C. 2208-A-bis EPUB presentata il 20 marzo 2014. FEDRIGA Massimiliano, Relatore di minoranza
Atto a cui si riferisce:
C.2208 [Decreto Lavoro Poletti - Jobs Act] Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese
approvato con il nuovo titolo
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese"
Frontespizio | Relazione |
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 2208-A-bis |
Queste cifre confermano che il problema non è più posto fisso o posto precario, bensì posto di lavoro tout court.
Pertanto, valutiamo positivamente gli interventi di innalzamento da 12 a 36 mesi della durata del contratto a termine cosiddetto acausale, con la previsione della possibilità di prorogare più volte il contratto stesso, e di soppressione dell'obbligo, in capo ai datori di lavoro che occupano almeno 10 dipendenti, della prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato di almeno il 50 per cento, prima di procedere all'assunzione di nuovi apprendisti. Giudizio positivo anche sulla «smaterializzazione» del DURC, la cui semplificazione è a vantaggio soprattutto delle piccole e medie imprese. Interventi, questi, condivisibili ma poco incisivi, insufficienti a far uscire il Paese dallo stallo occupazionale. Perché non bastano correttivi alle distorsioni provocate dalla riforma Fornero del mercato del lavoro e confermate dal piano per il lavoro varato dal governo Letta. La scelta, poi, da parte della maggioranza parlamentare in Commissione di ridurre il numero delle proroghe da otto a cinque volte, perché ritenuto eccessivo il numero di proroghe ammesse nel testo originario del decreto, denota ancora una volta un arroccamento della sinistra su posizioni ideologiche in materia di occupazione e contratti di lavoro oramai superate. Siamo in una fase storica in cui dobbiamo percorrere la miglior strada transitabile al momento per procurare ai disoccupati un reddito da lavoro e porre al contempo le aziende nella condizione di poter fare tale offerta.
Ecco perché non possiamo che rimanere delusi dal provvedimento, disapprovando il ricorso alla decretazione d'urgenza solo per le tipologie contrattuali e non anche per quello che oggi rappresenta il principale ostacolo alla ripresa del mercato del lavoro e al rilancio dell'occupazione e cioè il costo del lavoro troppo alto. L'occupazione è creata principalmente dalle imprese e datori di lavoro in genere, non solo dalle tipologie contrattuali; pertanto, interventi sulla flessibilità dei contratti come strumento per ampliare l'accesso all'occupazione siamo convinti debbano necessariamente essere accompagnati da incentivi fiscali e contributivi per le imprese. L'unica via per ridare slancio all'economia, rendere nuovamente competitive le nostre imprese e creare nuovi posti di lavoro è una diminuzione delle imposte sia per l'impresa che per il lavoratore, che comporterà un salario netto più alto e meno oneri per le aziende.
Senza sostegno alle imprese non si creano nuovi posti di lavoro; pertanto, se l'intento del decreto era quello di riattivare nel breve-medio periodo il mercato del lavoro, allora lo stesso avrebbe dovuto contenere anche interventi di defiscalizzazione e decontribuzione. Questo, almeno, ci si sarebbe aspettato da un provvedimento con carattere d'urgenza la cui finalità è il rilancio dell'occupazione.
I dati Istat prima richiamati sono drammatici, ma utili a scoprire i disastri provocati nel mondo del lavoro dai governi tecnici e di sinistra Monti-Letta-Renzi, che saranno ricordati nella storia per aver portato, con i loro provvedimenti in materia di lavoro e di pensioni, la disoccupazione giovanile al record storico del 42,2 per cento ed aver creato l'emergenza sociale degli esodati. La riforma delle pensioni Fornero si è rivelata più deleteria di quanto preannunciato, lasciando centinaia di persone prive di qualunque copertura reddituale e bloccando il ricambio generazionale nel mondo del lavoro.
Il nostro Paese non ha bisogno di piccole misure correttive come il jobs act (inteso come combinato del presente decreto-legge con il disegno di legge delega) tanto magnificato si appresta a fare, ma di interventi forti che contemplino l'abrogazione della riforma pensionistica Fornero ed un taglio drastico del cuneo fiscale, che non può fermarsi alla risibile cifra di 10 miliardi di euro, pari cioè ad appena il 3 per cento. È necessario un taglio a due cifre in termini di percentuale e non di miliardi.
Per le ragioni sopraesposte, rimaniamo critici e insoddisfatti sull'impostazione del decreto-legge all'esame. Tuttavia, comprendendo l'importanza degli interventi da esso recati e condividendone le finalità, auspichiamo un miglioramento del provvedimento con l'inserimento di misure di abbattimento del cuneo fiscale e riduzione della tassazione sulle imprese e, per questo motivo, non abbiamo ritenuto necessario presentare un testo alternativo.
Massimiliano FEDRIGA,
Relatore di minoranza.