Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
Atto a cui si riferisce:
S.4/07482 BONFRISCO - Ai Ministri dell'interno, della salute e della giustizia - Premesso che:
l'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, che garantisce...
Atto Senato
Interrogazione a risposta scritta 4-07482 presentata da ANNA BONFRISCO
mercoledì 10 maggio 2017, seduta n.819
BONFRISCO - Ai Ministri dell'interno, della salute e della giustizia - Premesso che:
l'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, che garantisce alla madre la garanzia dell'anonimato, è stato introdotto nel nostro ordinamento per metter fine alla moderna strage degli innocenti, ovvero alla consuetudine di gettare nei cassonetti i bimbi indesiderati;
i funzionari del Comune di Roma da qualche mese accettano con molte difficoltà le dichiarazioni di nascita dei figli di donne che dichiarano di non voler essere nominate, presentate allo sportello dall'assistente al parto;
i funzionari hanno più volte preteso, senza successo, l'indicazione delle generalità materne, ricevendo un deciso rifiuto degli operatori ospedalieri a riempire quella parte del certificato che permetterebbe di risalire alle origini qualora ci fosse un richiedente;
le operatrici che si sono recate all'anagrafe non hanno alcuna intenzione di rompere il patto anche morale con la puerpera, malgrado le rassicurazioni da parte dei funzionari capitolini che l'identità della madre rimane comunque secretata;
le segnalazioni dei fatti provengono dal personale ostetrico degli ospedali romani del "San Camillo", del "Fatebenefratelli" dell'isola Tiberina e del "San Pietro", che sono 3 dei maggiori punti nascita della capitale e nei quali si registra una media di una decina di bimbi lasciati in culla dalla mamma ogni anno;
a tutela di questo diritto/dovere è nato un contenzioso legale, tuttora irrisolto, avviato dal collegio provinciale delle ostetriche di Roma, di concerto con la federazione nazionale, per invitare le autorità competenti ad intervenire;
la convinzione della responsabile dell'ufficio denunce nascite e dell'ufficiale di stato civile dell'anagrafe centrale di Roma secondo la quale "È erroneo e privo di fondamento giuridico il comportamento di alcune ostetriche che omettono i dati anagrafici dei genitori del bambino" nasce da un'erronea interpretazione della legge e soprattutto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013 che ha dichiarato illegittima la legge n. 184 del 1983 sulle adozioni "laddove non prevede la possibilità del giudice di interpellare su richiesta del figlio la madre che abbia dichiarato la volontà di non essere nominata ai fini dell'eventuale ritiro della dichiarazione". Sulla stessa è intervenuta, recentemente, la suprema Corte di cassazione con sentenza 1946 del 25 gennaio 2017 "In tema di parto anonimo, per effetto della predetta sentenza della Corte Costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna, fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l'anonimato non sia rimossa in seguito all'interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità". È evidente, quindi, che la sentenza della Corte costituzionale non è in nessun modo intervenuta sul diritto all'anonimato della madre al momento del parto, ma al contrario lo ha rafforzato;
il perdurare del comportamento ostruzionistico da parte dei funzionari del Comune di Roma, contrario non solo alla legge, ma anche al codice deontologico delle ostetriche, potrebbe causare un ritorno allo scellerato uso dei cassonetti poiché potrebbe ingenerare nelle madri la convinzione che partorendo in ospedale non possano mantenere l'anonimato. A sostegno della possibilità del verificarsi di questo fenomeno è significativo il caso della neonata, abbandonata appena partorita in un giardino, il 7 maggio 2017, e morta all'ospedale di Trieste dopo 6 ore dal ritrovamento,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dell'anomalo comportamento dei funzionari del Comune di Roma che mette a grave rischio il principio della segretezza assoluta delle madri, riconosciuto e sancito per legge;
quali atti intendano adottare, per quanto di propria competenza, per garantire che i funzionari del Comune di Roma capitale applichino la legge, al fine di salvaguardare il diritto all'anonimato della partoriente all'atto della nascita del figlio di cui non può farsi carico per ragioni che attengono alla propria sfera privata;
se il Ministro dell'interno non ritenga opportuno inviare a tutti i Comuni una circolare in materia, al fine di eliminare ogni dubbio interpretativo sulla legge che impone di garantire il diritto all'anonimato delle madri.
(4-07482)