• Testo RISOLUZIONE IN ASSEMBLEA

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Atto a cui si riferisce:
S.6/00240 premesso che: - l'esito del referendum britannico favorevole alla Brexit, del 23 giugno 2016, ha aperto scenari inediti e pieni di incognite, dove per la prima volta...



Atto Senato

Risoluzione in Assemblea 6-00240 presentata da LUIGI ZANDA
giovedì 27 aprile 2017, seduta n.813

Il Senato,
premesso che:
- l'esito del referendum britannico favorevole alla Brexit, del 23 giugno 2016, ha aperto scenari inediti e pieni di incognite, dove per la prima volta l'Unione europea si prepara ad un ridimensionamento anziché un suo allargamento;
- lo scorso 29 marzo la premier britannica Theresa May ha inviato al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk la lettera con cui notifica la volontà di recedere dall'UE, dando avvio alla procedura ex articolo 50 del Trattato sull'Unione europea (TUE);
- la lettera di notifica conferma la visione di una Global Britain, improntata ad una "clean Brexit", con l'uscita del Regno Unito anche dal Mercato unico, dall'Unione doganale e senza controllo giurisdizionale della Corte di giustizia UE;
- due giorni dopo aver ricevuto la notifica, lo stesso presidente Tusk ha inoltrato ai 27 Stati membri le linee guida che la UE dovrà adottare nelle trattative le quali affermano con nettezza che "in questi negoziati l'Unione agirà "as one" ovvero come una sola entità". Sempre l'Unione - prosegue il documento - "sarà costruttiva e cercherà un accordo. Questo per i maggiori benefici delle due parti" e se "lavorerà sodo per raggiungere questo obiettivo, al tempo stesso si prepara a gestire la situazione anche nell'eventualità che i negoziati dovessero fallire";
- punto fondamentale della dottrina espressa nelle linee guida è la conferma dell'impossibilità per il Regno Unito di scegliere su quali settori collaborare con l'UE e su quali mantenere le proprie prerogative, ovvero l'impraticabilità del cosiddetto approccio cherry picking. Si legge infatti nelle linee guida. "preservare l'integrità del Mercato unico esclude una collaborazione basata su un approccio settore per settore. Un non membro dell'Unione, che non sostiene quindi gli stessi obblighi di un Paese membro, non può avere gli stessi diritti e godere gli stessi benefici riservati ai paesi che ne fanno parte. In questo contesto, il Consiglio europeo si compiace del riconoscimento da parte del Governo britannico che le quattro libertà del Mercato unico sono indivisibili e che pertanto non ci può essere cherry picking;
- il prossimo Consiglio europeo straordinario a 27 (senza UK), previsto per il 29 aprile, sarà chiamato a concordare gli orientamenti negoziali ex articolo 50 TUE, sulla cui base la Commissione UE presenterà una raccomandazione per consentire al Consiglio affari generali di adottare il mandato negoziale e iniziare le trattative a partire già dalla fine di maggio; la Task Force Brexit della Commissione, guidata dal Capo negoziatore Michel Barnier, lavorerà in stretto raccordo con l'Unità Brexit del Segretariato Generale del Consiglio, guidata da Didier Seeuws, e con il Parlamento europeo, mediante il suo negoziatore Guy Verhofstadt;
- il Parlamento europeo, intenzionato a svolgere un ruolo determinante nel processo negoziale anche in considerazione di un suo assenso obbligatorio all'accordo finale, il 5 aprile ha approvato a stragrande maggioranza (con 516 a favore) una Risoluzione sulle linee guida per le trattative sulla Brexit, in cui tra le altre cose si ribadisce che "il futuro accordo tra UE e UK come paese terzo potrà essere concluso solo una volta avvenuta la separazione dalla UE";
- considerando l'impatto della Brexit sui numerosi aspetti inerenti i rapporti UK-UE e i molteplici interessi in gioco nella trattativa, la Commissione e i negoziatori europei mirano a definire l'intero pacchetto negoziale prevedendo, da un lato, che l'accordo di separazione in senso stretto (di recesso ai sensi dell'articolo 50 del TUE) debba concludersi entro il 2019 e, solo una volta perfezionato il recesso, o quantomeno qualora si siano raggiunti notevoli progressi sul negoziato di separazione, si potranno concordare le future relazioni tra UE e UK, definito dai britannici quale "partenariato speciale"; dall'altro, per facilitare la progressiva transizione dallo status di Stato membro a quello di Paese terzo si potranno stipulare accordi provvisori (transitional arrangements) che tengano conto della fase ad interim in cui specifici e vecchi accordi continueranno a valere;
