei medesimi operatori;

          c) le spese di gestione, progettazione e coordinamento del progetto, in misura non superiore al 20 per cento del totale delle voci di cui alle lettere a) e b).

Art. 9.
(Soggetti ed enti promotori).

      1. I progetti dei Corpi civili di pace possono essere promossi e gestiti da enti

locali, università ed organizzazioni private senza scopo di lucro, in possesso dei seguenti requisiti:

          a) gli enti locali e le università devono dimostrare di possedere capacità gestionali e personale competente nel settore degli interventi internazionali e della cooperazione allo sviluppo e di avere promosso interventi sul campo da almeno tre anni nell'area per cui è proposto lo specifico progetto;

          b) le organizzazioni private senza scopo di lucro devono avere nello statuto, tra le finalità prevalenti, la promozione della pace e della solidarietà internazionale, dimostrare di avere promosso interventi sul campo da almeno tre anni nell'area per cui è proposto lo specifico progetto e avere reso pubblico il proprio bilancio da almeno tre anni. Possono comunque presentare e gestire i progetti di cui al presente articolo le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, le organizzazioni che hanno realizzato progetti di servizio civile nazionale, ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 64.

Art. 10.
(Consulta nazionale per i Corpi civili di pace).

      1. È istituita la Consulta nazionale per i Corpi civili di pace con lo scopo di proporre e verificare le aree di intervento dei Corpi civili di pace sulla base delle informazioni ricevute dal Ministero degli affari esteri, dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e dai principali istituti di ricerca italiani e internazionali.
      2. La Consulta nazionale può promuovere la realizzazione di studi, ricerche e seminari funzionali alla miglior realizzazione delle attività dei Corpi civili di pace.
      3. La Consulta nazionale è composta da un rappresentante della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, da un rappresentante

dell'Ufficio nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 5, da un rappresentante dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) in Italia, da due rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), da un rappresentante dell'Unione delle province d'Italia (UPI), da un rappresentante della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, da un rappresentante della Conferenza dei rettori delle università italiane e da sette rappresentanti delle organizzazioni senza scopo di lucro di cui all'articolo 9, comma 3.
      4. La partecipazione alla Consulta nazionale è a titolo gratuito e può prevedere solo il rimborso delle spese sostenute per la partecipazione alle attività della Consulta.
Art. 11.
(Coordinamento con organismi nazionali e sovranazionali).

      1. I Corpi civili di pace si coordinano, nelle aree di intervento comuni, con gli interventi di cooperazione allo sviluppo, realizzati in attuazione della legge 26 febbraio 1987, n. 49, con i progetti di cooperazione decentrata realizzati dagli enti locali italiani, con il progetto di servizio civile all'estero realizzati in attuazione della legge 6 marzo 2001, n. 64, con i progetti del servizio volontario europeo e con le attività dei programmi di servizio civile di altri Paesi.
      2. I Corpi civili di pace si coordinano, nelle aree di intervento comuni, con altri organismi europei e internazionali, ad esclusione di quelli militari che non stiano intervenendo su mandato delle Nazioni Unite per operazioni di mantenimento o costruzione della pace, per realizzare nel modo più efficace le attività previste dal progetto.

Art. 12.
(Norme transitorie).

      1. Nelle more della piena attuazione della presente legge, i progetti di Corpi

civili di pace promossi sulla base di quanto previsto dall'articolo 1, comma 253, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, sono gestiti e realizzati dall'Ufficio nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 5, comma 2, della presente legge, ai sensi dell'articolo 12 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77.