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Atto a cui si riferisce:
C.4404 Modifiche agli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione, concernenti l'eliminazione del principio del pareggio di bilancio e la salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone nelle decisioni finanziarie e nell'organizzazione dei pubblici uffici


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4404


PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa dei deputati
MARCON, CIVATI, FRATOIANNI, AIRAUDO, BRIGNONE, COSTANTINO, DANIELE FARINA, FASSINA, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PASTORINO, PELLEGRINO, PLACIDO, ANDREA MAESTRI
Modifiche agli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione, concernenti l'eliminazione del principio del pareggio di bilancio e la salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone nelle decisioni finanziarie e nell'organizzazione dei pubblici uffici
Presentata il 3 aprile 2017


      

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Onorevoli Colleghi! – La legge costituzionale n. 1 del 2012 ha introdotto nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio («equilibrio tra le entrate e le spese»). Si tratta di una modifica costituzionale che è stata disastrosa per il nostro sistema economico, già fortemente danneggiato. La disoccupazione è aumentata ad oltre il 12 per cento (quella giovanile oltre il 43 per cento), la capacità produttiva del sistema industriale è scesa del 25 per cento (rispetto all'inizio della crisi) e lo stesso debito pubblico è continuato a salire arrivando nel 2016 al 133 per cento sul prodotto interno lordo (PIL) che, in nove anni di crisi, è sceso di oltre 7 punti.
      Nell'ambito di un quadro di recessione globale, la zona euro mostra infatti particolari difficoltà e il peggioramento dell'economia si è accompagnato a una crisi sociale senza precedenti, mentre si sono sviluppati movimenti xenofobi e antieuropei; l'Europa ha risposto alla crescente instabilità dei mercati finanziari imboccando la strada dell'austerità. A partire dalla primavera 2010 sono stati così varati programmi di riequilibrio dei conti pubblici ambiziosi, simultanei e concentrati in un lasso di tempo relativamente breve. Nei Paesi periferici il riequilibrio dei conti pubblici è avvenuto al prezzo di pesanti ricadute economiche e sociali (catastrofiche, nel caso greco) ed è stato parzialmente vanificato dalla recessione indotta dalle politiche di austerità; è sostanzialmente l'analisi delle cause profonde della crisi a essere sbagliata. Essa viene fatta risalire alla «crisi dei debiti sovrani», mentre i debiti sovrani sono peggiorati a seguito della crisi e non viceversa. Nel biennio della grande recessione l'aumento del rapporto tra debito pubblico e PIL nei Paesi periferici è stato solo leggermente superiore alla media della zona euro. La sfiducia dei mercati finanziari è stata innescata dai crescenti squilibri macroeconomici tra i sistemi produttivi più forti (Germania in primis), molto competitivi e in forte avanzo commerciale, e i Paesi periferici considerati – a causa di debolezze strutturali che sono andate aggravandosi negli anni duemila – meno capaci in prospettiva di onorare i propri debiti pubblici.
      I risultati di queste politiche economiche sono stati largamente fallimentari. Va ricordato che le politiche di austerità in Europa hanno portato alla stagnazione e alla depressione economica. La disoccupazione è cresciuta del 40 per cento, gran parte dei Paesi della zona euro è stata colpita dalla recessione e nonostante le politiche dei tagli il debito pubblico è cresciuto mediamente dal 66 per cento (in rapporto al PIL) del 2008 al 93 per cento del 2015.
      D'altra parte, è sbagliata la premessa: pensare che il taglio nei deficit pubblici possa essere compensato dall'aumento di altre componenti della domanda aggregata è una pia illusione. Come mostrato in studi e dall'esperienza pratica (Grecia), il moltiplicatore fiscale in una fase di recessione è positivo e l'austerità porterà quindi a un calo del PIL maggiore del calo del debito rendendo impossibile raggiungere l'obiettivo della riduzione del rapporto tra debito e PIL. Diversi documenti dell'Unione europea testimoniano una transizione dei poteri dagli Stati nazionali all'oligarchia dell'Unione europea, una vera espropriazione della democrazia a favore di una tecnocrazia che risponde di fatto solo ai poteri finanziari e a ristretti gruppi sociali che di tali politiche di austerità si stanno avvantaggiando in maniera scandalosa; tra il 1976 e il 2006 la quota dei salari (incluso il reddito dei lavoratori autonomi) sul PIL è diminuita in media di 10 punti, scendendo dal 67 al 57 per cento circa. In Italia è andata peggio: il calo ha toccato i 15 punti, dal 68 al 53 per cento (dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), un trasferimento di ricchezza, a favore soprattutto del capitale finanziario, pari – in moneta attuale – a 240 miliardi di euro.