- si ribadisce l'importanze del principio della sequenzialità degli accordi per evitare di aprire alla possibilità di accordi bilaterali o intese settoriali con gli Stati membri, rompendo in tal modo l'unità europea a 27;
- il Consiglio europeo del 29 aprile dovrà riaffermare l'importanza della conservazione del patrimonio pattizio tra i due Paesi con specifico riferimento agli Accordi di Belfast del 1998, noti come "Accordi del venerdì santo" o "Accordi di Belfast", che furono accompagnati da uno storico referendum e che sono costati la vita di migliaia di irlandesi, in un aspro conflitto su territorio europeo ben più recente rispetto alla seconda guerra mondiale. Da parte italiana il tema deve ricevere massima considerazione anche come riconoscimento alla fermezza dimostrata dall'Irlanda nel dare sostegno al progetto europeo, anche per gratitudine per il ruolo assolto dall'Unione europea nella soluzione dello storico conflitto; nel non distinguere, malgrado la sua collocazione geografica, tra un'Europa del Nord e un'Europa del Sud; nel riconoscere, infine, il ruolo positivo giocato dal nostro Paese nel Mediterraneo sul fronte dell'emergenza migratoria, cui l'Irlanda ha deciso di contribuire con l'invio di un'unità della sua Marina Militare. Appaiono, inoltre, particolarmente apprezzabili le dichiarazioni rese fin da subito dai leader politico-istituzionali irlandesi, anticipando la risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile e dando prova di profondo e convinto spirito europeista, circa l'impegno dell'Irlanda - malgrado il più che consistente numero di propri cittadini residenti su territorio inglese (un milione in Gran Bretagna e un milione e seicento mila in Irlanda del Nord) e la contiguità territoriale e di interessi regionali con Londra - a non avere un negoziato bilaterale riguardo a Brexit ma a muoversi come parte del "blocco" negoziale europeo;
- le questioni da definire nell'ambito della trattativa incidono su talune certezze giuridiche fino ad oggi vigenti e che potrebbero venir meno soprattutto in vista dell'annunciata hard Brexit. Tra queste rilevano: la fine della libertà di circolazione, con conseguenze circa i diritti acquisiti dai cittadini europei - status di residenti, lavoro, studio, con relative applicazioni di tasse e oneri aggiuntivi; l'uscita dal Mercato comune e dall'Unione doganale con ripercussioni su commercio, dazi, import-export, banche e società di investimento, con perdita del tradizionale ruolo della City di Londra e relativi trasferimenti di alcuni servizi e sedi finanziarie (es. Banking Authority); la necessità di nuove trattative per il coordinamento su difesa, sicurezza, lotta al terrorismo e al crimine organizzato a livello sovranazionale; fino alla questione da dirimere circa il calcolo di quanto dovuto da UK al bilancio UE, sulla base degli specifici impegni giuridici assunti durante il periodo pre-Brexit - con particolare riguardo al Quadro di bilancio pluriennale 2014-2020, relativo a progetti comuni e obblighi finanziari stipulati in precedenza e validi fino a dopo la fine del ciclo di bilancio del 2020; la richiesta di mantenere tali impegni trova ragione anche nel fatto che l'UK potrà continuare nel periodo ad interim ad avere accesso ai fondi europei, almeno fino al 2019, fine probabile della Brexit ed entro le prossime elezioni europee;
- il tema di maggiore interesse per il nostro Paese riguarda la salvaguardia dello status dei cittadini italiani in UK; si tratta di garantire i diritti acquisiti di circa 600.000 italiani già residenti nel Regno Unito, di cui 280.000 solo nella città di Londra ed iscritti all'AIRE (Anagrafe degli italiani all'estero); tuttavia, tale cifra risulta sottostimata, infatti gli italiani iscritti all'AIRE sono poco più di un terzo della totalità dei cittadini italiani in UK, molti quelli attualmente sussistenti sul territorio britannico che non hanno regolarizzato anagraficamente la propria posizione, per una crescente mobilità temporanea di studio e lavoro, e che potrebbero subire pesanti conseguenze dal punto di vista della libertà di circolazione e di stabilimento;
