• C. 2236 EPUB Proposta di legge presentata il 27 marzo 2014

link alla fonte  |  scarica il documento in PDF

Atto a cui si riferisce:
C.2236 Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino
approvato con il nuovo titolo
"Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino"


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2236


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
SANI, LUCIANO AGOSTINI, CARRA, CATANIA, CATANOSO GENOESE, CENNI, COVA, COVELLO, DAL MORO, FAENZI, FIORIO, MANCIULLI, MONGIELLO, PALMA, SCHULLIAN, TENTORI, VALIANTE, VENITTELLI, ZANIN
Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino
Presentata il 27 marzo 2014


      

torna su
Onorevoli Colleghi! La predisposizione di una disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino che accompagni dalla produzione fino alla movimentazione e vendita i prodotti che hanno origine dalla lavorazione delle uve, non è più procrastinabile.
      Il susseguirsi di norme dal livello europeo a quello locale, accompagnate dalle norme di attuazione, nel corso degli anni ha creato un coacervo normativo molto intricato ed eccessivo, con rischi di interpretazione per competenza più che per merito.
      Le organizzazioni di Agrinsieme, il coordinamento tra Confederazione Italiana agricoltori, la Confagricoltura e l'Alleanza delle cooperative italiane dell'agroalimentare, con l'Unione Italiana Vini, la Federvini, l'Assoenologi e la Federdoc in rappresentanza delle diverse realtà economiche del settore vitivinicolo, hanno lavorato su diversi testi normativi del settore vitivinicolo, con il duplice obiettivo di unificare le disposizioni e, soprattutto, semplificare i procedimenti, attraverso il coordinamento e l'armonizzazione delle diverse fonti, al fine di pervenire a un testo unico.
      I principali testi di riferimento sono stati la legge 20 febbraio 2006, n. 82, il decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61 e il decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260.
      Viene coerentemente proposta una disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino non meramente ricognitiva, ma innovativa anche nella struttura che, in 9 titoli, disciplina l'attività dell'intero ciclo economico, dalla vigna al consumatore e le relative implicazioni normative di interesse settoriale e generale.

Titolo I: definizioni.

      Reca le principali definizioni di settore, attualmente codificate in molteplici fonti normative, in particolare nella legge n. 82 del 2006 e nel decreto legislativo n. 61 del 2010.
      L'Italia è stata uno dei primi Paesi europei a dotarsi di una normativa specifica per quanto concerne i prodotti a denominazione di origine (DO) e a indicazione geografica (IG). Le regole inerenti l'utilizzo delle denominazioni di origine controllata (DOC), denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG) e indicazione geografica protetta (IGT) sono state nel corso degli anni arricchite ed affinate, tenendo anche conto dell'evolversi della realtà produttiva.
      Con la riforma dell'organizzazione comune dei mercati (OCM) del vino del 2008, e con la sostanziale equiparazione a livello europeo dei sistemi di classificazione dei vini a denominazione di origine al più generale sistema europeo dei prodotti alimentari a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP), è stato necessario adeguare definizioni e norme alle regole europee, cercando di stravolgere il meno possibile un sistema ormai consolidato e collaudato a cui i produttori fanno riferimento. Particolare attenzione è stata quindi posta alla specifica dell'utilizzo delle DOC e delle DOCG, salvaguardando le tradizionali definizioni ed ambiti di applicazione pur nel rispetto della normativa comunitaria.
      A tale riguardo è stata sostanzialmente ripresa la normativa già codificata con il decreto legislativo n. 61 del 2010, con riferimento particolare alla coesistenza di più DO e IG nel medesimo territorio, e all'utilizzo di alcune menzioni, in particolare «classico» e «riserva».
      Maggiore approfondimento è stato dedicato all'uso dei nomi di unità geografiche aggiuntive e della menzione vigna, determinandone con precisione le condizioni di uso.
      Relativamente alle altre definizioni, precedentemente contenute nella legge n. 82 del 2006, sono stati introdotti ulteriori chiarimenti e aggiornamenti dei riferimenti normativi per quanto concerne il vino passito, il vitigno autoctono italiano e le altre bevande derivate dall'uva.
      Anche in tal caso, è stato necessario mediare tra una consolidata tradizione produttiva, rispecchiata dalle definizioni dei prodotti, e le disposizioni europee.

Titolo II: schedario viticolo.

      Istituisce, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, lo schedario viticolo che contiene informazioni sul potenziale produttivo viticolo e sul novero degli adempimenti amministrativi connessi. Prende in considerazione il valore dei dati alla base del patrimonio vitivinicolo, con un particolare riferimento ai vigneti che hanno idoneità a rivendicare le uve come atte a produrre vini con DO e IG.
      I dati contenuti nello schedario, validati dalle competenti amministrazioni, possono essere aggiornati tramite il fascicolo aziendale, strumento oggi sempre più indispensabile per la comunicazione fra imprese e competenti istituzioni.
      Lo schedario viticolo è lo strumento nel quale sono registrati tutti i vigneti, perché raccoglie una serie di informazioni secondo esigenze definite dalla normativa in vigore; mentre l'inventario del potenziale produttivo è un registro «quali-quantitativo» aggiornato con continuità del patrimonio viticolo nazionale contenente elementi scaturiti dalla ricognizione, descrizione, classificazione e con valutazioni di merito sul potenziale vitivinicolo.


      La scrupolosità e la coerenza necessaria per la compilazione del data base nazionale mette a sintesi il valore degli strumenti presenti a livello territoriale; una scrupolosità in grado di assicurare che le dichiarazioni prescritte per il settore possano essere effettuate in tempi e modi coerenti con una innovazione non più differibile, affinché tali procedure contribuiscano a dare valore e accrescere la credibilità e le potenzialità delle produzioni Made in Italy nel comparto vitivinicolo; un comparto che supera i 700.000 ettari dei quali il 50 per cento è destinato alle produzioni di vini DOC e IG.
      Nella proposta di legge, in sintesi, partendo dalla normativa europea e in considerazione della necessaria implementazione a livello nazionale e territoriale viene riaffermata la necessità di uno strumento efficace per il dialogo tra amministrazioni competenti e imprese che operano nel settore a partire da quelle che realizzano la produzione della materia prima.
      Uno strumento che consenta una consultazione e un collegamento continuo e capillare per gli aventi diritto ai fini della registrazione e della movimentazione dei prodotti vitivinicoli; un puntuale aggiornamento tramite il fascicolo aziendale e altre dichiarazioni prescritte, al servizio delle amministrazioni competenti in un mercato che oggi è sempre in corso, nel quale occorre un adeguato posizionamento e sistemi di relazioni.

Titolo III: produzione dei mosti, dei vini e dei sottoprodotti della vinificazione.

      Le norme sulla produzione dei mosti e dei vini contenute nella legge 20 febbraio 2006, n. 82, sono state giudicate sostanzialmente adeguate alle necessità, tuttavia si è ritenuto opportuno aggiornarle in alcuni punti, nonché definire meglio alcuni precetti al fine di chiarirne il significato e le relative conseguenze.
      Pertanto, la revisione ha puntato all'eliminazione di alcune disposizioni ridondanti o superate rispetto alla vigente normativa vitivinicola europea nonché al miglioramento e alla precisazione di norme già esistenti che, tuttavia, nella loro applicazione hanno sollevato dubbi o interpretazioni difformi sul territorio.
      Il titolo è diviso in tre capi: il primo contiene le norme generali, il secondo contiene norme sui vini biologici e il terzo concerne norme integrative a quelle europee trasversali o specifiche del settore con riferimento ai prodotti per l'enologia e alle pratiche enologiche.
      Il testo originario, proveniente dalla legge n. 82 del 2006, è stato quindi rivisto ed emendato con correzioni lessicali nonché integrato da alcune innovazioni e semplificazioni.
      Tra queste ultime ricordiamo la nuova e più aderente definizione di stabilimento enologico o cantina, che vede comprendere anche quei prodotti non specificamente inseriti nella OCM del vino, ma ad esso strettamente connessi, in particolare i vini aromatizzati, le bevande aromatizzate a base di vino e i cocktail aromatizzati a base di prodotti vitivinicoli.
      Per quanto riguarda il mantenimento del sistema di deposito delle planimetrie delle cantine è prevista la reintroduzione dell'esenzione dalla presentazione della planimetria da parte dei titolari di cantine di capacità complessiva inferiore ai 100 ettolitri.
      Sono state eliminate le disposizioni superate sull'acidificazione dei prodotti vitivinicoli della zona C1b per l'eliminazione di tali prescrizioni nelle vigente normativa europea.
      È stata inoltre prevista la determinazione del periodo vendemmiale e delle fermentazioni fissato dal 1 agosto e il 31 dicembre, salvo provvedimento modificativo da parte della regione o della provincia autonoma, in modo che ad esse rimanga la possibilità di intervenire in caso di necessità locali, ma che nel contempo le aziende possano iniziare le operazioni vendemmiali senza dover attendere una delibera regionale.
      Sono state fornite precisazioni riguardo la dichiarazione preventiva prevista per quelle particolari lavorazioni che contemplano l'utilizzazione di prodotti altrimenti

vietati, quali saccarosio, aromi, alcol eccetera. In particolare è stato chiarito che relativamente all'elaborazione dei vini spumanti l'obbligo dell'invio della dichiarazione si applica solamente in caso di utilizzo di saccarosio.
      È stata inserita una deroga per la detenzione di sostanze vietate (alcol, zuccheri, sciroppi eccetera) da parte delle strutture ricettive e di ristorazione (agriturismi) e dei laboratori di produzione di prodotti alimentari annessi alle cantine, nei limiti strettamente necessari allo svolgimento delle loro attività. Infine, è proposta l'integrazione di norme ritenute utili derivanti della disciplina della produzione dei vini frizzanti e l'inserimento del precetto sul divieto di utilizzo dei pezzi di legno nell'affinamento dei vini a DOP italiani.

Titolo IV: produzione dei vini a denominazione di origine e indicazione geografica.

      Unifica la disciplina concernente i vini a denominazione di origine e con indicazione geografica. Si tratta di una riorganizzazione più coerente delle disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 61 del 2010, che sono rese più semplici grazie all'integrazione con le norme di attuazione laddove ritenuto necessario.
      Le modifiche di rilievo rispetto alla normativa vigente sono relative alla protezione comunitaria; alla procedura di riconoscimento; ai requisiti fondamentali e alla gestione delle DOP e delle IGP. È stato inserito un comma aggiuntivo nel testo vigente con il quale si riconosce la possibilità per i vini DOP ed IGP di essere etichettati temporaneamente in conformità alle norme europee vigenti a decorrere dalla data di presentazione alla Commissione europea della domanda di protezione, nonché della domanda di conversione, a condizione che il soggetto richiedente sia preventivamente autorizzato dal Ministero, d'intesa con la regione.
      Lo stesso disposto è stato inserito nel capo riguardante i disciplinari di produzione (articolo 30) relativo alle procedure di modifica dei disciplinari.
      Nel capo III del titolo IV, inerente la gestione della produzione e le politiche di mercato, è stato proposto di semplificare l'attuazione delle analisi organolettiche dei vini DOC prevedendo l'attuazione di controlli a campione solo per quelle denominazioni aventi una produzione media inferiore a un quantitativo prefissato.

Titolo V: produzione degli aceti.

      Disciplina tale specifica categoria di prodotti, con l'aceto di vino ancora a rappresentare la parte prevalente della produzione italiana, oggetto di revisione e coordinamento normativo, al fine di pervenire all'organicità regolamentare.
      Rispetto alla legge n. 82 del 2006 originaria, sono state effettuate solo alcune modifiche migliorative, eliminando le parti superate o che sono risultate superflue in base all'esperienza maturata dalla sua emanazione.
      In particolare è stata eliminata la previsione dell'emanazione di un decreto ministeriale per la tenuta del registro di carico e scarico, inserendo una norma specifica che ne disciplina le scritturazioni.
      Altre piccole modifiche hanno riguardato l'introduzione della definizione di «materia prima» al fine di evitare equivoci sulla designazione degli aceti nell'etichettatura, le pratiche enologiche consentite, le chiusure delle confezioni.

Titolo VI: commercializzazione ed etichettatura.

      Propone un aggiornamento delle norme vigenti in materia in coerenza con le nuove disposizioni europee nonché una semplificazione eliminando i riferimenti ai decreti di attuazione mai adottati dal legislatore nazionale.
      Il titolo è diviso in tre capi. Il capo I reca la disciplina del commercio dei mosti, dei vini e dei sottoprodotti della vinificazione ed è una revisione degli articoli 10 e 11 della legge n. 82 del 2006 che sono stati aggiornati in coerenza con le nuove e successive disposizioni europee in materia

e semplificati grazie all'eliminazione dei riferimenti a taluni decreti di attuazione che il legislatore nazionale ha mancato di emanare in quanto li ha ritenuti non necessari.
      Nel capo II, che reca le norme sui contenitori, sono state formulate proposte di aggiornamento tenendo conto dell'entrata in vigore di nuove norme europee e nazionali. Ad esempio, si è proceduto a declinare le eccezioni previste dalla normativa italiana vigente, rispetto alle categorie dei prodotti vinicoli che possono utilizzare la chiusura con tappo «a fungo», nello specifico «vini frizzanti» e «mosti di uve parzialmente fermentati».
      Infine, sono state inserite ipotesi di integrazione di taluni aspetti riguardanti i contrassegni per i vini a denominazione di origine protetta.
      Infine, il capo III, riguardante l'etichettatura, riproduce gli articoli 18 e 20 del decreto legislativo n. 61 del 2010, rispetto ai quali sono state avanzate proposte di allineamento alle disposizioni europee. In particolare, si segnala l'eliminazione di misure ingiustificatamente restrittive e relative alle dimensioni dei caratteri e alla minimizzazione degli stessi nel caso in cui i nomi propri aziendali coincidano con un nome geografico presente in una denominazione di origine o di una indicazione geografica.

Titolo VII: controlli.

      Contiene il riordino della disciplina dei controlli in base ai principi di chiarezza della regolamentazione e proporzionalità al rischio attualmente contenuti nelle disposizioni del decreto legislativo n. 5 del 2012.
      In una prospettiva di maggiore efficacia, la semplificazione dei controlli dovrebbe portare alla eliminazione sia delle attività di controllo non necessarie sia delle duplicazioni delle stesse da parte delle amministrazioni competenti.
      A tale fine, il titolo VII, nella sua parte iniziale, dispone che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, tramite l'Ispettorato centrale, divenga l'autorità nazionale che coordina le amministrazioni coinvolte e programma l'attività di controllo per il settore vitivinicolo.
      A supporto delle attività individuate sono proposti due nuovi strumenti: il «Piano annuale dei controlli» e il «Registro unico dei controlli» per le aziende del settore vitivinicolo.
      La seconda parte del titolo modifica l'articolo 13 del decreto legislativo n. 61 del 2010: viene eliminato, nella prospettiva di un alleggerimento procedurale, il gruppo tecnico di valutazione lasciando solo all'Ispettorato centrale, l'analisi e la decisione relative alla designazione delle autorità di controllo pubbliche e all'autorizzazione degli organismi privati preposti al controllo.
      Al fine di evitare una gestione eccessivamente rigida delle autorizzazioni delle strutture di controllo è inserita la previsione che le modifiche agli elenchi degli ispettori e dei membri del comitato di certificazione non comportino automaticamente la decadenza delle autorizzazioni stesse.
      È prevista, inoltre, l'iscrizione automatica al sistema di controllo all'atto della rivendicazione dei soggetti partecipanti alla filiera DOP o IGP in modo da evitare l'ulteriore incombenza della notifica a carico dei soggetti interessati.
      Relativamente alla richiesta dei contrassegni per le DOP all'Istituto Poligrafico dello Stato, si è ritenuto opportuno proporre la gestione diretta degli enti di controllo senza il passaggio attraverso l'Ispettorato centrale.
      Per favorire le convenzioni fra enti di controllo si prevede una modifica nel decreto applicativo finalizzata all'introduzione di una specifica sezione che normi le modalità di collaborazione fra enti autorizzati.
      Infine, è stata ribadita l'esigenza di differenziare i piani di controllo in base alla classificazione qualitativa dei vini DOCG, DOC e IGT in modo da essere coerenti, anche nelle modalità e nel carico burocratico ed economico, con il pregio delle diverse produzioni.

Titolo VIII: sistema sanzionatorio.

      Il nuovo impianto normativo che si propone per le sanzioni in materia vitivinicola privilegia, in primo luogo, la possibilità di addivenire alla risoluzione preventiva delle irregolarità con strumenti che, ferme le legittime potestà di controllo e sanzione, consentano all'operatore economico di sanare le difformità, secondo diverse modalità: il tutto con il fine di ridurre al minimo, ove possibile, l'instaurarsi di contenzioso, tanto in sede stragiudiziale quanto in sede giudiziale.
      In tale ottica si pongono sia l'istituto della diffida che quello del ravvedimento operoso.
      Mediante l'istituto della diffida, si prevede di poter comporre le controversie relative ad irregolarità formali rilevate durante controlli, accessi ed ispezioni e punite con una sanzione amministrativa edittale di importo non elevato, mediante un processo verbale che, in luogo della sanzione, indica al trasgressore, i tempi e le modalità per sanare l'irregolarità rilevata.
      L'istituto del ravvedimento operoso, consente all'operatore di sanare, di propria iniziativa, eventuali irregolarità derivanti dalla ritardata ovvero mancata presentazione di dichiarazioni, denunce e simili, alle scadenze previste. In analogia a quanto già previsto in materia tributaria, l'applicabilità di tale istituto è subordinata alla circostanza che l'irregolarità in questione non sia stata oggetto di constatazione formale, da parte dell'organo di controllo, in occasione di accessi, verifiche od ispezioni.
      Mediante, quindi, il ravvedimento operoso, l'operatore economico che abbia contezza di un'omessa od incompleta denuncia, dichiarazione, comunicazione può, mediante il pagamento di una percentuale minima della sanzione, stabilita nella legge, procedere di propria iniziativa a sanare l'irregolarità, dandone contestuale comunicazione all'Autorità di controllo.
      Per quanto concerne la struttura generale dell'impianto sanzionatorio, giova rilevare che lo stesso contempera, previa rielaborazione e contestualizzazione, i precetti contenuti in differenti provvedimenti normativi, quali il decreto legislativo n. 507 del 1999, e la legge n. 689 del 1981, entrambi in materia di depenalizzazione; nonché gli specifici atti normativi emanati per il settore vitivinicolo, quali il decreto legislativo n. 260 del 2000, la legge n. 82 del 2006, e il decreto legislativo n. 61 del 2010.
      Infine si evidenzia che l'ammontare delle sanzioni è stato formulato in osservanza della necessaria commisurazione tra minimo e massimo, così come esplicitamente previsto dalla legge n. 689 del 1981 e che viene prevista una differenziazione delle sanzioni a seconda che l'irregolarità abbia ad oggetto un prodotto DOP od IGP.
      Il titolo IX contiene le sanzioni per la violazione delle norme sulla produzione e sulla commercializzazione degli aceti.

torna su
PROPOSTA DI LEGGE
TITOLO I
DEFINIZIONI
Capo I
CLASSIFICAZIONE DELLE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E DELLE INDICAZIONI GEOGRAFICHE. AMBITO DI APPLICAZIONE E AMBITI TERRITORIALI
Art. 1.
(Denominazione di origine protetta e indicazione geografica protetta).

