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Atto a cui si riferisce:
C.5/02335 il 16 marzo 2014 avrà luogo nel territorio della Repubblica autonoma di Crimea un referendum di autodeterminazione che potrà determinarne la secessione dall'Ucraina ed il successivo ingresso...



Atto Camera

Risposta scritta pubblicata Mercoledì 12 marzo 2014
nell'allegato al bollettino in Commissione III (Affari esteri)
5-02335

Il Governo italiano segue costantemente e con crescente attenzione gli sviluppi della crisi in Ucraina, ove proseguono, nella penisola di Crimea, le operazioni militari russe e si registrano ancora nell'est e nel sud del Paese manifestazioni della minoranza russa contro il Governo centrale a Kiev.
Il Ministro Mogherini, fin dal suo insediamento, ha lavorato per facilitare una soluzione negoziata della crisi con contatti quotidiani con i suoi omologhi UE, NATO e G7, oltre che con il Ministro Lavrov. Dopo aver preso attivamente parte al Consiglio Affari Esteri straordinario del 3 marzo scorso, che ha definito una iniziale roadmap dell'UE rispetto alle evoluzioni in ucraina – su cui ha riferito, come noto, alle commissioni Esteri di Camera e Senato il 4 marzo –, il Ministro ha partecipato alla riunione in formato ristretto svoltasi a margine dell'incontro del Gruppo Internazionale di Sostegno al Libano di Parigi del 5 marzo ed ha promosso analoghi contatti ai massimi livelli in occasione della Conferenza di Roma sulla Libia tenutasi il 6 marzo scorso.
In un precario quadro di sicurezza sul terreno, reso ancora più fragile dalle difficoltà che il nuovo Esecutivo ucraino sta fronteggiando per risanare l'economia del paese e per avanzare nel cammino di riforme istituzionali auspicate anche da parte dell'UE, risulta particolarmente grave controproducente l'indizione, da parte del Parlamento di Crimea, di un referendum sull'adesione della regione alla Federazione Russa per il prossimo 16 marzo. Il Ministro Mogherini, in una dichiarazione diffusa l'altro ieri ne ha sottolineato i riverberi negativi sui tentativi di riconciliazione e normalizzazione, poiché esso innescherebbe dinamiche che chiuderebbero ogni spiraglio possibile di dialogo, allontanando la soluzione negoziata della crisi e vanificando gli sforzi corali della comunità internazionale per diminuire le tensioni e facilitare il dialogo fra Mosca e Kiev da un lato e con la comunità internazionale dall'altro.
Il referendum indetto in Crimea non appare in linea con il dettato della Costituzione ucraina, che prevede all'articolo 73 che ogni variazione dell'assetto territoriale dell'Ucraina vada deciso esclusivamente attraverso un referendum in tutto il paese. Per tale ragione, il Presidente ad interim Turchynov ha già eccepito l'illegittimità della risoluzione del parlamento di Crimea presso la Corte Costituzionale di Kiev.
In previsione del referendum, il Parlamento regionale di Crimea ha peraltro votato l'11 marzo una «Dichiarazione di Indipendenza», non legata all'eventuale adesione alla Federazione Russa.
Al referendum non si oppone soltanto la nuova dirigenza ucraina, ma anche parte della stessa popolazione della Crimea, quella di origine tartara. Il Mejilis, l'organo più rappresentativo della pur cospicua minoranza tartara (circa il 12 per cento della popolazione della penisola) ha infatti annunciato il boicottaggio del referendum.
Il Governo italiano è fermamente convinto, assieme ai partner europei – che si riuniranno nuovamente sulla crisi ucraina in sede di Consiglio Affari Esteri lunedì 17 –, del G7, della NATO e dell'OSCE, della necessità di preservare l'unità territoriale e l'integrità dell'Ucraina, che paiono in queste ore minate dalle operazioni militari condotte da parte russa in Crimea. Riteniamo fondamentale che, nel rispetto di tali principi, possano trovare soddisfazione le aspirazioni e le prerogative delle minoranze nazionali. In tale prospettiva, come ha l'altro ieri dichiarato il Ministro Mogherini, la disponibilità del Governo di Kiev a discutere un ampliamento dei diritti e dei poteri delle regioni e delle minoranze presenti nel Paese è un segnale positivo ed incoraggiante. Esso va sostenuto attraverso un dialogo costruttivo, che da parte italiana si ritiene poter portare avanti nel quadro di un gruppo di contatto internazionale, proposto alla controparte russa a Roma e del cui mandato si sta discutendo in queste ore. Esso costituirebbe uno strumento internazionale, trasparente ed imparziale, per avviare un dialogo diretto tra Kiev e Mosca, e percorrere concretamente la strada della distensione e della stabilizzazione.
La situazione si presenta sostanzialmente diversa nel caso scozzese. Anche la Scozia, come la Crimea, è inquadrata nell'ordinamento nazionale di appartenenza con ampie prerogative di autonomia. Mentre però il referendum in Crimea viene fermamente contestato da parte delle Autorità centrali, nel caso scozzese il 15 ottobre 2012, il Primo Ministro britannico, David Cameron e il Primo Ministro scozzese, Alex Salmond hanno firmato «l'Accordo di Edimburgo», con cui le Parti hanno consensualmente convenuto l'attribuzione al Parlamento scozzese del potere d'indire, entro il 2014, un referendum sull'indipendenza della Scozia dal Regno Unito.
Con il medesimo Accordo Londra ed Edimburgo si sono impegnate a riconoscere e rispettare gli esiti della consultazione referendaria, prevedendo inoltre l'impossibilità, da parte di Londra, d'impugnare con i mezzi previsti dall'ordinamento giuridico britannico l'eventuale esito favorevole ad una Scozia stato indipendente e sovrano. Nel marzo 2013 è stata ufficialmente annunciata la data del referendum che avrà luogo giovedì 18 settembre 2014. Nel caso della Scozia vi è dunque una intesa («Accordo di Edimburgo»), con la quale le due parti acconsentono all'indizione del referendum e si impegnano a rispettarne i risultati.