• Testo DDL 2841

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Atto a cui si riferisce:
S.2841 Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di diritto del minore ad una famiglia


Senato della RepubblicaXVII LEGISLATURA
N. 2841
DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori MATTESINI, MATURANI, PUGLISI, DE BIASI, AMATI, CANTINI, MIRABELLI, ALBANO, ANGIONI, ASTORRE, BIANCO, CAPACCHIONE, CARDINALI, CIRINNÀ, D’ADDA, Stefano ESPOSITO, FABBRI, Elena FERRARA, GIACOBBE, GINETTI, IDEM, LO GIUDICE, MANASSERO, PEZZOPANE, PUPPATO, Gianluca ROSSI, SILVESTRO, SPILABOTTE, TOMASELLI, VALDINOSI, VALENTINI, VERDUCCI e ZANONI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 MAGGIO 2017

Riforma della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di diritto del minore ad una famiglia

Onorevoli Senatori. -- Nel corso degli ultimi dieci anni sono state moltissime le proposte di modifica della legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto del minore ad una famiglia, al fine di adeguare la normativa ivi prevista alla realtà sopravvenuta e di realizzare pienamente l'interesse superiore del minore, principio ispiratore della legge.

La legge n. 184 del 1983, risalente ormai a ben trentaquattro anni fa, è stata modificata dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476, in materia di adozione internazionale, dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, recante modifiche anche al titolo VIII del libro primo del codice civile (Dell'adozione di persone maggiori di età), e recentemente dalla legge 19 ottobre 2015, n. 173, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare.

Nel corso di questa legislatura, la Commissione Giustizia della Camera dei deputati ha svolto un'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione delle disposizioni legislative in materia di adozioni ed affido, anche alla luce della citata legge 19 ottobre 2015, n. 173.

L'8 febbraio 2017 la Commissione ha presentato il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva, la cui finalità è stata quella -- come si legge nel documento -- «(...) di verificare se la normativa vigente in materia sia, in base alla sua concreta applicazione, effettivamente adeguata a quanto sancito dalla Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991», ricordando che «il principio fondamentale sul quale si deve basare la normativa italiana in materia di adozione ed affido è sancito dal primo comma dell'articolo 21 della Convenzione, secondo cui "gli Stati parti che ammettono e/o autorizzano l'adozione si accertano che l'interesse superiore del fanciullo sia la considerazione fondamentale in materia".».

In continuità con quanto auspicato nell'analogo documento conclusivo predisposto dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza al termine della scorsa legislatura, la Commissione Giustizia della Camera dei deputati ha indicato nelle sue conclusioni diversi ambiti di intervento, auspicando in primis, l'intervento del legislatore per risolvere il problema degli affidamenti sine die. In tali casi, infatti, il minore non può essere dichiarato in stato di adottabilità, ma non risponde al suo prevalente interesse realizzare una proroga a tempo indefinito del rapporto di affidamento, che è fisiologicamente destinato a sopperire ad una situazione di temporanea difficoltà della famiglia di origine e quindi essenzialmente connotato da un carattere di precarietà. Al riguardo, -- si legge nel documento conclusivo -- «potrebbe essere introdotto l'istituto dell'adozione "mite", la cui caratteristica principale risiede nel fatto che il minore adottato non recide del tutto i suoi rapporti, giuridici ed affettivi, con la famiglia d'origine. A tale soluzione, peraltro, è già giunto in via interpretativa qualche tribunale dei minori, che ha applicato l'adozione in casi particolari, in presenza di affidi familiari scaduti, nei casi in cui il minore versi in una situazione di "semiabbandono". L'introduzione nel nostro ordinamento dell'adozione "mite" è stata sollecitata anche dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che, nella sentenza del 21 gennaio 2014 (Zhou c. Italia), ha ritenuto che la normativa italiana in materia di adozione sia in contrasto con l'articolo 8 della Convenzione sui diritti dell'uomo, nella parte in cui non prevede l'applicazione dell'istituto dell'adozione in casi particolari, quando persista un ambiente familiare inidoneo, ma la famiglia di origine mantenga un legame affettivo con il proprio figlio».

In ragione poi dell'ampliamento della nozione giuridica di «famiglia», realizzato dalla riforma del 2012, e dell'unicità dello status filiationis, «appare ineludibile riconsiderare l'anacronistica definizione di adozione legittimante».

Riguardo la necessità di assicurare, nelle procedure di adottabilità, l'attuazione del principio del «giusto processo» e del necessario contraddittorio tra tutte le parti in causa, nel documento conclusivo dell'indagine conoscitiva si suggerisce l'introduzione di «un'espressa previsione che sancisca la necessaria collegialità, sin dall'inizio, del procedimento di adozione, secondo la prassi già seguita da alcuni tribunali, anche al fine di ridurre significativamente il rischio di eventuali e successive impugnazioni». Ciò anche al fine di garantire un più efficace contraddittorio tra le parti.

Fortemente sentita è altresì l'esigenza di rafforzare i servizi sociali potenziandone gli organici, garantendo un costante aggiornamento e un'adeguata formazione professionale del relativo personale e uniformi prestazioni degli operatori dei servizi sociosanitari sull'intero territorio nazionale. A tal fine si ritiene utile introdurre un modello standardizzato delle relazioni dei servizi sociali, mediante la predisposizione di comuni linee di indirizzo. Durante le audizioni è stato infatti sottolineato come la grave situazione di carenza di organico del personale dei servizi sociali rappresenti la principale causa dell'eccessiva lunghezza del procedimento di adozione internazionale.

L'indagine conoscitiva ha posto poi in evidenza la necessità di prevedere iniziative di sostegno alle famiglie, delineando un adeguato percorso formativo, che le orienti verso una scelta più consapevole e, analogamente, con riferimento alla fase successiva all'adozione, mettendo in atto incisivi interventi di sostegno alle famiglie, soprattutto per quelle che hanno accolto minori con «bisogni speciali», che necessitano di particolare assistenza medica, psicologica o socioeducativa, mediante la costituzione di apposite équipe territoriali, volte a promuovere incontri di informazione e preparazione, nonché progetti di sostegno post-adottivo, che concorrerebbero a ridurre sensibilmente il rischio dei cosiddetti «fallimenti adottivi».

L'indagine conoscitiva ha poi affrontato uno dei temi più controversi di questi ultimi anni, troppo spesso delegato alle decisioni della giurisprudenza, ovvero il tema dei requisiti soggettivi per accedere all'adozione. In proposito, si osserva che essendo stato svincolato lo status filiationis da quello coniugale ed essendo stata recentemente approvata la legge 20 maggio 2016, n. 76, sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze, «ne consegue che il principale requisito da valutare ai fini dell'adozione dovrebbe essere l'idoneità affettiva della famiglia che si renda disponibile ad accogliere il minore adottando».

Come si vedrà più nel dettaglio in seguito con l'esame delle sentenze che si sono susseguite in questi anni, «è stato evidenziato, da parte di autorevoli esponenti della dottrina, della giurisprudenza e dell'avvocatura, che non vi è motivo di precludere l'adozione stessa alle coppie di conviventi, eterosessuali oppure omosessuali, così come alle parti di un'unione civile. Prescindendosi dallo specifico status dei soggetti richiedenti, ciò che è, infatti, da ritenersi prevalente è il superiore interesse del minore e, correlativamente, l'esistenza di una idonea relazione affettiva tra l'adottante e l'adottato, dovendo tali presupposti essere accertati dal giudice, caso per caso, senza alcun automatismo».

Lo stesso si può dire per quanto riguarda l'adozione da parte delle persone singole considerato che la Corte costituzionale ha chiaramente affermato che nei princìpi costituzionali non è ravvisabile alcun elemento ostativo ad eventuali innovazioni legislative che vadano in questa direzione. A tale proposito, il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva ha messo in evidenza una chiara contraddizione rispetto a quanto previsto dalla vigente normativa in materia di affido familiare: «mentre, infatti, in via generale, l'affidamento familiare può essere disposto in favore di coppie coniugate e conviventi, anche omosessuali, nonché di persone singole, la conversione dello stesso affido in adozione può avere luogo solo nel caso in cui gli affidatari posseggano i requisiti di cui all'articolo 6 della legge n. 184 del 1983, vale a dire siano uniti in matrimonio da almeno tre anni. La salvaguardia del fondamentale diritto del minore a non vedere ingiustificatamente recisi i propri fondamentali legami esistenziali, porterebbe a dover riconsiderare i casi in cui l'affidamento possa convertirsi in adozione piena, anche nelle ipotesi in cui soggetti affidatari siano una persona singola oppure una coppia stabilmente convivente, etero oppure omosessuale».

Riguardo le adozioni internazionali sono diversi i profili di criticità messi in evidenza dal documento conclusivo dell'indagine conoscitiva. Fra questi si segnalano l'elevato numero di enti, di natura privata, autorizzati ad operare nell'ambito delle relazioni internazionali, caratterizzati da una evidente disomogeneità organizzativa, sia in Italia che all'estero.

Per completezza, si riporta di seguito anche una sintesi del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sull'attuazione della normativa in materia di adozione e di affido predisposto, al termine della scorsa legislatura, dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

Grazie a questo lavoro è stato possibile approfondire le criticità concernenti l'applicazione della normativa vigente individuando le ipotesi di modifica sul versante legislativo e i possibili correttivi in ordine all'attuazione della normativa stessa. Partendo proprio dal documento elaborato dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, frutto di un lavoro durato un anno e delle osservazioni dei molti soggetti audìti, rappresentativi delle diverse realtà istituzionali, sociali e associative che operano nel settore, si sono individuati i principali profili critici della legge n. 184 del 1983 che, aggiunti a quelli sopra riportati delineano un quadro molto chiaro della situazione esistente.

Il primo elemento di criticità fu individuato -- come si legge nel suddetto documento -- nel significativo decremento delle domande di adozione che si registra da alcuni anni nel nostro Paese, spiegabile sia con i costi elevati che la scelta di avere un figlio comporta, in particolare in questo periodo di crisi economica, sia, soprattutto, con la complessità delle procedure e le lacune della normativa vigente. Ne consegue che non è più procrastinabile la scelta di agevolare e semplificare le procedure attualmente previste, nella consapevolezza del fatto che uno dei deterrenti principali alla scelta di adottare è proprio costituito dalla complessità, durata, ripetitività e farraginosità delle stesse e -- specialmente per le adozioni internazionali -- dall'incertezza dei tempi richiesti per concludere il percorso adottivo. Riguardo a queste ultime, infatti, come si legge nel documento, «Il procedimento di accertamento dello stato di adottabilità dei bambini, che si prolunga spesso oltre una ragionevole durata, continua a suscitare preoccupazione da parte degli operatori, ed in qualche caso il ritardo può determinare una vera e propria lesione del diritto del bambino a vedere tempestivamente definita la propria situazione». L'indagine ha fatto emergere come il calo delle domande per le adozioni internazionali sia da addebitare soprattutto alla crescente durata del percorso adottivo. In quella sede fu chiara l'esigenza di semplificare e razionalizzare l'intera procedura, con particolare riferimento al riconoscimento automatico della sentenza di adozione straniera, alla drastica riduzione dei tempi dell'iter attraverso lo snellimento e l'inserimento di termini per determinate fasi procedurali.

La Commissione individuò come altra nota dolente, relativa questa volta alle adozioni nazionali, la mancata istituzione per moltissimi anni della banca dati nazionale dei minori dichiarati adottabili e delle coppie disponibili all'adozione (di cui all'articolo 40 della legge n. 149 del 2001). Soltanto con il decreto del Ministro della giustizia 24 febbraio 2004, n. 91, è stato emanato il regolamento che disciplina le modalità di attuazione e di organizzazione della banca dati costituita presso il Ministero della Giustizia, Dipartimento per la giustizia minorile, relativa ai dati dei minori dichiarati adottabili e dei coniugi aspiranti all'adozione nazionale e internazionale. Nello scorso mese di aprile, tutti i ventinove tribunali per i minorenni hanno finalmente installato il sistema informatico necessario per avviare la banca dati dei minori adottabili. La banca dati è uno strumento essenziale per mettere in rete tutti i tribunali per i minorenni del territorio, velocizzando e rendendo più efficaci gli abbinamenti, nonché rendendo visibili le situazioni di quei minori che sono da tempo in attesa di adozione.

Ed ancora, altro profilo critico delle adozioni nazionali -- secondo l'indagine conoscitiva -- è rappresentato dall'inadeguatezza della rete socio-assistenziale nella fase successiva all'adozione. Come è stato evidenziato, «uno dei principali aspetti su cui lavorare riguarda non tanto la fase preadottiva, quanto quella successiva. L'interesse da tutelare resta quello del minore, e pertanto dovrebbe essere fatto ogni sforzo da parte di tutti gli operatori per cooperare ad una effettiva riuscita del processo di inserimento del bambino nella nuova famiglia. Sotto questo aspetto, si riscontrano invece carenze significative, che finiscono in molti casi per danneggiare soprattutto il minore. Tali carenze si ricollegano non solo e non tanto a lacune del quadro legislativo, quanto soprattutto al supporto della rete socio-assistenziale, che si dimostra in molti casi inadeguata sia in termini di qualità sia in termini di presenza sul territorio. Con riguardo, in particolare, al ruolo degli assistenti sociali, è stato da più parti evidenziato come, in molte aree del nostro Paese, la presenza di questi operatori non risulti sufficiente, e ciò anche a seguito delle politiche di riduzione della spesa pubblica, che hanno colpito anche questo settore. Peraltro, si riscontrano in molti casi anche problemi di qualità di questi servizi, e in questo senso viene sollecitata una riflessione circa una possibile implementazione dei percorsi di formazione professionale, tale da consentire, almeno nel medio-lungo periodo, di fornire agli assistenti sociali un adeguato livello di aggiornamento e di preparazione professionale, tanto più necessari per operare in un contesto che appare sempre più complesso».