      1. Per denominazione di origine protetta (DOP) dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse essenzialmente o esclusivamente all'ambiente naturale e ai fattori umani. Costituiscono altresì una DOP taluni termini usati tradizionalmente alle condizioni previste dall'articolo 93, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1308 del 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, di seguito denominato «regolamento (UE) n. 1308/2013».
      2. Per indicazione geografica protetta (IGP) dei vini si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva e che possiede qualità, notorietà e caratteristiche specifiche attribuibili a tale zona.
      3.    Le DOP e le IGP sono riservate ai prodotti vitivinicoli in base alle condizioni previste dalla presente legge.

Art. 2.
(Utilizzazione delle DOP e delle IGP).

      1. Le DOP e le IGP di cui all'articolo 1 sono utilizzate per designare vini appartenenti

a una pluralità di produttori, fatte salve le situazioni eccezionali previste dalla vigente normativa dell'Unione europea.
      2. Il nome della DOP o dell'IGP e le altre menzioni tradizionali riservate non possono essere impiegati per designare prodotti similari o alternativi a quelli definiti all'articolo 1 né, comunque, essere impiegati in modo tale da ingenerare, nei consumatori, confusione nell'individuazione dei prodotti.
Art. 3.
(Classificazione delle DOP e delle IGP).

      1. Le DOP, con riguardo ai prodotti di cui alla presente legge, si classificano in:

          a) denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG);

          b) denominazioni di origine controllata (DOC).

      2. Le DOCG e le DOC sono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall'Italia per designare i prodotti vitivinicoli DOP, regolamentati dall'Unione europea. Le menzioni «Kontrollierte Ursprungsbezeichnung» e «Kontrollierte und garantierte Ursprungsbezeichnung» possono essere utilizzate per designare rispettivamente i vini DOC e DOCG prodotti nella provincia di Bolzano, di bilinguismo tedesco. Le menzioni «Appellation d'origine contrôlée» e «Appellation d'origine contrôlée et garantie» possono essere utilizzate per designare rispettivamente i vini DOC e DOCG prodotti nella regione Valle d'Aosta, di bilinguismo francese. Le menzioni «kontrolirano poreklo» e «kontrolirano in garantirano poreklo» possono essere utilizzate per designare rispettivamente i vini DOC e DOCG prodotti nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, in conformità alla legge 23 febbraio 2001, n. 38.
      3. Le IGP, con riguardo ai prodotti di cui alla presente legge, comprendono le indicazioni geografiche tipiche (IGT). L'indicazione geografica tipica costituisce la

menzione specifica tradizionale utilizzata dall'Italia per designare i vini IGP, regolamentati dall'Unione europea. Può essere utilizzata la menzione «Vin de pays» per i vini IGT prodotti nella regione Val d'Aosta, di bilinguismo francese, la menzione «Landwein» per i vini IGT prodotti nella provincia di Bolzano, di bilinguismo tedesco, e la menzione «Deželma oznaka» per i vini IGT prodotti nelle province di Trieste, Gorizia e Udine, in conformità alla legge 23 febbraio 2001, n. 38.
      4. Le menzioni specifiche tradizionali italiane di cui al presente articolo, anche con le relative sigle DOC, DOCG e IGT, possono essere indicate in etichettatura da sole o congiuntamente alla corrispondente espressione europea o alla relativa sigla DOP e IGP.
Art. 4.
(Ambiti territoriali).

      1. Le zone di produzione delle denominazioni di origine possono comprendere, oltre al territorio indicato con la denominazione medesima, anche territori adiacenti o vicini, quando in essi esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali e i vini prodotti in tali aree abbiano uguali caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche.
      2. Solo le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l'indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone, che devono avere peculiarità ambientali o tradizionalmente note, essere designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo, essere espressamente previste nel disciplinare di produzione ed essere disciplinate più rigidamente.
      3. I nomi geografici che definiscono le IGT devono essere utilizzati per contraddistinguere i vini derivanti da zone di produzione, anche comprendenti le aree a DOGC o DOC, designate con il nome geografico relativo o comunque indicativo

della zona, in conformità alla normativa italiana e dell'Unione europea sui vini IGP.
      4.    Per i vini DOP è consentito il riferimento a unità geografiche aggiuntive, più piccole della zona di produzione della denominazione e delle sottozone di cui al comma 2, localizzate all'interno della stessa zona di produzione ed elencate in una lista, a condizione che il prodotto sia vinificato separatamente. Tali unità geografiche devono essere espressamente delimitate e possono corrispondere a comuni frazioni o zone amministrative ovvero ad aree geografiche locali definite. La lista delle unità geografiche aggiuntive e la relativa delimitazione possono essere indicate nei disciplinari di produzione in un apposito elenco tenuto e aggiornato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano. La gestione della lista può essere delegata ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell'articolo 37, comma 4.
      5.    Le zone espressamente delimitate e le sottozone delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome, alle condizioni di cui all'articolo 8, comma 2, e possono essere promosse a DOCG separatamente o congiuntamente alla DOC principale.
      6.    Le DOCG e le DOC possono essere precedute da un nome geografico più ampio, anche di carattere storico, tradizionale o amministrativo, qualora espressamente previsto negli specifici disciplinari di produzione.
Art. 5.
(Coesistenza di una o più denominazioni di origine o indicazione geografica nell'ambito del medesimo territorio).

      1.    Nell'ambito di un medesimo territorio viticolo possono coesistere denominazioni di origine e indicazioni geografiche.
      2.    È consentito che più DOCG o DOC facciano riferimento allo stesso nome geografico, anche per contraddistinguere vini diversi, purché le zone di produzione degli stessi comprendano il territorio definito con tale nome geografico. È altresì consentito,

alle medesime condizioni, che più IGT facciano riferimento allo stesso nome geografico.
      3.    Il riconoscimento di una DOCG o DOC esclude la possibilità di impiegare il nome della denominazione stessa come IGT e viceversa, fatti salvi i casi in cui i nomi delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, riferite al medesimo elemento geografico, siano parzialmente corrispondenti.
      4.    In zone più ristrette o nell'intera area di una DOC individuata con il medesimo nome geografico è consentito che coesistano vini diversi DOCG o DOC, purché i vini DOCG:

          a)    siano regolamentati da disciplinari di produzione più restrittivi;

          b)    riguardino tipologie particolari derivanti da una specifica piattaforma ampelografica o metodologia di elaborazione.

Art. 6.
(Specificazioni, menzioni, vitigni e annata di produzione).

      1.    La specificazione «classico» per i vini non spumanti DOCG o DOC e la specificazione «storico» per i vini spumanti DOCG e DOC è riservata ai vini della zona di origine più antica ai quali può essere attribuita una regolamentazione autonoma anche nell'ambito della stessa denominazione. Per il Chianti classico questa zona storica è quella delimitata con decreto interministeriale del 31 luglio 1932. In tale zona non si possono impiantare o dichiarare allo schedario viticolo dei vigneti per il Chianti DOCG.
      2.    La menzione «riserva» è attribuita ai vini DOC e DOCG che siano stati sottoposti a un periodo di invecchiamento, compreso l'eventuale affinamento, non inferiore a:

          a)    due anni per i vini rossi;

          b)    un anno per i vini bianchi;

          c)    un anno per i vini spumanti ottenuti con metodo di fermentazione in autoclave denominato «metodo Charmat»;

          d)    tre anni per i vini spumanti ottenuti con rifermentazione naturale in bottiglia.

      3.    Le disposizioni del comma 2 si applicano fatto salvo quanto previsto per le denominazioni preesistenti. In caso di taglio tra vini di annate diverse, l'immissione al consumo del vino con la menzione «riserva» è consentita solo al momento in cui tutta la partita abbia concluso il periodo minimo di invecchiamento previsto dal relativo disciplinare di produzione.
      4.    La menzione «superiore» è attribuita ai vini DOC e DOCG aventi caratteristiche qualitative più elevate derivanti da una regolamentazione più restrittiva che prevede rispetto alla tipologia non classificata con tale menzione, una resa per ettaro delle uve inferiore di almeno il 10 per cento, nonché:

          a) un titolo alcolometrico minimo potenziale naturale delle uve superiore di almeno 0,5 per cento volumi (vol);

          b)    un titolo alcolometrico minimo totale dei vini al consumo superiore di almeno 0,5 per cento vol;

      5.    Le disposizioni del comma 4 si applicano fatto salvo quanto previsto per le denominazioni preesistenti. La menzione «superiore» non può essere abbinata né alla menzione «novello», né alla menzione «riserva».
      6.    La menzione «novello» è attribuita alle categorie dei vini con denominazione di origine e indicazione geografica controllata tranquilli e frizzanti, prodotti conformemente alla vigente normativa nazionale e dell'Unione europea.
      7. Le menzioni «passito» o «vino passito» sono attribuite alle categorie dei vini

DOCG, DOC e IGT tranquilli, compresi i «vini da uve stramature» e i «vini ottenuti da uve passite», ottenuti dalla fermentazione di uve sottoposte ad appassimento naturale o in ambiente condizionato. La menzione «vino passito liquoroso» è attribuita alla categoria dei vini IGT, fatto salvo per le denominazioni preesistenti.
      8.    La menzione «vigna» o i suoi sinonimi, seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale può essere utilizzata solo nella presentazione o nella designazione dei vini con denominazione di origine controllata ottenuti dalla superficie vitata che corrisponde al toponimo o al nome tradizionale, purché sia rivendicata nella denuncia annuale di produzione delle uve prevista dall'articolo 14 e a condizione che la vinificazione delle uve corrispondenti avvenga separatamente e che sia previsto un apposito elenco tenuto e aggiornato dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. La gestione dell'elenco può essere comunque delegata ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell'articolo 37, comma 4. È consentito l'uso dei marchi commerciali registrati o acquisiti con l'uso, preesistenti al 1° agosto 2011, contenenti la menzione vigna o i suoi sinonimi.
      9.    I vini con denominazione di origine e i vini con indicazione geografica possono utilizzare in etichettatura nomi di vitigni o loro sinonimi, menzioni tradizionali, riferimenti a particolari tecniche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto.
      10.    I vini DOCG e DOC, ad esclusione dei vini liquorosi, dei vini spumanti e dei vini frizzanti, devono indicare in etichetta l'annata di produzione delle uve.
      11.    Le specificazioni, menzioni e indicazioni di cui al presente articolo, fatta eccezione per la menzione vigna, devono essere espressamente previste negli specifici disciplinari di produzione, nell'ambito dei quali possono essere regolamentati le ulteriori condizioni di utilizzazione e parametri maggiormente restrittivi rispetto a quanto indicato dal presente articolo.
Capo II
ALTRE DEFINIZIONI
Art. 7.
(Altre categorie di vini e di mosti).

      1.    A integrazione delle definizioni previste dalla vigente normativa dell'Unione europea, sono stabilite le definizioni dei seguenti prodotti nazionali:

          a) per «mosto cotto» si intende il prodotto parzialmente caramellizzato ottenuto mediante eliminazione di acqua dal mosto o dal mosto muto a riscaldamento diretto o indiretto e a normale pressione atmosferica;

          b)    per «filtrato dolce» si intende il mosto parzialmente fermentato, la cui ulteriore fermentazione alcolica è stata ostacolata mediante filtrazione o centrifugazione, con l'ausilio eventuale di altri trattamenti e pratiche consentiti;

          c)    per «mosto muto» si intende il mosto di uve la cui fermentazione alcolica è impedita mediante pratiche enologiche consentite dalle disposizioni vigenti;

          d)    per «enocianina» si intende il complesso delle materie coloranti estratte dalle bucce delle uve nere di Vitis Vinifera con soluzione idrosolforosa e successiva concentrazione sotto vuoto, oppure reso solido con trattamenti fisici.

      2.    Sono altresì stabilite le seguenti definizioni:

          a)    per «pulcianella» si intende il fiasco in vetro costituito da un corpo approssimativamente sferico, raccordato a un collo di profilo allungato. L'altezza totale deve essere superiore a due volte il diametro del corpo rivestito in tutto o in parte con treccia di sala o di paglia o di altro materiale vegetale naturale da intreccio. Il recipiente denominato «pulcianella» è riservato ai vini bianchi o rosati diversi da quelli frizzanti, spumanti, liquorosi e aromatizzati;

          b)    per «bottiglia marsala» si intende un recipiente di vetro costituito da un corpo approssimativamente cilindrico raccordato a un collo con rigonfiamento centrale, denominato «collo oliva». Il fondo della bottiglia può presentare una rientranza più o meno accentuata. L'altezza totale è di circa quattro volte il diametro e l'altezza della parte cilindrica è pari a circa tre quinti dell'altezza totale. La bottiglia marsala è riservata ai vini Marsala e ai vini liquorosi;

          c)    per «fiasco toscano» si intende un recipiente in vetro costituito da un corpo avente «approssimativamente la forma di un ellissoide di rotazione, raccordato secondo il suo asse maggiore a un collo allungato, nel quale l'altezza totale non è inferiore alla metà e non è superiore a tre volte il diametro del corpo, rivestito in tutto o in parte con sala o paglia o altro materiale vegetale naturale da intreccio. Il fondo può essere anche piano o leggermente concavo. Il fiasco toscano è riservato ai vini IGT, DOC e DOCG per i quali il disciplinare di produzione non fa obbligo di impiegare recipienti diversi.

Art. 8.
(Vitigno autoctono italiano).

      1.    È definito «vitigno autoctono italiano» il vitigno la cui presenza è rilevata in aree geografiche delimitate del territorio nazionale.
      2.    Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano accertano la coltivazione di vitigni autoctoni italiani nel territorio di competenza. A tale fine esse verificano la permanenza della coltivazione per un periodo di almeno cinquanta anni, la diffusione nel territorio, il nome, la descrizione ampelografica e le caratteristiche agronomiche dei vitigni.
      3.    Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono la documentazione di cui al comma 2 al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.


      4.    Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali esaminata la documentazione e accertata la sua rispondenza alle disposizioni dei commi 1 e 2, provvede all'iscrizione del vitigno di cui al comma 1 nel Registro nazionale delle varietà di viti, di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1969, n. 1164, con l'indicazione «vitigno autoctono italiano».
      5.    Il vitigno di cui al comma 1 è iscritto con l'indicazione del nome storico tradizionale, di eventuali sinonimi, delle principali caratteristiche di colore dell'acino e della zona di coltivazione di riferimento.
      6.    L'uso del vitigno di cui al comma 1 e dei suoi sinonimi può essere soggetto a limitazione nella designazione e nella presentazione di specifici vini DOCG, DOC e IGT, nell'ambito dei relativi disciplinari di produzione di cui al decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61.
      7.    Alle attività previste dal presente articolo si provvede nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio e con le dotazioni umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 9.
(Produzione di mosto cotto).

      1.    A integrazione di quanto previsto dall'allegato I A del regolamento (CE) n. 606/2009 della Commissione, del 10 luglio 2009, e successive modificazioni, negli stabilimenti enologici è permessa la concentrazione a riscaldamento diretto o indiretto del mosto o del mosto muto per la preparazione del mosto cotto, limitatamente agli stabilimenti che producono mosto cotto per l'aceto balsamico di Modena e per l'aceto balsamico tradizionale di Modena e di Reggio-Emilia.
      2.    È altresì ammessa, previa comunicazione al competente ufficio periferico dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), la produzione di

mosto cotto, denominato anche saba, sapa o similari. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali determina con proprio provvedimento le condizioni e le modalità operative per l'autorizzazione alla produzione.
Art. 10.
(Altre bevande derivate dall'uva).

      1. Fatto salvo quanto previsto da altre disposizioni vigenti in materia, nessuna bevanda diversa dalle seguenti può essere posta in vendita utilizzando nella propria etichettatura, designazione, presentazione e pubblicità denominazioni o raffigurazioni che comunque richiamano la vite, l'uva, il mosto o il vino:

          a)    le bevande indicate nel regolamento (UE) n. 1308/2013;

          b)    le bevande a base di prodotti indicati nel regolamento (UE) n. 1308/2013 e previste dal regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008 e dal regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno 1991;

          c) lo sciroppo o il succo d'uva;

          d) le bevande spiritose di uva, vino o vinaccia;

          e) l'uva allo spirito o a una bevanda spiritosa;

          f) le marmellate, le gelatine o le confetture di uva.

Art. 11.
(Bevande di fantasia).

      1. Le «bevande di fantasia a base di vino», le «bevande di fantasia provenienti dall'uva», qualsiasi altra bevanda a base di mosto o di vino, i succhi non fermentati della vite, i prodotti vitivinicoli aromatizzati, nonché i vini spumanti gassificati e i vini frizzanti gassificati non possono utilizzare nelle loro designazione e presentazione

le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche, fatta eccezione per le bevande spiritose derivate da prodotti vitivinicoli e l'aceto di vino, nonché per i vini aromatizzati che già utilizzano la denominazione di origine o l'indicazione geografica ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale.
TITOLO II
SCHEDARIO VITICOLO
Art. 12.
(Schedario viticolo e inventario del potenziale produttivo).

      1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali istituisce uno schedario viticolo contenente informazioni aggiornate sul potenziale produttivo viticolo, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013.
      2. Ogni unità vitata idonea alla produzione di uva da vino deve essere iscritta allo schedario viticolo.
      3. Sulla base dello schedario viticolo, entro il 1° marzo di ogni anno l'amministrazione competente presenta alla Commissione europea un inventario aggiornato del potenziale produttivo.
      4. I vigneti destinati a produrre vini DOCG, DOC e IGT sono rivendicati dai conduttori per le relative denominazioni ai sensi della specifica normativa dell'Unione europea e nazionale.
      5. Lo schedario viticolo di cui al comma 1 è gestito dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano secondo modalità concordate nell'ambito dei servizi del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) sulla base dei dati riferiti al fascicolo aziendale agricolo costituito ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, in coerenza con le linee guida per lo sviluppo del SIAN approvate con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 11 marzo 2008, pubblicato nel supplemento ordinario

alla Gazzetta Ufficiale n. 240 del 13 ottobre 2008. Le regioni e le province autonome rendono disponibili i dati dello schedario agli organi preposti ai controlli, compresi altri enti e organismi autorizzati preposti alla gestione e al controllo delle rispettive DOCG, DOC e IGT, nonché ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell'articolo 37 della presente legge in riferimento alle singole denominazioni di competenza.
      6. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono determinati i criteri per la verifica dell'idoneità tecnico-produttiva dei vigneti ai fini dell'iscrizione allo schedario per le relative denominazioni di origine e indicazioni geografiche, nonché per la gestione dei dati contenuti nello schedario stesso ai fini della rivendicazione produttiva.
TITOLO III
PRODUZIONE DEI MOSTI, DEI VINI E DEI SOTTOPRODOTTI DELLA VINIFICAZIONE
Capo I
NORME GENERALI
Art. 13.
(Planimetria dei locali).

