• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

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Atto a cui si riferisce:
S.4/02122 LUCHERINI, CASSON, LO GIUDICE, LO MORO, MANCONI, PAGLIARI, PEZZOPANE, SPILABOTTE, MASTRANGELI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri, della difesa e...



Atto Senato

Interrogazione a risposta scritta 4-02122 presentata da CARLO LUCHERINI
giovedì 24 aprile 2014, seduta n.237

LUCHERINI, CASSON, LO GIUDICE, LO MORO, MANCONI, PAGLIARI, PEZZOPANE, SPILABOTTE, MASTRANGELI - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri degli affari esteri, della difesa e della giustizia - Premesso che:

la Costituzione, all'articolo 13, comma quarto, statuisce il principio secondo il quale "È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà";

il divieto di tortura è contemplato non solo da numerose convezioni generali sui diritti umani, tra cui si ricordano la Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con risoluzione n. 217/III il 10 dicembre 1948, che all'articolo 5 stabilisce che "Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti", ma anche da anche da specifici trattati ai quali l'Italia ha aderito come la come la Convenzione dell'ONU contro la tortura del 27 giugno 1987 e la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani e degradanti del 26 novembre 1987;

la Convenzione ONU del 27 giugno 1987, ratificata dall'Italia con legge 3 novembre 1988, n. 498, all'articolo 1 identifica la tortura come "qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso, o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito". Il successivo articolo 4 afferma il principio secondo il quale ogni Stato parte è chiamato a legiferare affinché qualsiasi atto di tortura, come pure il tentativo di praticare la tortura o qualunque complicità o partecipazione a tale atto, sia espressamente e immediatamente contemplato come reato nel l'ordinamento penale interno;

la Convenzione europea per la prevenzione della tortura del 26 novembre 1987 è stata ratificata dall'Italia con legge 2 gennaio 1989, n. 7. Essa prevede l'istituzione di un comitato internazionale (Comitato europeo per la prevenzione delle tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti) che ha il potere di visitare i luoghi in cui si trovano persone privati della libertà da una pubblica autorità;

la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che all'articolo 3 richiama letteralmente quanto stabilito dal citato articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani, è stata ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955, n. 848. Ha istituito la Corte europea dei diritti dell'uomo la quale in numerose sentenze ha definito, specificando con estrema puntualità, ciascuna condotta che possa configurarsi come tortura, trattamenti o pene inumane e trattamenti o pene degradanti. Tra queste sentenze, segnatamente quelle riguardanti l'Italia, si possono ricordare i casi Labita contro Italia (sentenza 6 aprile 2000) e Indelicato contro Italia (sentenza 18 ottobre 2001);

da alcune recenti rivelazioni riportate dalla trasmissione televisiva "Le Iene" in alcune puntate andate in onda nel mese di aprile 2014 emergerebbero aspetti atroci risalenti alla presenza militare italiana durante il conflitto in Iraq e segnatamente nella caserma di Nassiriya. Dalle testimonianze rese, ad oltre 10 anni di distanza dal brutale attentato che, il 12 novembre 2003, ha spezzato le vite di 19 militari italiani impegnati nella missione "Antica Babilonia" sembrerebbe che a poca distanza dalla sede che ospitava il comando italiano a Nassiriya vi fosse una struttura all'interno della quale i militari italiani praticavano la tortura ed altri trattamenti inumani nei confronti dei prigionieri iracheni con l'intento di estorcere loro confessioni;

durante i servizi andati in onda in due momenti successivi, il 2 e il 9 aprile 2014, gli intervistati (un ex militare che ha rilasciato la propria testimonianza a viso scoperto e un individuo che ha invece preferito mantenere l'anonimato) hanno rivelato l'uso di metodi illegali: mutilazioni, elettricità ai genitali e waterboarding (simulazione di annegamento) da parte dei militari italiani durante gli interrogatori ai prigionieri iracheni;

considerato che:

la presenza dell'Italia in aree di conflitto, ispirata al dettato costituzionale, si contraddistingue, e si è contraddistinta nel passato, per la centralità del ruolo degli interventi di carattere umanitario nonché degli interventi volti alla ricostruzione civile postbellica (interventi di peacekeeping, State building, economic and social development). Non può sottacersi la conformità dell'Italia ai principi del diritto internazionale e nazionale, ed il notevole sforzo compiuto, anche in situazioni di crisi, grazie al quale in molti casi sono stati raggiunti indiscutibili risultati positivi per le popolazioni civili;

l'Italia pur essendo firmataria delle Convenzioni richiamate non ha ancora dato attuazione ai precetti relativi all'introduzione nell'ordinamento degli Stati parte del reato di tortura. Alla luce di ciò sarebbe opportuno procedere con maggior speditezza nell'esame del disegno di legge "Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano" (AC 2168) al fine di giungere, in tempi brevi, alla sua approvazione definitiva,

si chiede di sapere:

se le notizie di stampa riportate corrispondano al vero;

se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere sia a livello penale ordinario sia a livello militare al fine di fare chiarezza ed accertare le responsabilità.

(4-02122)