Inoltre, occorre sottolineare la disomogeneità sul territorio nazionale della rete dei servizi per l'infanzia, che appare in alcune regioni del tutto inadeguata. Come si legge nel citato documento «Gli sforzi delle numerose associazioni che operano meritoriamente sul territorio possono integrare ma certamente non sostituire funzioni che sono di pertinenza delle istituzioni. È stata sottolineata, ad esempio, la scarsa attenzione che i servizi territoriali riservano alla fase post-adottiva, che si presenta spesso come la più delicata e problematica, anche sul piano dei possibili interventi volti ad agire sul senso del disagio dei bambini e sulle cause che lo determinano. Questa fase è spesso affidata all'impegno dei molti operatori delle associazioni familiari. I servizi territoriali che si occupano di famiglie adottive dovrebbero invece essere adeguatamente sostenuti, rafforzati e messi in grado, mediante la formazione e la riorganizzazione delle risorse, di offrire reali percorsi di accompagnamento alle famiglie che si formano. (...) Non è d'altra parte da sottovalutare un altro aspetto, che riguarda l'aumento dell'età media dei bambini adottati, con il conseguente aggravarsi delle difficoltà di integrazione degli stessi e del timore prevalente che l'adozione possa fallire. Incide in tal senso l'assenza di adeguati percorsi di accompagnamento delle coppie nel periodo post-adottivo, come già accennato, in cui massima è la richiesta da parte della famiglia di supporto psicologico e di assistenza anche materiale in presenza di bambini difficili o anche soltanto in età già scolare».

Acquisire un quadro completo relativo ai cosiddetti «fallimenti adottivi» rappresenta un passaggio essenziale per conoscere le cause dei fallimenti, nonché un presupposto imprescindibile per elaborare gli opportuni interventi correttivi, nell'interesse dei minori e a tutela del loro diritto a crescere in una famiglia. Solo in questo modo sarà possibile prevedere efficaci politiche di intervento.

Riguardo le adozioni internazionali, un problema molto sentito da coloro che intendono intraprendere tale percorso è rappresentato dall'eccessivo proliferare del numero degli enti autorizzati, alcuni dei quali non appaiono adeguatamente attrezzati né sul piano delle risorse né su quello delle competenze. È purtroppo noto il «peregrinare» degli aspiranti genitori adottivi alla ricerca dell'ente che offra sufficienti requisiti di serietà e di affidabilità. La razionalizzazione del settore -- si legge nel documento della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza -- mediante un innalzamento dei requisiti richiesti per accedere all'autorizzazione, consentirebbe una più efficiente allocazione delle risorse disponibili, con conseguente riduzione dei costi a carico delle coppie adottanti. Per questa via, si potrebbe peraltro anche accrescere il «potere» e la credibilità del singolo ente nei confronti delle autorità del Paese estero che dispongono le singole adozioni, con presumibili effetti positivi sull'esito delle procedure di adozione.

Questi enti svolgono un ruolo fondamentale per il funzionamento del sistema delle adozioni internazionali. A fronte della crescita esponenziale del loro numero, i criteri e i requisiti previsti dalla legge per il loro funzionamento si sono rivelati poco stringenti e, talvolta, l'operato degli stessi si è rivelato poco trasparente. Il risultato è una notevole confusione negli aspiranti genitori adottivi, sia nel momento critico della scelta sia quando si rende necessario passare da un ente a un altro.

Il presente disegno di legge si pone l'ambizioso ma non più procrastinabile obiettivo di dare una risposta adeguata a tutte queste domande.

Fra le altre, una delle maggiori criticità evidenziate dalle indagini conoscitive riguarda il mancato adeguamento della normativa vigente a quanto previsto nella maggior parte dei Paesi europei in materia di adozione da parte delle persone singole e delle coppie di fatto, siano esse eterosessuali o omosessuali. È tempo che il legislatore dia una risposta a domande pressanti alle quali in questi anni ha dovuto rispondere la giurisprudenza in assenza di una normativa adeguata a far fronte ai cambiamenti intervenuti nella società.

L'articolo 6, comma 1, della legge n. 184 del 1983 prevede che «L'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto». Come risulta dalle numerose sentenze succedutisi negli anni, il matrimonio non è un requisito necessario per gli aspiranti genitori adottivi, così come non vi è necessità della eterosessualità degli stessi per ritenere che siano idonei alla genitorialità adottiva. L'adozione deve essere sempre disposta nell'interesse superiore del minore. Questo potrebbe concretizzarsi con una coppia di coniugi o di persone unite civilmente, con i componenti di una convivenza, composta da persone anche dello stesso sesso o con una persona singola. Sarà il giudice a valutare, di volta in volta, scegliendo solo in base alle esigenze dell'adottando. Non è più possibile considerare per legge un modello familiare «migliore» di altri in ragione di caratteristiche che ormai non sono più attuali né dirimenti rispetto al bene di un bambino e delle sue esigenze concrete.

La trasformazione della società è un dato innegabile ed è opportuno che il legislatore dimostri di saper adeguare la normativa alla realtà, pena il verificarsi di vuoti normativi cui poi devono far fronte i giudici, come purtroppo accade sempre più spesso a fronte dell'inerzia del legislatore.

Come ribadito dalla giurisprudenza più e più volte, l'orientamento sessuale dei genitori aspiranti adottivi non ha alcuna rilevanza giuridica. Il principio dell'interesse del minore, che sta alla base della giurisprudenza in materia di adozioni, deve essere l'unico criterio che ispira il giudice nella scelta concreta finalizzata a garantire al minore un ambiente idoneo alla sua crescita.

Quindi, il presente disegno di legge modifica la normativa vigente in questa direzione anche alla luce della recente legge sulla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze (legge 20 maggio 2016, n. 76).

Questa finalità è in linea con quanto previsto anche dalla Convenzione europea sull'adozione dei minorenni adottata a Strasburgo il 27 novembre 2008, il cui articolo 7 (Condizioni per l'adozione) recita: «1. The law shall permit a child to be adopted: (a) by two persons of different sex (i) who are married to each other, or (ii) where such an institution exists, have entered into a registered partnership together; (b) by one person. 2. States are free to extend the scope of this Convention to same sex couples who are married to each other or who have entered into a registered partnership together. They are also free to extend the scope of this Convention to different sex couples and same sex couples who are living together in a stable relationship». La stessa Convenzione europea chiarisce come, in materia di adozione, gli Stati siano liberi di riconoscere l'accesso a tale istituto anche a coppie composte da parsone dello stesso sesso unite civilmente o stabilmente conviventi.

In questo senso si è pronunciata anche la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) che ha dichiarato che l'adozione consiste nel «dare una famiglia a un minore e non un minore a una famiglia» (Causa Fretté c. Francia, 26 febbraio 2002) e che allo Stato membro spetta il compito di vigilare affinché le persone scelte come adottanti siano quelle che possono offrire al minore, a tutti i livelli, le condizioni di accoglienza più favorevoli.

L'orientamento così espresso è ormai consolidato nella giurisprudenza della CEDU che garantisce alle coppie composte anche da persone appartenenti allo stesso sesso il rispetto della vita familiare di cui all'articolo 8 della Convenzione e sanziona qualsiasi discriminazione basata sul solo orientamento sessuale.

In particolare, nel celebre caso Schalk e Kopf c. Austria (24 giugno 2010), per la prima volta la Corte aveva riconosciuto che «In view of this evolution, the Court considers it artificial to maintain the view that, in contrast to a different-sex couple, a same-sex couple cannot enjoy "family life" for the purposes of Article 8. Consequently, the relationship of the applicants, a cohabiting same-sex couple living in a stable de facto partnership, falls within the notion of "family life", just as the relationship of a different-sex couple in the same situation would» (CEDU, Schalk e Kopf c. Austria, § 94).

La Corte, successivamente, non si è limitata a constatare che le relazioni di coppia di persone dello stesso sesso rientrano nella sfera della vita familiare, bensì ha compiuto un ulteriore passo, estendendo la nozione di vita familiare sino ad includervi anche le coppie composte da persone anche dello stesso sesso stabilmente conviventi, che, per motivi professionali o sociali, non convivono (Vallianatos e altri c. Grecia, 7 novembre 2013).

A riguardo, la CEDU si è pronunciata anche nei confronti del nostro Paese (Paradiso e Campanelli c. Italia, 24 gennaio 2017), sostenendo che «(...) la questione dell'esistenza o dell'assenza di una vita famigliare è essenzialmente una questione di fatto, che dipende dall'esistenza di legami personali stretti (Marckx c. Belgio, 13 giugno 1979, § 31, Serie A n. 31; K. e T. c. Finlandia sopra citata, § 150). La nozione di "famiglia" di cui all'articolo 8 riguarda le relazioni basate sul matrimonio ed anche altri legami "famigliari" de facto, in cui le parti convivono al di fuori del matrimonio o in cui altri fattori dimostrano che la relazione è sufficientemente stabile (Kroon e altri c. Paesi Bassi, 27 ottobre 1994, § 30, serie A n. 297-C; Johnston e altri c. Irlanda, 18 dicembre 1986, § 55, serie A n. 112; Keegan c. Irlanda, 26 maggio 1994, § 44, serie A n. 290; X, Y e Z c. Regno Unito, 22 aprile 1997, § 36, Recueil 1997 II). 141. Le disposizioni dell'articolo 8 non garantiscono né il diritto di fondare una famiglia né il diritto di adottare (E.B. c. Francia [GC], n. 43546/02, § 41, 22 gennaio 2008). Il diritto al rispetto di una "vita famigliare" non tutela il semplice desiderio di fondare una famiglia; esso presuppone l'esistenza di una famiglia (Marckx, sopra citata, § 31), o almeno di una relazione potenziale (...)» (§ 140 e 141).

La giurisprudenza della CEDU è stata recepita nel nostro ordinamento. Anche l'evoluzione giurisprudenziale del nostro Paese ha dapprima riconosciuto la necessità di legittimare le coppie dello stesso sesso e, successivamente, equiparato queste ultime a quelle eterosessuali, ritenendo discriminatoria qualsiasi distinzione basata sul solo orientamento sessuale. Già nel 2010 e, in seguito, nel 2014, la Corte costituzionale aveva ammonito il Parlamento italiano, affermando che le coppie omosessuali hanno diritto ad un istituto giuridico alternativo al matrimonio (sentenze nn. 138 del 2010 e 170 del 2014).

Nella prima sentenza citata, la Corte ha riconosciuto come formazione sociale da tutelare anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso. Secondo il Giudice delle leggi «è vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si possono ritenere "cristallizzati" con riferimento all'epoca in cui la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità propria dei princìpi costituzionali e, quindi, vanno interpretati tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell'ordinamento, ma anche dell'evoluzione della società e dei costumi». Ne consegue che, nella nozione di «formazione sociale» -- nel quadro della quale l'articolo 2 della Costituzione dispone che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo -- «è da annoverare anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone -- nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge -- il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri».

L'invito della Corte è stato recepito dal Parlamento, che, con la legge 20 maggio 2016, n. 76, ha introdotto nel nostro ordinamento le unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina della convivenza.

Per quanto riguarda la possibilità per il convivente dello stesso sesso del genitore di adottare il figlio del compagno o della compagna (cosiddetta stepchild adoption), copiosa giurisprudenza di merito ha riconosciuto la possibilità dell'adozione coparentale da parte del convivente dello stesso sesso del genitore del minore. Per primo, il tribunale per i minorenni di Roma con la sentenza 30 luglio 2014 (relatrice dottoressa Cavallo) ha stabilito l'adottabilità da parte della stabile convivente omosessuale della madre della figlia minorenne di quest'ultima, ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera d), della legge n. 184 del 1983. La fattispecie prevista dalla norma è infatti applicabile -- si legge nella sentenza -- a ogni caso nel quale sia impossibile l'affidamento preadottivo e l'adozione corrisponda all'interesse del minore, non essendo prevista alcuna limitazione nell'ordinamento con riferimento all'orientamento sessuale dell'adottante o del genitore dell'adottando, qualora tra di essi vi sia un rapporto di convivenza.

A conferma del fatto che è sempre l'interesse del minore il fine ultimo che deve guidare le scelte del giudice e del legislatore, nella sentenza si legge «(...) Né può ostare all'adozione della piccola ... da parte della ricorrente la circostanza che la ... non è, ai sensi dell'ordinamento italiano, coniugata con ... Invero, un rapporto di coniugio tra il genitore dell'adottando e l'adottante è previsto solo dall'articolo 44, comma 1, lettera b), e non dall'articolo 44, comma 1, lettera d), che trova applicazione alla fattispecie de qua. Se il legislatore avesse voluto estendere tale presupposto anche all'articolo 44, comma 1, lettera d), lo avrebbe fatto espressamente. Invero, la diversa formulazione letterale delle due ipotesi di cui alla lettera b) e alla lettera d) pone fuor di dubbio l'interpretazione qui seguita. D'altra parte la già citata sentenza della Corte Costituzionale 198/1986 aveva già chiarito che, con riferimento proprio all'articolo 44 della legge 184/83, "l'esigenza di adeguata considerazione di legami di fatto instauratisi trova nella nuova normativa un riconoscimento tanto penetrante, da indurre il legislatore a derogare, in alcuni casi, al requisito generale dell'esistenza o persistenza di un rapporto di convivenza o di coniugio tra gli affidatari"».

Riguardo il fatto poi che l'articolo 44, comma 1, lettera d), non discrimina tra coppie conviventi eterosessuali o omosessuali, la sentenza chiarisce che «una lettura in senso diverso sarebbe, peraltro, contraria alla ratio legis, al dato costituzionale nonché ai princìpi di cui alla Convenzione Europea sui diritti umani e le libertà fondamentali ("CEDU"), di cui l'Italia è parte». In primis, una lettura della norma in senso discriminatorio sarebbe contraria alla ratio legis. L'intenzione del legislatore è quella di consentire, nei casi di cui all'articolo 44, la realizzazione del preminente interesse del minore. Ferma restando la valutazione della fattispecie concreta, cui il Tribunale dei minorenni è tenuto ex articolo 57 della legge 184/83, non può presumersi che l'interesse del minore non possa realizzarsi nell'ambito di un nucleo familiare costituito da una coppia di soggetti del medesimo sesso. (...) In secondo luogo, una lettura dell'articolo 44, comma 1, lettera d) che, contrariamente al dato letterale della norma, pretendesse di discriminare coppie composte da persone appartenenti allo stesso sesso si porrebbe in conflitto con il dato costituzionale. A tal proposito, giova richiamare la sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010 in cui la Corte, pur non riconoscendo l'estensione della disciplina del matrimonio alle coppie composte da persone appartenenti allo stesso sesso come una modifica costituzionalmente obbligata e quindi operabile attraverso una sentenza addittiva, allo stesso tempo afferma che "per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. In tale nozione è da annoverare anche l'unione composta da persone dello stesso sesso, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone -- nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge -- il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri"».

La sentenza afferma poi ciò che ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza, ovvero che l'articolo 44, comma 1, lettera d) costituisce «l'apposito strumento, configurandosi come una "porta aperta" sui cambiamenti che la nostra società ci propone con una continuità ed una velocità cui il legislatore fatica a tenere dietro, ma cui il giudice minorile non può restare indifferente, se in ogni suo provvedimento deve, effettivamente, garantire l'interesse superiore del minore».