      1. Ai fini della presente legge si intendono per cantine o stabilimenti enologici i locali e le relative pertinenze destinati alla produzione o alla detenzione dei prodotti del settore vitivinicolo, definiti dalla vigente normativa dell'Unione europea, nonché dei vini aromatizzati, bevande aromatizzate a base di vino e cocktail aromatizzati a base di prodotti vitivinicoli, ad eccezione degli stabilimenti in cui tali prodotti sono detenuti per essere utilizzati come ingredienti nella preparazione di altri prodotti alimentari.
      2. I titolari di stabilimenti enologici di capacità complessiva superiore a 100 ettolitri, esentati dall'obbligo di presentare la planimetria dei locali all'Agenzia delle

dogane e dei monopoli, hanno l'obbligo di trasmettere al competente ufficio periferico dell'ICQRF la planimetria dei locali dello stabilimento nella quale deve essere specificata la prima collocazione di tutti i recipienti di capacità superiore a 10 ettolitri. La planimetria è corredata di una legenda riportante per ogni recipiente il numero identificativo che lo contraddistingue e la sua capacità.
      3. La planimetria deve riguardare tutti i locali dello stabilimento e relative pertinenze e deve essere inviata a mezzo di lettera raccomandata o posta elettronica certificata (PEC) ovvero tramite consegna diretta in duplice copia, una delle quali è restituita all'interessato munita del timbro di accettazione dell'ufficio periferico dell'ICQRF ricevente.
      4. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli mette a disposizione degli uffici periferici dell'ICQRF, che ne facciano richiesta, le planimetrie loro presentate dai soggetti obbligati.
      5. Qualsiasi successiva variazione riguardante la capacità complessiva dichiarata ai sensi del comma 2, come l'inizio di lavori di installazione o di eliminazione di vasi vinari o cambi di destinazione d'uso, deve essere immediatamente comunicata al competente ufficio periferico dell'ICQRF tramite lettera raccomandata, consegna diretta, telefax, PEC o sistemi equipollenti riconosciuti.
      6. Lo spostamento dei recipienti nell'ambito dello stesso stabilimento è sempre consentito senza obbligo di comunicazione.
      7. Deve essere presentata una nuova planimetria qualora siano intervenute sostanziali variazioni nell'assetto dello stabilimento, tali da rendere difficoltosa la verifica ispettiva da parte degli organismi di vigilanza.
Art. 14.
(Determinazione del periodo vendemmiale e delle fermentazioni).

      1. Il periodo entro il quale è consentito raccogliere uva ed effettuare le fermentazioni

e le rifermentazioni dei prodotti vitivinicoli è fissato dal 1 agosto al 31 dicembre di ogni anno. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare annualmente specifici provvedimenti modificativi del periodo fissato dal presente comma.
      2.    Con proprio provvedimento, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea, autorizzano annualmente l'aumento del titolo alcolometrico volumico naturale delle uve fresche, del mosto di uve, del mosto parzialmente fermentato, del vino nuovo ancora in fermentazione e del vino, destinati alla produzione di vini con o senza IGP e DOP, nonché delle partite per l'elaborazione dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità e dei vini spumanti di qualità del tipo aromatico, con o senza IGP o DOP
      3.    Le fermentazioni, che avvengono al di fuori del periodo stabilito ai sensi del comma 1, devono essere immediatamente comunicate, a mezzo telegramma, telefax, PEC o sistemi equipollenti riconosciuti, al competente ufficio periferico dell'ICQRF.
      4. Fatto salvo quanto previsto dal successive comma 5, è consentita, senza obbligo di comunicazione, qualsiasi fermentazione o rifermentazione al di fuori del periodo stabilito al comma 1 effettuata in bottiglia o in autoclave per la preparazione dei vini spumanti, dei vini frizzanti, dei mosti parzialmente fermentati in versione frizzante e dei vini con la menzione tradizionale vivace nonché per quelle che si verificano spontaneamente nei vini imbottigliati.
      5.    Con il provvedimento di cui al comma 1 sono altresì individuati i particolari vini per i quali, al di fuori del periodo stabilito ai sensi del medesimo comma 1, è consentito effettuare le fermentazioni o rifermentazioni dei mosti e dei vini.
Art. 15.
(Detenzione di vinacce, centri di raccolta temporanei fuori fabbrica, fecce di vino, preparazione del vinello).

      1.    La detenzione delle vinacce negli stabilimenti enologici è vietata a decorrere

dal trentesimo giorno dalla fine del periodo di cui ai commi 1 e 5 dell'articolo 14.
      2.    Fatta eccezione per i casi di esenzione di ritiro sotto controllo previsti dalla vigente normativa dell'Unione europea e nazionale, nonché per le vinacce destinate ad altri usi, compresi quelli per l'estrazione dell'enocianina, le vinacce e le fecce di vino comunque ottenute dalla trasformazione delle uve e dei prodotti vitivinicoli devono essere avviate direttamente alle distillerie riconosciute.
      3.    È consentita alle distillerie l'istituzione di centri di raccolta temporanei fuori fabbrica previa autorizzazione, valida per una campagna vitivinicola, rilasciata dal competente ufficio periferico dell'ICQRF al quale deve essere presentata domanda in carta da bollo con specificazione della sede e dell'ubicazione dei locali interessati, nonché del quantitativo presunto di sottoprodotti oggetto di richiesta. L'introduzione dei sottoprodotti nei locali di deposito è comunque subordinata alla tenuta di un registro di carico e scarico, redatti secondo le norme dell'Unione europea e nazionali in vigore per i prodotti vitivinicoli.
      4. La detenzione di vinacce destinate ad usi diversi dalla distillazione, compresa l'estrazione dell'enocianina, deve essere preventivamente comunicata dai responsabili degli stabilimenti industriali utilizzatori all'ufficio periferico dell'ICQRF competente in base al luogo di detenzione delle vinacce. La comunicazione, in carta libera e valida per una campagna vitivinicola, deve pervenire all'ufficio periferico con qualsiasi mezzo almeno entro il quinto giorno antecedente alla prima introduzione di vinaccia e deve contenere il nome o la ragione sociale dell'impresa, la sede legale, la partita dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), l'indirizzo dello stabilimento di detenzione delle vinacce e la quantità complessiva che si prevede di introdurre nel corso della campagna vitivinicola di riferimento.
      5.    Le fecce di vino, prima di essere estratte dalle cantine, devono essere denaturate con le sostanze rivelatrici individuate con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il quale sono altresì stabilite le modalità da osservare per l'impiego delle sostanze denaturanti.
      6.    Le fecce e le vinacce possono essere utilizzate per gli usi alternativi alla distillazione previsti dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 27 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 27 dicembre 2008.
      7.    La preparazione del vinello è consentita:

          a) presso le distillerie e gli stabilimenti per lo sfruttamento dei sottoprodotti della vinificazione;

          b) presso le cantine dei viticoltori vinificatori di uve proprie aventi capacità ricettiva non superiore a 25 ettolitri di vino, a condizione che ne siano prodotti non più di 5 ettolitri e che siano utilizzati esclusivamente per uso familiare o aziendale.

Art. 16.
(Comunicazione preventiva di lavorazioni).

      1.    La preparazione di mosti di uve fresche mutizzati con alcol, di vini liquorosi, di vini aromatizzati, di bevande aromatizzate a base di vino, di cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli, di vini spumanti elaborati con saccarosio, altri prodotti vinicoli autorizzati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, può essere effettuata anche in stabilimenti dai quali si estraggono mosti o vini nella cui preparazione non è consentito l'impiego di saccarosio, dell'acquavite di vino, dell'alcol e di tutti i prodotti consentiti dalla vigente normativa dell'Unione europea per la preparazione di tali prodotti, a condizione che le lavorazioni siano preventivamente comunicate, entro il quinto giorno antecedente alla lavorazione, al competente ufficio periferico dell'ICQRF. Il saccarosio, l'acquavite di vino, l'alcol e gli altri prodotti consentiti devono essere conservati in luoghi deputati

e accessibili al controllo del predetto ufficio periferico.
      2.    Negli stabilimenti in cui si producono essenzialmente vini spumanti elaborati con saccarosio sono consentite le elaborazioni degli altri prodotti indicati dal comma 1, nonché le elaborazioni di vini frizzanti, purché tali elaborazioni sono preventivamente comunicate seguendo la procedura ivi indicata. In tale caso non sono soggette a comunicazione preventiva le elaborazioni di vino spumante.
Art. 17.
(Sostanze vietate).

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 16 negli stabilimenti enologici nonché nei locali annessi o intercomunicanti anche attraverso cortili, a qualunque uso destinati, è vietato detenere:

          a) acquavite, alcol e altre bevande spiritose;

          b) zuccheri in quantitativi superiori a 10 chilogrammi e loro soluzioni;

          c) sciroppi, bevande e succhi diversi dal mosto e dal vino, aceti, nonché sostanze zuccherine o fermentate diverse da quelle provenienti dall'uva fresca;

          d) uve passite o secche o sostanze da esse derivanti, ad eccezione delle uve in corso di appassimento per la produzione di vini passiti o dei vini specificamente individuati nel provvedimento di cui all'articolo 14, comma 1;

          e) qualunque sostanza atta a sofisticare i mosti e i vini, quali aromi, additivi, e coloranti, fatti salvi i casi consentiti;

          f) vinelli o altri sottoprodotti della vinificazione in violazione di quanto stabilito dalla presente legge;

          g) fatte salve e le deroghe previste dall'articolo 19, mosti, mosti parzialmente fermentati, vini nuovi ancora in fermentazione e vini aventi un titolo alcolometrico

volumico totale inferiore all'8 per cento in volume;

          h) invertasi.

      2. È in ogni caso consentito detenere bevande spiritose, sciroppi, succhi, aceti e altre bevande e alimenti diversi dal mosto o dal vino contenuti in confezioni sigillate destinate alla vendita e aventi una capacità non superiore a 5 litri.
      3.    Quando nell'area della cantina o dello stabilimento enologico sono presenti abitazioni civili destinate a residenza del titolare ovvero di suoi collaboratori o impiegati, nonché strutture ricettive destinate alle ristorazione e altre attività connesse di preparazione di prodotti alimentari, in deroga al comma 1 è consentito detenere le sostanze di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del citato comma 1, nei limiti strettamente necessari allo svolgimento delle attività di cui al presente comma.

Art. 18.
(Comunicazione per la detenzione e il confezionamento).

      1.    In deroga all'articolo 17, la detenzione e il confezionamento nelle cantine di prodotti alimentari non consentiti, qualora essi non si prestino alla sofisticazione o all'inquinamento microbiologico dei prodotti vitivinicoli, sono subordinati ad apposita comunicazione inviata all'ufficio periferico dell'ICQRF competente per il luogo di detenzione.

Art. 19.
(Succhi d'uva da mosti con tasso alcolometrico inferiore all'8 per cento).

      1. I mosti aventi un titolo alcolometrico totale inferiore all'8 per cento in volume, destinati alla preparazione di succhi d'uve e di succhi d'uve concentrati, possono essere detenuti nelle cantine senza la prescritta denaturazione, a condizione che

siano rispettate le modalità definite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e previa denuncia al competente ufficio periferico dell'ICQRF. In ogni caso, l'eventuale loro vinificazione, in funzione del loro invio alla distillazione, deve essere effettuata separatamente e tali mosti devono essere addizionati della sostanza rivelatrice individuata dal decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 4 aprile 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 82 del 20 febbraio 2007.
Art. 20.
(Detenzione di anidride carbonica).

      1.    La detenzione e l'utilizzazione di anidride carbonica di argo, di azoto, soli o miscelati tra loro, negli stabilimenti di produzione e nei locali annessi o intercomunicanti anche attraverso cortili, a qualunque uso destinati, nei quali si producono vini spumanti e vini frizzanti è consentita unicamente per creare un'atmosfera inerte e manipolare al riparo dell'aria i prodotti utilizzati nella costituzione della partita.
      2.    Negli stabilimenti indicati al comma 1, la detenzione di anidride carbonica in bombole, in altri recipienti e allo stato solido è subordinata ad apposita comunicazione da inviare al competente ufficio periferico dell'ICQRF contestualmente all'introduzione del prodotto negli stabilimenti e nei locali.
      3.    Negli stabilimenti in cui si producono vini spumanti o frizzanti è vietato produrre, nonché detenere, vini spumanti gassificati e vini frizzanti gassificati, anche se già confezionati.

Art. 21.
(Elaborazione dei vini frizzanti).

      1. L'elaborazione dei vini frizzanti, con o senza DOP o IGP, e del vino frizzante

gassificato, come definiti dalla vigente normativa dell'Unione europea, è effettuata con le seguenti modalità:

          a) la costituzione della partita è disciplinata dalle vigenti disposizioni dell'Unione europea. Per i vini frizzanti DOP o IGP i prodotti costituenti la partita sono ottenuti nel rispetto dei singoli disciplinari di produzione;

          b) la presa di spuma del vino frizzante può avvenire in bottiglia e in grandi recipienti chiusi resistenti a pressione. Per la presa di spuma della partita può essere utilizzato unicamente:

              1) mosto d'uva;

              2) mosto d'uva parzialmente fermentato;

              3) vino nuovo ancora in fermentazione;

              4) mosto concentrato;

              5) mosto concentrato rettificato;

              6) i prodotti di cui alla presente legge anche in miscela tra loro;

          c) l'aggiunta di mosto concentrato e di mosto concentrato rettificato per la presa di spuma non è considerata né come dolcificazione, né come arricchimento. L'aggiunta di tali prodotti per la presa di spuma non deve aumentare il titolo alcolometrico volumico totale originario della partita di più di 0,9 per cento vol;

          d) per la dolcificazione del vino frizzante e del vino frizzante gassificato si applicano le vigenti disposizioni dell'Unione europea, salve le norme più restrittive previste nei singoli disciplinari di produzione dei vini a IGP e DOP. La dolcificazione può essere effettuata anche in fase di costituzione della partita;

          e) ai fini dell'attività di controllo e vigilanza nell'ambito degli stabilimenti di produzione o confezionamento, da parte degli organismi preposti, la determinazione della sovrappressione dovuta alla presenza dell'anidride carbonica in soluzione, nei limiti fissati dalle vigenti norme dell'Unione europea, è effettuata al termine della elaborazione del vino frizzante e del vino frizzante gassificato prima che gli stessi, regolarmente confezionati, siano estratti dallo stabilimento. Il valore della determinazione, ottenuta utilizzando i metodi di analisi previsti dalla normativa dell'Unione europea, è dato dalla media dei risultati ottenuti dall'analisi di quattro esemplari di campione prelevati dalla stessa partita;

          f) la dicitura «rifermentazione in bottiglia» può essere utilizzata nella designazione e nella presentazione dei vini frizzanti DOP e IGP per i quali tale pratica è espressamente prevista nei relativi disciplinari di produzione.

Capo II
VINO BIOLOGICO
Art. 22.
(Disposizioni nazionali).

      1. Le produzioni biologiche nel settore vitivinicolo devono essere conformi al regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, al regolamento (CE) n. 889/2008 della Commissione, del 5 settembre 2008 e al regolamento (CE) n. 1235/2008 della Commissione, dell'8 dicembre 2008.
      2. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con appositi decreti, adotta i regolamenti per l'attuazione del comma 1.

Capo III
PRODOTTI PER L'ENOLOGIA E PRATICHE ENOLOGICHE. DISCIPLINA DEI PRODOTTI PER USO ENOLOGICO
Art. 23.
(Sostanze ammesse).

      1. È consentito detenere negli stabilimenti enologici, vendere per uso enologico e impiegare in enologia soltanto le sostanze espressamente ammesse dalle vigenti norme nazionali e dell'Unione europea. I requisiti e le caratteristiche anche di purezza delle sostanze ammesse sono determinati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono stabilite le norme relative alla produzione, al confezionamento, alla conservazione e all'etichettatura delle sostanze destinate ad uso enologico, nonché dei prodotti ottenuti dalla loro miscelazione o diluizione in idoneo supporto.

Art. 24.
(Prodotti per l'igiene della cantina).

      1. I prodotti e le sostanze usati per la pulizia e per il risanamento dei recipienti di prodotti vinosi, nonché degli attrezzi, delle pareti, dei pavimenti e degli accessori di cantina devono riportare in etichetta la denominazione dei componenti attivi e la dizione «da usare esclusivamente per l'igiene della cantina» in caratteri ben chiari, indelebili, in lingua italiana, di formato non inferiore a 1 centimetro e del colore adottato per l'iscrizione più evidente.


      2. È vietato produrre, vendere e detenere negli stabilimenti enologici, nelle cantine e nei locali comunicanti anche attraverso cortile, a qualunque uso destinati, negli spacci di vendita all'ingrosso e al dettaglio di mosti e di vini, sostanze e prodotti per l'igiene della cantina difformi da quanto previsto al comma 1.
Art. 25.
(Detenzione dei prodotti enologici e chimici).

      1. È vietato vendere per uso enologico, detenere negli stabilimenti enologici e nei locali comunque comunicanti con essi anche attraverso cortili, a qualsiasi uso destinati, nonché impiegare in enologia, prodotti di uso enologico non consentiti dalle vigenti norme dell'Unione europea e nazionali.
      2. In deroga al comma 1, è consentito detenere, in quantità limitata allo stretto necessario e opportunamente tracciati, prodotti diversi da quelli di cui all'articolo 23, richiesti per il funzionamento o la rigenerazione di macchine e attrezzature impiegate per pratiche enologiche autorizzate e per la depurazione.
      3. Nei locali dei laboratori annessi alle cantine è tuttavia permessa la presenza di prodotti chimici e reagenti contenenti sostanze non consentite, fatta eccezione per i dolcificanti sintetici, gli antifermentativi e gli antibiotici, purché in quantitativi compatibili con il normale lavoro analitico. Sul contenitore dei reagenti deve essere indicata la denominazione o la formula chimica della sostanza in modo ben visibile e indelebile.
      4. È consentito detenere negli stabilimenti enologici per l'elaborazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati a base di prodotti vitivinicoli le sostanze espressamente ammesse dalle vigenti norme nazionali e dell'Unione europea.

Art. 26.
(Impiego dei pezzi di legno di quercia).

      1. L'uso di pezzi di legno di quercia, previsto come pratica enologica dalla vigente normativa dell'Unione europea, è disciplinato dal decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 2 novembre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2006.

TITOLO IV
PRODUZIONE DEI VINI A DENOMINAZIONE DI ORIGINE E INDICAZIONE GEOGRAFICA
Capo I
PROTEZIONE DELL'UNIONE EUROPEA. PROCEDURA DI RICONOSCIMENTO. REQUISITI FONDAMENTALI E GESTIONE DELLE DOP E IGP
Art. 27.
(Protezione dell'Unione europea. Procedura per il conferimento della protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche).

      1. Il conferimento delle DOP e IGP, nonché delle menzioni specifiche tradizionali DOCG, DOC e IGT avviene contestualmente all'accoglimento della rispettiva domanda di protezione da parte della Commissione europea, in conformità alle disposizioni concernenti l'individuazione dei soggetti legittimati alla presentazione della domanda, il contenuto della domanda stessa e nel rispetto della procedura nazionale preliminare e della procedura dell’ Unione europea previste dal regolamento (UE) n. 1308/2013.
      2. La procedura nazionale di cui al comma 1 è stabilita con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.


      3. A decorrere dalla data di presentazione alla Commissione europea della domanda di protezione, nonché della domanda di conversione da una DOP a una IGP, i vini della relativa denominazione di origine o indicazione geografica possono essere etichettati in conformità alle vigenti norme dell’ Unione europea, a condizione che il soggetto richiedente sia preventivamente autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la regione.
Art. 28.
(Requisiti di base per il riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche).