- altri temi oggetto del negoziato rilevanti per l'Italia sono anche i servizi finanziari, i rapporti commerciali e gli aspetti istituzionali UE, con particolare riguardo al bilancio UE post-Brexit e al futuro delle relazioni UE-UK; inoltre, la ricollocazione delle Agenzie UE attualmente situate in UK costituisce una partita per il nostro Paese particolarmente importante, per la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia europea per i medicinali (EMA), tenuto conto che sulla nuova sede dell'EMA sono in campo molte candidature;
- più nello specifico, la fuoriuscita del Regno Unito dall'UE pone per il nostro Paese tre ordini di questioni sul piano economico, finanziario, bancario e commerciale, che vanno pregiudizialmente poste e affrontate fin da questa fase pre-negoziale, al fine di minimizzare l'impatto di Brexit sul nostro sistema Paese e anche per cogliere gli spazi e le opportunità positive che la stessa Brexit determina. Tali questioni sono:
il futuro ruolo della Borsa di Milano, che ad oggi è di proprietà della Borsa di Londra per la quale gestisce il mercato dei titoli di stato, con scambi di titoli di 17 Paesi europei, degli Stati uniti e di fondi sovrani, con un giro d'affari di 90 miliardi di euro al giorno;
la necessità di rivedere la direttiva sul cosiddetto "bail in" - nata come risposta politica europea di fronte ai movimenti di opinione pubblica determinati dalle operazioni di ricapitalizzazione delle banche di alcuni paesi europei;
il ruolo esercitato dalla BCE nei confronti delle diverse anime del settore bancario europeo;
- le prossime elezioni inglesi avranno un impatto importante per il mercato finanziario italiano con particolare riferimento al tema del libero scambio di beni e servizi, che potrà essere oggetto di un rapporto UE-UK o tra singoli Paesi membri-UK, e alla gestione dei nuovi rapporti finanziari;
- il nodo maggiore è rappresentato dalla cosiddetta "passaportazione" dei prodotti finanziari, che tra Paesi membri dell'UE è concessa e riconosciuta sulla base di controlli di qualità effettuati dal Paese d'origine. Dopo Brexit tale "passaportazione" non potrà più esser scontata per i prodotti finanziari britannici verso il mercato europeo. Con il venire meno della "passaportazione", potrebbe venire meno il ruolo centrale che la Borsa di Londra ha svolto fino ad oggi per l'eurozona, soprattutto per la gestione dei derivati e la complessiva gestione dei titoli in euro. La conseguenza sarebbe una delocalizzazione dei capitali a favore di piazze finanziarie probabilmente nordamericane. Di fronte a questa prospettiva ci sono due strade possibili: Londra potrà decidere di collaborare con Bruxelles adeguandosi allo spirito continentale, e dunque agli standard comunitari, oppure fare un salto di qualità e divenire un vero e proprio centro off shore;
- si prospetta per l'Italia il meccanismo di cosiddetto letter box, in cui l'Italia potrebbe divenire un Paese in cui esternalizzare l'attività di imprese britanniche, secondo un sistema di off shore differito, sul modello di quanto avvenuto a Cipro rispetto a capitali di provenienza russa, senza cioè che questi siano sottoposti ai controlli e agli standard europei e nazionali e senza un profitto per il Paese ospite;
- è inoltre da porre sin da questa fase il tema della revisione del fiscal compact, considerato che il Piano Juncker non ha dispiegato il suo potenziale quanto al rilancio degli investimenti pubblici, che sono una partita decisiva per il futuro dell'Italia e dell'Europa;
- per l'Italia è, in sostanza, decisiva la definizione di una Capital market union policy, al fine di assicurare l'opportuno sostegno alle piccole e medie imprese italiane, cui occorre offrire un sistema di "rating" che permetta loro l'ingresso nei mercati finanziari, eventualmente anche prescindendo dalle banche, atteso che le imprese costituiscono oggi il maggior fattore di sviluppo e di reddito del Paese. La Capital market union policy costituisce dunque una politica da sostenere a livello europeo;