      In sede europea si sono prodotti una serie di documenti (Trattati, regolamenti, raccomandazioni, lettere) tutti indirizzati a perseguire la politica del «rigore» che si è dimostrata fallimentare. Molte sono le sollecitazioni rivolte ai singoli Stati affinché adottino normative restrittive delle spese e limitative dei diritti (sociali in specie). Alcuni vincoli sono stati introdotti (Patto Euro plus e Six Pack entrambi del 2011, Fiscal compact – Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria – del 2012, Two Pack del 2013), nessuno dei quali però ha «imposto» una modifica costituzionale ai Paesi sottoscrittori dei nuovi Trattati o soggetti alla normativa europea. Lo stesso Fiscal compact – al quale, in base alla retorica dominante, si imputa la scelta di modificare la Costituzione introducendo il principio di pareggio – ha obbligato sì a introdurre princìpi di equilibrio dei conti «tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente», ma con una semplice indicazione di «preferenza» per il livello costituzionale (articolo 3, paragrafo 2). La scelta, dunque, di «costituzionalizzare» il principio del pareggio di bilancio ricade pienamente nella responsabilità politica del Parlamento italiano. Ciò comporta il gravissimo effetto di rendere immodificabili le politiche del rigore anche nell'ipotesi – auspicabile e da perseguire politicamente – di un ravvedimento a livello europeo.
      In questa fase, in effetti, sarebbe necessario che il Governo sostenesse in sede europea la radicale modifica della normativa sulla convergenza dei bilanci, una delle cause della recessione, concordando con i partner europei misure sostanziali a favore dello sviluppo sostenibile, a partire da un'europeizzazione non parziale del debito sovrano almeno per la quota che supera il 60 per cento del PIL, secondo le proposte avanzate da diversi economisti anche italiani; chiedere nell'immediato lo slittamento della scadenza per il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali e per l'avvio della riduzione dello stock del debito o per l'esclusione di alcune spese per investimenti dai saldi del patto di stabilità. Sarebbero auspicabili, inoltre, un'ampia mobilitazione politica e una seria riflessione culturale in grado di proporre politiche sociali di tutela dei diritti fondamentali, recuperando una progettualità che ponga i diritti al centro della costruzione del sistema politico e istituzionale in ambito sia europeo sia nazionale.
      Il primo indispensabile passo in questa direzione può e deve compierlo il Parlamento, attraverso l'eliminazione del principio del pareggio di bilancio dalla Carta costituzionale. Non avrebbe, infatti, alcun senso cambiare le regole a livello europeo e poi rimanere vincolati da quanto stabilito dalla Costituzione italiana.
      Ma vi è di più.
      Quel che con la presente proposta di legge costituzionale si vuole conseguire è la riaffermazione di un corretto equilibrio tra princìpi costituzionali. L'intero costituzionalismo moderno ha, infatti, preteso una tutela privilegiata dei diritti fondamentali delle persone. Pretesa che non può essere abbandonata in nessuna contingenza economica, neppure nelle fasi avverse del ciclo economico. In ogni caso il rispetto dei diritti fondamentali delle persone deve essere perseguito, anche nei casi di più rigorose manovre di contenimento dei disavanzi pubblici.
      Il dogma dell'obbedienza a tale Trattato (il Fiscal compact) – e in generale alle politiche di austerità e di pareggio di bilancio – è stato nettamente negato anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 275 del 19 ottobre 2016, dove si indica – in estrema sintesi – che servizi primari incomprimibili per i cittadini non possono venire negati da vincoli di bilancio e che il corpus normativo costituzionale nazionale ha primazia sul rispetto dei Trattati medesimi (anche se inserito in un – singolo – articolo della Carta costituzionale).
      D'altronde la proposta di legge costituzionale opererebbe nel pieno rispetto dei (reali) vincoli contratti dall'Italia a livello europeo: si ritiene, infatti, che il principio costituzionale della necessaria salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone sia assicurato nel rispetto dei vincoli di bilancio fissati nella legge di contabilità e finanza pubblica. Una normativa nazionale «di natura permanente», così come richiesto dal Trattato sulla stabilità.