      1. Il riconoscimento della DOCG è riservato ai vini già riconosciuti a DOC e a zone espressamente delimitate o tipologie di una DOC da almeno dieci anni, che sono ritenuti di particolare pregio, per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita, e che sono stati rivendicati, nell'ultimo biennio, da almeno il 51 per cento dei soggetti che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo e che rappresentino almeno il 51 per cento della superficie totale dichiarata allo schedario viticolo idonea alla rivendicazione della relativa denominazione. Nel caso di passaggio di una denominazione da DOC a DOCG anche le sue zone caratteristiche o tipologie sono riconosciute come DOCG, indipendentemente dalla data del loro riconoscimento.
      2. Il riconoscimento della DOC è riservato ai vini provenienti da zone già riconosciute, anche con denominazione diversa, a IGT da almeno cinque anni, che sono stati rivendicati nell'ultimo biennio da almeno il 35 per cento dei viticoltori interessati e che rappresentano almeno il 35 per cento della produzione dell'area interessata. Il riconoscimento a vini non provenienti dalle predette zone è ammesso esclusivamente previo parere favorevole del Comitato di cui all'articolo 36. Le zone espressamente delimitate e le sottozone

delle DOC possono essere riconosciute come DOC autonome qualora le relative produzioni abbiano acquisito rinomanza commerciale e siano state rivendicate, nell'ultimo biennio, da almeno il 51 per cento dei soggetti che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo e che rappresentano almeno il 51 per cento della superficie totale dichiarata allo schedario viticolo idonea alla rivendicazione della relativa area delimitata o sottozona.
      3. Il riconoscimento della IGT è riservato ai vini provenienti dalla rispettiva zona viticola a condizione che la relativa richiesta sia rappresentativa di almeno il 20 per cento dei viticoltori interessati e del 20 per cento della superficie totale dei vigneti oggetto di dichiarazione produttiva nell'ultimo biennio.
      4. Il riconoscimento di una DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della DOC di provenienza.
      5. Il riconoscimento di una DOC deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della IGT precedentemente rivendicata.
      6. L'uso delle DOCG e delle DOC non è consentito per i vini ottenuti totalmente o parzialmente da vitigni che non sono stati classificati fra gli idonei alla coltivazione o che derivano da ibridi interspecifici tra la Vitis vinifera e altre specie americane o asiatiche.
      7. Per i vini IGT è consentito l'uso delle varietà iscritte nel Registro nazionale delle varietà di vite.
Art. 29.
(Cancellazione della protezione dell’ Unione europea e revoca del riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche).

      1. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 106 del regolamento (UE) n. 1308/2013, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali richiede la cancellazione della protezione dell'Unione europea quando le denominazioni di origine e le

indicazioni geografiche sono state rivendicate in percentuali inferiori al 35 per cento della superficie totale dichiarata allo schedario viticolo per le DOCG, al 20 per cento per le DOC e al 10 per cento per le IGT, calcolate sulla media degli ultimi tre anni; con la rivendicazione di una denominazione è fatto salvo il requisito anche per le altre denominazioni utilizzabili per la stessa superficie vitata.
      2. Nei casi previsti dal comma 1, lo Stato membro può presentare alla Commissione europea apposita richiesta per convertire la DOP in IGP nel rispetto delle vigenti norme dell'Unione europea in conformità alle disposizioni procedurali stabilite con il decreto di cui all'articolo 27, comma 2.
Capo II
DISCIPLINARI DI PRODUZIONE
Art. 30.
(Disciplinari di produzione).

      1. Nei disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP proposti unitamente alla domanda di protezione dal soggetto legittimato, nell'ambito della procedura di cui all'articolo 27, devono essere stabiliti:

          a) la denominazione di origine o l'indicazione geografica;

          b) la delimitazione della zona di produzione;

          c) la descrizione delle caratteristiche fisiche-chimiche e organolettiche del vino o dei vini, e in particolare il titolo alcolometrico volumico minimo richiesto al consumo e il titolo alcolometrico volumico minimo naturale potenziale delle uve alla vendemmia; le regioni possono consentire un titolo alcolometrico volumico minimo naturale inferiore di mezzo grado a quello stabilito dal disciplinare; limitatamente ai vini IGT la valutazione o l'indicazione delle caratteristiche organolettiche;

          d) la resa massima di uva e di vino ad ettaro, sulla base dei risultati quantitativi e qualitativi del quinquennio precedente. Fatte salve le disposizioni più restrittive previste dai disciplinari, per i vini spumanti e frizzanti la resa di vino ad ettaro è riferita alla partita di vino base, denominata «cuvée», destinato all'elaborazione. L'aggiunta del mosto concentrato e del mosto concentrato rettificato per la presa di spuma dei vini frizzanti e l'aggiunta dello sciroppo zuccherino e dello sciroppo di dosaggio per la presa di spuma dei vini spumanti è aumentativa di tale resa. In assenza di disposizioni specifiche nel disciplinare, le regioni e le province autonome possono definire con proprio provvedimento condizioni di resa diverse rispetto a quanto stabilito dal periodo precedente. Fatte salve le specifiche disposizioni dei disciplinari, è consentito un esubero di produzione fino al 20 per cento della resa massima di uva e di vino per ettaro, che non può essere destinato alla produzione della relativa denominazione di origine, ma può essere destinato alla produzione di vini DOC o IGT, a partire da un vino DOCG, oppure di vini IGT a partire da un vino DOC, ove siano rispettati le condizioni e i requisiti dei relativi disciplinari di produzione, fermo restando il rispetto delle condizioni di cui all'articolo 33, comma 1. Superata la percentuale del 20 per cento, tutta la produzione decade dal diritto alla rivendicazione della denominazione di origine;

          e) l'indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino è ottenuto con l'eventuale riferimento alle relative percentuali, fatta salva la tolleranza nella misura massima dell'1 per cento da calcolare su ogni singolo vitigno impiegato e se collocato in maniera casuale all'interno del vigneto;

          f) le forme di allevamento, i sistemi di potatura, il divieto di pratiche di forzatura, tra le quali non è considerata l'irrigazione di soccorso ed eventuali altre specifiche pratiche agronomiche. Per i nuovi impianti relativi alla produzione di vini DOCG è obbligatorio prevedere la densità minima di ceppi per ettaro, calcolata

sul sesto d'impianto. Nei disciplinari in cui è indicata la densità d'impianto, eventuali fallanze, entro il limite del 10 per cento, non incidono sulla determinazione della capacità produttiva; oltre tale limite la resa di uva ad ettaro è ridotta proporzionalmente all'incidenza percentuale delle fallanze;

          g) le condizioni di produzione e in particolare le caratteristiche naturali dell'ambiente, quali il clima, il terreno, la giacitura, l'altitudine, l'esposizione;

          h) gli elementi che evidenziano il legame con il territorio, ai sensi dell'articolo 94, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (UE) n. 1308/2013.

      2. Nei disciplinari di cui al comma 1 possono essere stabiliti i seguenti ulteriori elementi:

          a) le deroghe per la vinificazione e per l'elaborazione nelle immediate vicinanze della zona geografica delimitata o in una zona situata nell'unità amministrativa o in un'unità amministrativa limitrofa oppure, limitatamente ai vini DOP spumanti e frizzanti al di fuori delle immediate vicinanze dell'area delimitata in ambito nazionale, alle condizioni stabilite dalla specifica normativa dell'Unione europea;

          b) il periodo minimo di invecchiamento, in recipienti di legno o di altro materiale, e di affinamento in bottiglia;

          c) l'imbottigliamento in zona delimitata;

          d) le capacità e i sistemi di chiusura delle bottiglie e degli altri recipienti ammessi dalla vigente normativa.

      3. La previsione dell'eventuale imbottigliamento in zona delimitata di cui al comma 2, lettera c), può essere inserita nei disciplinari di produzione, conformemente all'articolo 8 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione, del 14 luglio 2009, alle seguenti condizioni:

          a) la delimitazione della zona di imbottigliamento deve corrispondere a quella

della zona di vinificazione o di elaborazione, comprese le eventuali deroghe di cui al comma 2, lettera a);

          b) in caso di presentazione di domanda di protezione per una nuova DOP o IGP, la stessa richiesta deve essere rappresentativa di almeno il 66 per cento della superficie dei vigneti, oggetto di dichiarazione produttiva nell'ultimo biennio;

          c) in caso di presentazione di domanda di modifica del disciplinare intesa a inserire la delimitazione della zona di imbottigliamento, in aggiunta alle condizioni di cui alla lettera b), la richiesta deve essere avallata da un numero di produttori che rappresentano almeno il 51 per cento della produzione imbottigliata nell'ultimo biennio. In tal caso le ditte imbottigliatrici interessate possono ottenere la deroga per continuare l'imbottigliamento nei propri stabilimenti situati al di fuori della zona delimitata per un periodo di cinque anni prorogabile, a condizione che presentino apposita istanza al Comitato di cui all'articolo 36, allegando idonea documentazione atta a comprovare l'esercizio dell'imbottigliamento della specifica DOP o IGP per almeno due anni, anche non continuativi, nei cinque anni precedenti l'entrata in vigore della modifica in oggetto;

          d) in caso di inserimento della delimitazione della zona di imbottigliamento nel disciplinare a seguito del passaggio da una preesistente IGT a una DOC, ovvero a seguito del passaggio da una DOC a una DOCG, si applicano le disposizioni della lettera c).

      4. Quanto previsto dal comma 3 è applicabile fatte salve le disposizioni vigenti relative alle denominazioni di origine i cui disciplinari già prevedevano la delimitazione della zona di imbottigliamento.

Art. 31.
(Modifica dei disciplinari di produzione DOP e IGP).

      1. Per la modifica dei disciplinari DOP e IGP si applicano le norme previste per

il riconoscimento, conformemente alle disposizioni previste dalla vigente normativa dell'Unione europea e dal decreto di cui all'articolo 27, comma 2.
      2. A decorrere dalla data di presentazione alla Commissione europea della domanda di modifica del disciplinare di cui all'articolo 27, comma 3, i vini della relativa denominazione di origine o indicazione geografica sono prodotti ed etichettati in conformità alle vigenti norme dell'Unione europea e alle modifiche autorizzate con procedura nazionale, a condizione che il soggetto richiedente sia preventivamente autorizzato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la regione.
Capo III
GESTIONE DELLA PRODUZIONE E POLITICHE DI MERCATO
Art. 32.
(Modalità di rivendicazione delle produzioni).

      1. La rivendicazione delle produzioni delle uve e dei vini con denominazione di origine e indicazione geografica è effettuata annualmente, a cura dei produttori interessati, contestualmente alla dichiarazione di vendemmia o alla dichiarazione di produzione prevista dall'articolo 9 del regolamento (CE) n. 436/2009 della Commissione, del 26 maggio 2009, mediante i servizi del SIAN, sulla base dei dati dello schedario viticolo. I dati delle dichiarazioni sono resi disponibili, mediante i servizi del SIAN, alle regioni o province autonome ed agli altri enti ed organismi autorizzati preposti alla gestione ed al controllo delle rispettive DOCG, DOC e IGT, agli organi dello Stato preposti ai controlli, nonché ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell'articolo 37 in riferimento alle singole denominazioni di competenza.


      2. Con il decreto di cui all'articolo 12, comma 6, sono determinati i criteri per la presentazione della dichiarazione di cui al comma 1.
Art. 33.
(Riclassificazioni, declassamenti e tagli).

      1. È consentita la coesistenza in una stessa area di produzione di vini a denominazione di origine e a indicazione geografica, anche derivanti dagli stessi vigneti, a condizione che a cura dell'avente diritto venga operata annualmente, secondo le prescrizioni dei relativi disciplinari di produzione, la scelta vendemmiale. Tale scelta può riguardare denominazioni di pari o inferiore livello, ricadenti nella stessa zona di produzione. Qualora dal medesimo vigneto siano rivendicate contemporaneamente più produzioni DOCG, DOC o IGT, la resa massima di uva e di vino ad ettaro non può comunque superare il limite più restrittivo tra quelli stabiliti tra i differenti disciplinari di produzione.
      2. È consentito per i mosti e per i vini atti a divenire DOCG o DOC il passaggio dal livello di classificazione più elevato a quelli inferiori. È inoltre consentito il passaggio sia da una DOCG a un'altra DOCG, sia da DOC a un'altra DOC, sia da IGT ad un'altra IGT, purché:

          a) le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche insistano sulla medesima area viticola;

          b) il prodotto abbia i requisiti prescritti per la denominazione prescelta;

          c) la resa massima di produzione di quest'ultima sia uguale o superiore rispetto a quella di provenienza.

      3. Chiunque può effettuare la riclassificazione di cui al comma 2 del prodotto atto a divenire DO o IG, che deve, per ciascuna partita, essere annotata obbligatoriamente nei registri e comunicata all'ente di controllo autorizzato.
      4. Il prodotto già certificato con la DO o con l'IG deve essere declassato in caso di

perdita dei requisiti chimico-fisici od organolettici ovvero per scelta del produttore o del detentore. Per tali fini il soggetto interessato deve, per ciascuna partita, annotare l'operazione nei registri e inviare formale comunicazione all'organismo di controllo autorizzato indicando la quantità di prodotto da declassare e la sua ubicazione con individuazione del lotto. In caso di perdita dei requisiti chimico-fisici od organolettici, deve essere inviato al citato organismo un certificato di analisi chimico-fisica od organolettica attestante la presenza di difetti che rendano necessario il declassamento dell'intera partita. Il prodotto ottenuto dal declassamento può essere commercializzato con altra denominazione di origine o indicazione geografica o con un'altra categoria di prodotto vitivinicolo qualora ne abbia le caratteristiche e siano rispettate le relative disposizioni applicabili.
      5. Il taglio tra due o più mosti o vini DOCG o DOC o IGT diversi comporta la perdita del diritto all'uso della denominazione di origine per il prodotto ottenuto che può tuttavia essere classificato come vino IGT qualora ne abbia le caratteristiche.
      6. Il taglio tra vino atto e vino certificato di una stessa denominazione di origine o indicazione geografica comporta la perdita della certificazione acquisita salva la possibilità di richiedere nuova certificazione per la nuova partita secondo le procedure di cui all'articolo 34.
      7. Fatte salve le deroghe previste dagli specifici disciplinari di produzione ai sensi dell'articolo 6 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione, del 14 luglio 2009, il trasferimento al di fuori della zona di produzione delimitata delle partite di mosti e di vini atti a divenire DOP o IGP comporta la perdita del diritto alla rivendicazione della DOP o dell'IGP per le partite medesime.
      8. In casi eccezionali, non previsti dalla vigente normativa, su istanza motivata dell'interessato, può essere consentito il trasferimento temporaneo al di fuori della zona di produzione delimitata delle partite di mosti e di vini di cui al comma 7, previa specifica autorizzazione rilasciata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Art. 34.
(Analisi chimico-fisica e organolettica).

      1. Ai fini della rivendicazione dei vini DOCG e DOC, i medesimi, prima di procedere alle loro designazione e presentazione, devono essere sottoposti ad analisi chimico-fisica e organolettica che certifichi la corrispondenza alle caratteristiche previste dai rispettivi disciplinari di produzione. La positiva certificazione è condizione per l'utilizzazione della denominazione e ha validità per centottanta giorni per i vini DOCG, di due anni per i vini DOC e di tre anni per i vini DOC liquorosi.
      2. L'esame analitico, previsto anche per la rivendicazione dei vini IGT, deve riguardare almeno i valori degli elementi stabiliti dall'articolo 26 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione del 14 luglio 2009, e quelli caratteristici della DOCG, DOC e IGT in questione indicati nel rispettivo disciplinare di produzione.       3. L'esame organolettico è effettuato da apposite commissioni di degustazione, tra cui quelle istituite presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, indicate dalla competente struttura di controllo, per le relative DOCG e DOC e riguarda il colore, la limpidezza, l'odore e il sapore indicati dal rispettivo disciplinare di produzione.
      4. Presso il Comitato di cui all'articolo 36 sono istituite le commissioni di appello, rispettivamente per l'Italia settentrionale, per l'Italia centrale e per l'Italia meridionale e insulare incaricate della revisione delle risultanze degli esami organolettici effettuati dalle commissioni di cui al comma 3.
      5. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento

e di Bolzano, sono stabilite le procedure e le modalità per:

          a) l'espletamento degli esami analitici e organolettici mediante controlli sistematici per i vini DOCG;

          b) l'espletamento degli esami analitici mediante controlli sistematici e degli esami organolettici mediante controlli sistematici per le DOC con produzione annuale certificata superiore a 10.000 ettolitri e mediante controlli a campione per le DOC con produzione annuale certificata inferiore a 10.000 ettolitri;

          c) l'espletamento degli esami analitici mediante controlli a campione per i vini IGT;

          d) le operazioni di prelievo dei campioni.

      6. Con il decreto di cui al comma 5 sono stabilite le modalità per la determinazione dell'analisi complementare dell'anidride carbonica nei vini frizzanti e spumanti e sono definiti i criteri per il riconoscimento delle commissioni di degustazione di cui al comma 3 e per la nomina dei loro membri, nonché per la nomina e per il funzionamento delle commissioni di cui al comma 4.
      7. I costi per il funzionamento delle commissioni di degustazione e delle commissioni di appello sono posti a carico dei soggetti che ne richiedono l'operato. Con il decreto di cui al comma 5 sono stabiliti l'ammontare degli importi, nonché le modalità di pagamento.

Art. 35.
(Politiche di mercato).

      1. Le regioni, su proposta dei consorzi di tutela di cui all'articolo 37 e sentite le organizzazioni professionali di categoria, in annate climaticamente favorevoli possono annualmente aumentare sino a un massimo del 20 per cento le rese massime di uva e di vino stabilite dal disciplinare di produzione. Tale esubero può essere destinato

a riserva vendemmiale per far fronte nelle annate successive a carenze di produzione fino al limite massimo delle rese previsto dal disciplinare di produzione ovvero sbloccato con provvedimento regionale per soddisfare esigenze di mercato. Le regioni, su proposta dei consorzi e sentite le organizzazioni professionali di categoria, in annate climaticamente sfavorevoli, possono ridurre le rese massime di uva e di vino consentite sino al limite reale dell'annata.
      2. Le regioni possono ridurre la resa massima di vino classificabile come DO ed eventualmente la resa massima di uva o di vino per ettaro per conseguire l'equilibrio di mercato, su proposta dei consorzi di tutela e sentite le organizzazioni professionali di categoria e stabilire la destinazione del prodotto oggetto di riduzione. Le regioni possono altresì consentire ai produttori di ottemperare alla riduzione di resa massima classificabile anche con quantitativi di vino della medesima denominazione o tipologia giacenti in azienda, prodotti nelle tre annate precedenti.
      3. Le regioni, in ogni caso, al fine di migliorare o di stabilizzare il funzionamento del mercato dei vini, comprese le uve, i mosti da cui sono ottenuti, e per superare squilibri congiunturali, su proposta e in attuazione delle decisioni adottate dai consorzi di tutela e sentite le organizzazioni professionali di categoria, possono stabilire altri sistemi di regolamentazione della raccolta e dello stoccaggio dei vini ottenuti in modo da permettere la gestione dei volumi di prodotto disponibili.
Capo IV
COMITATO NAZIONALE VINI DOP E IGP
Art. 36.
(Comitato nazionale vini DOP e IGP).