- sul terreno dell'Unione bancaria, occorre ricordare che essa è stata parte di un percorso di cui è parte la moneta unica ma che non è stato completato. Dopo l'istituzione di un'autorità di vigilanza unica e la definizione di criteri per la gestione delle crisi, manca ancora l'operatività di un'assicurazione collettiva e unica per i depositi. Inoltre, l'Unione bancaria può esercitare un ruolo importante in presenza di un "testo unico bancario europeo", che ad oggi non esiste e che rappresenta una questione assai rilevante da tematizzare con urgenza in sede europea per porre il nostro Paese in condizioni di parità con gli altri Stati membri e per creare le condizioni normative attrattive, utili a stimolare la scelta a favore del nostro Paese da parte di coloro che dovranno riposizionare i propri asset;
- altra questione fondamentale nella trattativa da intraprendere riguarda la cooperazione in materia di sicurezza e difesa per cui, come giustamente rileva la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 5 aprile scorso "i negoziati non possono comportare uno scambio tra la sicurezza sia interna che esterna, inclusa la cooperazione nella difesa, da un lato, e i futuri rapporti economici dall'altro lato";
- le questioni relative alla cooperazione in materia di sicurezza e difesa devono pertanto essere trattate a prescindere dal negoziato e questo a maggior ragione in considerazione del fatto che il Regno Unito resta membro di altre importanti istituzioni sovranazionali quali l'OSCE e la NATO;
- peraltro verso, è innegabile che l'uscita britannica dall'Unione europea, marginalizzando la sua cooperazione di polizia, inficia automaticamente anche attività fondamentali per assicurare la sicurezza dei cittadini come il contro-terrorismo. Non si può non tener conto infatti che oggi criminalità, traffico di droga, riciclaggio di denaro e terrorismo viaggiano molte volte su piani sovrapposti. A tale proposito i recenti attentati terroristici accaduti in Europa, dalla Francia al Belgio alla Germania e ora da ultimo proprio in Gran Bretagna, in Russia e ancora in Francia rivelano una dimensione internazionale della minaccia terroristica che non può, nel modo più assoluto, essere contrastata efficacemente confidando solo sulle proprie forze nazionali sia di intelligence che di polizia, anzi, proprio le crescenti minacce alla sicurezza dei cittadini europei devono essere affrontate per il presente ed il futuro con un di più di cooperazione tra gli Stati, nella consapevolezza che un approccio apparentemente "sovranista" finisce non per massimizzare ma per minimizzare il diritto alla sicurezza dei propri concittadini e in prospettiva anche per indebolire ed umiliare le stesse istituzioni nazionali che si vorrebbe salvaguardare;
- per quanto concerne la proiezione internazionale e geopolitica dell'Unione europea, il Regno Unito contribuisce alle operazioni militari e civili dell'Unione in 16 missioni, nella misura del 3 per cento del personale civile e del 5 per cento del personale militare. Questi numeri se per un verso non appaiono così determinanti ed essenziali allo svolgimento efficace della presenza internazionale della UE, per altro verso interrogano circa la necessità di ridefinire un partenariato strategico con un paese che, decidendo di uscire dall'Unione europea, si è chiamato anche fuori da quel lento ma tuttavia continuo e incessante processo di costruzione di una dimensione comune e condivisa della politica estera e di sicurezza;
- tra le conseguenze della Brexit va, infine, segnalata la vacanza dei 73 seggi lasciati liberi dai britannici al Parlamento europeo. Seggi che potrebbero essere sostituita da liste transnazionali, allo scopo di favorire il processo di legittimazione delle istituzioni europee e la competizione tra diversi programmi di partiti politici su base continentale e transnazionale; tale proposta costituirebbe un primo passo verso un cambiamento delle istituzioni dell'Unione che, in vista delle elezioni del 2019 del Parlamento europeo, aprirebbe la strada anche all'elezione diretta del presidente della Commissione europea, mediante primarie per indicare i candidati e i vincenti tra i capolista, rafforzando in tal modo le scelte consapevoli dei cittadini e la trasparenza del processo politico,
impegna il Governo:
- ad attivarsi, in vista del prossimo Consiglio europeo straordinario di fine aprile, affinché il processo negoziale sulla Brexit sia improntato al "principio della sincera cooperazione" previsto dai Trattati, al fine di preservare l'unità dei 27 Stati membri, evitando altresì ulteriori fratture della comune prospettiva europea ed escludendo stipule di accordi bilaterali di singoli stati o di specifiche intese prima della conclusione del recesso di UK dalla UE, in quanto in violazione dei Trattati, in aderenza al principio di indivisibilità del Mercato unico che esclude approcci selettivi;