Il medesimo indirizzo è stato ripreso e confermato dalla corte di appello di Milano che con la sentenza del 16 ottobre 2015 ha riconosciuto la trascrizione in Italia dell'adozione piena e legittimante effettuata in Spagna da una coppia di donne. In particolare, sostiene la Corte «In tale contesto normativo di riferimento, così come interpretato dai giudici italiani e dai giudici sovranazionali, non vi è alcuna ragione di ritenere in linea generale contrario all'ordine pubblico un provvedimento straniero che abbia statuito un rapporto di adozione piena tra una persona non coniugata e il figlio riconosciuto del partner, anche dello stesso sesso, una volta valutato in concreto che il riconoscimento dell'adozione, e quindi il riconoscimento di tutti i diritti e i doveri scaturenti da tale rapporto, corrispondono all'interesse superiore del minore al mantenimento della vita familiare costruita con ambedue le figure genitoriali e al mantenimento delle positive relazioni affettive ed educative che con loro si sono consolidate, in forza della protratta convivenza con ambedue e del provvedimento di adozione». In merito alla sentenza citata, vale la pena sottolineare che la trascrizione di un provvedimento straniero di adozione non dà luogo a una fattispecie rientrante nell'articolo 44, comma 1, lettera d), ma un caso di adozione piena e legittimante. Nella sentenza di cui si parla, che non individua un «caso particolare» di adozione, ma riconosce la trascrizione di un provvedimento straniero di adozione, viene quindi per la prima volta garantita una adozione piena alla convivente della madre del minore.

Successivamente, il tribunale per i minorenni di Roma ha disposto, con la sentenza del 22 ottobre 2015, n. 4580, l'adozione del minore da parte della convivente della madre biologica. Nella sentenza si legge che «(...) quello che occorre valutare in via prioritaria è l'interesse del minore, considerando soprattutto le situazioni caratterizzate dalla presistenza di legami affettivi tra i soggetti dell'instaurando rapporto adottivo; la famiglia deve, infatti, possedere i caratteri dell'adeguatezza, da individuarsi però in concreto sulla base dell'interesse del minore (...). In primis, una lettura della norma in senso discriminatorio sarebbe contraria alla ratio legis. L'intenzione del legislatore è quella di consentire, nei casi di cui all'articolo 44, la realizzazione del preminente interesse del minore. (...) In secondo luogo, una lettura dell'articolo 44, comma 1, lettera d) che, contrariamente al dato letterale della norma, pretendesse di discriminare coppie omosessuali si porrebbe in conflitto con il dato costituzionale. (...) In terzo luogo, una lettura dell'articolo 44, comma 1, lettera d) che escludesse dalla possibilità di ricorrere all'istituto dell'adozione in casi particolari coppie di fatto omosessuali a motivo di tale orientamento sessuale si porrebbe in contrasto con gli artt. 14 e 8 della CEDU».

Ed ancora. Il tribunale per i minorenni di Roma, con la sentenza del 30 dicembre 2015, ha ammesso un'«adozione incrociata», riconoscendo la possibilità a due donne conviventi di adottare reciprocamente il figlio dell'altra. Appurata l'esistenza tra le due donne di un comune progetto di genitorialità e verificato il benessere delle bambine e la stabilità del nucleo familiare, il tribunale ha riconosciuto che era nell'interesse delle minori vedersi garantita la continuità affettiva e la stabilità dei rapporti familiari, assicurando, inoltre, la loro identità personale attraverso l'aggiunta del cognome della mamma sociale a quello della mamma biologica (così si legge nella pronuncia: «Nel caso di specie non si tratta, infatti, di concedere un diritto ex novo, creando una situazione prima inesistente, ma di garantire la copertura giuridica di una situazione di fatto già esistente da molti anni, nell'esclusivo interesse di due minori che sono state amorevolmente allevate dalle due donne, nelle quali riconoscono entrambe le loro "mamme", ovvero i riferimenti affettivi primari.)».

Anche la corte d'appello di Torino, con la sentenza del 27 maggio 2016, n. 27, ha disposto l'adozione ai sensi dell'articolo 44, lettera d), della legge n. 184 del 1983 a favore della compagna convivente della madre biologica di un minore. La decisione ha riformato la decisione con la quale il tribunale di Torino aveva, invece, respinto la domanda della madre sociale, sostenendo la natura «eversiva» dell'interpretazione dell'articolo ormai prevalente. Nella sentenza si legge che «(...) l'interpretazione giurisprudenziale data dalla Corte europea dei diritti dell'uomo fornisce una definizione del concetto di "vita familiare" ex articolo 8 Convenzione, fondamentalmente ancorata ai fatti, e non tanto basata su condizioni giuridiche, e che sono i rapporti, i legami, la convivenza, a meritare tutela. L'esistenza di vita familiare non è subordinata all'accertamento di un determinato status giuridico quanto piuttosto all'effettività dei legami, come ha affermato la CEDU nelle sentenze Gas e Dubois contro Francia, K.T. contro Finlandia, Emonet e altri c. Svizzera. Nessun rilievo può avere la circostanza che il nucleo familiare sia formato da una unione affettiva eterosessuale ovvero tra persone dello stesso sesso».

Nell'ultimo anno altre sentenze hanno riconosciuto l'adozione coparentale nell'ambito di famiglie monogenitoriali, a riprova dell'urgenza di dare una risposta ai profondi mutamenti intervenuti nella società.

Con la sentenza del 22 giugno 2016, n. 12962, la Corte di cassazione, innanzitutto, ha escluso la sussistenza di un conflitto di interessi tra la figlia e sua madre. Secondo la procura tale conflitto sarebbe stato conseguente alla relazione sentimentale che legava la madre legale alla madre sociale e avrebbe richiesto che la minore fosse difesa in giudizio da una curatore.

In secondo luogo, la Corte di cassazione ha affrontato la questione dell’interpretazione dell’articolo 44, comma 1, lettera d), affermando che «poiché all’adozione in casi particolari prevista dall’articolo 44, comma 1, lettera d), possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto, l’esame dei requisiti e delle condizioni imposte dalla legge, sia in astratto, sia in concreto, non può essere svolto - neanche indirettamente - dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione da questo stabilita con il proprio partner».

Con l'ordinanza della corte d'appello di Trento del 23 febbraio 2017 per la prima volta il giudice di merito ha applicato ad una coppia di due padri i principi enunciati dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 19599 del 2016 in tema di trascrizione dell’atto di nascita straniero recante l’indicazione di due genitori dello stesso sesso. La corte d’appello, infatti, ha riconosciuto piena efficacia giuridica al provvedimento straniero che riconosceva la sussistenza di un legame genitoriale tra due minori nati grazie alla gestazione per altri e il loro padre non genetico. Secondo l'ordinanza esiste l'esigenza di salvaguardare il diritto del minore alla continuità dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori che, qualora venisse a mancare, oltre a determinare un grave pregiudizio per i minori li priverebbe di un elemento importante della loro identità familiare così come riconosciuta nello Stato estero.

Secondo la corte d’appello l’insussistenza di un legame genetico tra i minori e il padre non è di ostacolo al riconoscimento di efficacia giuridica al provvedimento straniero: si deve infatti escludere «che nel nostro ordinamento vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato; all’opposto deve essere considerata l’importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato; la favorevole considerazione da parte dell’ordinamento al progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli anche indipendentemente dal dato genetico, con la regolamentazione dell’istituto dell’adozione; la possibile assenza di relazione biologica con uno dei genitori (nella specie il padre) per i figli nati da tecniche di fecondazione eterologa consentite».

Un altro passo in avanti sulla strada delle tutele della omogenitorialità è stato fatto con i due recenti decreti del tribunale per i minorenni di Firenze, del 7 marzo 2017.

I decreti prevedono la trascrizione di provvedimenti stranieri di adozione congiunta di minori esterni alla coppia. Questa rappresenta un’importante novità. I decreti chiariscono, con riferimento alla genitorialità adottiva nei confronti di un minore esterno alla coppia, che l’orientamento sessuale non è condizione ostativa all’assunzione di responsabilità genitoriale perché ciò che conta sono le concrete relazioni di affetto e cura. Ne consegue che «l’esistenza di rapporti familiari già consolidati, la presenza di vincoli e legami affettivi umani e solidali, la comunità di vita materiale e spirituale depongono a favore della rilevanza giuridica, anche ai fini della adozione, di qualunque modello familiare, ivi compreso quello omosessuale ove si accerti che esso sia luogo di sviluppo e protezione della personalità del minore».

Riguardo, poi, la possibilità che anche una singola persona possa adottare una persona di età minore, si rammenta che la stessa Convenzione europea in materia di adozione di minori del 27 novembre 2008 all'articolo 7, prevede l'adottabilità di un soggetto minore anche da parte di un solo adottante. Inoltre, l'articolo 44 della legge n. 184 consente l'adozione da parte delle persone singole in casi particolari.

A rendere ancora più anacronistica la mancanza della possibilità per le persone singole di adottare è il fatto che la legislazione della maggior parte dei Paesi europei consente l'adozione da parte delle stesse.

La Corte di cassazione, con la sentenza n. 3572 del 2011, in merito al riconoscimento in Italia dell'adozione pronunciata all'estero con effetti legittimanti, ha confermato questo indirizzo, affermando che «(...) Fermo restando che, come questa Corte ha già rilevato (Cass. 18 marzo 2006, n. 6078) con riferimento al disposto della sopra menzionata disposizione dell'articolo 6 della Convenzione di Strasburgo del 1967, il legislatore nazionale ben potrebbe provvedere, nel concorso di particolari circostanze, ad un ampliamento dell'ambito di ammissibilità dell'adozione di minore da parte di una singola persona anche con gli effetti dell'adozione legittimante».

Nel 2013 il tribunale per i minorenni di Bologna ha riconosciuto gli effetti legittimanti dell'adozione piena a una sentenza straniera di adozione a favore di una persona singola. Sono molto chiare a questo proposito le parole contenute nel decreto del 21 marzo 2013 dove si legge: «(...) Non sembra proprio si possa affermare che l'adozione da parte di una sola persona risulti contraria all'ordine pubblico qualora produca effetti legittimanti. Si può certo affermare che l'adozione da parte di una sola persona non è preferita dalla legge, ma non è certo esclusa, né è escluso che possa avere in casi speciali effetti legittimanti; soprattutto non si può in alcun modo sostenere che il riconoscimento di effetti legittimanti appaia sconvolgente rispetto al sistema nel suo complesso (che tra l'atro, ammette, come noto, anche la legittimazione del figlio da parte di singolo genitore naturale che non possa sposarsi con l'altro). (...) si deve pertanto concludere che -- almeno nel particolare caso di specie -- è possibile il riconoscimento con effetti legittimanti dell'ordine italiano della sentenza statunitense che ha pronunciato l'adozione della minore ... omissis... da parte dell'odierna istante e si deve peraltro aggiungere che tale conclusione rappresenta un indubbio vantaggio nell'interesse della minore, tenuto conto della maggiore stabilità (perché mai revocabile) e pregnanza che l'adozione legittimante viene ad avere rispetto a quella non legittimante (in alcuni casi revocabile e senza effetti nei confronti dell'adottante)».

Entrando nel merito dei singoli articoli, l'articolo 1 interviene sull'articolo 1 della legge n. 184 prevedendo il diritto del minore a mantenere le relazioni che sono nel suo interesse e ad essere ascoltato su ogni questione che lo riguarda. L'adottabilità del minore non può essere disposta se non previa verifica, da parte del giudice, dell'attuazione di interventi di sostegno e di aiuto in favore della famiglia di origine del minore, ai sensi anche di quanto previsto dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. L'articolo 1, poi, adegua il testo normativo sulle adozioni alla legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali, e al decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 , recante revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, e, in particolare, a quanto previsto dall'articolo 315-bis del codice civile sui diritti e doveri del figlio, introdotto dalla suddetta legge, e dall'articolo 316 del codice civile sulla responsabilità genitoriale, modificato dal suddetto decreto legislativo.

Gli articoli 2, 3, 4 e 5 del disegno di legge intervengono sul titolo I-bis della legge n. 184, in materia di affidamento del minore.

L'articolo 2 interviene sull'articolo 2 della legge n. 184, in materia di affidamento del minore, prevedendo, tra l'altro, la soppressione della possibilità di inserimento del minore negli istituti di assistenza pubblici o privati essendo ampiamente decorso il termine -- 31 dicembre 2006 -- entro il quale tali istituti dovevano essere chiusi. Anche in questo caso si adegua il testo normativo all'articolo 315-bis del codice civile sui diritti e doveri del figlio, prevedendo che lo stesso abbia diritto anche all'assistenza morale e al diritto all'ascolto. L'articolo 2 prevede inoltre che in caso di necessità e urgenza e nell'esclusivo interesse del minore, l'affidamento possa essere disposto anche senza aver attuato previamente gli interventi di sostegno e di aiuto in favore della famiglia di origine del minore che devono essere comunque attuati dopo l'affidamento. L'articolo 2 prevede inoltre che la verifica da parte delle regioni del rispetto degli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare avvenga ogni sei mesi e non «periodicamente» -- quindi senza alcuna certezza -- come ora stabilito dalla legge.

L'articolo 3 interviene sull'articolo 3 della legge n. 184, in materia di esercizio dei poteri tutelari sul minore affidato, riformulando anche questa disposizione normativa in coerenza con la riforma sulla filiazione, con riferimento ai diritti del figlio di cui all'articolo 315-bis del codice civile, e prevedendo che i rappresentanti legali delle comunità di tipo familiare presentino semestralmente al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni una relazione sui minori presenti nella struttura per l'assunzione di eventuali provvedimenti a tutela di questi ultimi. Si precisa, inoltre, che qualora i genitori non siano sospesi dalla responsabilità genitoriale o siano stati in essa reintegrati, il tribunale stabilisce, se necessario, limiti e condizioni all'esercizio della stessa.

L'articolo 4 interviene sull'articolo 4 della legge n. 184, in materia di disposizione dell'affidamento familiare, stabilendo che anche nell'affidamento familiare cosiddetto consensuale, disposto dal servizio sociale su accordo con i genitori, è necessario che nell'interesse del minore siano specificati i compiti della struttura o dell'affidatario e quelli che spettano al genitore, garantendo comunque i diritti del figlio di cui all'articolo 315-bis del codice civile. A tal fine, spetta al giudice tutelare stabilire, nel provvedimento che rende esecutivo l'affidamento, quali siano i compiti spettanti agli affidatari e quali quelli spettanti ai genitori.