      1. Il Comitato nazionale vini DOP e IGP, di seguito denominato «Comitato», è organo del Ministero delle politiche agricole

alimentari e forestali. Ha competenza consultiva e propositiva in materia di tutela e di valorizzazione qualitativa e commerciale dei vini DOP e IGP.
      2. Il Comitato è composto dal presidente e dai seguenti membri, nominati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali:

          a) tre funzionari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

          b) tre membri esperti, particolarmente competenti in materie tecnico-scientifico-legislative attinenti al settore della viticoltura e dell'enologia;

          c) due membri designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in rappresentanza e in qualità di coordinatori delle regioni e delle province autonome;

          d) un membro designato dall'unione nazionale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in rappresentanza delle camere stesse;

          e) un membro designato dall'Associazione enologi enotecnici italiani;

          f) un membro designato dalla Federazione nazionale dei consorzi volontari di cui all'articolo 37, in rappresentanza dei consorzi stessi;

          g) tre membri designati dalle organizzazioni sindacali degli agricoltori maggiormente rappresentative;

          h) due membri designati dalle organizzazioni di rappresentanza e di tutela delle cantine sociali e cooperative agricole;

          i) un membro designato dalle organizzazioni sindacali degli industriali vinicoli;

          l) un membro designato dalle organizzazioni sindacali dei commercianti grossisti vinicoli.

      3. Qualora il Comitato tratti questioni attinenti a una DOP o a una IGT, partecipano alla riunione, con diritto di voto, un rappresentante della regione interessata

e un rappresentante del consorzio di tutela autorizzato ai sensi dell'articolo 37 senza diritto di voto.
      4. In relazione alle competenze di cui al comma 1, su incarico del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali possono partecipare alle riunioni del Comitato, senza diritto di voto, uno o più esperti particolarmente competenti su specifiche questioni tecniche economiche o legislative trattate dal Comitato stesso.
      5. Il presidente e i componenti del Comitato durano in carica tre anni e possono essere riconfermati per non più di due volte.
      6. Il Comitato:

          a) esprime il proprio parere secondo le modalità previste dalla presente legge, nonché, su richiesta del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, su ogni altra questione relativa al settore vitivinicolo;

          b) collabora con i competenti organi statali e regionali all'osservanza della presente legge e dei disciplinari di produzione relativi ai prodotti con denominazione di origine o con indicazione geografica.

      7. Le funzioni di segreteria tecnica e amministrativa del Comitato sono assicurate da funzionari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nominati con decreto ministeriale.

Capo V
CONSORZI DI TUTELA PER LE DENOMINAZIONI DI ORIGINE E LE INDICAZIONI GEOGRAFICHE PROTETTE
Art. 37.
(Consorzi di tutela).

      1. Per ciascuna DOP o IGC può essere costituito e riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un consorzio di tutela. Il consorzio è costituito fra i soggetti inseriti nel sistema

di controllo della denominazione e persegue le seguenti finalità:

          a) avanzare proposte di disciplina regolamentare e svolgere compiti consultivi relativi al prodotto interessato, nonché collaborativi nell'attuazione della presente legge;

          b) espletare attività di assistenza tecnica, di proposta, di studio e di valutazione economico-congiunturale della DOP o dell'IGP, nonché ogni altra attività finalizzata alla valorizzazione del prodotto sotto il profilo tecnico dell'immagine;

          c) collaborare, secondo le direttive impartite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, alla tutela e alla salvaguardia della DOP o dell'IGP da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla legge; collaborare altresì con le regioni e con le province autonome di Trento e di Bolzano per lo svolgimento delle attività di competenza delle stesse;

          d) svolgere, nei confronti dei soli associati, le funzioni di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi della relativa denominazione, nonché azioni di vigilanza da espletare prevalentemente alla fase del commercio, in collaborazione con l'ICQRF e in raccordo con le regioni e con le province autonome.

      2. È consentita la costituzione di consorzi di tutela per più denominazioni di origine ed indicazioni geografiche purché le zone di produzione dei vini interessati, come individuate dal disciplinare di produzione, ricadano nello stesso ambito territoriale provinciale, regionale o interregionale, e purché per ciascuna denominazione di origine o indicazione geografica sia assicurata l'autonomia decisionale in tutte le istanze consortili.
      3. Il riconoscimento di cui al comma 1 da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è attribuito al

consorzio di tutela che ne faccia richiesta e che:

          a) sia rappresentativo, tramite verifica effettuata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sui dati inseriti nel sistema di controllo ai sensi dell'articolo 55, di almeno il 35 per cento dei viticoltori e di almeno il 51 per cento della produzione certificata dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della relativa denominazione di origine o indicazione geografica riferita agli ultimi due anni salvo deroga a un anno nel caso di passaggio da DOC a DOCG e da IGT a DOC;

          b) sia retto da uno statuto che rispetti i requisiti individuati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e consenta l'ammissione, senza discriminazione, di viticoltori, singoli o associati, di vinificatori e di imbottigliatori autorizzati e che ne garantisca un'equilibrata rappresentanza negli organi sociali, definita con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

          c) disponga di strutture e di risorse adeguate ai compiti.

      4. Il consorzio riconosciuto, che intende esercitare nei confronti di tutti i soggetti inseriti nel sistema dei controlli della DOP o IGP, le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione è tenuto a dimostrare, tramite verifica effettuata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sui dati inseriti nel sistema di controllo ai sensi dell'articolo 55, la rappresentatività nella compagine sociale del consorzio di almeno il 40 per cento dei viticoltori e di almeno il 66 per cento della produzione certificata, di competenza dei vigneti con dichiarazione di origine o indicazione geografica negli ultimi due anni, salvo deroga a un anno nel caso di passaggio da DOC a DOCG e da IGT a DOC. Il consorzio autorizzato è riconosciuto quale organizzazione interprofessionale ai sensi dell'articolo 157, paragrafo 1, e dell'articolo 158, paragrafi 1 e 2, del Regolamento

(CE) n. 1308/2013, e nell'interesse di tutti i produttori anche non aderenti, può:

          a) definire, previa consultazione dei rappresentanti di categoria della denominazione interessata, l'attuazione delle politiche di Governo dell'offerta, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto DOP e IGP, di contribuire a un migliore coordinamento dell'immissione sul mercato della denominazione tutelata e di definire piani di miglioramento della qualità del prodotto;

          b) organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione della DOP o dell'IGP;

          c) agire, in tutte le sedi giudiziarie e amministrative, per la tutela e la salvaguardia della DOP o dell'IGP e per la tutela degli interessi e dei diritti dei produttori;

          d) svolgere azioni di vigilanza, tutela e salvaguardia della denominazione, da espletare prevalentemente alla fase del commercio.

      5. Le attività di cui alla lettera d) del comma 4 sono distinte dalle attività di controllo e sono svolte, nel rispetto della vigente normativa nazionale e dell'Unione europea, sotto il coordinamento dell'ICQRF e in raccordo con le regioni e province autonome. L'attività di vigilanza di cui alla lettera d) del comma 4 è esplicata prevalentemente nella fase del commercio e consiste nella verifica che le produzioni certificate rispondano ai requisiti previsti dai disciplinari, e che prodotti similari non ingenerino confusione nei consumatori e non rechino danni alle produzioni DOP e IGP. Agli agenti vigilatori incaricati dai consorzi, nell'esercizio di tali funzioni, può essere attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza nelle forme di legge a opera dell'autorità competente e i consorzi possono richiedere al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il rilascio degli appositi tesserini di riconoscimento, sulla base della normativa vigente.

Gli agenti vigilatori già in possesso della qualifica di agente di pubblica sicurezza mantengono la qualifica stessa, salvo che intervenga espresso provvedimento di revoca. Gli agenti vigilatori in nessun modo possono effettuare attività di vigilanza sugli organismi di controllo né possono svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni. Il consorzio è autorizzato ad accedere al SIAN per acquisire le informazioni strettamente necessarie ai fini dell'espletamento di tali attività per la denominazione di competenza.
      6. I costi sostenuti dai consorzi per le attività di cui al comma 4 sono posti a carico di tutti i soci del consorzio, nonché di tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo, anche se non aderenti al consorzio, secondo criteri di trasparenza definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
      7. I consorzi di tutela incaricati di svolgere le funzioni di cui al comma 4 in favore delle DOP o delle IGP possono chiedere ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione, al momento dell'immissione nel sistema di controllo, il contributo di avviamento di cui al decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, secondo criteri e modalità stabiliti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
      8. Il consorzio può proporre l'inserimento, nel disciplinare di produzione, come logo della DOP o della IGP, il marchio consortile precedentemente in uso, ovvero un logo di nuova elaborazione. Il logo che identifica i prodotti DOP e IGP è detenuto, in quanto dagli stessi registrati, dai consorzi di tutela per l'esercizio delle attività loro affidate. Il logo medesimo è utilizzato come segno distintivo delle produzioni conformi ai disciplinari delle rispettive DOP o IGP, come tali attestati dalle strutture di controllo autorizzate, a condizione che la relativa utilizzazione sia garantita a tutti i produttori interessati al sistema di controllo delle produzioni stesse, anche se non aderenti al consorzio, in osservanza delle regole contenute nel regolamento consortile.
      9. È fatta salva la possibilità per i consorzi di detenere e di utilizzare un marchio consortile, a favore degli associati, da sottoporre ad approvazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e previo inserimento dello stesso nello statuto.
      10. Per quanto non previsto dal presente articolo, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le condizioni per consentire ai consorzi di svolgere le attività indicate dal medesimo articolo.
Capo VI
CONCORSI ENOLOGICI
Art. 38.
(Concorsi enologici).

      1. I vini DOP e IGP, nonché i vini spumanti di qualità, possono partecipare a concorsi enologici organizzati da enti definiti organismi ufficialmente autorizzati al rilascio di distinzioni dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      2. Le partite dei prodotti di cui al comma 1, opportunamente individuate e in possesso dei requisiti previsti negli appositi regolamenti di concorso, possono fregiarsi di distinzioni nei limiti previsti dal quantitativo di vino accertato prima del concorso.
      3. Le disposizioni per la disciplina del riconoscimento degli organismi di cui al comma 1, della partecipazione al concorso, compresa la composizione delle commissioni di degustazione, del regolamento di concorso, nonché del rilascio, della gestione e del controllo del corretto utilizzo delle distinzioni attribuite, sono stabilite con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

TITOLO V
PRODUZIONE ACETI
Art. 39.
(Denominazione degli aceti).

      1. La denominazione di «aceto di (...)», seguita dall'indicazione della materia prima da cui deriva, è riservata al prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione acetica di liquidi alcolici o zuccherini di origine agricola, che presenta al momento dell'immissione al consumo umano diretto o indiretto un'acidità totale, espressa in acido acetico, compresa tra 5 e 12 grammi per 100 millilitri, una quantità di alcol etilico non superiore a 0,5 per cento in volume, che ha le caratteristiche o che contiene qualsiasi altra sostanza o elemento in quantità non superiore ai limiti riconosciuti normali e non pregiudizievoli per la salute, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per materia prima si intende il prodotto agricolo primario ovvero, in alternativa, il suo derivato alcolico o zuccherino ottenuto mediante il normale processo di trasformazione. Per gli aceti destinati a utilizzi diversi da quelli di cui al comma 1, il limite massimo dell'acidità totale, espressa in acido acetico, è elevato fino a 20 grammi per 100 millilitri.
      2. Con successivi decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della salute, può essere modificata e integrata l'individuazione delle caratteristiche, delle sostanze e degli elementi, nonché dei limiti di cui al comma 1.
      3. In deroga al comma 1, l'aceto di vino è il prodotto definito dalla vigente normativa dell'Unione europea contenente una quantità di alcol etilico non superiore a 1,5 per cento in volume.


      4. I liquidi alcolici o zuccherini di cui al comma I devono provenire da materie prime idonee al consumo umano diretto.
      5. I vini destinati all'acetificazione devono avere un contenuto in acido acetico non superiore a 8 grammi per litro.
Art. 40.
(Acetifici e depositi di aceto).

      1. Gli acetifici e i depositi di aceto allo stato sfuso sono soggetti a comunicazione relativa ai recipienti secondo le modalità previste dall'articolo 13, comma 2.
      2. Negli acetifici e nei depositi di aceto sono consentiti la detenzione, la produzione e l'imbottigliamento:

          a) di aceti provenienti da qualsiasi materia prima di origine agricola idonea al consumo alimentare;

          b) di prodotti alimentari idonei al consumo umano diretto nei quali l'aceto è presente come ingrediente;

          c) di prodotti alimentari conservati in aceto.

Art. 41.
(Produzione e divieti).

      1. È vietato produrre, detenere, trasportare e porre in commercio aceti:

          a) che, all'esame organolettico, chimico o microscopico, risultano alterati per malattia o comunque avariati o difettosi per odori o per sapori anormali in misura tale da essere inidonei al consumo umano diretto o indiretto;

          b) che contengono aggiunte di alcol etilico, di acido acetico sintetico, o liquidi acetici comunque derivanti da procedimenti di distillazione di sostanze coloranti o di acidi minerali;

          c) ottenuti a partire da diverse materie prime miscelate tra loro o dal taglio di aceti provenienti da materie prime diverse.


      2. Il divieto di cui al comma 1, lettera b), non si applica agli aceti provenienti da alcol etilico denaturato ai sensi dell'articolo 6 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 9 luglio 1996, n. 524, limitatamente alla presenza di acido acetico glaciale aggiunto e unicamente fino al valore previsto per lo stesso per la denaturazione.
      3. Negli stabilimenti di produzione di aceti e nei locali annessi o intercomunicanti anche attraverso cortili, a qualunque uso destinati, è vietato detenere:

          a) acido acetico, nonché ogni altra sostanza atta a sofisticare gli aceti;

          b) prodotti vitivinicoli alterati per agrodolce o per girato o per fermentazione putrida.
      4. Il divieto di cui al comma 3, lettera a), si estende ai locali in cui si preparano o detengono prodotti alimentari e conserve alimentari all'aceto.
      5. È vietata in ogni caso la distillazione dell'aceto.
      6. È vietato trasportare, detenere per la vendita, mettere in commercio o comunque utilizzare per uso alimentare diretto o indiretto alcol etilico sintetico, nonché prodotti contenenti acido acetico non derivante da fermentazione acetica.
      7. In deroga al divieto previsto dal comma 4, sono consentiti la detenzione dell'acido acetico nei panifici e negli stabilimenti dolciari, nonché l'uso dello stesso nella preparazione degli impasti per la panificazione e per la pasticceria, a condizione che in tali panifici o stabilimenti o nei locali con essi comunque comunicanti, anche attraverso cortili, non si detengano aceto o prodotti contenenti aceto e non si effettuino altre lavorazioni in cui l'acido acetico possa in tutto o in parte sostituirsi all'aceto.

Art. 42.
(Pratiche e trattamenti enologici consentiti).

      1. Nella produzione e nella conservazione degli aceti, le materie prime e gli

aceti possono essere sottoposti alle pratiche e ai trattamenti enologici previsti dalla vigente normativa dell'Unione europea, compresa la pratica della concentrazione, nonché a quelli impiegati per la fermentazione acetica secondo buona tecnica igienico-industriale, restando, in ogni caso, proibita ogni pratica di colorazione.
      2. Nella preparazione degli aceti è inoltre consentita:

          a) l'aggiunta di acqua, purché sia effettuata soltanto negli acetifici;

          b) la decolorazione con il carbone per uso enologico;

          c) l'aggiunta di caramello negli aceti diversi da quello di vino.

Art. 43.
(Sostanze aromatizzanti).

      1. All'aceto possono essere aggiunte sostanze aromatizzanti, mediante macerazione diretta o mediante impiego di infusi, nella misura massima del 5 per cento in volume, o altri aromi naturali come definiti dalle vigenti normative dell'Unione europea e nazionali. È consentito aromatizzare l'aceto di mele con il miele.
      2. L'aceto preparato ai sensi del comma 1 deve essere posto in commercio con la denominazione di «aceto di (...) aromatizzato» e con l'indicazione della materia prima da cui deriva. Tale denominazione deve figurare sui recipienti e su tutta la documentazione prevista in materia.
      3. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto, può stabilire eventuali caratteristiche specifiche di composizione e di modalità di preparazione degli aceti di cui al comma 1.

Art. 44.
(Registro).

      1. Negli stabilimenti di produzione o di imbottigliamento dell'aceto deve essere tenuto

un registro aggiornato di carico e scarico con fogli progressivamente numerati e preventivamente vidimato dal competente ufficio periferico dell'ICQRF. Nel registro, tenuto eventualmente anche tramite supporto informatico secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, devono essere annotati, di volta in volta:

          a) la data dell'operazione;

          b) il quantitativo entrato o uscito delle materie prime con la specificazione della singola natura delle materie prime;

          c) il prodotto ottenuto adottando l'esatta denominazione rispettivamente prevista dagli articoli 39 e 43;

          d) il riferimento al documento che giustifica l'entrata o l'uscita;

          e) la trasformazione e lo scarico del prodotto.
      2. Le iscrizioni nel registro sono effettuate entro il primo giorno lavorativo per le entrate e per le lavorazioni ed entro il terzo giorno lavorativo per le uscite. In caso di tenuta del registro con un sistema informatizzato, la stampa sul supporto cartaceo vidimato può essere effettuata a richiesta degli organi di controllo e comunque almeno una volta all'anno.
      3. Nel registro sono tenuti conti distinti per ciascuna materia prima introdotta e per ciascun aceto prodotto, sia esso ottenuto da un'unica materia prima che da eventuali miscele di materie prime o aceti diversi, compresi gli aceti che utilizzano denominazioni di origine nella loro denominazione nomi di varietà, nomi geografici DOP o IGP di cui all'articolo 46.
      4. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con proprio decreto emanato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro della salute, può fissare:

          a) le eventuali ulteriori caratteristiche dei liquidi alcolici o zuccherini di origine

agricola che possono essere impiegati per la preparazione di aceti;

          b) le eventuali diverse caratteristiche degli aceti, oltre a quelle previste dall'articolo 39, in relazione a nuove acquisizioni tecnico-scientifiche e igienico-sanitarie;

          c) qualora si renda necessario, le precauzioni e le limitazioni idonee a evitare possibili forme di frode, restando in ogni caso proibita ogni pratica di colorazione.

Art. 45.
(Immissione in commercio).

      1. È vietato porre in commercio per il consumo umano diretto o indiretto aceti non rispondenti a una delle definizioni di cui all'articolo 39.
      2. Gli aceti destinati al consumo diretto devono essere posti in commercio in confezioni originali con chiusura non manomissibile, congegnata in modo che a seguito dell'apertura essa non risulti più integra.
      3. Sulla confezione deve sempre figurare un'indicazione atta a individuare chiaramente la ditta che ha operato il riempimento del recipiente.

Art. 46.
(Utilizzo delle denominazione di origine e delle indicazioni geografiche).

      1. L'utilizzo delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche riservate ai vini nella designazione di un aceto di vino può essere consentito a condizione che l'elaborazione di quest'ultimo avvenga esclusivamente a partire da un vino con denominazione di origine per il quale è stata rilasciata la certificazione di idoneità di cui all'articolo 34, comma 1, o, nel caso di vino a IGT, in presenza di altra documentazione idonea.
      2. Nella designazione degli aceti, l'utilizzo di altre denominazioni riservate a prodotti riconosciuti con DOP o con IGP può essere consentito a condizione che la

materia prima utilizzata per tale elaborazione sia stata certificata dall'apposita autorità competente riconosciuta ai sensi della normativa vigente.
Art. 47.
(Trasporto di sidri, mosti e aceti).