- ad appoggiare quanto indicato nelle linee guide approvate a larga maggioranza dal Parlamento europeo, per quanto attiene alla tempistica delle fasi negoziali e la sequenza degli accordi, al fine di escludere che l'UK si consideri fuori dall'Europa fin dal momento dell'attivazione dell'articolo 50 del TUE e non al termine del processo negoziale di recesso;
- ai fini delle priorità del negoziato su Brexit e, in generale, nella considerazione del futuro del progetto europeo e nella gestione del post Brexit, ad impegnarsi per preservare gli Accordi di pace del 1998 tra Regno Unito e Irlanda, nonché lo storico assetto pattizio tra i due Paesi quanto alla libertà di circolazione dei rispettivi cittadini e al regime di doppio passaporto, nell'interesse del mantenimento delle ottime relazioni bilaterali tra Irlanda e Inghilterra e della stessa stabilità europea;
- a sostenere la necessità di garantire ai cittadini europei che vivono nel Regno Unito un trattamento soggetto ai principi di reciprocità, equità, simmetria e non discriminazione, non diverso da quello dei britannici che risiedono nell'Unione, sottolineando la priorità della questione dei diritti acquisiti con riferimento ai nostri connazionali attualmente residenti in UK, al fine di scongiurare un abbassamento, contrario al diritto europeo, delle loro prerogative dei loro diritti prima della conclusione dei negoziati;
- ad attivarsi, per quanto riguarda la tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani già residenti ed operativi in territorio britannico, anche al fine di predisporre specifiche disposizioni informative e di supporto, mediante il coinvolgimento attivo delle rappresentanze in loco, allo scopo di respingere eventuali pratiche discriminatorie durante la fase transitoria del negoziato;
- a garantire che le previsioni dell'accordo di recesso sui diritti acquisiti dei cittadini siano applicabili attraverso procedure amministrative semplici e rapide;
- ad attivarsi per minimizzare le conseguenze negative dell'uscita del Regno Unito dall'UE su cittadini, imprese e settore pubblico;
- a sostenere la necessità di nuovi accordi di cooperazione tra UE e UK per ciò che attiene alle relazioni economiche future e ai profili della difesa e della sicurezza, anche in considerazione delle sfide prioritarie e strategiche dell'Unione europea, come quelle del contrasto alla minaccia terroristica e all'estremismo violento; a potenziare il grado di intelligence-sharing sia fra i Paesi membri dell'Unione che con quelli terzi, tra i quali dovrà essere inevitabilmente ricompreso il Regno Unito, avendo cura di scongiurare qualsivoglia tentativo volto a fare dello scambio di informazioni riservate, utili ad assicurare la libertà e la sicurezza dei cittadini europei, un oggetto di negoziato;
- sul terreno dei futuri assetti finanziari, ad operare per un negoziato in cui Londra non esca dal mercato finanziario europeo diventando un vero centro off shore e, conseguentemente, Milano non sia marginalizzata in ragione dello spostamento dei capitali su piazze extraeuropee e possa, invece, divenire più competitiva preservando così anche i circa 60.000 posti di lavoro che la Borsa meneghina assicura (che arrivano a 120.000 se si include il mercato assicurativo);
- ad operare affinché il risparmio italiano sia adeguatamente tutelato e scongiurando la creazione di sub-paradisi fiscali nei singoli Stati membri;
- a prescindere da Brexit, ad intraprendere uno sforzo deciso di rilancio della capacità competitiva del nostro Paese anche attraverso un sistema di incentivazione degli investimenti esteri;
- ad operare anche sul terreno amministrativo per introdurre strumenti di attrazione degli investimenti esteri, anche attraverso forme opportune di semplificazione; occorre anche lavorare sulla certezza dei tempi della giustizia incoraggiando i tribunali ad adottare protocolli interni che diano tempi certi e aiutino a superare un disagio a volte più percepito che reale dagli investitori esteri;
- inoltre, a rivedere la direttiva sul bail in operando sui profili più ostili ai piccoli risparmiatori;