L'articolo 4 interviene poi sull'attuale normativa che presenta lacune rilevanti rispetto sia al contenuto del provvedimento di affidamento che alle modalità di esecuzione dello stesso, soprattutto se contestuale al provvedimento di allontanamento dal nucleo familiare di appartenenza, prevedendo, in primis, che i provvedimenti di affidamento debbano essere motivati. Ciò si rende necessario anche per promuovere nella famiglia di appartenenza il cambiamento nell'esercizio della responsabilità genitoriale necessaria per il rientro del figlio minore in famiglia. Infatti, se privi di contenuti chiari riguardo i limiti dei poteri/doveri degli affidatari, i provvedimenti di affidamento rischiano di essere fonte di equivoci e conflittualità in situazioni in cui l'attività di tutti dovrebbe essere finalizzata solo all'attuazione del miglior interesse del minore affidato.

Nel provvedimento di affidamento familiare, debitamente motivato, devono essere indicate le modalità di allontanamento del minore dalla sua famiglia e i soggetti che devono procedere alla sua esecuzione, la nomina al minore di un curatore speciale, nonché i diritti e i compiti degli affidatari e i corrispondenti limiti nell'esercizio della responsabilità genitoriale da parte dei genitori o del tutore provvisorio, se nominato. In un'ottica di progettualità, si prevede che nel provvedimento di affidamento familiare debba essere indicato anche il progetto di interventi volti al recupero della famiglia d'origine e al sostegno del minore.

L'articolo 5 interviene sull'articolo 5 della legge n. 184, in materia di compiti dell'affidatario, prevedendo, anche in questo caso, il coordinamento della normativa con la disciplina introdotta dall'articolo 315-bis del codice civile e l'intervento dei servizi socio-sanitari che, in rete tra di loro, si occupano delle situazioni di fragilità familiare e di sostegno sia della famiglia affidataria che della famiglia di provenienza. L'articolo 5 prevede poi che il giudice vigili sulla corrispondenza di detti interventi al progetto di cui all'articolo 4.

L'articolo 6 modifica l'articolo 6 della legge n. 184, in materia di soggetti legittimati all'adozione, prevedendo -- anche a seguito della legge 20 maggio 2016, n. 76, in materia di regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze -- che l'adozione sia consentita non solo ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, ma anche alle parti unite civilmente da almeno tre anni e a conviventi di fatto, anche dello stesso sesso, in modo stabile e continuativo da almeno tre anni. Tra i coniugi e le parti unite civilmente non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto; allo stesso modo tra i conviventi di fatto la convivenza non deve esse stata interrotta. Si prevede inoltre che l'adozione sia consentita anche a persone singole di età non inferiore ai trenta anni.

L'articolo 7 interviene sull'articolo 7 della legge n. 184, in materia di rappresentanza e consenso del minore adottando, prevedendo, in coerenza con quanto previsto dalla Convenzione di Strasburgo sull'esercizio dei diritti dei minori e con le Linee guida per una giustizia child friendly, l'opportunità che il minore abbia una rappresentanza autonoma nel procedimento di adozione qualora vi sia conflitto di interessi con il tutore.

L'articolo 8 interviene sull'articolo 8 della legge n. 184, in materia di dichiarazione di adottabilità, modificando la normativa in sintonia con quanto stabilito dalla Corte di cassazione (sentenze 22 gennaio 2010, n. 1107, 17 febbraio 2010, nn. 3804 e 3805, 26 marzo 2010, n. 7281, 19 maggio 2010, n. 12290, 14 giugno 2010, n. 14216, 19 luglio 2010, n. 16870) e con la Convenzione sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata in Italia con legge 20 marzo 2003, n. 77, a tal fine prevedendo che il presidente del tribunale per i minorenni nomini un curatore speciale, nella persona di un avvocato, se il minore è in potenziale conflitto di interessi con il tutore provvisorio.

L'articolo 9 interviene sull'articolo 9 della legge n. 184, in materia di compiti delle comunità di tipo familiare, prevedendo, in ossequio ai principi del giusto processo e alle indicazioni della giurisprudenza della CEDU, che il ricorso motivato del pubblico ministero sia notificato ai soggetti di cui all'articolo 8 (genitori o parenti) affinché gli stessi abbiano immediata cognizione dell'apertura del procedimento, trattandosi di un giudizio che può definirsi con un provvedimento che incide radicalmente sul rapporto tra i genitori e il figlio minore.

L'articolo 10 interviene sull'articolo 10 della legge n. 184, in materia di compiti del presidente del tribunale dei minorenni, prevedendo che lo stesso indichi in sé medesimo o in altro giudice il presidente del collegio che procederà alla trattazione. Lo stesso può avvalersi della pubblica amministrazione e dei servizi socio-sanitari e può stabilire l'acquisizione dei certificati penali e dell'eventuale documentazione sanitaria dei genitori o dei loro familiari (ad esempio la certificazione sanitaria relativa a problematiche di dipendenza da sostanze o di psico-patologie pregresse e attuali). La costituzione del collegio che segue tutta la trattazione rappresenta una grande novità. Il presidente del collegio deve verificare che il contraddittorio si sia ritualmente costituito nei confronti dei genitori o dei parenti e, in difetto, ordinarne l'integrazione. In ogni caso, nomina al minore un autonomo rappresentante, invita tutte le parti a nominare un difensore di fiducia e, comunque, nomina loro un difensore d'ufficio. Riguardo la partecipazione delle parti a ogni attività processuale, l'articolo 10 prevede che contraddittorio e diritti di difesa siano sempre garantiti, salvo che ciò sia contrario all'interesse del minore, secondo quanto indicato dalla giurisprudenza della CEDU.

È inoltre importante codificare quanto previsto dagli articoli 336-bis del codice civile e 38-bis delle disposizioni per l’attuazione del codice civile in materia di ascolto del minore, anche in ragione di quanto previsto dalla Cassazione nella sentenza n. 7282 del 2010, nella consapevolezza che l'ascolto del minore rappresenta una modalità per dare ingresso nel procedimento all'opinione dello stesso.

L'articolo 11 interviene sull'articolo 11 della legge n. 184, in materia di non riconoscibilità per difetto di età del genitore, prevedendo che il presidente del tribunale per i minorenni nomini un curatore speciale per il genitore infrasedicenne affinché questi possa richiedere l'autorizzazione al riconoscimento. Si tratta infatti di un atto personale e quindi deve ritenersi esclusa la rappresentanza dei genitori anche perché ci potrebbe essere un conflitto di interessi tra il genitore infrasedicenne e i suoi genitori. Inoltre, è opportuno prevedere per tale autorizzazione la competenza del giudice tutelare del luogo di residenza abituale del genitore infrasedicenne per colmare la lacuna creatasi a seguito dell'entrata in vigore della legge in materia di riconoscimento dei figli naturali che ha già dato luogo a soluzioni giurisprudenziali discordanti.

L'articolo 12 interviene sull'articolo 12 della legge n. 184, in materia di prescrizioni del presidente del tribunale per i minorenni nell'interesse del minore, prevedendo che dette prescrizioni, finalizzate al recupero della famiglia di origine, debbano essere sempre impartite, per un tempo massimo di un anno con ordinanza debitamente motivata, (ora ciò accade ove il giudice «ne ravvisi la necessità»), sempre che la situazione di abbandono non sia certa e insuperabile. Ai servizi socio-sanitari è affidato l'incarico di predisporre un progetto, dettagliato nei tempi e nelle modalità, per il sostegno alla genitorialità e per il recupero della famiglia di origine. Inoltre è opportuno prevedere che sia proposta l'azione per il mantenimento del minore a carico di chi ha la responsabilità genitoriale. Lo svolgimento del progetto avviene sotto la vigilanza del presidente del tribunale per i minorenni o di un giudice da lui delegato.

L'articolo 13 interviene sull'articolo 15 della legge n. 184, in materia di dichiarazione di adottabilità, prevedendo che potrebbe esservi non solo la non disponibilità ma anche l'impossibilità a ovviare alla mancanza di assistenza morale o materiale (ad esempio per grave malattia e mancanza di altri familiari che possano curare il minore in mancanza del genitore gravemente ammalato). La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, nella udienza conclusiva, presente il pubblico ministero, sentito il rappresentante della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o le persone cui egli è affidato.

L'articolo 14 interviene sull'articolo 19 della legge n. 184, in materia di sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, prevedendo che il tutore nominato nel procedimento di adottabilità sia confermato con una nomina definitiva. La nomina del tutore permane fino all’adozione del minore.

L'articolo 15 modifica l'articolo 21 della legge n. 184, in materia di revoca dello stato di adottabilità, prevedendo la necessità di nominare un curatore speciale per il minore nel caso in cui sussista un conflitto di interesse con il tutore.

Il capo III del titolo II della legge n. 184 è stato profondamente modificato al fine di disegnare un percorso più snello e comune -- nella fase informativa, formativa e valutativa da parte dei servizi (di fatto già unificata nella prassi) -- all'adozione nazionale e all'adozione internazionale. In questo modo viene eliminato il primo passaggio davanti al tribunale dei minorenni e si lascia agli aspiranti genitori adottivi la scelta se proseguire o meno dopo la prima fase del percorso. Questa scelta consente di contenere non solo i tempi, ma anche i costi, mantenendo però il ruolo della giurisdizione nella fase di emissione del decreto di idoneità, che è stato previsto anche per l'adozione nazionale.

Entrando nel dettaglio degli articoli, l'articolo 16 interviene sull'articolo 22 della legge n. 184, relativo alla fase preliminare del procedimento nazionale e internazionale, prevedendo che la dichiarazione di disponibilità all'adozione nazionale e internazionale sia presentata ai servizi sociali competenti territorialmente in ragione della residenza degli aspiranti genitori adottivi, corredata di una dichiarazione di notorietà attestante il possesso dei requisiti necessari. I servizi sociali competenti, anche avvalendosi delle professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, svolgono diverse attività fra cui attività di informazione, formazione, acquisizione di elementi sulle motivazioni all'adozione, valutazione delle capacità di accoglienza degli aspiranti genitori adottivi e informazione, nel caso di adozione internazionale, sul ruolo degli enti autorizzati. L'articolo 16 descrive poi il percorso per essere dichiarati idonei all'adozione nazionale o internazionale stabilendo termini brevi e tempi certi per lo svolgimento dei vari passaggi. Successivamente al percorso formativo, informativo e valutativo degli aspiranti genitori adottivi, i servizi sociali predispongono una relazione e la comunicano agli aspiranti genitori adottivi. Questi ultimi presentano al tribunale per i minorenni competente per territorio istanza di essere dichiarati idonei all’adozione nazionale o internazionale. Il tribunale può dichiarare non luogo a procedere con decreto motivato reclamabile in appello qualora gli aspiranti genitori adottivi non siano in possesso dei requisiti di legge per adottare o può disporre ulteriori approfondimenti. Il decreto definitivo che dichiara gli aspiranti genitori adottivi idonei all'adozione nazionale ha validità per tre anni dalla data di notifica.

L'articolo 17 aggiunge un nuovo articolo, il 22-bis, sull'adozione nazionale. Infatti, a questo punto, il percorso per l'adozione nazionale si diversifica da quello per l'adozione internazionale. L'articolo 17 prevede l'inserimento in un elenco degli aspiranti genitori adottivi ai fini dell'abbinamento con i minori dei quali sia stato dichiarato lo stato di abbandono. L'elenco è tenuto dalla cancelleria ed è formato con l'inserimento in ordine cronologico degli aspiranti genitori adottivi in considerazione della data del decreto di idoneità all'adozione. Gli aspiranti genitori adottivi hanno diritto in ogni momento di chiedere la propria posizione nell'elenco.

L'abbinamento è possibile solo con un minore già dichiarato adottabile con sentenza passata in giudicato: ciò per evitare la prassi in uso di disporre il cosiddetto «affidamento a rischio giuridico» e cioè l'inserimento presso una coppia dichiarata idonea di un bambino la cui adottabilità è ancora sub iudice. Tale tipo di affidamento provoca spesso situazioni di difficile soluzione nel caso in cui l'adottabilità non venga pronunciata: il bambino è sradicato da una situazione familiare e da una famiglia che percepiva il suo inserimento come definitivo e che lo ha trattato come figlio adottivo e che rischia di sviluppare le cosiddette «mire captative» che la contrappongono ai genitori biologici.

L'articolo 17 prevede poi che spetti al tribunale per i minorenni comunicare ai richiedenti ogni informazione sanitaria, compresa, se possibile, l'anamnesi familiare necessaria soprattutto a fini di prevenzione in caso di malattie genetiche.

L'articolo 18 interviene sull'articolo 23 della legge n. 184, in materia di revoca dell'affidamento preadottivo, introducendo modifiche conseguenziali a quelle precedentemente introdotte, sull'inserimento delle figure di rappresentanza autonoma del minorenne.

L'articolo 19 interviene sull'articolo 24 della legge n. 184, in materia di impugnazione del decreto del tribunale sull'affidamento preadottivo o sulla sua revoca, riconoscendo il potere di impugnativa anche agli affidatari.

Il capo IV del titolo II della legge n. 184 riguarda la dichiarazione di adozione. L'articolo 20 interviene sull'articolo 25 della legge n. 184, in materia di dichiarazione di adozione. Il termine di un anno -- previsto per la proroga della dichiarazione di adozione -- è ridotto a sei mesi al fine di consentire al minore di trovare al più presto una famiglia, nella consapevolezza del fatto che duraturi elementi di dubbio rivelano situazioni problematiche non risolvibili in tempi compatibili con le migliori condizioni di sviluppo psico-fisico del minorenne. In caso di separazione, poi, si prevede che i soggetti affidatari preadottivi ne diano immediata comunicazione al tribunale per i minorenni, specificando se intendono, o chi di loro intenda, richiedere l'adozione.

L'articolo 21 reca modifiche dell'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di acquisto da parte dell'adottato dello stato di figlio, al fine di rendere conforme lo stesso articolo alle modifiche introdotte in tema di soggetti legittimati all'adozione.