      La proposta di legge costituzionale si propone, dunque, di cancellare il principio del pareggio di bilancio e di collegare comunque la politica di bilancio dello Stato alla salvaguardia dei «diritti fondamentali delle persone», come stabiliti dal nostro ordinamento costituzionale. In particolare si propone di eliminare le parti dell'articolo 81 della Costituzione che impongono regole di equilibrio puramente economico-finanziario senza alcuna garanzia per i diritti e l'aggiunta di un comma al medesimo articolo che affermi invece la garanzia di tutela dei diritti che deve essere assicurata in sede di definizione della legge di contabilità e finanza pubblica.
      Il principio costituzionale di salvaguardia dei diritti fondamentali delle persone deve evidentemente impegnare l'intero Stato apparato ed essere garantito sull'intero territorio nazionale. Deve dunque coinvolgere – oltre lo Stato centrale – tanto l'insieme delle pubbliche amministrazioni, quanto ogni altro livello di governo.
      Per questo diventa necessario modificare l'articolo 97 della Costituzione per affermare che le pubbliche amministrazioni, nel momento in cui devono assicurare gli equilibri economici e finanziari, devono altresì operare sempre «nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone».
      Per quanto riguarda, invece, le autonomie territoriali (comuni, province, città metropolitane e regioni) si propone una modifica all'articolo 119 della Costituzione che – riprendendo quanto già attualmente imposto dall'articolo 117, secondo comma, lettera m) – assicuri un'attribuzione di risorse in relazione alle esigenze di tutela dei diritti sociali e civili comunque sufficienti per salvaguardare i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
      Oltre all'aggiunta del primo comma, è stata anche modificata la «sistematica» dell'articolo 119; i primi tre commi riguardano la finanza pubblica degli enti territoriali (e gli obblighi statali nei confronti delle autonomie), i restanti tre commi l'autonomia finanziaria degli enti territoriali. Pertanto, gli attuali terzo e quarto comma sono diventati, rispettivamente, il secondo e il terzo comma dell'articolo proposto. È stato inoltre abrogato l'attuale quarto comma, che viene assorbito nella previsione del nuovo primo comma. Si segnala, inoltre, che le risorse «aggiuntive» del secondo comma (nella versione proposta) non riguardano i «livelli essenziali delle prestazioni» le cui risorse sono garantite ordinariamente dal (nuovo) primo comma.
      Si richiede infine l'abrogazione dell'articolo 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che attualmente specifica i criteri che devono essere contenuti dalla legge di attuazione del principio di pareggio di bilancio.
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.

      1. L'articolo 81 della Costituzione è sostituito dal seguente:

          «Art. 81 – Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

          L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

          Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

          Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese provvede ai mezzi per farvi fronte.

          La legge di contabilità e finanza pubblica definisce i vincoli di bilancio nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone».

Art. 2.

      1. Al primo comma dell'articolo 97 della Costituzione sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone».

Art. 3.

      1. L'articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

          «Art. 119 – Ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni sono attribuite risorse pubbliche in relazione alle esigenze di tutela dei diritti sociali e civili, comunque sufficienti a garantire in ciascuna parte del territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni.

          Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti

della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

          La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

          I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

          I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

          I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i princìpi generali determinati dalla legge dello Stato.

          I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti».

Art. 4.

      1. L'articolo 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, è abrogato.