• Testo INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE

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Atto a cui si riferisce:
C.3/00807 il 2 maggio 2014, a colpi di bastone, lanci di pietre e molotov, filorussi e filoucraini si sono scontrati a Odessa, città portuale sul Mar Nero; negli scontri centinaia di militanti...



Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-00807presentato daSCOTTO Arturotesto diMartedì 6 maggio 2014, seduta n. 223

SCOTTO, MIGLIORE, MARCON, FAVA, DURANTI e PIRAS. — Al Ministro degli affari esteri . — Per sapere – premesso che:
il 2 maggio 2014, a colpi di bastone, lanci di pietre e molotov, filorussi e filoucraini si sono scontrati a Odessa, città portuale sul Mar Nero;
negli scontri centinaia di militanti hanno attaccato una manifestazione per l'unità nazionale, alla quale partecipavano circa 1.500 persone. La polizia è intervenuta per separare i due campi, ma il bilancio è stato tragico;
oltre alle vittime per gli scontri in piazza, almeno 38 persone sono morte in un incendio nella Casa dei sindacati della città. Una trentina di persone sono morte per l'intossicazione da fumo e altre 8 si sono schiantate al suolo dopo che si erano gettate dalle finestre dell'edificio per sfuggire alle fiamme;
nell'edificio si sarebbero rifugiati i filorussi dopo gli scontri in città. Secondo alcune fonti russe, alcuni dei filorussi si sono lanciati dalle finestre per sfuggire alle fiamme. Alcuni sopravvissuti alla caduta, sarebbero stati circondati e bastonati dagli estremisti filo-Kiev;
negli scontri fra le due fazioni sono morte, soltanto venerdì 2 maggio 2014, complessivamente 42 persone, mentre 125 sono i feriti;
come risposta all'attacco di venerdì 2 maggio 2014, che ha portato al rogo nella Casa del Sindacato a Odessa, il 4 maggio più di 1.000 separatisti filorussi hanno attaccato, sempre ad Odessa, la sede della polizia locale per chiedere la liberazione dei manifestanti arrestati il 2 maggio 2014 durante gli scontri;
sempre nello stesso giorno, migliaia di nazionalisti hanno marciato fino alla sede della polizia regionale. La folla, compresi una cinquantina di membri del gruppo paramilitare di ultradestra Pravi Sektor, si è poi diretta, senza disordini, verso la sede della Casa dei sindacati. Una volta arrivati hanno issato la bandiera ucraina, tolta e bruciata dai filorussi venerdì 2 maggio 2014;
le dinamiche e le responsabilità di quanto accaduto ad Odessa non sono ancora del tutto chiare, tant’è che l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, ha chiesto una «inchiesta indipendente» su quanto avvenuto a Odessa. «L'Unione europea – si legge in un comunicato – è profondamente addolorata per i numerosi morti e feriti negli eventi di ieri a Odessa ed esprime sincere condoglianze alle famiglie di tutte quelle vittime di una cieca violenza. I fatti che hanno portato a questa tragica perdita di tante vite umane devono essere stabiliti in un'inchiesta indipendente ed i responsabili di questi atti criminali assicurati alla giustizia»;
secondo fonti locali, nell'est la situazione starebbe ulteriormente precipitando verso una vera e propria guerra civile, confermando l'attacco sferrato dalle truppe ucraine ad altre due città, Mariupol e Kostjantynivka controllate dai separatisti filorussi nella regione di Donetsk;
il Ministro degli interni ucraino Arsen Avakov ha confermato i nuovi attacchi, aggiungendo che le truppe di Kiev hanno preso anche il controllo del centro televisivo di Sloviansk, città dove nei giorni scorsi sono stati sequestrati gli osservatori Osce;
negli scontri a Sloviansk una decina di persone, tra cui alcuni civili, è stata uccisa in un checkpoint fuori dalla città in uno scontro a fuoco. Numerosi altri feriti vengono segnalati da fonti indipendenti, in scontri tra le diverse fazioni e le forze di sicurezza sempre nell'est del Paese;
la situazione in Ucraina è drammatica e le violenze in atto devono essere fermate quanto prima possibile. Ulteriormente è concreto anche il rischio di una catastrofe umanitaria nelle città dell'est, oramai da giorni bloccate, dove scarseggiano i medicinali e le forniture di alimenti;
secondo quanto dichiarato dal Ministro della difesa Roberta Pinotti in un'intervista a la Repubblica il 4 maggio 2014: «La situazione è molto preoccupante e il Governo non la sottovaluta» ha poi aggiunto: «Non possiamo stare a guardare. Certo, senza agire da soli, ma attraverso l'Onu, la Nato e l'Unione europea. Parlare di invio di peacekeeper è prematuro, ma dobbiamo essere pronti. Al momento il nostro sforzo politico e diplomatico è quello di tornare allo spirito dell'accordo di Ginevra»;
le parole del Ministro della difesa appaiono ambigue e fuori contesto, dal momento che nessuna delle organizzazioni da lei citate si sta muovendo nella direzione di organizzare una cosiddetta «una missione di pace»;
ulteriormente le dichiarazioni del Ministro della difesa appaiono approssimative lì dove si fa un parallelismo con l'intervento italiano in Libano, rivelando la scarsa cognizione di quanto sta accadendo in Ucraina, esprimendo scarsa consapevolezza che le truppe italiane vengano riconosciute in Ucraina neutrali e al di sopra delle parti in conflitto come avvenuto in Libano;
ad opinione degli interroganti, e come evidenziato da molti, il conflitto ucraino non ha certo bisogno di «prove muscolari», né di apparenti «missioni di pace», che porterebbero ad una sicura guerra, ma ha bisogno di riannodare il bandolo delle trattative che porti ad una soluzione diplomatica, che in questo momento appare l'unica possibile;