L'articolo 22 modifica l'articolo 28 della legge n. 184, in materia di informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici, in conformità con la sentenza n. 278 del 2013 della Corte costituzionale, prevedendo che l'adottato, raggiunta l'età di venticinque anni, possa accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici. Se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla salute psicofisica dell'adottato minorenne i genitori adottivi possono accedere alle sole informazioni di carattere sanitario. L'istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza. L'accesso alle informazioni è consentito nei confronti della madre che, avendo dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, abbia successivamente revocato tale dichiarazione. L'ufficiale dello stato civile trasmette senza ritardo la dichiarazione di revoca al Garante per la protezione dei dati personali. I soggetti legittimati ad accedere alle informazioni o il figlio non riconosciuto alla nascita possono, raggiunta l'età di venticinque anni, richiedere al tribunale per i minorenni che ha pronunciato l'adozione di contattare la madre biologica. Il tribunale esamina la richiesta che, se accolta, è trasmessa al Garante per la protezione dei dati personali che vi dà seguito a condizione che la donna abbia precedentemente manifestato la propria disponibilità all'incontro. Il Garante trasmette i dati al tribunale dei minorenni che, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali, assume le necessarie iniziative volte all'organizzazione del loro primo incontro. Chiunque partecipi al procedimento è tenuto al segreto sulle informazioni raccolte nell'ambito del procedimento medesimo.

La necessità di modificare l'articolo 28 della legge n. 184 deriva dalla sentenza della Corte costituzionale che è intervenuta sulla compatibilità costituzionale della «irretroattività» dell'anonimato con la sentenza n. 278 del 22 novembre 2013, con la quale ha dichiarato incostituzionale l'articolo 28, comma 7, della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui non prevede -- attraverso un procedimento stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza -- la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio di conoscere le proprie informazioni biologiche, di interpellare la madre, che abbia dichiarato di non voler essere nominata, ai fini di un'eventuale revoca di tale dichiarazione.

Da ultimo, la Suprema corte (sezioni unite civili, sentenza n. 1946 del 25 gennaio 2017) ha disposto che «in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna, fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l'anonimato non sia rimossa in seguito all'interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità».

La questione relativa al parto anonimo e alla compatibilità con i principi stabiliti nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo è stata oggetto di valutazione anche da parte della Corte di Strasburgo. Si segnala in proposito in primo luogo la sentenza Odièvre c. Francia (CEDU, Grande Camera, 13 febbraio 2003), nella quale la Corte europea dei diritti dell'uomo ha fornito un'interpretazione molto chiara delle caratteristiche che la normativa sul parto anonimo (contemplata per l'appunto anche dall'ordinamento francese) dovrebbe avere per essere conforme all'articolo 8 della Carta. Nel caso in esame la ricorrente, abbandonata da madre avvalsasi del diritto all'anonimato, in età adulta aveva cercato di ricostruire le sue origini, ma era venuta a conoscenza solo di informazioni parziali, fra cui la presenza di fratelli e sorelle. Impossibilitata a conoscerne l'identità, la donna si era rivolta alla Corte europea, che però ha giudicato ragionevole il sistema francese di bilanciamento tra il diritto dell'adottato alla conoscenza delle proprie origini e quello della madre all'anonimato del parto. Tale sistema, basato sul principio del consenso, vede la presenza di un ente (il CNAOP) preposto, a richiesta dell'adottato, a mettersi in contatto con la madre naturale rimasta anonima, per ricercarne il consenso a rivelare la sua identità al figlio abbandonato; solo nel caso la donna lo accetti, le sue generalità vengono rivelate, in caso contrario restano sconosciute.

Il titolo III della legge n. 184 riguarda l'adozione internazionale. Il capo I disciplina l'adozione di minori stranieri.

L'articolo 23 modifica l'articolo 29 della legge n. 184, in materia di adozione di minori stranieri, conseguentemente all'unificazione dei percorsi per l'adozione nazionale e per l'adozione internazionale fino all'emissione del decreto di idoneità.

L'articolo 24 modifica l'articolo 30 della legge n. 184, in materia di decreto di idoneità, per renderlo conforme alle suddette modifiche sull'unificazione dei percorsi per l'adozione nazionale e per l'adozione internazionale. In particolare, si prevede che il decreto di idoneità debba essere immediatamente notificato agli aspiranti genitori adottivi.

L'articolo 25 modifica l'articolo 31 della legge n. 184, in materia di compiti dell'ente autorizzato a curare la procedura di adozione, prevedendo che lo stesso svolga i compiti cui è tenuto con la diligenza del buon padre di famiglia ai sensi dell'articolo 1176 del codice civile e che, in difetto, risponda dei danni, salvo ogni ulteriore e diverso provvedimento della Commissione per le adozioni internazionali (CAI). La previsione della responsabilità dell'ente per lo svolgimento delle pratiche in Italia e all'estero rappresenta una novità molto importante.

L'articolo 26 modifica l'articolo 32 della legge n. 184, in materia di dichiarazione della Commissione per le adozioni internazionali sulla adozione, prevedendo che, qualora l'adozione pronunciata nello Stato straniero non produca la cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia d'origine, il provvedimento adottivo sia riconosciuto ex lege secondo quanto previsto dalla legge 31 maggio 1995, n. 218. Ciò al fine di evitare la successiva fase davanti al tribunale per i minorenni, non prevista dalla Convenzione dell'Aja. Quindi si sopprime la norma relativa alla necessità del riconoscimento da parte del tribunale per i minorenni e si prevede che, qualora nel Paese straniero l'adozione non determini per l'adottato la cessazione dei rapporti con la famiglia di origine, per l'efficacia di detto provvedimento sarà sufficiente che la CAI verifichi che lo Stato straniero, nel pronunciare il provvedimento adottivo, fosse consapevole del fatto l'adozione -- una volte riconosciuta in Italia -- avrebbe avuto l'effetto di rescindere tale rapporto.

L'articolo 27 modifica l'articolo 34 della legge n. 184, in materia dei compiti dei servizi socio-assistenziali nella fase successiva all'adozione, prevedendo innanzitutto l'allungamento a tre anni del periodo di tempo durante il quale i servizi socio-assistenziali e gli enti autorizzati svolgono, su richiesta degli interessati, attività di assistenza dei genitori adottivi. A tal fine si prevede che i suddetti servizi competenti, d'intesa con gli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter, anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, prevedano l'istituzione di specifiche équipe con il compito di:

a) individuare, su richiesta degli interessati, i fattori di rischio relativi al minore, con particolare riguardo alla presenza di specifici traumi pregressi, nonché i fattori di rischio relativi ai genitori adottivi;

b) prevedere, su richiesta degli interessati, interventi multidisciplinari al fine di promuovere relazioni positive nell'ambito familiare;

c) svolgere, su richiesta degli interessati, interventi educativi, terapeutici e sociali di sostegno del minore nell'ambito del nucleo familiare, finalizzati al superamento e alla prevenzione delle situazioni di difficoltà e di disagio che possono insorgere nel periodo successivo all'adozione;

d) svolgere un'attività di monitoraggio delle situazioni di crisi e di disagio e dei casi di fallimento dell'adozione.

L'articolo 27 prevede inoltre che i servizi socio-educativi per la prima infanzia, i servizi socio-sanitari e assistenziali e i servizi educativi del territorio, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, svolgano le azioni necessarie a supportare la crescita psicologica, emotiva e relazionale dei minori adottati, a promuovere percorsi di integrazione degli stessi nel contesto scolastico, a sviluppare una maggiore competenza interculturale e metodologica degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) per favorire l'integrazione dei minori adottati, a rafforzare la genitorialità attraverso azioni atte a rinforzare il sistema di promozione, prevenzione e protezione dei minori adottati in situazione di vulnerabilità attraverso l'azione di sostegno alla genitorialità nei diversi contesti di vita.

Si tratta di novità molto importanti che rispondono alla richiesta di «non lasciare soli» i genitori dopo l'adozione.

L'articolo 28 modifica l'articolo 35 della legge n. 184 riguardante gli effetti dell'adozione pronunciata all'estero nell'ordinamento italiano, prevedendo che detta adozione produca effetti immediati, ai sensi di quanto previsto sul riconoscimento delle sentenze straniere (per il riconoscimento delle quali non è necessario il ricorso ad alcun procedimento). Si abrogano, inoltre, le disposizioni che prevedono ulteriori controlli al fine di evitare il ripetersi di accertamenti già effettuati dalla CAI, nonché un inutile e costoso appesantimento del procedimento.

L'articolo 29 modifica l'articolo 38 della legge n. 184, riguardante la Commissione per le adozioni internazionali, prevedendo che la stessa possa avvalersi di esperti a titolo di consulenti.

L’articolo 30 modifica l’articolo 39-bis della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, adeguando l’articolo ai cambiamenti introdotti all’articolo 6 in materia di soggetti legittimati all’adozione.

Per i suddetti motivi, l'articolo 31 modifica l'articolo 39-ter della legge n. 184, in materia di requisiti degli enti autorizzati, al fine di rendere più rigorosi e stringenti i requisiti che gli enti devono possedere per ottenere l'autorizzazione per realizzare obiettivi di trasparenza, professionalità, tracciabilità ed efficienza. Fra questi requisiti si evidenziano: l'obbligo di assicurare la certificazione del bilancio; l'istituzione di liste d'attesa consultabili, chiare e aggiornate ogni quindici giorni che, nel rispetto della tutela di dati personali, indichino la data del conferimento del mandato per ciascun soggetto in lista d'attesa e gli abbinamenti effettuati e la avvenuta verifica dell'attendibilità delle informazioni sui minori in un tempo precedente all'abbinamento; la garanzia, nel caso in cui l'ente non possa portare a termine la pratica adottiva, per cause non imputabili al suo operato, della presa in carica dei genitori adottivi da parte di un altro ente assicurando il proseguimento della procedura senza costi aggiuntivi; l'essere in grado di fornire assistenza legale specializzata ai genitori adottivi nei Paesi stranieri in cui operano e di assicurare almeno per tre anni dall'ingresso del minore adottato in Italia assistenza e sostegno al minore stesso e ai genitori adottivi, anche attraverso l'utilizzo di psicologi, pedagogisti e psicoterapeuti.

L’articolo 32 modifica l’articolo 41 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di espatrio di minori a scopo di adozione, adeguando l’articolo ai cambiamenti introdotti all’articolo 6 in materia di soggetti legittimati all’adozione.

L'articolo 33 modifica l'articolo 44 della legge n. 184, in materia di adozioni in casi particolari, prevedendo la possibilità per i minori di essere adottati da persone con cui hanno un vincolo di parentela fino al sesto grado o un preesistente rapporto stabile e duraturo, anche nei casi in cui non siano orfani di padre e di madre. Si tratta di una novità importante che, oltre a raccogliere le istanze di molte associazioni di famiglie adottive e affidatarie, si muove nella direzione della tutela della continuità affettiva nell'interesse del minorenne, prevedendo la possibilità di realizzare un'adozione aperta che consenta al minore di mantenere i rapporti con la famiglia di origine e di avere, al contempo, una stabilità affettiva e di vita che solo lo status pieno di figlio garantisce. Vi sono casi, infatti, nei quali sebbene sussista un legame affettivo e relazionale con la famiglia di origine, quest'ultima non sia in grado di educare, istruire e mantenere il minore, compiti che costituiscono il contenuto della responsabilità genitoriale. Può accadere, inoltre, che l'affidamento familiare non sia temporaneo, ma si trasformi di fatto in un affidamento sine die per il permanere dello stato di difficoltà della famiglia d'origine che non permette il rientro del minore in quest'ultima. A questa situazione di «provvisorietà» -- altamente pericolosa per l'equilibrio del minore nell'ambito del nucleo familiare -- si può rimediare prevedendo che gli affidatari, che sul piano affettivo ed educativo costituiscono figure genitoriali di riferimento per il minore, possano richiedere l'adozione piena.

Oltre questa importante novità, l'articolo 33 prevede che i minori possano essere adottati non solo dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio, anche adottivo, dell'altro coniuge, ma anche dalla parte di un'unione civile e dal convivente di fatto nel caso in cui il minore sia figlio, anche adottivo, dell'altra parte unita civilmente, nonché dell'altro convivente di fatto, anche dello stesso sesso (cosiddetto stepchild adoption).

L'articolo 34 modifica l'articolo 45 della legge n. 184, in materia di procedimento di adozione nei casi previsti dall'articolo 44, prevedendo la rappresentanza autonoma del minorenne adottando.

L'articolo 35 modifica l'articolo 46 della legge n. 184, in materia di assenso dei genitori, del coniuge della parte dell'unione civile e del convivente di fatto dell'adottando, prevedendo la soppressione della disposizione che subordina l'adozione all'assenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del coniuge o della parte dell'unione civile, se convivente, dell'adottando o del convivente di fatto dell'adottando, se l'adozione è nell'interesse dello stesso.

L’articolo 36 modifica l’articolo 47 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di effetti dell’adozione, adeguando l’articolo ai cambiamenti introdotti all’articolo 6 in materia di soggetti legittimati all’adozione.

L'articolo 37 modifica l'articolo 48 della legge n. 184, in materia di responsabilità genitoriale sull'adottato, precisando che l'adottato ha nei confronti di chi lo adotta i diritti di cui all'articolo 315-bis del codice civile. Questa modifica si rende necessaria per adeguare il testo alla riforma della filiazione, che mette al centro la figura del figlio.

L’articolo 38 modifica l’articolo 51 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di revoca dell’adozione, adeguando l’articolo ai cambiamenti introdotti all’articolo 6 in materia di soggetti legittimati all’adozione.

L’articolo 39 modifica l’articolo 52 della legge n. 184, in materia di pronuncia della revoca su domanda dell’adottato o su istanza del pubblico ministero, adeguando l’articolo ai cambiamenti introdotti all’articolo 6 in materia di soggetti legittimati all’adozione.

L'articolo 40 modifica l'articolo 53 della legge n. 184, in materia di revoca dell'adozione, prevedendo anche per l'adottato la possibilità di promuovere la revoca dell'adozione, tramite il curatore speciale, secondo quanto previsto dalla Convenzione sull'esercizio dei diritti dei minori di Strasburgo.

L'articolo 41 abroga l'articolo 55 della legge n. 184 a seguito della legge 10 dicembre 2012, n. 219, in materia di riconoscimento dei figli naturali che ha modificato l'articolo 74 del codice civile in materia di definizione di parentela.

L'articolo 42 modifica l'articolo 57 della legge n. 184, in materia di verifica da parte del tribunale per i minorenni sull'adozione nei casi particolari, prevedendo che il tribunale per i minorenni, ricevuto il ricorso, nomini per il minore adottando un curatore speciale qualora sussista conflitto di interessi con chi lo rappresenta legalmente.