- nella premessa dell'esigenza di un'azione politica a livello europeo e nazionale che fornisca indirizzi, che sia interessata allo sviluppo di una vera Unione bancaria e che voglia definire le regole di contesto, ad adoperarsi per completare l'Unione bancaria con la definizione di una garanzia complessiva e unica per i depositi e di un testo unico bancario europeo;
- per preservare il nostro saldo attivo nel Regno Unito, ad operare soprattutto sul settore della meccanica strumentale e sull'innovazione tecnologica, senza dimenticare la difesa. In generale, occorrerà presidiare il negoziato in modo proattivo con riferimento alle regole di carattere finanziario che sono sempre definite in base ad uno specifico sistema produttivo di riferimento, che nel nostro caso è incentrato sulle PMI;
- a ribadire, per ciò che attiene alla ridefinizione della regolazione finanziaria tra Regno Unito e UE, la necessità che venga garantito da parte di UK il mantenimento degli impegni finanziari, con particolare riferimento a programmi europei e a fondi di coesione strutturali, la cui durata prevista vada oltre la data di uscita del Regno Unito dall'Unione, anche al fine di non pregiudicare l'efficacia dei medesimi programmi a carattere pluriennale (QFP 2014-2020);
- a sostenere con determinazione, per quanto riguarda le conseguenze della Brexit circa il trasferimento e la ricollocazione di alcuni organismi e Agenzie UE, la candidatura di Milano per ospitare l'EMA (Agenzia europea per i medicinali), coinvolgendo le principali amministrazioni interessate del nostro Paese al fine di consolidare i requisiti della candidatura italiana;
- a sostenere misure volte a verificare il rispetto del principio di sincera cooperazione e ad evitare conflitti di interesse dovuti allo status del Regno Unito di membro dell'UE fino alla data di recesso;
- ad attivarsi, in tutte le sedi europee competenti, per conseguire un più largo consenso in favore della proposta già avanzata dal Governo italiano, affinché i 73 seggi lasciati liberi dai britannici al Parlamento europeo siano sostituiti da liste transnazionali su base continentale, nonché per costruire, in vista delle elezioni del 2019 del P.E., un ampio sostegno alla correlativa proposta di primarie per la scelta di candidati e capilista su base transnazionale, alla guida della Presidenza della UE.
- a sostenere la necessità che la trattativa concernente i nuovi rapporti commerciali tra Regno Unito e Unione europea, attesa l'impossibilità di utilizzare gli strumenti dello spazio economico europeo e dell'Unione doganale, i quali implicano l'accettazione di principi di libera circolazione non più disponibili dopo il risultato referendario, si orientino verso un accordo che produca un gioco a somma positiva per entrambe le parti ed eviti forme di dumping sociale, ambientale, regolamentario, attesa l'integrazione commerciale già raggiunta e i benefici che questa genera per l'Italia, la quale nell'interscambio di beni con il Regno Unito raggiunge un saldo positivo di 11 miliardi, secondo in Europa a quello della sola Germania;
- a sottolineare l'importanza che nel delicato campo della regolamentazione e della vigilanza sui servizi finanziari, il negoziatore europeo tenga ferma la necessità che il Regno Unito non si discosti dagli standard comunitari, poiché per l'importanza globale ed europea della piazza finanziaria d'oltre Manica sarebbe un esito negativo e pericoloso per entrambe le parti un'eventuale deviazione britannica verso modelli di regolamentazione e vigilanza finanziaria meno rigorosi e meno trasparenti di quelli attualmente vigenti;
- a sostenere la proposta della Commissione europea, inclusa nel pacchetto sulla revisione della Direttiva e del Regolamento sui requisiti di capitale, la quale prevede per le banche dei Paesi terzi che hanno rilevanza sistemica la costituzione in Europa di società capogruppo intermedie e la conseguente attivazione nei loro confronti della vigilanza e della disciplina sulla gestione delle crisi vigente nell'Unione;
- a sostenere ogni azione positiva di sistema, anche in raccordo con le istituzioni locali, e in particolare quelle di Milano, per migliorare l'attrattività della localizzazione in Italia di segmenti ad elevata specializzazione dell'industria bancaria e finanziaria, in particolare nel comparto degli operatori attivi sulle principali infrastrutture di mercato.
(6-00240)
ZANDA, BIANCONI, ZELLER.