C. 3225-495-661-1093-1137-1958-2354-2409-2446-2545-2562-3140-3276-3323-3326-3789-3835-4100-4131-4235 e 4259-A/R-bis EPUB TURCO Tancredi, Relatore di minoranza
Atto a cui si riferisce:
C.2562 Modifiche alla legge 31 ottobre 1965, n. 1261, in materia di erogazione dell'indennità parlamentare e della diaria in caso di sottoposizione di un membro del Parlamento a misure limitative della libertà personale nonché di disciplina delle ritenute sulla diaria nei casi di assenza dalle sedute
Frontespizio |
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 3225-495-661-1093-1137-1958-2354-2409-2446-2545-2562-3140-3276-3323-3326-3789-3835-4100-4131-4235-4259-A/R-bis |
Onorevoli Colleghi! – Con la riforma del 2012 l'assegno vitalizio di deputati e di senatori è stato abolito e al suo posto è stato istituito un sistema di tipo previdenziale. Tuttavia, i parlamentari cessati dal mandato prima del 2012 hanno continuato a percepire gli assegni vitalizi pre-riforma e a coloro che hanno esercitato un mandato prima di tale data e che sono stati poi rieletti viene applicato un sistema pro rata, ossia basato in parte sulla quota di assegni vitalizi effettivamente maturata al 31 dicembre 2011 e in parte sulla quota calcolata con il nuovo sistema contributivo. I deputati eletti la prima volta dopo la riforma hanno invece diritto a una pensione interamente calcolata con un sistema contributivo, che però ha regole differenti rispetto a quelle vigenti per i lavoratori dipendenti.
Oggi siamo chiamati a discutere l'approvazione di una proposta di legge che prevede non solo l'introduzione di un sistema previdenziale identico a quello vigente per i lavoratori dipendenti, com'era auspicabile, ma anche la sua estensione a tutti gli eletti, compresi coloro che attualmente beneficiano dell'assegno vitalizio, in modo da abolire definitivamente i trattamenti in essere basati ancora sull'iniquo sistema degli assegni vitalizi, compresi i vitalizi attualmente percepiti che vengono definitivamente aboliti e ricalcolati secondo il nuovo sistema contributivo.
E ciò andrà a valere anche sui vitalizi e sul trattamento previdenziale dei consiglieri regionali delle regioni sia a statuto ordinario, sia a statuto speciale, e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le quali si dovranno adeguare a quanto previsto per i parlamentari nazionali, pena la decurtazione dei trasferimenti statali loro spettanti.
Con l'equiparazione del trattamento previdenziale dei parlamentari a quello dei lavoratori dipendenti viene esteso anche ai parlamentari il limite dei sessantacinque anni per l'erogazione del trattamento previdenziale, eliminando la possibilità di diminuire tale limite per ogni anno di legislatura ulteriore rispetto ai cinque prescritti, fino al massimo dei sessanta anni; inoltre, il nuovo sistema viene applicato anche ai trattamenti previdenziali in essere, compresi i vitalizi attualmente percepiti che vengono ricalcolati secondo il nuovo sistema contributivo.
Per i parlamentari dipendenti dalle amministrazioni pubbliche che scelgono di rinunciare all'indennità parlamentare e di mantenere il trattamento economico dell'amministrazione di appartenenza, viene mantenuta la possibilità di richiedere di versare comunque i contributi per ottenere la valutazione del mandato parlamentare a fini previdenziali.
Per l'erogazione delle prestazioni è istituita presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) un'apposita gestione separata dei fondi destinati al trattamento previdenziale dei parlamentari: una gestione separata, dotata di autonomia finanziaria, contabile e di gestione, nella quale afferiscono le risorse destinate al trattamento previdenziale dei parlamentari. Tali risorse sono determinate al momento della redazione del bilancio di previsione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e sono parte della richiesta di dotazione al Ministero dell'economia e delle finanze per il funzionamento degli organi costituzionali.
Sotto un altro punto di vista l'attuale proposta di legge costituisce un'occasione mancata relativamente alla ridefinizione dei vari emolumenti, tra i quali i rimborsi e le indennità, che vengono erogati ai parlamentari dalle rispettive Camere di appartenenza.