L'articolo 43 modifica l'articolo 74 della legge n. 184, in materia di riconoscimento da parte di persona coniugata o di una persona parte di un'unione civile di un figlio nato fuori del matrimonio o fuori dell'unione civile non riconosciuto dall'altro genitore, prevedendo che nel caso in cui vi siano fondati motivi per ritenere che ricorrano gli estremi dell'impugnazione del riconoscimento, il tribunale per i minorenni invia gli atti alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario ai fini della nomina di un curatore speciale per promuovere l'azione di impugnazione per difetto di veridicità. Questa modifica si rende necessaria a seguito della modifica dell'articolo 38 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile, in materia di riparto di competenze, da parte del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, recante revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione.

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Modifica dell'articolo 1 della legge n. 184 del 1983, in materia di diritti del minore)

1. L'articolo 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 1. - 1. Il minore ha diritto di crescere e di essere educato nell'ambito della propria famiglia e di mantenere le relazioni che rispondono al suo interesse. Il minore ha diritto ad essere ascoltato su ogni questione che lo riguarda dai genitori, dagli affidatari, dagli educatori, dai servizi sociosanitari, dai giudici davanti ai quali è chiamato a comparire ove adeguatamente assistito ai sensi dell’articolo 315-bis del codice civile.

2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la responsabilità genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto. Il giudice, prima di dichiarare lo stato di adottabilità di un minore, verifica l'attuazione di detti interventi ed il coinvolgimento dei genitori negli stessi.

3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito della propria famiglia. Essi, congiuntamente o disgiuntamente con altri soggetti qualificati e competenti, promuovono iniziative di formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento familiare e l'adozione e di sostegno all'attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione e di aggiornamento professionale degli operatori sociali e del settore, nonché incontri di formazione per le famiglie e le persone che intendono offrire la loro disponibilità per l'affidamento familiare o per l'adozione. I medesimi soggetti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma.

4. Quando i genitori non sono in grado di attuare i diritti del figlio minore secondo quanto previsto dall'articolo 315-bis del codice civile, nell'esercizio della responsabilità che loro compete ai sensi dell'articolo 316 del codice civile, si applicano gli istituti di cui alla presente legge.

5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'àmbito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque in conformità con i princìpi fondamentali dell'ordinamento».

Art. 2.

(Modifica dell'articolo 2 della legge n. 184 del 1983, in materia di affidamento del minore)

1. L'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 2. - 1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione, l'assistenza morale e il diritto all'ascolto ai sensi dell'articolo 315-bis del codice civile e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

2. Gli enti locali possono promuovere la sensibilizzazione e la formazione di affidatari per favorire l’affidamento familiare dei minori stranieri non accompagnati, in via prioritaria rispetto al ricovero in una struttura di accoglienza.

3. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 2 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; gli enti locali provvedono nei limiti delle risorse disponibili nei propri bilanci.

4. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza.

5. In caso di necessità e urgenza e nell'esclusivo interesse del minore, l'affidamento può essere disposto anche senza aver attuato previamente gli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3, che devono comunque essere realizzati dopo l'affidamento.

6. Le regioni, nell'ambito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e verificano semestralmente il rispetto dei medesimi».

Art. 3.

(Modifica dell'articolo 3 della legge n. 184 del 1983, in materia di esercizio dei poteri tutelari sul minore affidato)

1. L'articolo 3 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. - 1. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare esercitano i poteri tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore, assicurando al minore l'effettività dei diritti di cui all'articolo 315-bis del codice civile salvo che i rapporti con i genitori non siano vietati con provvedimento dell'autorità giudiziaria.

2. Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall'accoglienza del minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore delle comunità di tipo familiare non possono essere chiamati a tale incarico. I legali rappresentanti presentano semestralmente una relazione al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni sulla situazione dei minori accolti dalle comunità di tipo familiare.

3. Qualora i genitori non siano sospesi dalla responsabilità genitoriale o siano stati in essa reintegrati, il giudice stabilisce, se necessario, limiti e condizioni all'esercizio della stessa».

Art. 4.

(Modifica dell'articolo 4 della legge n. 184 del 1983, in materia di disposizione dell'affidamento familiare)

1. L'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 4. - 1. L'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la responsabilità genitoriale, ovvero dal tutore. Il giudice tutelare competente per il territorio ove si trova il minore, preso atto del progetto di affidamento disposto dal servizio sociale locale, rende esecutivo il provvedimento con decreto che stabilisce anche quali siano i compiti degli affidatari e quelli dei genitori del minore affidato.

2. Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Il tribunale per i minorenni provvede altresì nei casi in cui sia necessaria una valutazione ulteriore della situazione per stabilire la durata dell’affidamento familiare, previo ascolto del minore, dei genitori e degli eventuali parenti che si rendessero disponibili all’affidamento. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

3. Nel provvedimento di affidamento familiare, anche se assunto in via provvisoria ed urgente, devono essere indicati:

a) specificatamente le motivazioni;

b) le modalità di allontanamento del minore dalla sua famiglia e i soggetti preposti alla sua attuazione;

c) la nomina al minore di un curatore speciale;

d) i diritti e i compiti degli affidatari e i corrispondenti limiti nell'esercizio della responsabilità genitoriale da parte dei genitori o del tutore provvisorio, se nominato;

e) le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore;

f) il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informato il giudice che ha emesso il provvedimento di affidamento familiare. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice che ha emesso il provvedimento, se ancora competente, o al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.

4. Nel provvedimento di cui al comma 3, devono inoltre essere indicati il periodo di presumibile durata dell'affidamento e il progetto di interventi volti al recupero della famiglia d'origine e al sostegno del minore. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore che viene ascoltato al riguardo se ha capacità di discernimento. All'apertura del procedimento il giudice provvede alla nomina di un curatore speciale, se non vi è stata nomina di tutore o se questi si trovi in conflitto di interessi con il minore.

5. L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

6. Qualora, durante un prolungato periodo di affidamento, il minore sia dichiarato adottabile ai sensi delle disposizioni del capo II del titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti dall'articolo 6, la famiglia affidataria chieda di poterlo adottare, il tribunale per i minorenni, nel decidere sull'adozione, tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria.

7. Qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad altra famiglia o sia adottato, è comunque tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento.

8. Il giudice, ai fini delle decisioni di cui ai commi 6 e 7, ascolta il minore e tiene conto anche delle valutazioni dei servizi sociali.

9. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore, richiede, se necessario, al tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.

10. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare».

Art. 5.

(Modifica dell'articolo 5 della legge n. 184 del 1983, in materia di compiti dell'affidatario)

1. L'articolo 5 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 5. - 1. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al mantenimento, all’educazione, all’istruzione e all'assistenza morale dello stesso, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni ai sensi dell'articolo 315-bis del codice civile, tenendo conto della sua opinione, delle indicazioni dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale, valutando anche le opinioni dei genitori limitati in detto esercizio ai sensi dell'articolo 333 del codice civile e del tutore, se nominato, nonché osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante. In ogni caso l'affidatario esercita i poteri connessi con la responsabilità genitoriale in relazione agli ordinari rapporti con l'istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L'affidatario o l'eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato e hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore.

2. I servizi socio-sanitari competenti, in rete tra di loro e ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice che vigila sulla corrispondenza degli interventi al progetto di cui al comma 4 dell'articolo 4, svolgono opera di sostegno educativo e psicologico, nei confronti del minore affidato, della sua famiglia e di quella affidataria e agevolano i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell'opera delle associazioni familiari e professionali eventualmente indicate dagli affidatari o dalla famiglia di provenienza.

3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare.

4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria».

Art. 6.

(Modifiche all’articolo 6 della legge n. 184 del 1983, in materia di soggetti legittimati all'adozione)

1. All’articolo 6 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. L'adozione è consentita ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, alle parti unite civilmente da almeno tre anni e ai conviventi di fatto, anche dello stesso sesso, in modo stabile e continuativo da almeno tre anni. Tra i coniugi, le parti unite civilmente e i conviventi di fatto non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto o cessazione della convivenza. L'adozione è altresì consentita a persone singole di età non inferiore ai trenta anni»;

b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Gli adottanti o l'adottante devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire, mantenere e assistere moralmente i minori che intendano adottare ai sensi dell’articolo 315-bis del codice civile»;

c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando i coniugi e le parti unite civilmente abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima, rispettivamente, del matrimonio e della costituzione dell'unione civile per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto. Per i conviventi di fatto, ai fini dell'individuazione dell'inizio della stabile convivenza, si applica l'articolo 1, comma 37, della legge 20 maggio 2016, n. 76»;

d) al comma 7, le parole: «Ai medesimi coniugi» sono sostituite dalle seguenti: «Agli adottanti o all'adottante».

Art. 7.

(Modifica all'articolo 7 della legge n. 184 del 1983, in materia di rappresentanza e consenso del minore adottando)

1. All'articolo 7 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il minore, nel corso del procedimento che ne accerta lo stato di adottabilità, è rappresentato da un curatore speciale, se in conflitto di interessi con il tutore. Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato personalmente anche quando il minore compia l'età predetta nel corso del procedimento. Il consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell'adozione».

Art. 8.

(Modifica dell'articolo 8 della legge n. 184 del 1983, in materia di dichiarazione di adottabilità)

1. L'articolo 8 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 8. - 1. Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.

2. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare.

3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali, comunicate loro in modo chiaro e comprensibile, anche all'esito della segnalazione di cui all'articolo 79-bis e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

4. Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore e dei genitori o, in mancanza, dei parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. A tal fine il presidente del tribunale per i minorenni nomina un curatore speciale, nella persona di un avvocato, se il minore è in potenziale conflitto di interessi con il tutore provvisorio».

Art. 9.

(Modifiche all'articolo 9 della legge n. 184 del 1983, in materia di compiti delle comunità di tipo familiare)

1. All'articolo 9 della legge 4 maggio 1983, n. 184, i commi 2, 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:

«2. Le comunità di tipo familiare trasmettano semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l'elenco dei minori collocati presso di loro con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dare inizio al procedimento per l'accertamento dello stato di abbandono e la conseguente dichiarazione dello stato di adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o presso una famiglia affidataria, che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi. Il ricorso è notificato d'ufficio ai soggetti di cui all'articolo 8.

3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, a seguito delle ispezioni effettuate a mezzo di un pubblico ministero nelle comunità di tipo famigliare. Il pubblico ministero può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.

4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare e di curatore speciale del minore».

Art. 10.

(Modifiche all'articolo 10 della legge n. 184 del 1983, in materia di compiti del presidente del collegio)

1. All'articolo 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184, i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato, ricevuto il ricorso di cui all'articolo 9, comma 2, provvede all'immediata apertura di un procedimento volto ad accertare lo stato di abbandono del minore. Il presidente del tribunale per i minorenni indica in sé medesimo o in altro giudice il presidente del collegio che procede alla trattazione. Quest’ultimo dispone immediatamente, tramite la pubblica amministrazione e i servizi socio-sanitari competenti o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono. Dispone l'acquisizione dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti e di ogni documentazione, anche sanitaria, relativa ai genitori con riferimento alla loro capacità genitoriale.

2. All'atto dell'apertura del procedimento, il presidente del collegio verifica che il contraddittorio si sia ritualmente costituito nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 8, comma 4, e, in difetto, ne ordina l'integrazione. Dispone la sospensione dei genitori dalla responsabilità genitoriale e nomina il tutore provvisorio, salvo che non si sia già provveduto. Ai sensi dell'articolo 8 nomina al minorenne un curatore speciale nella persona di un avvocato, invita tutte le parti a nominare un difensore e le informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che esse non vi abbiano provveduto. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare agli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo, salvo che nell'interesse del minore gli stessi siano stati secretati. In tal caso è necessaria la previa autorizzazione del giudice e il provvedimento di diniego deve essere motivato. È fatto salvo quanto previsto dagli articoli 336-bis del codice civile e 38-bis delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, per l'audizione del minore.

3. Il collegio può disporre in ogni momento e fino all'affidamento preadottivo, sentito il pubblico ministero, ogni opportuno provvedimento provvisorio nell'interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, compresa la sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio».

Art. 11.

(Modifica all'articolo 11 della legge n. 184 del 1983, in materia di non riconoscibilità per difetto di età del genitore)

1. All'articolo 11 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il terzo comma è sostituito dal seguente:

«Nel caso di non riconoscibilità per difetto di età del genitore, il presidente del tribunale per i minorenni nomina a quest'ultimo un curatore speciale anche ai fini dell'eventuale richiesta di autorizzazione al riconoscimento ai sensi dell'articolo 250 del codice civile. La procedura è rinviata anche d'ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età del genitore, purché sussistano le condizioni menzionate nel secondo comma. Al compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi. Il genitore autorizzato al riconoscimento prima del compimento del sedicesimo anno dal giudice tutelare del suo luogo di residenza abituale ai sensi dell'articolo 250, quinto comma, del codice civile, può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi dopo l'autorizzazione. Il curatore speciale rappresenta il genitore infrasedicenne anche dopo l'autorizzazione del giudice tutelare nel prosieguo del procedimento di adottabilità del figlio e fino al compimento della maggiore età».

Art. 12.

(Modifica dell'articolo 12 della legge n. 184 del 1983, in materia di prescrizioni nell'interesse del minore)

1. L'articolo 12 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 12. - 1. Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo 11, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, davanti al collegio presieduto da lui o da un giudice da lui delegato.

2. Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.

3. In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

4. Udite le dichiarazioni dei genitori e dei parenti, dei servizi socio-sanitari, del responsabile della comunità di tipo familiare o degli affidatari e dell'eventuale consulente tecnico, il presidente del tribunale per i minorenni, sempre che la situazione di abbandono non sia certa e insuperabile, impartisce ai genitori o ai parenti, per un tempo massimo di un anno e con ordinanza debitamente motivata, prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione, l'educazione e l'ascolto del minore ai sensi dell'articolo 315-bis del codice civile, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi dei servizi socio-sanitari nominati. A questi ultimi è affidato l'incarico di predisporre un progetto, dettagliato nei tempi e nelle modalità, per il sostegno alla genitorialità e per il recupero della famiglia di origine. Tale progetto deve essere comunicato ai genitori e ai parenti i quali possono richiedere modifiche e integrazioni. Lo svolgimento del progetto avviene sotto la vigilanza del presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato.

5. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato può, altresì, chiedere al pubblico ministero di promuovere l'azione per la corresponsione del mantenimento o un contributo al mantenimento a carico di chi vi è tenuto per legge e, al tempo stesso, disporre provvedimenti temporanei ai sensi del comma 3 dell'articolo 10».

Art. 13.

(Modifica dell'articolo 15 della legge n. 184 del 1983, in materia di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore)

1. L'articolo 15 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 15. - 1. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:

a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

b) l'audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità o l'impossibilità ad ovviarvi;

c) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori ovvero è provata l'irrecuperabilità delle capacità genitoriali dei genitori in un tempo ragionevole, tenuto conto dell'età del minore.

2. La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, nella udienza conclusiva, presente il pubblico ministero, sentito il rappresentante della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere, parimenti, sentiti il tutore e il curatore speciale, se nominato, e il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento.

3. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel comma 1 dell'articolo 12, al tutore, nonché al curatore speciale, se nominato, con contestuale avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui all'articolo 17».

Art. 14.

(Modifica all'articolo 19 della legge n. 184 del 1983, in materia di sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale)

1. All'articolo 19 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Durante lo stato conseguente alla dichiarazione di adottabilità è sospeso l'esercizio della responsabilità genitoriale. Il tribunale per i minorenni conferma la nomina del tutore e adotta ogni ulteriore provvedimento nell'interesse del minore. La nomina del tutore permane fino all'adozione del minore».

Art. 15.

(Modifica all'articolo 21 della legge n. 184 del 1983, in materia di revoca dello stato di adottabilità)

1. All'articolo 21 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. La revoca è pronunciata dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero, dei genitori, del tutore. Se questi è in conflitto di interessi con il minore, il presidente del tribunale per i minorenni nomina un curatore speciale al minore medesimo».

Art. 16.

(Modifica dell'articolo 22 della legge n. 184 del 1983, in materia di fase preliminare al procedimento adottivo nazionale e internazionale)

1. L'articolo 22 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 22. - 1. Coloro che intendono adottare presentano dichiarazione di disponibilità ai servizi sociali territorialmente competenti in ragione della loro residenza, di seguito denominati “servizi”, corredato da dichiarazione di notorietà attestante il possesso dei requisiti di cui all'articolo 6. Nella dichiarazione di disponibilità sono indicate l'opzione per l'adozione nazionale o internazionale o entrambe e l'eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

2. In ogni momento e fase del procedimento coloro che intendono adottare hanno diritto a ricevere notizie sullo stato del procedimento.

3. I servizi, anche avvalendosi delle professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, svolgono le seguenti attività:

a) informazione degli aspiranti genitori adottivi sul percorso adottivo, nazionale e internazionale;

b) formazione degli aspiranti genitori adottivi all'accoglienza di un minore in stato di abbandono, anche in collaborazione con gli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter nel caso di adozione internazionale;

c) acquisizione di elementi sulle motivazioni che determinano gli aspiranti genitori adottivi all’adozione e sulla condivisione del relativo progetto, sulla loro capacità di rispondere alle esigenze di uno o più minori, sulla loro capacità di fronteggiare le situazioni di rischio e di accettare eventuali caratteristiche particolari dei minori, nonché acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione delle suddette capacità;

d) valutazione della capacità di accogliere, educare, ascoltare un minore in stato di abbandono, in base alla situazione personale, familiare, sociale, sanitaria ed economica degli aspiranti genitori adottivi al fine di renderli consapevoli del significato dell'adozione e delle articolazioni del percorso adottivo nazionale o internazionale;

e) valutazione della idoneità degli aspiranti genitori adottivi ad accogliere un minore per il quale è ancora in corso il procedimento di adottabilità;

f) informazione sulla famiglia, sui conoscenti e sulle frequentazioni degli aspiranti genitori adottivi;

g) informazione, nel caso di adozione internazionale, sul ruolo degli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter, anche avvalendosi della loro collaborazione.

4. I servizi danno precedenza nella istruttoria alle domande dirette all'adozione di minori con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

5. I servizi avviano il percorso sulle attività di informazione, formazione e valutazione di cui al comma 3, entro quindici giorni dal deposito della dichiarazione di disponibilità e lo concludono entro novanta giorni. Il dirigente del servizio può prorogare tale termine una sola volta per non più di sessanta giorni, quando vi siano rilevanti motivi. Concluso detto percorso, i servizi predispongono una relazione finale in duplice originale e la comunicano agli aspiranti genitori adottivi entro i quindici giorni successivi consegnando loro in quella sede un originale e informandoli dei contenuti della relazione stessa.

6. Gli aspiranti genitori adottivi, entro quindici giorni dalla consegna della relazione, presentano al tribunale per i minorenni competente per territorio della loro residenza, istanza di essere dichiarati idonei all'adozione nazionale o internazionale, corredata dell'originale della relazione dei servizi e della documentazione attestante il possesso dei requisiti di cui all'articolo 6. Il tribunale per i minorenni, qualora gli aspiranti genitori adottivi non siano in possesso dei requisiti necessari per l’adozione, entro dieci giorni dalla presentazione dell'istanza dichiara non luogo a procedere con decreto motivato reclamabile in appello nei trenta giorni successivi alla comunicazione del testo integrale mediante notifica a cura della cancelleria. Il tribunale per i minorenni convoca, entro i successivi trenta giorni, anche davanti a un giudice delegato, gli aspiranti genitori adottivi in possesso dei suddetti requisiti e dispone ulteriori approfondimenti, qualora li ritenga necessari, incaricando gli stessi servizi o disponendo una consulenza tecnica d’ufficio. Entro i successivi trenta giorni, il tribunale per i minorenni, acquisito il parere del pubblico ministero:

a) qualora ritenga che gli aspiranti genitori adottivi non siano idonei ad accogliere una persona di età minore con l'adozione nazionale o internazionale, lo dichiara con decreto motivato;

b) qualora ritenga che gli aspiranti genitori adottivi siano idonei ad accogliere uno o più minori con l'adozione nazionale o internazionale, lo dichiara con decreto.

7. Il decreto di cui al comma 6 è reclamabile in corte di appello da parte degli aspiranti genitori adottivi e del pubblico ministero nei trenta giorni successivi alla comunicazione del testo integrale mediante notifica a cura della cancelleria. Il decreto che decide in via definitiva sul reclamo è ricorribile in Cassazione solo per violazione di legge.

8. Il decreto definitivo che dichiara gli aspiranti genitori adottivi idonei all'adozione nazionale ha validità per tre anni dalla data di notifica, fermo restando quanto specificato dall'articolo 30 per l'adozione internazionale. Il decreto è prorogabile a richiesta degli aspiranti genitori adottivi una sola volta, con ricorso al tribunale per i minorenni del luogo di residenza degli stessi da depositare entro ttrenta giorni dalla scadenza del precedente decreto. Il tribunale per i minorenni, sentiti gli aspiranti genitori adottivi, dispone indagini integrative tramite i servizi, anche avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, se vi siano state modifiche rilevanti nel loro assetto familiare e personale dalla data del precedente decreto e, salvo che emergano problematiche, proroga la validità del decreto di idoneità per un ulteriore triennio, decorrente dalla data della comunicazione a cura della cancelleria del decreto di proroga nel testo integrale. Il decreto motivato che dispone o nega la proroga è reclamabile presso la corte di appello dal pubblico ministero o dagli aspiranti genitori adottivi nei trenta giorni successivi alla comunicazione mediante notifica a cura della cancelleria nel testo integrale. Il decreto che decide in via definitiva sul reclamo è ricorribile in Cassazione solo per violazione di legge. La procedura di proroga è esperibile solo una volta».

Art. 17.

(Introduzione dell’articolo 22-bis della legge n. 184 del 1983, in materia di disposizioni adozione nazionale)

1. Dopo l'articolo 22 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è inserito il seguente:

«Art. 22-bis. - 1. Il decreto che dichiara gli aspiranti genitori adottivi idonei all'adozione nazionale, ne dispone l'inserimento in un elenco ai fini dell'abbinamento con i minori dei quali sia stato dichiarato lo stato di abbandono. L'elenco è tenuto dalla cancelleria ed è formato con l'inserimento in ordine cronologico degli aspiranti genitori adottivi in considerazione della data del decreto di idoneità all'adozione. Gli aspiranti genitori adottivi hanno diritto in ogni momento di chiedere la propria posizione nell'elenco.

2. Il tribunale per i minorenni sceglie tra gli aspiranti genitori adottivi idonei all'adozione nazionale coloro che, in base alle indagini effettuate, risultano maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore dichiarato adottabile con sentenza passata in giudicato. Se pende ancora procedimento di adottabilità, la selezione degli aspiranti genitori adottivi avviene anche in base alla loro capacità di accogliere il minore temporaneamente, con la consapevolezza che lo stesso potrebbe non essere dichiarato adottabile.

3. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l'affidamento preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'affidamento preadottivo alla coppia o alla persona prescelta.

4. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini e comunicare ogni informazione sanitaria, compresa, se possibile, l'anamnesi familiare. Non può essere disposto l'affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L'ordinanza è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.

5. Al minore in conflitto di interessi con il tutore è nominato un curatore speciale che lo rappresenti e lo assista nel procedimento fino al passaggio in giudicato della sentenza di adozione.

6. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente, gli affidatari, il minore, il tutore e il curatore speciale, se nominato, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all'origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale».

Art. 18.

(Modifica dell'articolo 23 della legge n. 184 del 1983, in materia di revoca dell'affidamento preadottivo)

1. L'articolo 23 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 23. - 1. L'affidamento preadottivo è revocato dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero o del tutore o del curatore speciale se nominato o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all'articolo 22-bis, comma 6, quando vengano accertate difficoltà di idonea convivenza ritenute non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato. Debbono essere sentiti il pubblico ministero, l'istante, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, gli affidatari, il tutore, il curatore speciale, se nominato, e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno.

2. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, all'istante, agli affidatari, al tutore e al curatore speciale, se nominato. Il decreto che dispone la revoca dell'affidamento preadottivo è annotato a cura del cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.

3. In caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3».

Art. 19.

(Modifica dell'articolo 24 della legge n. 184 del 1983, in materia di impugnazione del decreto del tribunale sull'affidamento preadottivo o sulla sua revoca)

1. L'articolo 24 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 24. - 1. Il pubblico ministero, gli affidatari, il tutore e il curatore speciale, se nominato, all’affidamento preadottivo o alla sua revoca possono impugnare il decreto del tribunale relativo, entro dieci giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della corte d'appello.

2. La corte d'appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e, ove occorra, le persone indicate nell'articolo 23 ed effettuati ogni altro accertamento ed indagine opportuni, decide in camera di consiglio con decreto motivato».

Art. 20.

(Modifica dell'articolo 25 della legge n. 184 del 1983, in materia di dichiarazione di adozione)

1. L'articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 25. - 1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall'affidamento preadottivo, entro i successivi trenta giorni, sentiti i soggetti adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore, il curatore speciale, se nominato, e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull'adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all'adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti dei soggetti prescelti.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nell’ipotesi di prolungato periodo di affidamento ai sensi dell’articolo 4, comma 6.

3. Qualora la domanda di adozione venga proposta da soggetti che hanno discendenti, questi ultimi, se maggiori degli anni dodici, debbono essere sentiti.

4. Nell'interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere prorogato di sei mesi, d'ufficio o su domanda dei soggetti affidatari, del tutore o del curatore speciale, con ordinanza motivata.

5. Se uno dei soggetti componenti la coppia muore o diviene incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro soggetto nei confronti di entrambi, con effetto, per il soggetto deceduto, dalla data della morte.

6. Se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene separazione o cessazione della convivenza tra i soggetti affidatari, questi ultimi ne debbono dare immediata comunicazione al tribunale per i minorenni, specificando se intendono entrambi o chi di loro intenda richiedere l'adozione del minore. L'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell'esclusivo interesse del minore, qualora uno di loro o entrambi ne facciano richiesta.

7. Nel caso di provvedimento negativo viene meno l'affidamento preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3.

8. La sentenza che decide sull'adozione è comunicata al pubblico ministero, ai soggetti adottanti, al tutore e al curatore speciale, se nominato».

Art. 21.

(Modifica all'articolo 27 della legge n. 184 del 1983, in materia di acquisto da parte dell'adottato dello stato di figlio)

1. All'articolo 27 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio dell’adottante o degli adottanti dei quali assume e trasmette il cognome».

Art. 22.

(Modifiche all'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, in materia di informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici)

1. All'articolo 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. L'adottato, raggiunta l'età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici. Se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla salute psicofisica dell'adottato minore i genitori adottivi possono accedere alle sole informazioni di carattere sanitario. L'istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza».

b) il comma 7 è sostituito dal seguente:

«7. L'accesso alle informazioni è consentito nei confronti della madre che, avendo dichiarato alla nascita di non voler essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, abbia successivamente revocato tale dichiarazione. La revoca deve essere resa dalla madre con dichiarazione autenticata dall'ufficiale dello stato civile, contenente le indicazioni che consentano di risalire al luogo e alla data del parto nonché all'identità della persona nata. L'ufficiale dello stato civile trasmette senza ritardo la dichiarazione di revoca al Garante per la protezione dei dati personali»;

c) dopo il comma 7 è inserito il seguente:

«7-bis. I soggetti legittimati ad accedere alle informazioni ai sensi dei commi 4 e 5 o il figlio non riconosciuto alla nascita possono, raggiunta l'età di venticinque anni, richiedere al tribunale per i minorenni che ha pronunciato l'adozione, di contattare la madre biologica. Il tribunale esamina la richiesta che, se accolta, è trasmessa al Garante per la protezione dei dati personali che vi dà seguito a condizione che la donna abbia precedentemente manifestato la propria disponibilità all'incontro. Il Garante trasmette i dati al tribunale dei minorenni che, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali, assume le necessarie iniziative volte all'organizzazione del loro primo incontro. Chiunque partecipi al procedimento è tenuto al segreto sulle informazioni raccolte nell'ambito del procedimento medesimo».

Art. 23.

(Modifica dell'articolo 29 della legge n. 184 del 1983, in materia di adozione di minori stranieri)

1. L'articolo 29 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 29. - 1. L'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai principi e secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata "Convenzione", a norma delle disposizioni contenute nella presente legge.

2. Nel caso di cittadini italiani residenti in uno Stato straniero, fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 36, comma 4, è competente il tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova il luogo della loro ultima residenza; in mancanza, è competente il tribunale per i minorenni di Roma».

Art. 24.

