• C. 4575 EPUB Proposta di legge presentata il 5 luglio 2017

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Atto a cui si riferisce:
C.4575 Disposizioni in materia di equo compenso nell'esercizio delle professioni regolamentate


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4575


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
BERRETTA, FERRANTI, ALBANELLA, AMATO, BARGERO, BARUFFI, BOCCUZZI, BURTONE, CAUSI, CENNI, COMINELLI, CULOTTA, DI LELLO, D'INCECCO, D'OTTAVIO, FIORONI, GALPERTI, GANDOLFI, GASPARINI, GIACOBBE, GINOBLE, GIORGIS, GITTI, GIULIETTI, GNECCHI, GRECO, GIUSEPPE GUERINI, TINO IANNUZZI, LENZI, LODOLINI, PATRIZIA MAESTRI, MARANTELLI, MARCHI, MARIANI, MARTELLA, MASSA, MAZZOLI, MISIANI, POLLASTRINI, PORTA, RACITI, RIBAUDO, RIGONI, SCHIRÒ, SCUVERA, VALERIA VALENTE, VAZIO, VENITTELLI, VENTRICELLI
Disposizioni in materia di equo compenso nell'esercizio delle professioni regolamentate
Presentata il 5 luglio 2017


      

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Onorevoli Colleghi! – Occorre una legge che rivaluti il lavoro dei professionisti, rimettendo al centro l'equità delle loro retribuzioni e la qualità delle prestazioni. La necessità di tutelare l'equo compenso riguarda in generale tutti i professionisti: avvocati, ingegneri, architetti, medici, dentisti, giornalisti e commercialisti. Lavoratori autonomi che sempre più spesso sono vessati da situazioni di squilibrio nei rapporti contrattuali con i clienti, soprattutto con i clienti «forti», quali banche, assicurazioni ed enti pubblici. A fare le spese di questa concorrenza al ribasso e del mancato rispetto dei minimi tariffari sono tutti i professionisti e in particolare quelli più giovani, che si trovano a fronteggiare la crisi economica e, avendo meno potere contrattuale, purtroppo sperimentano personalmente una spaventosa erosione dei compensi nonché forme di prevaricazione inaccettabili. Avvocati e appartenenti alle professioni ordinistiche si trovano, infatti, costretti sempre più spesso ad accettare compensi ai limiti del decoro e a sottoscrivere convenzioni con i committenti «forti» o con le amministrazioni pubbliche contenenti clausole di natura vessatoria. Ciò ha scatenato una concorrenza sfrenata, con prezzi al ribasso imposti dalle amministrazioni pubbliche e dai grandi committenti, che porta i soggetti più deboli ad accettare remunerazioni sottocosto con un'inevitabile dequalificazione delle prestazioni. Gli appartenenti alle professioni ordinistiche diventano così sempre più spesso contraenti «deboli» nei confronti dei committenti, come evidenziato anche dalla drastica diminuzione dei redditi medi. Lo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente produce un compenso non equo e non dignitoso per il professionista, determinando nel tempo anche un'inevitabile riduzione della qualità delle prestazioni. L'equo compenso non è, peraltro, solo un principio costituzionale applicabile a tutti i lavori, ma un'oggettiva esigenza per tutti i consumatori perché li mette al riparo da servizi professionali di bassa qualità. La stessa capacità della domanda di autorganizzarsi in forme collettive deve infatti condurre non tanto a prezzi stracciati quanto a un ottimale rapporto tra il costo e la qualità delle prestazioni.
      È necessario, quindi, rimettere al centro il lavoro e la qualità delle prestazioni, nonché tutelare i lavoratori autonomi con una legge sull'equo compenso in grado di porre rimedio a queste evidenti e ingiuste storture, stabilendo la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione dell'avvocato o del professionista e che tenga conto anche dei minimi tariffari. La presente proposta di legge, per determinare la misura dell'equità del compenso, fa riferimento ai parametri vigenti ma ora limitati nell'impiego al contenzioso. Si tratta di norme definite dal Ministro vigilante che non possono essere qualificate come intese restrittive della concorrenza secondo il consolidato insegnamento della Corte di giustizia dell'Unione europea ribadito anche di recente (sentenza 8 dicembre 2016, cause riunite C-532/15 e C-538/15). Il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce una presunzione in base alla quale, salva prova contraria, il compenso inferiore ai minimi stabiliti dai parametri vigenti si deve ritenere iniquo. L'articolo 3 stabilisce che la legge non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Oggetto).

      1. Ai fini della presente legge, per compenso equo si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale.

Art. 2.
(Nullità delle clausole vessatorie).

      1. È nulla ogni clausola o patto che determina un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione prevedendo un compenso non equo.
      2. Ai fini di cui alla presente legge, si presume, fino a prova contraria, manifestamente sproporzionato all'opera professionale e non equo un compenso di ammontare inferiore ai minimi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli Ordini o Collegi definiti dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, o inferiore ai corrispettivi minimi definiti dal decreto del Ministro della giustizia 17 giugno 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 27 luglio 2016.

Art. 3.
(Clausola di invarianza finanziaria).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.