L'indennità dei membri del Parlamento è stata introdotta negli ordinamenti democratici contemporanei per consentire a chi viva di reddito, e non di rendita, di svolgere il mandato elettivo sospendendo, per quel periodo, la propria attività lavorativa. Si tratta, quindi, di una disposizione volta a rendere effettiva, in condizioni di uguaglianza sostanziale, la possibilità di accedere alle cariche elettive, che l'articolo 51 della Costituzione attribuisce a tutti i cittadini.
Ora, però, come noto, i parlamentari italiani percepiscono un ammontare complessivo degli emolumenti, al netto dell'imposizione fiscale, che raggiunge livelli molto elevati se paragoniamo l'Italia con gli altri paesi in Europa.
Infatti, per quanto riguarda i deputati, oltre all'indennità parlamentare, fissata in circa 5.000 euro netti, il trattamento economico comprende la diaria, a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma, che è stata ridotta a 3.500 euro mensili, un rimborso forfetario per le spese generali di esercizio del mandato, suddiviso in una quota mensile – sottoposta a rendicontazione quadrimestrale – e in una ulteriore quota erogata forfetariamente. A questo si aggiungono poi le facilitazioni sui trasporti, il rimborso delle spese di trasporto nella città di Roma per circa mille euro al mese, e il rimborso forfetario delle spese telefoniche, l'assegno di fine mandato, l'assistenza sanitaria integrativa e, all'età richiesta, la pensione.
Appare evidente, infatti, che questo trattamento economico percepito dai parlamentari sia del tutto sproporzionato soprattutto avuto riguardo allo stipendio medio che, secondo i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) riferiti all'anno 2014, in Italia è di circa 1.500 euro al mese.
Si tratta di una sfasatura enorme che non può essere giustificata neppure dalla precarietà dell'incarico, elemento che non giustificherebbe comunque un aumento esponenziale di tale portata.
In questo senso ancorare le indennità a parametri esterni avrebbe risolto numerosi problemi inerenti alla quantificazione dell'indennità da corrispondere ai parlamentari.
Lo si potrebbe, infatti, parametrare mensilmente, al dodicesimo del trattamento complessivo massimo annuo lordo spettante ai professori universitari ordinari a tempo pieno alla seconda progressione di carriera.
L'odierna diaria potrebbe essere scorporata con la previsione di un rimborso forfetario delle spese che non superi i 2.000 euro mensili, variabile a seconda dell'effettiva presenza ai lavori della Camera d'appartenenza, fatte salve le assenze giustificate dalle missioni, comprensivo delle spese telefoniche e di connessione e assistenza informatiche.
Il parlamentare, che non risieda in Roma, potrebbe altresì beneficiare di un rimborso delle spese di alloggio nella misura massima di 1.500 euro mensili, solo se debitamente documentate alla Camera di appartenenza.
Resta salvo il diritto all'utilizzo di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima e aerea e il rimborso delle spese documentate sostenute per l'utilizzo di un veicolo proprio, di veicoli ad uso condiviso, di servizi di taxi o analoghi per trasferimenti nel territorio nazionale nell'esercizio della propria attività politica.
In relazione poi alle spese per l'esercizio del mandato, queste potrebbero includere le spese sostenute per la remunerazione di collaboratori, consulenze, ricerche, servizi di gestione dell'ufficio, utilizzo di reti pubbliche di consultazione di dati, convegni e sostegno delle attività politiche che potrebbero essere di molto ridotte ovvero che dovranno essere rimborsate solo a fronte dell'effettiva totale rendicontazione delle spese stesse, con l'eliminazione della quota di rimborso a forfait.
Spiace invece notare che sotto la dichiarata buona intenzione di abolire i vitalizi, per riportarli ad un trattamento previdenziale contributivo che sia calcolato secondo i parametri e nei limiti previsti dalle norme attualmente in vigore per i lavoratori dipendenti, s'inseriscano alcune particolarità che vanno in direzione opposta, quale la previsione che vi possa essere un aumento del 20 per cento del trattamento pensionistico per le pensioni di reversibilità se i beneficiari non abbiano altri redditi da lavoro dipendente o autonomo e d'impresa ovvero rendite fondiarie e redditi di capitale.
Tancredi TURCO,
Relatore di minoranza