      1. I sidri e altri fermentati alcolici diversi dal vino che hanno subìto fermentazione acetica o che sono in corso di fermentazione acetica possono essere venduti e trasportati solo agli acetifici o alle distillerie.
      2. I mosti e i vini introdotti in uno stabilimento nel quale si procede alle operazioni di produzione, imbottigliamento o deposito di aceti allo stato sfuso possono essere estratti dallo stabilimento solo per essere avviati a un altro acetificio, alla distillazione o alla distruzione.
      3.    Nei casi previsti dai commi 1 e 2 i prodotti destinati alla distilleria o alla distruzione possono essere estratti dagli stabilimenti solo previa denaturazione ai sensi del decreto di cui all'articolo 15, comma 5.

TITOLO VI
COMMERCIALIZZAZIONE E ETICHETTATURA
Capo I
COMMERCIO DEI MOSTI, DEI VINI E DEI SOTTOPRODOTTI DELLA VINIFICAZIONE
Art. 48.
(Divieto di detenzione a scopo di commercio).

      1. È vietata la detenzione a scopo di commercio dei mosti e dei vini non rispondenti alle definizioni stabilite o che hanno subìto trattamenti e aggiunte non consentiti o che provengono da varietà di vite non iscritte a uva da vino nel Registro

nazionale delle varietà di vite, secondo le regole ivi previste.
      2. Il divieto di cui al comma 1 si applica altresì ai mosti e ai vini che:

          a) all'analisi organolettica, chimica o microscopica risultano alterati per malattia o avariati in misura tale da essere considerati inutilizzabili per il consumo, salvo che siano denaturati secondo le modalità previste dal decreto di cui all'articolo 15, comma 5;

          b) contengono una delle seguenti sostanze:    

              1) bromo organico;

              2) cloro organico;

              3) fluoro;

              4) alcol metilico in quantità superiore a 0,30 millilitri per i vini rossi e rosati e a 0,20 millilitri per i vini bianchi per ogni 100 millilitri di alcol totale;

          c) all'analisi chimica risultano contenere residui di ferro-cianuro di potassio e di suoi derivati a trattamento ultimato, o che hanno subito tale trattamento in violazione del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 30 luglio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 207 del 6 settembre 2003.

      3. Il vino, la cui acidità volatile espressa in grammi di acido acetico per litro supera i limiti previsti dall'allegato 1 C del Regolamento (CE) n. 606/2009 della Commissione, del 10 luglio 2009, e successive modificazioni, non può essere detenuto se non previa denaturazione con la sostanza rivelatrice individuata dal decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 4 aprile 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2007. Il prodotto denaturato deve essere assunto in carico nei registri obbligatori entro il giorno stessa della denaturazione in un apposito conto separato e può essere ceduto e spedito soltanto agli acetifici o alle distillerie. Tale disposizione si applica anche ai vini nei quali è in corso la fermentazione acetica.


      4. Si intendono detenuti a scopo di commercio i mosti e i vini che si trovano nelle cantine o negli stabilimenti o nei locali dei produttori e dei commercianti.
Art. 49.
(Divieto di vendita e di somministrazione).

      1. È vietato vendere, porre in vendita o mettere altrimenti in commercio, nonché comunque somministrare mosti e vini:

          a) i cui componenti e gli eventuali loro rapporti non sono compresi nei limiti stabiliti dal decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 29 dicembre 1986, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 1987;

          b) che all'analisi organolettica chimica o microscopica risultano alterati per malattia o comunque avariati e difettosi per odori e per sapori anormali;

          c) che, sottoposti alla prova preliminare di fermentazione secondo i metodi ufficiali di analisi, non risultano fermentescibili. È fatta eccezione per i mosti d'uva mutizzati con alcol, per i vini liquorosi e per i vini aromatizzati;

          d)    contenenti oltre 1 grammo per litro di cloruri espressi come cloruro di sodio, fatta eccezione per il vino marsala, per i vini liquorosi e per i mosti d'uva mutizzati con alcol, per i quali tale limite è elevato a 2 grammi per litro;

          e) contenenti oltre 2 grammi per litro di solfati espressi come solfato neutro di potassio, fatta eccezione per il vino marsala, per i vini liquorosi e per i mosti d'uva mutizzati con alcol, per i quali tale limite è elevato a 5 grammi per litro;

          f) contenenti alcol metilico in quantità superiore a 0,25 millilitri per i vini rossi e rosati e a 0,20 millilitri per i vini bianchi per ogni 100 millilitri di alcol totale;

          g) contenenti bromo e cloro organici fatto salvo, per quest'ultimo, quanto stabilito

dall'articolo 48, comma 2, lettera b), numero 2);

          h) che all'analisi chimica rivelano presenze di ferro-cianuro di potassio o di suoi derivati.
      2.    In aggiunta ai casi di cui al comma 1, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, in base all'accertata pericolosità per la salute umana, ulteriori sostanze che i mosti e i vini venduti, posti in vendita o messi altrimenti in commercio o somministrati non possono contenere ovvero non possono contenere in misura superiore ai limiti stabiliti con il medesimo decreto.
      3. I prodotti che presentano caratteristiche in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, nonché dell'articolo 10, commi 1 e 2, devono essere immediatamente denaturati con il cloruro di litio secondo quanto previsto dal decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali 31 luglio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 185 del 10 agosto 2006.

Capo II
CONTENITORI
Art. 50.
(Recipienti, bottiglie e sistemi di chiusura).

      1. I mosti e i vini in bottiglia o in altri recipienti di contenuto non superiore a 60 litri, muniti di chiusura e di etichetta, si intendono posti in vendita per il consumo, anche se detenuti nelle cantine e negli stabilimenti enologici dei produttori e dei commercianti all'ingrosso.
      2. Non è considerato posto in vendita per il consumo il vino in bottiglia in corso di invecchiamento presso i produttori e i commercianti all'ingrosso, nonché il vino contenuto in bottiglie o in recipienti fino a 60 litri, in corso di lavorazione, elaborazione o confezionamento, ovvero destinato

al consumo familiare o a aziendale del produttore, purché la partita dei recipienti sia ben distinta dalle altre e su di essa sia presente un cartello che ne specifichi la destinazione o il tipo di lavorazione in corso e, in tale caso, il lotto di appartenenza.
      3. Ai fini della presente legge non costituisce chiusura la chiusura provvisoria di fermentazione dei vini spumanti e dei vini frizzanti preparati con il sistema della fermentazione in bottiglia.
      4. Il sistema di chiusura riconosciuto dei recipienti di capacità inferiore a 60 litri deve recare, in modo indelebile e ben visibile dall'esterno, il nome, la ragione sociale o il marchio dell'imbottigliatore o del produttore, come definiti nell'articolo 56 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione, del 14 luglio 2009, e successive modificazioni, o, in alternativa, il numero di codice identificativo, attribuito dall'ICQRF.
Art. 51.
(Recipienti e contrassegno per i vini DOP e IGP).

      1. Le disposizioni relative al colore, forma, tipologia, capacità materiali e chiusure dei recipienti nei quali sono confezionati i vini a denominazione di origine sono stabilite dalla vigente normativa dell'Unione europea e nazionale.
      2. La chiusura con tappo «a fungo», trattenuto da un fermaglio, è riservata ai vini spumanti, salvo deroghe giustificate dalla tradizione per i vini frizzanti e che comportino comunque una differenziazione del confezionamento fra i vini spumanti e frizzanti della stessa origine.
      3. Le deroghe di cui al comma 2 sono limitate in ambito nazionale al confezionamento della categoria del vino frizzante e della categoria del mosto di uve parzialmente fermentato, recanti una DOP o una IGP. Per tali categorie è consentito l'uso del tappo «a fungo» qualora sia previsto dagli specifici disciplinari di produzione e a condizione che l'eventuale capsula di

copertura del tappo «a fungo» non superi l'altezza di 7 centimetri. Gli specifici disciplinari di produzione DOP e IGP possono stabilire disposizioni più restrittive.
      4. Nei casi di cui al comma 3, al fine di evitare ogni possibile confusione con le categorie degli spumanti, nell'etichetta, nell'ambito della descrizione delle indicazioni obbligatorie, deve essere riportato il termine «frizzante» in caratteri di almeno 5 millimetri di altezza e in gamma cromatica nettamente risaltante sul fondo.
      5. Fatte salve le deroghe di cui al comma 3, i vini frizzanti e il mosto di uve parzialmente fermentato, che non recano una DOP o una IGP, devono essere confezionati utilizzando le chiusure consentite dalla vigente normativa, con l'esclusione del tappo «a fungo». In tale ambito è consentito un sistema di ancoraggio degli altri sistemi di tappatura.
      6. I vini DOCG devono essere immessi al consumo in bottiglia o in altri recipienti di capacità non superiore a 6 litri, salvo diverse disposizioni degli specifici disciplinari di produzione, muniti, a cura delle ditte imbottigliatrici, di uno speciale contrassegno, stampato dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato o da tipografie autorizzate, applicato in modo da impedirne il riutilizzo. Esso è fornito di una serie e di un numero di identificazione.
      7. Il contrassegno di cui al comma 6 è utilizzato anche per il confezionamento dei vini DOC. Per tali vini, in alternativa, è consentito l'utilizzo del lotto, ai sensi dell'articolo 118 del regolamento (UE) n. 1308/2013, in attuazione della direttiva (UE) 2011/91/UE del Parlamento europeo e dal Consiglio, del 13 dicembre 2011, attribuito alla partita certificata dalla ditta imbottigliatrice e comunicato dalla medesima ditta alla struttura titolare del piano dei controlli. I consorzi di tutela di cui all'articolo 37, in loro assenza, le regioni e le province autonome competenti, sentita la filiera vitivinicola interessata, decidono se avvalersi della facoltà di utilizzo del lotto.
      8. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono stabilite le caratteristiche, le diciture, nonché le modalità per la fabbricazione, l'uso, la distribuzione, il controllo e il costo dei contrassegni.
CAPO III
ETICHETTATURA
Art. 52.
(Designazione, presentazione e protezione dei vini    con denominazione di origine e identificazione geografica).

      1. Per la designazione, presentazione e protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli sono direttamente applicabili le specifiche disposizioni stabilite dalla vigente normativa dell'Unione europea e dalle relative disposizioni di attuazione nazionale.

Art. 53.
(Impiego delle denominazioni geografiche).

      1. Dalla data di iscrizione nel registro dell'Unione europea delle DOP e delle IGP, le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche non possono essere usate se non in conformità a quanto stabilito nei relativi disciplinari di produzione.
      2. A partire dalla data di cui al comma 1 è vietato qualificare, direttamente o indirettamente, i prodotti che portano la denominazione di origine o l'indicazione geografica in modo non espressamente consentito dai decreti di riconoscimento.
      3. Ai sensi dell'articolo 56 del regolamento (CE) n. 607/2009 della Commissione, del 14 luglio 2009, e successive modificazioni, non si considera impiego di denominazione di origine, ai fini della presente legge, l'uso di nomi geografici inclusi in veritieri nomi propri, ragioni sociali ovvero in indirizzi di ditte, cantine, fattorie e simili. Nei casi in cui tali nomi contengono in tutto o in parte termini geografici riservati ai vini DOCG, DOC e IGT ovvero possono

creare confusione con essi, qualora siano utilizzati per la designazione o per la presentazione di prodotti vitivinicoli qualificati con altra denominazione di origine o indicazione geografica ovvero per altre categorie di prodotti vitivinicoli, è fatto obbligo che i caratteri usati per indicarli non superino i 3 millimetri di altezza per 2 millimetri di larghezza, con riferimento al carattere alfabetico «x», e in ogni caso che non siano superiori alla metà, sia in altezza che in larghezza, di quelli usati per la denominazione del prodotto e per l'indicazione della ditta o della ragione sociale del produttore, del commerciante o dell'imbottigliatore.
      4. Il riconoscimento di una denominazione di origine o di una indicazione geografica esclude la possibilità di impiegare i nomi geografici nei marchi e nelle denominazioni di ditta e comporta l'obbligo per i nomi propri aziendali, esistenti alla data del riconoscimento di una nuova denominazione di origine o indicazione geografica, o di minimizzare i caratteri alle condizioni previste al comma 3. Sono fatte salve le eccezioni previste dalla vigente normativa dell'Unione europea.
      5. L'uso, effettuato con qualunque modalità, su etichette, recipienti, imballaggi, listini o documenti di vendita, di una qualsiasi indicazione relativa ai vini DOCG, DOC e IGT costituisce dichiarazione di conformità del vino all'indicazione e alla denominazione usate.
      6. È consentito l'utilizzo nell'etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità del riferimento a una denominazione di origine o una indicazione geografica in prodotti composti, elaborati o trasformati a partire dal relativo vino con denominazione di origine o indicazione geografica, purché gli utilizzatori del prodotto composto, elaborato o trasformato siano stati autorizzati dal consorzio di tutela della denominazione protetta riconosciuto ai sensi dell'articolo 37. In mancanza del riconoscimento del consorzio di tutela l'autorizzazione deve essere richiesta al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      7. Non è necessaria l'autorizzazione di cui al comma 6 qualora il riferimento a una denominazione di origine o a un'indicazione geografica in prodotti composti elaborati o trasformati sia riportato esclusivamente fra gli ingredienti del prodotto confezionato che lo contiene o in cui è elaborato o trasformato.
TITOLO VII
CONTROLLI
Capo I
NORME GENERALI
Art. 54.
(Coordinamento e programmazione dei controlli).

      1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è l'autorità nazionale preposta al coordinamento e alla programmazione dell'attività di controllo per le aziende del settore vitivinicolo nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 14 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e successive modificazioni.
      2. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali indirizza e coordina i controlli effettuati dalle amministrazioni coinvolte nel processo di controllo in modo da evitare duplicazioni e sovrapposizioni per le aziende. A tale fine il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali:

          a)    elabora il Piano annuale dei controlli per le aziende del settore vitivinicolo;

          b)    istituisce il Registro unico dei controlli per le aziende del settore vitivinicolo.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali provvede, con propri decreti, all'attuazione di quanto previsto dal comma 2.

Art. 55.
(Controlli e vigilanza sui vini con denominazione di origine o identificazione geografica).

      1. L'attività di controllo prevista dalla vigente legislazione dell'Unione europea è svolta da autorità di controllo pubbliche designate e da organismi privati autorizzati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
      2. Le autorizzazioni di cui al comma 1 alle autorità di controllo pubbliche designate e agli organismi di controllo privati devono preventivamente prevedere la valutazione della loro conformità alla norma europea EN 45011.
      3. Gli organismi di controllo privati di cui al comma 2 devono essere accreditati ai sensi della norma europea EN 45011.
      4. Le autorizzazioni di cui al comma 1 possono essere sospese o revocate in caso di:

          a) perdita dei requisiti di cui ai commi 2 e 3;

          b) violazione della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale;

          c) mancato rispetto delle disposizioni impartite con il decreto di autorizzazione.

      5. La revoca o la sospensione dell'autorizzazione può riguardare anche una singola produzione riconosciuta.
      6. Le strutture che intendono proporsi per il controllo delle denominazioni di origine o delle indicazioni geografiche riconosciute devono presentare apposita richiesta al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      7. È istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un elenco delle strutture di controllo che soddisfano i requisiti di cui ai commi 2 e 3, denominato «Elenco delle strutture di controllo per le denominazioni di origine e per le indicazioni geografiche del settore vitivinicolo» pubblicato nel sito istituzionale del Ministero.
      8. La scelta della struttura di controllo è effettuata, tra quelle iscritte nell'Elenco

di cui al comma 7, dai soggetti proponenti le registrazioni, contestualmente alla presentazione dell'istanza di riconoscimento della denominazione di origine o dell'indicazione geografica e, per le denominazioni o indicazioni già riconosciute, dai consorzi di tutela incaricati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. In assenza di consorzi la scelta è effettuata dai produttori, singoli o associati, che rappresentano almeno il 51 per cento della produzione controllata.
      9. In assenza della scelta di cui al comma 8, le regioni e le province autonome nelle cui aree geografiche ricadono le produzioni, sentite le organizzazioni rappresentative della filiera vitivinicola, indicano al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, le strutture di controllo individuandole tra quelle iscritte nell'elenco di cui al comma 7.
      10. Le strutture di controllo possono svolgere la loro attività per una o più produzioni riconosciute ai sensi della vigente normativa dell'Unione europea. Ogni produzione riconosciuta è soggetta al controllo di una sola struttura di controllo. La struttura di controllo autorizzata per la specifica denominazione di origine o identificazione geografica può avvalersi, sotto la propria responsabilità, delle strutture e del personale di altri soggetti iscritti nell'elenco di cui al comma 7, purché le relative attività risultino dallo specifico piano di controllo.
      11. Al fine dell'emanazione del decreto di autorizzazione al controllo di ogni denominazione di origine o indicazione geografica, le strutture di cui al comma 10 trasmettono al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali:

          a) il piano di controllo;

          b) il tariffario;

          c)    l'elenco degli ispettori dedicati al controllo della specifica denominazione di origine o indicazione geografica con i relativi curricula;

          d)    l'elenco dei membri del comitato di certificazione con i relativi curricula.

      12. Eventuali modifiche agli elenchi di cui alle lettere c) e d) non comportano la decadenza dell'autorizzazione in corso e devono essere notificate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali entro trenta giorni.
      13. Tutti i soggetti partecipanti alla filiera delle produzioni con denominazione di origine o indicazione geografica sono automaticamente inseriti nel sistema di controllo al momento della rivendicazione di ciascuna produzione tutelata. La struttura di controllo cura la tenuta di un apposito elenco dei soggetti iscritti. Tale elenco deve essere consultabile tramite il SIAN.
      14. La vigilanza sulle strutture di controllo autorizzate è esercitata dall'ICQRF e, in maniera coordinata, dalle regioni e delle province autonome per le denominazioni di origine o indicazioni geografiche ricadenti nel territorio di propria competenza.
      15. Gli enti competenti alla tenuta e alla gestione dei dati e di ogni altra documentazione utile ai fini dell'applicazione dell'attività di controllo, comprese le informazioni per le idoneità per le relative denominazioni di origine o indicazioni geografiche, sono tenuti a mettere a disposizione delle strutture di controllo autorizzate i dati medesimi, a titolo gratuito, in formato elettronico.
      16. Le strutture di controllo autorizzate sono tenute a inserire nel SIAN con cadenza mensile i dati relativi all'attività di controllo della specifica denominazione di origine o indicazione geografica, che sono resi disponibili, per quanto di competenza, alle regioni o alle province autonome, agli altri enti e organismi autorizzati preposti alla gestione, al controllo e alla vigilanza della rispettiva denominazione di origine o indicazione geografica, agli organi dello Stato preposti ai controlli, nonché ai consorzi di tutela riconosciuti ai sensi dell'articolo 37.
      17. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinati le modalità di presentazione

delle richieste e i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, la gestione del flusso delle informazioni e l'eventuale modifica delle modalità di attuazione di cui al comma 10, le modalità di collaborazione tra enti autorizzati, nonché gli schemi tipo dei piani di controllo prevedendo azioni adeguate, proporzionate e differenziate in base alla classificazione qualitativa dei vini DOCG, DOC e IGT.
      18. Per quanto di competenza della pubblica amministrazione per lo svolgimento delle attività previste dal presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Art. 56.
(Autorità nazionali competenti nel settore vitivinicolo).