(Modifica dell'articolo 30 della legge n. 184 del 1983, in materia di decreto di idoneità)

1. L'articolo 30 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 30. - 1. Il decreto di idoneità ad adottare ha efficacia per tutta la durata della procedura, che deve essere promossa dagli interessati entro un anno dalla comunicazione del provvedimento.

2. Il decreto deve essere immediatamente notificato agli aspiranti genitori adottivi ed è trasmesso, con copia della relazione e della documentazione esistente negli atti, alla Commissione di cui all'articolo 38 e, se già indicato dagli aspiranti all'adozione, all'ente autorizzato di cui all'articolo 39-ter.

3. Qualora il decreto di idoneità, previo ascolto degli interessati, sia revocato ai sensi dell'articolo 23, il tribunale per i minorenni comunica immediatamente il relativo provvedimento alla Commissione ed all'ente autorizzato di cui al comma 3».

Art. 25.

(Modifiche all'articolo 31 della legge n. 184 del 1983, in materia di compiti dell'ente autorizzato a curare la procedura di adozione)

1. All’articolo 31 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, la lettera h) è sostituita dalla seguente:

«h) certifica la data di inserimento del minore presso i soggetti affidatari o i genitori adottivi»;

b) dopo il comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente:

«3-bis. L’ente autorizzato svolge le attività di cui al comma 3 con la diligenza del buon padre di famiglia ai sensi dell’articolo 1176 del codice civile e, in difetto, risponde dei danni, salvo ogni ulteriore e diverso provvedimento della Commissione per le adozioni internazionali di cui all’articolo 38».

Art. 26.

(Modifiche all'articolo 32 della legge n. 184 del 1983, in materia di dichiarazione della Commissione per le adozioni internazionali sulla adozione)

1. All'articolo 32 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e risulti dal provvedimento adottivo straniero che vi era consapevolezza di tale effetto»;

b) il comma 3 è abrogato.

Art. 27.

(Modifiche all'articolo 34 della legge n. 184 del 1983, in materia di compiti dei servizi educativi, socio-sanitari e socio-assistenziali)

1. All'articolo 34 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. Dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno tre anni, ai fini di una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i genitori adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per i minorenni sull'andamento dell'inserimento, segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi. A tal fine i suddetti servizi, d'intesa con gli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter, anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, prevedono l'istituzione di specifiche équipe con il compito di:

a) individuare, su richiesta degli interessati, i fattori di rischio relativi al minore, con particolare riguardo alla presenza di specifici traumi pregressi, nonché i fattori di rischio relativi alle condizioni sanitarie dei genitori adottivi;

b) prevedere, su richiesta degli interessati, interventi multidisciplinari al fine di favorire relazioni positive nell'ambito familiare;

c) svolgere, su richiesta degli interessati, interventi educativi, terapeutici e sociali di sostegno del minore nell'ambito del nucleo familiare adottivo, finalizzati al superamento e alla prevenzione delle situazioni di difficoltà che possono insorgere nel periodo successivo all'adozione;

d) svolgere un'attività di monitoraggio delle situazioni di crisi e di disagio e dei casi di fallimento dell'adozione.

2-bis. I servizi socio-educativi per la prima infanzia, i servizi socio-sanitari e socio-assistenziali e i servizi educativi del territorio, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, svolgono le azioni necessarie a supportare la crescita psicologica, emotiva e relazionale dei minori adottati, a promuovere percorsi di integrazione degli stessi nel contesto scolastico, a sviluppare una maggiore competenza interculturale e metodologica degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) per favorire l'integrazione dei minori adottati, a rafforzare la genitorialità attraverso azioni atte a rinforzare il sistema di promozione, prevenzione e protezione dei minori adottati in situazione di vulnerabilità attraverso l'azione di sostegno alla genitorialità nei diversi contesti di vita».

Art. 28.

(Modifiche all'articolo 35 della legge n. 184 del 1983, in materia di effetti dell'adozione pronunciata all'estero)

1. L'articolo 35 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 35. - 1. L'adozione pronunciata all'estero produce nell'ordinamento italiano gli effetti di cui all'articolo 27 della presente legge, ai sensi dell'articolo 64 della legge 31 maggio 1995, n. 218.

2. Qualora l'adozione debba perfezionarsi dopo l'arrivo del minore in Italia, il provvedimento dell'autorità straniera è riconosciuto come affidamento preadottivo e inviato a cura dell'ente autorizzato al tribunale per i minorenni competente territorialmente per il luogo di residenza dei genitori adottivi al momento dell'ingresso del minore in Italia, ai fini di quanto previsto dall'articolo 22-bis. In caso di revoca dell'affidamento preadottivo il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti di cui all'articolo 21 della Convenzione. In tal caso il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da assumere; se ha raggiunto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se di età inferiore deve essere sentito ove ciò risponda al suo interesse, tenuto conto della valutazione dello psicologo nominato dal tribunale».

Art. 29.

(Modifiche all'articolo 38 della legge n. 184 del 1983, in materia di Commissione per le adozioni internazionali)

1. All'articolo 38 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. La Commissione si avvale di personale dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni pubbliche. Può altresì avvalersi di esperti a titolo di consulenti».

Art. 30.

(Modifica all’articolo 39-bis della legge n. 184 del 1983, in materia di compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano)

1. All’articolo 39-bis, comma 2, della legge 4 marzo 1983, n. 184, le parole: «le coppie» sono sostituite dalla seguente: «coloro».

Art. 31.

(Modifica dell'articolo 39-ter della legge n. 184 del 1983, in materia di requisiti degli enti autorizzati)

1. L'articolo 39-ter della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 39-ter. - 1. Al fine di ottenere e conservare l'autorizzazione prevista dall'articolo 6, comma 1, lettera c), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2007, n. 108, gli enti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) essere diretti e composti da persone con adeguata formazione, esperienza e competenza nel campo dell'adozione internazionale e con idonee qualità morali e professionali;

b) avvalersi dell'apporto, anche consulenziale, di professionisti in campo sociale, giuridico, pedagogico e psicologico, iscritti ai relativi albi professionali, che abbiano la capacità di sostenere gli adottanti prima, durante e dopo l'adozione;

c) disporre di un'adeguata struttura organizzativa in almeno tre regioni in Italia ed essere operativi in almeno cinque Paesi stranieri;

d) non avere fini di lucro, assicurare una gestione amministrativa e contabile trasparente, anche sui costi necessari per l'espletamento della procedura, ed una metodologia operativa corretta e verificabile;

e) assicurare la certificazione del bilancio;

f) non avere e non operare pregiudiziali discriminazioni nei confronti delle persone che aspirano all'adozione, ivi comprese le discriminazioni di tipo ideologico e religioso;

g) impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell'infanzia, preferibilmente attraverso azioni di cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le organizzazioni non governative, e di attuazione del principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale nei Paesi di provenienza dei minori;

h) avere sede legale nel territorio nazionale;

i) garantire ai genitori adottivi con continuità le informazioni in ogni fase, stato e grado della procedura;

l) istituire liste d'attesa consultabili, chiare e aggiornate ogni quindici giorni che, nel rispetto della tutela di dati personali, indichino, per ciascun soggetto in lista d'attesa, la data del conferimento del mandato, gli abbinamenti effettuati e la avvenuta verifica dell'attendibilità delle informazioni sui minori in un tempo precedente all'abbinamento;

m) garantire, nel caso in cui l'ente non possa portare a termine la pratica adottiva, per cause non imputabili al suo operato, la presa in carica dei genitori adottivi da parte di un altro ente assicurando il proseguimento della procedura senza costi aggiuntivi;

n) stabilire i criteri di collaborazione tra enti diversi che operano negli stessi Paesi;

o) essere in grado di fornire assistenza legale specializzata ai genitori adottivi nei Paesi stranieri in cui operano;

p) assicurare almeno per tre anni dall'ingresso del minore adottato in Italia assistenza e sostegno al minore stesso e ai genitori adottivi, anche attraverso l'utilizzo di psicologi, pedagogisti e psicoterapeuti».

Art. 32.

(Modifiche all’articolo 41 della legge n. 184 del 1983, in materia di espatrio di minori a scopo di adozioni)

1. All’articolo 41, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, le parole: «dei coniugi affidatari» sono sostituite dalle seguenti: «dei soggetti affidatari».

Art. 33.

(Modifiche all'articolo 44 della legge n. 184 del 1983, in materia di adozioni in casi particolari)

1. All'articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera a), le parole: «, quando il minore sia orfano di padre e di madre» sono soppresse;

b) al comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) dal coniuge, dalla parte di un'unione civile e dal convivente di fatto, anche dello stesso sesso, nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge, dell'altra parte dell'unione civile e dell'altro convivente di fatto»;

c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi e alle parti unite civilmente, anche a chi non è coniugato e a chi non è parte di un'unione civile. Se l'adottante è persona coniugata o parte di un'unione civile e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi o di entrambe le parti dell'unione civile».

Art. 34.

(Modifica dell'articolo 45 della legge n. 184 del 1983, in materia di procedimento di adozione nei casi particolari)

1. L'articolo 45 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 45. - 1. Nel procedimento di adozione nei casi previsti dall'articolo 44 si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età. L’adottando deve essere rappresentato nel procedimento da un curatore speciale, se in conflitto di interessi con chi lo rappresenta legalmente.

2. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha una età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento.

3. In ogni caso, se l'adottando non ha compiuto gli anni quattordici, l'adozione deve essere disposta dopo che sia stato sentito il suo legale rappresentante o il curatore speciale se chi lo rappresenta si trovi in conflitto di interessi con l’adottando.

4. Quando l'adozione deve essere disposta nel caso previsto dall'articolo 44, comma 1, lettera c), deve essere sentito il legale rappresentante dell'adottando in luogo di quest'ultimo, o il curatore speciale se chi lo rappresenta si trovi in conflitto di interessi con l'adottando o se lo stesso non può essere sentito o non può prestare il proprio consenso ai sensi del presente articolo a causa delle sue condizioni di minorazione».

Art. 35.

(Modifica dell'articolo 46 della legge n. 184 del 1983, in materia di assenso dei genitori e del coniuge, della parte dell'unione civile e del convivente di fatto dell'adottando per l'adozione)

1. L'articolo 46 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 46. - 1. Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori, del coniuge, della parte dell'unione civile o del convivente di fatto dell'adottando.

2. Quando è negato l'assenso previsto dal comma 1, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione. Parimenti il tribunale può pronunciare l'adozione quando è impossibile ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo».

Art. 36.

(Modifica all’articolo 47 della legge n. 184 del 1983, in materia di effetti dell’adozione)

1. All’articolo 47 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Se uno dei coniugi o una delle parti di un’unione civile o di una convivenza di fatto muore dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione della sentenza, nell’interesse del minore il giudice procede, su istanza dell’altro, al compimento degli atti necessari per l’adozione».

Art. 37.

(Modifica dell'articolo 48 della legge n. 184 del 1983, in materia di responsabilità genitoriale sull'adottato)

1. L'articolo 48 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 48. - 1. Se il minore è adottato da due coniugi o dal coniuge o dalla parte dell'unione civile o dal convivente di fatto di uno dei genitori, la responsabilità genitoriale sull'adottato ed il relativo esercizio sono regolati dagli articoli 315 e seguenti del codice civile.

2. L'adottato ha nei confronti di chi lo adotta i diritti di cui all'articolo 315-bis del codice civile.

3. Se l'adottato ha beni propri, l'amministrazione di essi, durante la minore età dell'adottato stesso, spetta all'adottante, il quale non ne ha l'usufrutto legale, ma può impiegare le rendite per le spese di mantenimento, istruzione ed educazione del minore con l'obbligo di investirne l'eccedenza in modo fruttifero. Si applicano le disposizioni dell'articolo 382 del codice civile».

Art. 38.

(Modifica all’articolo 51 della legge n. 184 del 1983, in materia di revoca dell’adozione)

1. All’articolo 51, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 dopo le parole: «del suo coniuge» sono inserite le seguenti: «, dell’altra parte dell’unione civile o del suo convivente di fatto».

Art. 39.

(Modifica all’articolo 52 della legge n. 184 del 1983, in materia di pronuncia della revoca su domanda dell’adottato o su istanza del pubblico ministero)

1. All’articolo 52, primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, dopo le parole: «il coniuge» sono inserite le seguenti: «, la parte dell’unione civile o il convivente di fatto».

Art. 40.

(Modifica dell'articolo 53 della legge n. 184 del 1983, in materia di promozione della revoca dell'adozione)

1. L'articolo 53 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 53. - 1. La revoca dell'adozione può essere promossa dal pubblico ministero o dal curatore speciale del minore adottato in conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli adottanti.

2. Si applicano le disposizioni di cui ai precedenti articoli».

Art. 41.

(Abrogazione dell'articolo 55 della legge n. 184 del 1983)

1. L'articolo 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è abrogato.

Art. 42.

(Modifica all'articolo 57 della legge n. 184 del 1983, in materia di verifica da parte del tribunale per i minorenni sull'adozione nei casi particolari)

1. All'articolo 57 della legge 4 maggio 1983, n. 184, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«A tal fine il tribunale per i minorenni, ricevuto il ricorso, nomina per il minore adottando un curatore speciale qualora sussista conflitto di interessi con chi lo rappresenta legalmente e sentiti i genitori dell'adottando, dispone l'esecuzione di adeguate indagini da effettuarsi, tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza, sull'adottante, sul minore e sulla di lui famiglia».

Art. 43.

(Modifica dell'articolo 74 della legge n. 184 del 1983, in materia di riconoscimento da parte di persona coniugata o di persona parte di un'unione civile di un figlio nato fuori del matrimonio o fuori dell'unione civile non riconosciuto dall'altro genitore)

1. L'articolo 74 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è sostituito dal seguente:

«Art. 74. - 1. Gli ufficiali di stato civile trasmettono immediatamente al competente tribunale per i minorenni comunicazione, sottoscritta dal dichiarante, dell'avvenuto riconoscimento da parte di persona coniugata o di persona parte di un'unione civile di un figlio nato fuori del matrimonio o fuori dell'unione civile non riconosciuto dall'altro genitore. Il tribunale dispone l'esecuzione di opportune indagini per accertare la veridicità del riconoscimento.

2. Nel caso in cui vi siano fondati motivi per ritenere che ricorrano gli estremi dell'impugnazione del riconoscimento, il tribunale per i minorenni invia gli atti alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario ai fini dell'assunzione dei provvedimenti di cui all'articolo 264 del codice civile».