come riportato dai fatti esposti, in questo momento la causa dell’escalation della crisi è l'offensiva militare dell'esercito ucraino contro i separatisti filorussi. È questa offensiva che va fermata al più presto possibile, in quanto rischia di provocare una guerra su più vasta scala;
le responsabilità del fallimento di quanto raggiunto dall'accordo di Ginevra del 17 aprile 2014 sono diffuse. A partire dalle evidenti responsabilità del Presidente russo Vladimir Putin, che ha prima sostenuto un leader corrotto e autoritario come Yanukovic e poi ha supportato i separatisti, a quelle «occidentali» che hanno appoggiato quasi incondizionatamente l'offensiva ucraina;
oggi come non mai è necessario che venga superato l'approccio arrogante e interventista della Nato per evitare quanto accaduto negli anni ’90 in Jugoslavia. La strategia di espansione della Nato ad Est è una delle cause principali di quanto sta accadendo in Ucraina oggi;
la politica dell'allargamento della Nato ad Est, che ha portato all'adesione di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia (1999), Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia (2004), Albania e Croazia (2009), mentre, da un lato, ha portato molti vantaggi ai membri dell'Alleanza, indubbiamente, dall'altro lato, ha contribuito notevolmente a peggiorare le relazioni internazionali con la Russia e ad acuire la lotta geopolitica tra la Russia e l'Occidente;
lotta geopolitica che ha prodotto anche tensioni e minacce di intervento militare in risposta allo scudo missilistico della Nato, portando all'installazione di numerosi missili Iskander M russi lungo il confine con la Polonia e i Paesi baltici Estonia, Lettonia e Lituania;
è necessaria un'azione che tolga la Russia dal «complesso dell'accerchiamento», coinvolgendola anche in una forza di interposizione nel Paese e che, al tempo stesso, crei le basi per un'Unione europea politica e più libera dalle pressioni degli Stati Uniti sul continente;
ad opinione degli interroganti, il «modello finlandese» di integrazione europea rappresenta un modello virtuoso di indipendenza per un Paese, come la Finlandia, a cavallo tra Europa ed area ex sovietica, caratterizzato dalla neutralità dello Stato, garantita dalla non adesione della Finlandia alla Nato e da un'adesione all'Unione europea avviata e raggiunta mantenendo ottimi rapporti di amicizia con la Russia;
dalla sua indipendenza, nel 1917, la Finlandia ha promosso la neutralità internazionale come strumento utile alla conservazione della propria sovranità e integrità territoriale. Nel corso della seconda metà del ventesimo secolo la neutralità finlandese si è tradotta in una politica di non allineamento, fondata sul Trattato di amicizia, cooperazione e assistenza tecnica del 1948 con l'Unione sovietica. Con esso, pur non essendo entrato a far parte del blocco militare filosovietico, il Paese si è impegnato a difendere il proprio territorio da un attacco da parte della Germania o di Paesi ad essa alleati e a difendere il territorio sovietico in caso di attacco attraverso la Finlandia stessa. Parallelamente, Helsinki si è impegnata a non entrare in nessun tipo di alleanza diretta contro Mosca. Tale intesa ha permesso alla Finlandia di mantenere buoni rapporti con il suo vicino, pur conservando istituzioni democratiche e collaborando attivamente con i meccanismi di cooperazione occidentali – dal Fondo monetario internazionale e l'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo alla Comunità economica europea;
con il declino e la successiva scomparsa dell'Unione sovietica, il Paese ha perseguito una più risoluta politica di avvicinamento al blocco occidentale. Nonostante il mantenimento di forti legami commerciali con la Russia, la Finlandia ha presentato domanda di adesione alla Comunità europea nel 1992 ed è entrata a farne parte nel 1995 (il referendum dell'ottobre 1994 ha registrato il 57 per cento a favore dell'adesione e il 43 per cento contro). Dal 1999 essa è parte dell'unione economica e monetaria ed è l'unico Paese del Nord Europa ad aver adottato l'euro. Oggi la politica estera e di sicurezza finlandese punta sulla partecipazione alla politica estera e di sicurezza comune europea e sulla cooperazione multilaterale. Ciò non ha implicato la rinuncia alla neutralità del Paese. Helsinki, pur avendo preso parte, dopo il 1994, al programma Partnership for peace della Nato e avendo inviato le proprie truppe in missioni internazionali di peacekeeping, non ha avanzato domanda di ammissione all'Alleanza atlantica;
una soluzione diplomatica, che parta dall'immediata applicazione dell'accordo di Ginevra sottoscritto da Russia, Ucraina, Usa e Unione europea il 17 aprile 2014, affinché si arrivi ad una soluzione vicina al «modello finlandese», appare oggi l'unica strada percorribile in questo momento per scongiurare un’escalation del conflitto al momento molto concreta –:
se il Ministro interrogato sia in accordo con la posizione espressa dal Ministro della difesa sull'invio di proprie truppe anche attraverso la Nato e, in particolare, quali iniziative concrete intenda intraprendere, anche in sede di Unione europea, per far rispettare l'accordo di Ginevra del 17 aprile 2014, anche supportando l'iniziativa dell'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Catherine Ashton, per l'istituzione di una «inchiesta indipendente» su quanto avvenuto nei giorni scorsi a Odessa. (3-00807)