      1. Fatte salve eventuali altre disposizioni della presente legge relative alla designazione delle competenti autorità nazionali, l'amministrazione competente designa una o più autorità incaricate di controllare l'osservanza delle vigenti norme dell'Unione europea nel settore vitivinicolo, ai sensi dell'articolo 146 del regolamento (UE) n. 1308/2013. L'amministrazione competente designa, in particolare, i laboratori autorizzati a eseguire analisi ufficiali nel settore vitivinicolo. I laboratori designati soddisfano i requisiti generali per il funzionamento dei laboratori di prova contenuti nella norma ISO/IEC 17025.
      2. L'amministrazione competente comunica alla Commissione europea il nome e l'indirizzo delle autorità e dei laboratori di cui al comma 1.

TITOLO VIII
SISTEMA SANZIONATORIO
Art. 57.
(Ravvedimento operoso).

      1. Le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate per le violazioni delle disposizioni

della presente legge sono ridotte, a condizione che non sia già stato redatto processo verbale di constatazione, ovvero di diffida ai sensi dell'articolo 58 e non siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche, ovvero altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati al pagamento della sanzione hanno avuto formale conoscenza:

          a) a un quinto del minimo, per le irregolarità per le quali è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria di ammontare massimo pari a 300 euro;

          b) a un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori o delle omissioni avviene oltre il termine per la presentazione delle dichiarazioni periodiche relative all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, ovvero, quando non è prevista una dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;

          c) a un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della dichiarazione se questa è presentata con un ritardo non superiore a trenta giorni.
      2. Il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria deve essere eseguito entro il primo giorno lavorativo successivo alla regolarizzazione dell'errore o dell'omissione e comunicato entro tre giorni lavorativi, a mezzo di PEC o di altri sistemi legalmente riconosciuti, all'ufficio periferico dell'ICQRF competente nel territorio ove è avvenuta l'irregolarità.

Art. 58.
(Diffida per le infrazioni minori).

      1. Per le violazioni delle disposizioni della presente legge e dei relativi decreti di attuazione, punite con una sanzione amministrativa pecuniaria avente un importo minimo edittale non superiore a 600 euro, è istituito lo strumento della diffida volto a sanare l'irregolarità accertata attraverso un richiamo formale che comporta una

semplice operazione di regolarizzazione, nonché il declassamento, la distruzione o il cambio di destinazione del prodotto o dei materiali irregolari.
      2. L'organo che ha accertato l'irregolarità di cui al comma 1 redige un apposito processo verbale nel quale precisa l'irregolarità riscontrata e dispone i tempi e i modi per la regolarizzazione della stessa e ogni altra attività a cui l'autore della violazione deve attenersi, informando l'avente diritto della possibilità di chiedere l'applicazione della diffida secondo le modalità indicate con apposito verbale di diffida.
      3. Nel caso in cui la medesima azienda sia soggetta a diffida per tre volte nell'arco dei cinque anni precedenti alla constatazione, ogni altra irregolarità della medesima specie deve essere contestata, rendendo inapplicabile ogni ulteriore diffida.
      4. Sono, in ogni caso, esclusi dalla possibilità di applicazione della diffida i reati e le violazioni per fatti riguardanti falsi, frodi o prodotti pregiudizievoli per la salute, anche se puniti con sanzione amministrativa pecuniaria.
      5. Nell'ipotesi in cui l'autore della violazione non si attenga alle istruzioni impartite nel verbale di diffida formale di cui al comma 2 entro i tempi ivi previsti, è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria prescritta per la violazione constatata e accertata aumentata fino al doppio.
      6. La diffida di cui al comma 1 si applica a tutte le sanzioni amministrative pecuniarie previste nel settore vitivinicolo di cui al comma 2. In ogni caso, il verbale di contestazione di illecito amministrativo punito con sanzione amministrativa pecuniaria, o di irrogazione della sanzione, anche ove non contestuali, devono riportare l'indicazione degli estremi identificativi del verbale di diffida, che ne costituisce elemento essenziale.
Art. 59.
(Violazioni in materia di vinificazione e distillazione).

      1. Chiunque, nella preparazione dei mosti, dei vini e degli altri prodotti vitivinicoli

quali definiti dalla vigente normativa dell'Unione europea del settore vitivinicolo nonché dalle relative disposizioni nazionali, non osserva i requisiti stabiliti nella predetta normativa, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 3.000 euro.
      2. Chiunque procede all'introduzione di uve da tavola all'interno di stabilimenti destinati alla vinificazione di uve da vino è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro. In tale caso si applica la sanzione accessoria della chiusura temporanea dell'impianto da due a quattro mesi. Nel caso di reiterazione dell'illecito si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie da 2.500 euro a 30.000 euro e la sanzione accessoria della chiusura dell'impianto da sei mesi a un anno.
      3. Chiunque procede alla vinificazione di uve appartenenti a varietà che non siano classificate come varietà di uve da vino nella classificazione delle varietà di viti per la provincia o la regione in cui tali uve sono state raccolte, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 250 euro a 2.500 euro; nel caso di reiterazione dell'illecito, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.
      4. Chiunque detiene, in violazione della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale, pone in vendita o somministra mosti o vini elaborati utilizzando uve non classificate come uve da vino è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 50 euro per ogni ettolitro o frazione di esso e, comunque, non inferiore a 250 euro.
      5. Chiunque viola i divieti di sovrappressione delle uve, di pressatura delle fecce, ovvero l'obbligo di eliminazione dei sottoprodotti ottenuti dalla lavorazione delle uve, previsti dalla vigente normativa dell'Unione europea, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 15 a 75 euro per ogni 100 chilogrammi di prodotto. Chiunque viola il divieto di rifermentazione delle vinacce per scopi diversi dalla distillazione è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 45 euro a 250 euro per ogni 100 chilogrammi di prodotto e, comunque, non inferiore a 250 euro; nel caso di reiterazione dell'illecito la sanzione amministrativa pecuniaria è raddoppiata e si applica la sanzione accessoria della chiusura dell'impianto da tre mesi a un anno.
      6. Chiunque viola l'obbligo di consegna alla distillazione dei prodotti vitivinicoli derivanti da superfici abusivamente piantate, a decorrere dal 1 settembre 1998, con uve classificate come uve da vino, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 50 euro per ogni ettolitro o frazione di esso. Alla medesima sanzione soggiace chi sottopone a rifermentazione le vinacce ottenute dai prodotti di cui al periodo precedente per scopi diversi dalla distillazione.
      7. Chiunque viola i limiti, le condizioni e le altre prescrizioni in materia di pratiche e trattamenti enologici, previsti dalla vigente normativa dell'Unione europea, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 7.500 euro a 45.000 euro. La stessa sanzione si applica in caso di violazione della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale sull'avvio al consumo umano diretto di prodotti vitivinicoli non ammessi a tale consumo sulla base della stessa normativa dell'Unione europea. In materia di pratiche e di trattamenti enologici previsti dalla vigente normativa dell'Unione europea, e qualora il fatto riguardi esclusivamente variazioni non superiori al 10 per cento dei limiti stabiliti dalla stessa normativa, l'inosservanza di obblighi di presentazione all'autorità competente delle previste dichiarazioni o l'omessa annotazione di operazioni nei registri di cantina o nei documenti commerciali è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria di 2.000 euro.
      8. Chiunque non osserva le disposizioni nazionali emanate in attuazione della relativa disciplina normativa dell'Unione europea e nazionale in materia di aggiunta, nei vini destinati alle distillazioni, delle sostanze rivelatrici è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 5.000 euro. In caso di mancata aggiunta della sostanza rivelatrice, la sanzione è pari a 5.000 euro.
      9. Chiunque non osserva le prescrizioni sull'elaborazione e sulla commercializzazione dei vini spumanti e frizzanti, previste dalla vigente legislazione dell'Unione europea e nazionale è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 9.000 euro.
      10. Chiunque non osserva le prescrizioni sull'elaborazione e sulla commercializzazione dei vini liquorosi, previste dalla vigente legislazione dell'Unione europea e nazionale, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 10.000 euro.
      11. Chiunque non osserva le norme per l'elaborazione e le prescrizioni sulla definizione, designazione e presentazione delle bevande spiritose, dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli stabilite dalla vigente legislazione dell'Unione europea e nazionale, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro.
Art. 60.
(Violazioni in materia di designazione e di presentazione).

      1. Fatte salve le norme sulla protezione dei vini con denominazione di origine e indicazione geografica e sulle relative menzioni di cui ai commi 2, 3, 4 chiunque detiene o vende in violazione delle disposizioni stabilite nella vigente normativa dell'Unione europea e nazionale in materia di designazione, denominazione e presentazione, i prodotti disciplinati dall'organizzazione comune di mercato nel settore vitivinicolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro.
      2. Fatta salva l'applicazione delle norme penali vigenti, chiunque produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini con denominazioni di origine con indicazioni geografiche che non rispettano i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione, è

soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 20.000 euro. Per le ipotesi meno gravi, l'autorità competente a decidere può applicare una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a 1.000 euro in caso di ricorso ai sensi dell'articolo 18 e, tenuto conto dell'articolo 11 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. In caso di quantitativo di prodotto oggetto di irregolarità superiore a 100 ettolitri, l'importo della predetta sanzione amministrativa pecuniaria è raddoppiato e comporta anche la pubblicazione, a spese del trasgressore, del provvedimento sanzionatorio in due giornali tra i più diffusi nella regione, dei quali uno quotidiano e uno tecnico. Qualora la non rispondenza al disciplinare si riferisca a lievi carenze dei requisiti organolettici o a lievi differenze analitiche che non possono essere superiori a 0,5 per cento vol. per il titolo alcolometrico, a 0,5 grammi per litro (g/l) per l'acidità totale e a 1 g/l per l'estratto non riduttore, è applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 4.500 euro.
      3. Fatta salva l'applicazione delle norme penali vigenti, chiunque nella designazione e nella presentazione dei vini con denominazione di origine o indicazione geografica usurpa, imita o evoca una denominazione, il segno distintivo o il marchio, anche se l'origine vera del prodotto è indicata, ovvero se la denominazione è una traduzione non consentita o è accompagnata da espressioni quali gusto, uso, sistema, genere, tipo, metodo o simili, ovvero impiega accrescitivi, diminutivi o altre deformazioni delle denominazioni stesse o comunque fa uso di indicazioni illustrative o di segni suscettibili di trarre in inganno l'acquirente, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 3.000 euro. Qualora il richiamo o l'evocazione costituisca un'informazione veritiera, benché non consentita, e sia nettamente separata dalle indicazioni obbligatorie nell'ambito descrittivo della storia del vino, della provenienza delle uve, delle condizioni tecniche di elaborazione, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 4.500 euro. La stessa sanzione si applica in caso di inosservanza delle modalità di indicazioni previste dal disciplinare di produzione e dall'articolo 53, comma 3.
      4. Le sanzioni di cui al comma 3 si applicano anche quando le parole o le denominazioni alterate ovvero usurpative o comunque mendaci sono poste sugli involucri, sugli imballaggi e sui documenti ufficiali e commerciali.
      5. Fatta salva l'applicazione delle norme penali vigenti, chiunque utilizza sulla confezione o sull'imballaggio, nella pubblicità, nell'informazione ai consumatori o sui documenti relativi ai vini con denominazione di origine o indicazione geografica, indicazioni non consentite, false o ingannevoli relative alla provenienza, alle menzioni geografiche aggiuntive, alle menzioni tradizionali protette, alle sottozone, al vitigno, all'annata e alle altre caratteristiche definite nei disciplinari di produzione è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro. La stessa sanzione si applica a chi utilizza recipienti non conformi a quanto prescritto nei disciplinari di produzione o impiega recipienti che possono indurre in errore sull'origine.
      6. Chiunque viola le disposizioni del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 13 agosto 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 200 del 28 agosto 2012, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 50 euro a 150 euro per ettolitro o frazione di ettolitro; la sanzione non può, in ogni caso, essere inferiore a 250 euro.
      7. Chiunque contraffà o altera i contrassegni di cui all'articolo 51, commi 6 e 7, ovvero acquista, detiene o cede ad altri ovvero usa contrassegni alterati o contraffatti è soggetto, in aggiunta alle sanzioni per la violazione degli articoli 468 e 469 del codice penale, alla sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 euro a 100.000 euro.
      8. Chiunque immette al consumo vini con denominazione protetta non apponendo sui recipienti i prescritti contrassegni di cui all'articolo 51, comma 7, ove previsti, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 50.000 euro. Qualora l'irregolarità riguardi meno di cinquanta contrassegni la sanzione amministrativa pecuniaria è fissata a 1.000 euro.
      9. Fatta salva l'applicazione delle norme penali vigenti e dell'articolo 53, comma 4, chiunque adotta denominazioni di origine o indicazioni geografiche come ditta, ragione o denominazione sociale, ovvero le utilizza in associazione ai termini «cantina», «fattoria» e simili, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro.
      10. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al commerciante che vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini a denominazione di origine o a indicazione geografica in confezioni originali, salvo che il commerciante non abbia determinato o concorso a determinare la violazione.
      11. Chiunque, nell'etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto trasformato utilizza il riferimento a una denominazione di origine o indicazione geografica in prodotti composti, elaborati o trasformati a partire dal relativo vino con denominazione di origine o indicazione geografica, senza l'autorizzazione del relativo consorzio di tutela riconosciuto, ovvero, in caso di mancanza del consorzio, dell'autorizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 20.000 euro.
      12. La sanzione di cui al comma 11 non si applica qualora il riferimento alla denominazione di origine o indicazione geografica sia contenuta, nei prodotti composti, esclusivamente tra gli ingredienti del prodotto confezionato che lo contiene o in cui è elaborato o trasformato.
      13. Alle violazioni sulla designazione e sulla presentazione dei prodotti vitivinicoli disciplinati dalla presente legge, anche quando previste da altre norme orizzontali dell'Unione europea e nazionali, si applicano esclusivamente le sanzioni previste dal presente titolo.
Art. 61.
(Violazioni in materia di dichiarazioni, documenti e registri).

      1. Chiunque, pur essendovi tenuto, non effettua le dichiarazioni di raccolta, di produzione e di giacenza di prodotti vitivinicoli, previste dalla relativa normativa dell'Unione europea e nazionale, ovvero le effettua in maniera difforme, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 3.000 euro, aumentata nel minimo a 500 euro se la dichiarazione comprende anche prodotti con denominazione di origine o indicazione geografica. Si applica la sanzione da 50 euro a 300 euro a chiunque presenta una dichiarazione contenente errori o indicazioni inesatte non essenziali ai fini della quantificazione e della qualificazione del prodotto o del conseguimento degli aiuti dell'Unione europea nonché nel caso di dichiarazioni riferite a superfici non superiori a 0,50 ettari e comunque per produzioni inferiori a 100 ettolitri o a 10 tonnellate.
      2. Chiunque, essendo tenuto alla presentazione della dichiarazione di vendemmia e di produzione vitivinicola, dichiara un quantitativo maggiore di quello effettivamente prodotto è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro. In caso di quantitativo di prodotto oggetto di irregolarità superiore a 10 tonnellate, ovvero a 100 ettolitri, l'importo della sanzione amministrativa pecuniaria è raddoppiato.
      3. Chiunque, essendo tenuto alla presentazione della dichiarazione di giacenza, di vendemmia e di produzione vitivinicola, presenta la stessa in ritardo, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a 1.500 euro. Se il ritardo nella presentazione della dichiarazione non supera i trenta giorni lavorativi la sanzione è ridotta a 300 euro; è aumentata a 500 euro se comprende anche i vini con denominazione di origine o indicazione geografica.
      4. Chiunque viola gli obblighi relativi ai documenti di accompagnamento, alla tenuta

dei registri e alla documentazione ufficiale prevista dalla vigente normativa, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 15.000 euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 euro a 4.000 euro nel caso di indicazioni non essenziali ai fini dell'identificazione dei soggetti interessati, della quantità e della qualità del prodotto ovvero nel caso di quantitativo di prodotto, oggetto di irregolarità, inferiore a 100 ettolitri o a 10 tonnellate o, per i prodotti confezionati, a 10 ettolitri.
Art. 62.
(Violazioni in materia di potenziale vitivinicolo).

      1. Il produttore che viola il divieto di impianto dei vigneti con varietà di uve da vino, previsto dalla vigente normativa dell'Unione europea, o viola le disposizioni relative ai diritti o alle autorizzazioni di impianto, ai diritti o alle autorizzazioni di reimpianto, nonché ai diritti o alle autorizzazioni di nuovo impianto prelevato da una riserva, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 5.000 euro per ogni ettaro, o frazione di ettaro, della superficie vitata, per ogni anno di mancato avvio alla distillazione dei prodotti vitivinicoli ottenuti dalle superfici interessate. Ove il trasgressore non esegua l'estirpazione delle viti entro il termine fissato dall'autorità regionale o della provincia autonoma, quest'ultima provvede alla rimozione degli impianti, ponendo a carico del trasgressore la relativa spesa.

Art. 63.
(Prodotti non consentiti).

      1. Chiunque, nelle operazioni di vinificazione o di manipolazione dei vini, utilizza prodotti con comprovati effetti nocivi alla salute, ovvero addiziona altre sostanze antifermentative, acido salicilico, sostanze inorganiche o altre sostanze non consentite

dalla vigente normativa dell'Unione europea e nazionale, salvo che il fatto costituisca reato, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 500 euro per ettolitro di prodotto sofisticato; in ogni caso, la sanzione non può essere inferiore a 5.000 euro.
      2. Chiunque, fuori dai casi consentiti, nelle operazioni di vinificazione o di manipolazione dei vini, impiega in tutto o in parte alcol, zuccheri o materie zuccherine o fermentate diverse da quelle provenienti dall'uva fresca anche leggermente appassita, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di 250 euro per ettolitro di prodotto sofisticato.
      3. Ai fini di cui al comma 2, qualora l'uso di zucchero o sostanze zuccherine destinate all'alimentazione umana riguardi piccole quantità di prodotti vitivinicoli inferiori al 10 per cento della produzione vitivinicola dell'impresa relativa alla campagna in corso e comunque non superiori a 500 ettolitri di prodotto trattato nel corso della stessa campagna vitivinicola sia effettuato nel periodo consentito per le fermentazioni di cui all'articolo 14, comma 1, rientri nel limite di un aumento del titolo alcolometrico totale di 1,5 per cento vol. e non implica l'utilizzo concorrente di altre sostanze non consentite dalla presente legge, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di 75 euro per ogni ettolitro o quintale di prodotto globalmente sofisticato.
      4. Al tecnico responsabile delle operazioni o delle manipolazioni di cui ai commi 1 e 2 si applica la medesima sanzione amministrativa pecuniaria prevista a carico del legale rappresentante della ditta.
Art. 64.
(Sanzioni per la detenzione di prodotti vitivinicoli non giustificati).

      1. Fatti salvi i limiti e le tolleranze stabiliti dalle vigenti norme dell'Unione europea e nazionali e previa riconciliazione dei conti distinti delle varie tipologie di vini con le necessarie riclassificazioni di

prodotto, chiunque detiene quantitativi di prodotti vitivinicoli non giustificati dalla documentazione di cantina, salvo che il fatto costituisca reato, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 25 euro per quintale o frazione di quintale di prodotto del quantitativo eccedente. Tale sanzione è elevata rispettivamente a 50 euro, se trattasi di vino a IGP o destinato all'ottenimento di tale vino, a 10 euro, se trattasi di vino DOC o destinato all'ottenimento di tale vino, a 250 euro, se trattasi di vino a DOCG o destinato all'ottenimento di tale vino. In ogni caso, un quantitativo di prodotto, corrispondente per qualità e per quantità alle eccedenze riscontrate, deve essere denaturato ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 15, comma 5, e avviato alla distillazione.
      2. Quando il fatto di cui al comma 1 del presente articolo è commesso entro il periodo consentito per la fermentazione, stabilito ai sensi dell'articolo 14, comma 1, si applica la sola sanzione amministrativa pecuniaria di cui al citato comma 1 del presente articolo, ridotta fino alla metà.
Art. 65.
(Altre sanzioni).

      1. È soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 15.000 euro:

          a) chiunque detiene anidride carbonica in violazione delle disposizioni dell'articolo 20;

          b) chiunque produce o detiene vini spumanti naturali, vini spumanti di qualità, vini spumanti di qualità del tipo aromatico o vini spumanti gassificati in violazione delle disposizioni dell'articolo 20;

          c) chiunque produce o detiene vini frizzanti in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 21, comma 1, lettera c).

      2. Chiunque pone in vendita in recipienti di cui all'articolo 7 vini diversi da quelli per i quali tali contenitori sono riservati è soggetto alla sanzione amministrativa

pecuniaria da 150 euro a 1.500 euro.
      3. È soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 300 euro a 3.000 euro:

          a) chiunque produce mosto cotto in violazione delle disposizioni dell'articolo 9;

          b) chiunque procede alla vinificazione dei mosti aventi un titolo alcolometrico inferiore all'8 per cento in vol. in violazione delle disposizioni dell'articolo 19;

          c) chiunque effettua fermentazioni o rifermentazioni al di fuori del periodo stabilito ai sensi dell'articolo 14, comma 1, salvo quanto previsto dai commi 3, 4 e 5 del medesimo articolo;

          d) chiunque effettua operazioni di aumento del titolo alcolometrico volumico naturale in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 14, comma 2.

      4. Chiunque detiene negli stabilimenti enologici e nelle cantine, nonché nei locali annessi o intercomunicanti, anche attraverso cortili, le sostanze vietate ai sensi dell'articolo 25 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 20.000 euro.
      5. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque pone in vendita, somministra o comunque pone in commercio mosti e vini non rispondenti alle corrispondenti definizioni della vigente normativa dell'Unione europea e nazionale, che all'analisi chimica risultano alterati in modo tale da risultare inidonei al consumo umano, fatta salva l'eventuale denaturazione degli stessi, o che contengono fluoro, alcol metilico, residui di ferro-cianuro di potassio e di suoi derivati, ovvero altre sostanze, rilevate a mezzo di analisi chimico-fisica od organolettica, la cui presenza li rende inidonei al consumo umano diretto, in limiti superiori a quelli definiti con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 105 euro per ettolitro o frazione di ettolitro detenuto a scopo di vendita o di somministrazione; la sanzione non può essere, in ogni caso, inferiore a 600 euro.


      6. È soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 3.000 euro:

          a) chiunque detiene il vino di cui all'articolo 48, comma 3, senza procedere alla denaturazione con le modalità stabilite dal terzo periodo e chiunque cede o spedisce il prodotto denaturato, nonché vini nei quali è in corso la fermentazione acetica a stabilimenti diversi dagli acetifici o dalle distillerie, in violazione di quanto previsto dal citato articolo 48, comma 3, terzo periodo;

          b) chiunque detiene a scopo di vendita o di somministrazione o comunque di commercio mosti e vini di cui all'articolo 49, comma 1, lettere d) ed e), senza procedere alla denaturazione e alla distillazione previste ai sensi del medesimo articolo 49, comma 3;

          c) chiunque adotta un sistema di chiusura dei recipienti di capacità inferiore a 60 litri che non presenta le caratteristiche previste ai sensi dell'articolo 50, comma 4;

          d) chiunque detiene vinacce negli stabilimenti enologici al di fuori del periodo stabilito ai sensi dell'articolo 15, comma 1;

          e) chiunque istituisce centri di raccolta temporanei fuori fabbrica in violazione delle disposizioni di cui all'articolo 15, comma 3, primo periodo;

          f) chiunque elabora il vinello in difformità dalle disposizioni di cui all'articolo 15, comma 6.

      7. Le disposizioni degli articoli 48 e 49 e le relative sanzioni non si applicano al commerciante che vende o pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo i prodotti di cui alla presente legge in confezione originale, salvo che il commerciante stesso sia a conoscenza della violazione o che la confezione originale presenti segni di alterazione.


      8. Chiunque pone in vendita bevande diverse da quelle indicate dall'articolo 10 utilizzando nell'etichettatura, designazione, presentazione e pubblicità della bevanda denominazioni o raffigurazioni che comunque richiamano la vite, l'uva, il mosto o il vino è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 15.000 euro.
      9. Chiunque non denatura le fecce di vino, prima che siano estratte dalle cantine, con le sostanze rivelatrici individuate dal decreto di cui all'articolo 15, comma 5, e chi impiega la sostanza denaturante in difformità dalle modalità previste ai sensi del medesimo comma, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 5.000 euro.
      10. I titolari di cantine o di stabilimenti enologici che non presentano al competente ufficio periferico dell'ICQRF la planimetria prevista dall'articolo 13 sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 3.000 euro. Se la capacità complessiva non denunciata è inferiore a 300 ettolitri, la sanzione amministrativa pecuniaria è determinata in una somma da 100 euro a 1.000 euro.
      11. Chiunque viola le disposizioni dell'articolo 23 sulle sostanze per uso enologico è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 5.000 euro.
      12. Chiunque viola le disposizioni in materia di igiene della cantina dell'articolo 24 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 150 euro a 1.000 euro.
      13. Chiunque detiene nelle cantine, negli stabilimenti di produzione, nei magazzini e nei depositi enologici, nonché nei locali comunque comunicanti, anche attraverso cortili, a qualunque uso destinati, prodotti di uso enologico non consentiti dalla presente legge ovvero dai relativi decreti di attuazione e chiunque detiene nei reagentari dei laboratori annessi prodotti chimici non consentiti in difformità dalle disposizioni dell'articolo 25 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 10.000 euro.
TITOLO IX
SANZIONI PER LA VIOLAZIONE DELLE NORME SULLA PRODUZIONE E SULLA COMMERCIALIZZAZIONE DEGLI ACETI
Art. 66.
(Sanzioni per la violazione delle disposizioni sulla produzione e sulla commercializzazione degli aceti).

      1. Chiunque utilizza la denominazione «aceto di vino» per prodotti che non abbiano le caratteristiche previste dall'articolo 39, comma 3, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 75 euro a 100 euro per quintale o frazione di quintale di prodotto riconosciuto irregolare; la sanzione non può, in ogni caso, essere inferiore a 250 euro.
      2. Chiunque produce, detiene, trasporta e pone in commercio aceti che all'esame organolettico, chimico o microscopico, risultano alterati o comunque inidonei al consumo umano diretto o indiretto ovvero che contengono aggiunte di alcol etilico, acido acetico sintetico o liquidi acetici comunque derivanti da procedimenti di distillazione di sostanze coloranti o da acidi minerali, fatta eccezione per gli aceti provenienti da alcol etilico denaturato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 9 luglio 1996, n. 524, limitatamente alla presenza di acido acetico glaciale aggiunto, unicamente fino al valore per lo stesso previsto per la denaturazione, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 75 euro a 100 euro per quintale o frazione di quintale di prodotto riconosciuto irregolare; la sanzione non può, in ogni caso, essere inferiore a 250 euro.
      3. Chiunque detiene negli stabilimenti di elaborazione degli aceti e nei locali annessi e comunicanti prodotti vinosi alterati per agrodolce, per girato o per fermentazione putrida è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 75 euro a 100 euro per quintale o frazione di quintale di prodotto riconosciuto irregolare;

la sanzione non può, in ogni caso, essere inferiore a 250 euro.
      4. È soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 3.000 euro:

          a) chiunque utilizza la denominazione «aceto di vino» per prodotti ottenuti mediante l'acetificazione di vini che hanno un contenuto in acido acetico superiore a quello previsto dall'articolo 39, comma 5;

          b) chiunque detiene, produce e imbottiglia negli acetifici e nei depositi di aceto prodotti diversi da quelli previsti ai sensi dell'articolo 40;

          c) chiunque nella preparazione e nella conservazione degli aceti ricorre a pratiche e a trattamenti enologici diversi da quelli consentiti ai sensi dell'articolo 42;

          d) chiunque aggiunge all'aceto sostanze aromatizzanti in violazione di quanto previsto dall'articolo 43 e chiunque viola nella composizione e nelle modalità di preparazione degli aceti aromatizzati le prescrizioni stabilite ai sensi del medesimo articolo;

          e) chiunque utilizza la denominazione «aceto di (...) aromatizzato» per prodotti che non possiedono le caratteristiche previste ai sensi dell'articolo 43.

      5. Chiunque non effettua la comunicazione prevista ai sensi dell'articolo 40 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 3.000 euro. Se la capacità complessiva non denunciata è inferiore a 300 ettolitri, la sanzione amministrativa pecuniaria è determinata in una somma da 100 euro a 1.000 euro.
      6. È soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 20.000 euro:

          a) chiunque detiene negli stabilimenti e nei locali di cui all'articolo 40 acido acetico, nonché ogni altra sostanza atta a sofisticare gli aceti, fatto salvo quanto previsto dal comma 7 dell'articolo 41;

          b) chiunque effettua la distillazione dell'aceto;

          c) chiunque trasporta, detiene per la vendita, mette in commercio o comunque utilizza per uso alimentare diretto o indiretto alcol etilico sintetico, nonché prodotti contenenti acido acetico non derivante da fermentazione acetica.

      7. È soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.500 euro chiunque viola le disposizioni stabilite con il decreto di cui all'articolo 39, commi 1 e 2.
      8. Chiunque utilizza le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche di cui all'articolo 46 nella designazione di un aceto che non possiede le caratteristiche previste dal medesimo articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 75 euro per ogni quintale o frazione di quintale di prodotto riconosciuto irregolare. La sanzione non può, in ogni caso, essere inferiore a 500 euro.
      9. Chiunque vende o trasporta i sidri, i mosti e gli altri prodotti di cui all'articolo 47 in violazione delle disposizioni previste dal medesimo articolo è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 3.000 euro.
      10. Chiunque trasporta al di fuori degli stabilimenti di produzione i prodotti di cui all'articolo 15, comma 4, destinati alla distillazione o alla distruzione senza avere provveduto alla denaturazione prescritta dal decreto di cui al medesimo articolo 15, comma 5, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 5.000 euro.
      11. Chiunque non tiene il registro di carico e scarico e chiunque non provvede agli aggiornamenti e alle annotazioni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 1.000 euro.

Art. 67.
(Inosservanza degli obblighi di comunicazione).

      1. È soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro a 1.000 euro:

          a) chiunque non provvede alle comunicazioni previste dall'articolo 16;

          b) chiunque non provvede alla comunicazione prevista dall'articolo 18;

          c) chiunque non provvede alla comunicazione concernente le fermentazioni prevista dall'articolo 14, comma 3;

          d) chiunque non provvede alle operazioni di denaturazione e alle annotazioni ai sensi di quanto previsto dall'articolo 48, comma 3;

          e) chiunque non avvia alle distillerie autorizzate le vinacce e le fecce di vino in violazione delle disposizioni dell'articolo 15, comma 2;

          f) chiunque non tiene il registro di carico e scarico previsto dall'articolo 15, comma 3, secondo periodo;

          g) chiunque non effettua la comunicazione relativa alla detenzione di vinacce prevista dall'articolo 15, comma 4, ovvero effettua tale comunicazione oltre il termine stabilito dal medesimo comma.

Art. 68.
(Chiusura degli stabilimenti).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, in caso di reiterata violazione, nel quinquennio antecedente, delle disposizioni degli articoli 63, 64 e 65 accertata con provvedimenti esecutivi, il prefetto, su proposta del competente ufficio periferico dell'ICQRF, e dopo avere sentito gli interessati, può disporre la chiusura temporanea degli stabilimenti e degli esercizi per un periodo di tempo compreso tra uno e diciotto mesi.

Art. 69.
(Sanzioni accessorie).

      1. L'autorità amministrativa di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ovvero il giudice con la sentenza di condanna, nell'emettere l'ordinanza di ingiunzione per le infrazioni alle disposizioni

previste dalla presente legge, può disporre:

          a) che siano poste a carico del responsabile delle violazioni anche le spese di analisi da corrispondere agli istituti di analisi incaricati;

          b) che, in caso di applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di ammontare non inferiore a 20.000 euro, l'estratto dell'ordinanza di ingiunzione, ovvero della sentenza sia pubblicato a spese del responsabile delle violazioni almeno in due giornali di grande diffusione, uno dei quali scelto fra i quotidiani locali, e che sia affisso all'albo della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia e all'albo del comune in cui risiede il responsabile delle violazioni e dove è ubicato lo stabilimento nel quale è stata commessa la violazione.

Art. 70.
(Costituzione delle associazioni come parte civile).

      1. Le associazioni dei produttori, le associazioni rappresentative della filiera, i consorzi di tutela di cui all'articolo 37, le associazioni dei consumatori e le altre associazioni interessate possono costituirsi parte civile, indipendentemente dalle prove di danno immediato e diretto, nei procedimenti penali per violazioni alle disposizioni della presente legge.

Art. 71.
(Piano dei controlli).

      1. Il soggetto a carico del quale la struttura di controllo autorizzata accerta una non conformità classificata grave nel piano dei controlli di una denominazione di origine, approvato con il corrispondente provvedimento autorizzatorio, in assenza di ricorso avverso l'accertamento o a seguito di decisione definitiva di rigetto del ricorso, ove presentato, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da

2.000 euro a 13.000 euro, le cui applicazione e riscossione restano sospese in caso di impugnazione giudiziale del provvedimento.
      2. La sanzione di cui al comma 1 non si applica quando per la fattispecie è già prevista una sanzione ai sensi di altre disposizioni del presente titolo.
      3. Il soggetto che pone in essere un comportamento diretto a non consentire l'effettuazione dell'attività di controllo, ovvero a intralciare o a ostacolare l'attività di verifica da parte degli incaricati della struttura di controllo, qualora non ottemperi, entro quindici giorni, alla specifica intimazione ad adempiere formulata dall'ICQRF, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a 1.000 euro.
      4. Il soggetto inserito nel sistema del controllo di una denominazione di origine o di indicazione geografica che non assolve in modo totale o parziale, nei confronti dei consorzio di tutela incaricato, agli obblighi di cui all'articolo 37, commi 6 e 7, è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari all'importo pecuniario accertato. Il soggetto sanzionato, oltre al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria prevista, deve provvedere a versare le somme dovute, comprensive degli interessi legali, direttamente al creditore.
      5. Il soggetto immesso nel sistema di controllo che non assolve, in modo totale o parziale, agli obblighi pecuniari relativi allo svolgimento dell'attività di controllo per la denominazione protetta rivendicata dal soggetto stesso e che, a richiesta dell'ufficio periferico territorialmente competente dell'ICQRF, non esibisce idonea documentazione attestante l'avvenuto pagamento di quanto dovuto, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari all'importo pecuniario accertato. Il soggetto sanzionato, oltre al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria prevista, deve provvedere a versare le somme dovute, comprensive degli interessi legali, direttamente al creditore.
      6. Per l'illecito previsto dai commi 3, 4 e 5 oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria si applica, con apposito provvedimento amministrativo, la sanzione della sospensione del diritto a utilizzare la denominazione protetta fino alla rimozione della causa che ha dato origine alla sanzione.
Art. 72.
(Inadempienze della struttura di controllo).

      1. Fatta salva l'applicazione delle norme penali vigenti, alla struttura di controllo autorizzata che non adempie alle prescrizioni o agli obblighi impartiti dalle competenti autorità pubbliche, comprensivi delle disposizioni del piano di controllo e del relativo tariffario concernenti una denominazione di origine, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro.
      2. Alle strutture che continuano a svolgere attività incompatibili con il mantenimento del provvedimento autorizzatorio, non ottemperando, entro quindici giorni, alla specifica intimazione ad adempiere da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e fatta salva la facoltà del Ministero di procedere alla sospensione o alla revoca del provvedimento autorizzatorio si applica, in aggiunta alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista, l'obbligo di risarcimento del danno provocato dalla condotta illegittima.
      3. La struttura di cui al comma 1 che, nell'espletamento delle attività di controllo su una denominazione di origine, discrimina tra i soggetti da immettere o tra quelli immessi nel sistema di controllo di tale denominazione, ovvero pone ostacolo all'esercizio del diritto a tale accesso, è sottoposta, fatti salvi l'applicazione delle norme penali e l'obbligo di risarcimento del danno in sede di giudizio civile, alla sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 60.000 euro.

Art. 73.
(Tutela dei consorzi incaricati dei controlli).

      1. L'uso della denominazione di origine nella ragione o nella denominazione sociale

di una organizzazione diversa dal consorzio di tutela incaricato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di 20.000 euro e con la sanzione accessoria dell'inibizione all'uso della ragione o della denominazione sociale.
      2. I soggetti privati non immessi nel sistema di controllo di una denominazione di origine che svolgono attività rientranti tra quelle specificamente attribuibili al consorzio di tutela incaricato, senza il preventivo consenso del consorzio di tutela medesimo ovvero del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in assenza di un consorzio di tutela incaricato, sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria di 20.000 euro e alle sanzioni previste dall'articolo 347 del codice penale.
Art. 74.
(Inadempienze dei consorzi di tutela).

      1. Fatti salvi l'applicazione delle nome penali vigenti e l'obbligo di risarcimento del danno in favore dei soggetti interessati, al consorzio di tutela autorizzato che non adempie alle prescrizioni o agli obblighi derivanti dal decreto di riconoscimento o ad eventuali successive disposizioni impartite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ovvero che svolge attività che risultano incompatibili con il mantenimento del provvedimento di riconoscimento, qualora non ottemperi, entro il termine di quindici giorni, alla specifica intimazione ad adempiere e fatta salva la facoltà del citato Ministero di procedere alla sospensione o alla revoca del provvedimento stesso, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro.
      2. Fatti salvi l'applicazione delle norme penali vigenti e l'obbligo di risarcimento del danno, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 60.000 euro il consorzio che, nell'espletamento

delle sue attività, pone in essere comportamenti che hanno l'effetto di:

          a) discriminare tra i soggetti associati appartenenti a uno stesso segmento della filiera, ovvero appartenenti a segmenti diversi, quando la diversità di trattamento non è prevista dallo statuto del consorzio stesso;

          b) porre ostacoli all'esercizio del diritto all'accesso al consorzio.

Art. 75.
(Concorsi enologici).

      1. Chiunque organizza concorsi enologici relativi a vini con denominazioni di origine e indicazioni geografiche, nonché a vini spumanti di qualità, senza essere in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 dell'articolo 38 è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria di 2.000 euro.