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Atto a cui si riferisce:
C.4502 Incentivi fiscali per favorire la diffusione dei prodotti in materiale riciclato, istituzione dell'insegnamento dell'educazione ambientale e altre disposizioni per promuovere la cultura del riciclo


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
Testo senza riferimenti normativi
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 4502


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
VIGNAROLI, DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, ZOLEZZI, SIBILIA, D'UVA, VILLAROSA, PESCO, ALBERTI, FERRARESI, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, COZZOLINO, LOREFICE, GALLINELLA, DE LORENZIS, CECCONI, LIUZZI, BASILIO, SPESSOTTO, PAOLO BERNINI, FRUSONE, TERZONI, BUSINAROLO, CANCELLERI, MANLIO DI STEFANO, DADONE, LUIGI DI MAIO, BENEDETTI
Incentivi per favorire la diffusione dei prodotti derivanti da materiale post-consumo a base plastica (plasmix e scarti non pericolosi dei processi di selezione e di recupero), nonché disposizioni concernenti la realizzazione dei veicoli
Presentata il 18 maggio 2017


      

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Onorevoli Colleghi! – La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di rafforzare l'economia circolare, stimolando il riciclo e valorizzando i materiali di scarto non pericolosi a base plastica dei processi di produzione industriale e della lavorazione di selezione e di recupero dei rifiuti solidi urbani, destinati altrimenti a essere smaltiti in discarica o bruciati negli inceneritori e nei forni industriali.
      Oggi, tra gli imballaggi raccolti in modo differenziato nel nostro Paese, ve ne sono molti che trovano un'immediata possibilità di riciclo e di mercato. Tali imballaggi (le bottiglie e i barattoli in vetro, i prodotti in carta e cartone, le bottiglie in polietilene tereftalato (PET), i flaconi in polietilene ad alta densità (HDPE), le lattine in alluminio, i contenitori di banda stagnata) hanno già da molti anni una loro filiera di riciclo che garantisce la reimmissione sul mercato dei materiali con cui sono prodotti, filiere che sicuramente andrebbero riviste in direzione di un ulteriore efficientamento ma comunque attive da tempo.
      Vi sono, invece, altri imballaggi per i quali la collettività sostiene importanti costi che, senza adeguate politiche di impulso, trovano notevoli difficoltà di riciclo (pur essendo tecnicamente riciclabili e riciclate da alcune aziende del settore che hanno contribuito alla stesura di questa proposta di legge) e, più spesso, sono destinate al recupero energetico tramite incenerimento o smaltimento in discarica. Tra queste frazioni, vi sono gli imballaggi in plastiche miste, il cosiddetto plasmix, che è l'insieme di imballaggi post-consumo di plastiche eterogenee che può essere impiegato per produrre granuli da riciclo a base poliolefinica (ovvero tutti gli imballaggi in plastiche che non sono né bottiglie né flaconi). Tale granulo ha caratteristiche tecniche paragonabili ai polimeri vergini; può essere masterizzato (ossia colorato) e compaundato (ovvero miscelato ad altri elementi), ed è adatto per lo stampaggio ad iniezione di manufatti.
      In molti Paesi europei tali imballaggi non vengono neppure raccolti in modo differenziato ma finiscono, senza costi aggiuntivi per il sistema, nella frazione secca residua destinata all'incenerimento o allo smaltimento in discarica.
      In Italia, correttamente e coerentemente con il principio della responsabilità estesa del produttore, questi imballaggi vengono raccolti in modo differenziato ed entrano a far parte della frazione plastica.
      Oggi, purtroppo, oltre la metà delle plastiche raccolte differenziatamente in Italia ha come sbocco finale l'incenerimento o lo smaltimento in discarica. In questo modo, il sistema italiano spende per tre fasi diverse (per raccogliere, per selezionare, per smaltire).
      Se, correttamente, il legislatore italiano ha scelto che gli imballaggi in plastiche miste facciano parte delle raccolte differenziate, applicando a tali materiali il principio della responsabilità estesa del produttore, e riconoscendo implicitamente al recupero di tali imballaggi un valore per l'ambiente, occorre dunque che, nell'ottica dell'ulteriore efficientamento della filiera, ci si faccia carico di garantire l'effettivo riciclo.
      Allo stato attuale, le imprese italiane che si occupano del riciclo degli imballaggi di plastiche miste post-consumo sono una piccola avanguardia che – pur di fronte all'interesse del mercato, del mondo ambientalista, delle istituzioni – si scontra sovente con condizioni sfavorevoli che si riassumono con alcuni gap di sistema:

          riciclare le plastiche miste ha costi industriali unitari superiori alla produzione di polimeri vergini;

          come ogni attività industriale, il riciclo delle plastiche miste sostiene costi di energia elettrica assolutamente ragguardevoli, senza alcuna forma di agevolazione per il settore;

          il mercato di sbocco dei prodotti in plasmix è ancora in una fase potremmo dire primordiale rispetto alle effettive potenzialità; infatti, vi è ancora scarsa consapevolezza nell'utilizzatore intermedio e finale circa il valore ambientale legato all'uso di prodotti realizzati con plastiche post-consumo;

          a differenza di quanto avviene all'estero, il mercato nazionale pubblico e privato privilegia acriticamente i prodotti in polimeri vergini preferendoli a quelli riciclati;

          fino ad oggi, infine, il legislatore ha allocato le risorse di sistema quasi esclusivamente verso il sostegno al recupero energetico anziché verso il recupero di materia.

      Negli impianti di selezione che si occupano della raccolta dei rifiuti plastici non tutto il materiale in ingresso è recuperabile in purezza (ossia, come polimero specifico), anzi una notevole quantità, in genere attorno al 40-50 per cento, ma a volte superiore al 60 per cento, non può essere recuperata in purezza ed è tipicamente destinata alla discarica o all'incenerimento con ingenti costi sia economici che ambientali.
      Il rifiuto che entra nei centri di selezione, che abbia origine sia urbana sia industriale (come, ad esempio, il pulper di cartiera, le plastiche fortemente contaminate da frazione dell'organico, le componenti

plastiche da autodemolizione eccetera), presenta una varietà di polimeri sempre maggiore. Basti pensare a quanti polimeri vengono brevettati ogni giorno e spesso si ha a che fare con materiali poliaccoppiati, ovvero un unico imballaggio costituito in modo strutturale da più materiali, la cui produzione oggi è in costante crescita. Questo fa sì che la separazione e il recupero di tutti questi materiali siano spesso complessi fino a diventare antieconomici. Ciò non significa che anche questo tipo di materiali, ancorché più problematico, non sia riciclabile, anzi attraverso opportuni processi di selezione e di trattamento tali materiali possono tornare a diversa vita e diventare nuovi materiali da immettere al consumo.
      Oltre al plasmix da imballaggio recuperato dalla raccolta differenziata, il concetto può essere esteso, con considerazioni simili, anche alle plastiche non da imballaggio che, non essendo coperte da responsabilità estesa del produttore, oggi sono smaltiti come rifiuti urbani residui (RUR), e che possono essere oggetto di analoghi processi di recupero di materia, rispettando in pieno le priorità indicate dalle strategie europee e dalla economia circolare, anziché essere destinate a smaltimento in discarica, a incenerimento diretto o previo pretrattamento per la produzione di combustibili derivati da rifiuti (cdr) o combustibili solidi secondari (css). Appare scontato sottolineare che il concetto è, a maggior ragione, estendibile anche alle plastiche da imballaggio che spesso sono smaltite come RUR se non si esegue una corretta raccolta differenziata, anch'essi usati per produrre cdr o css.
      Per ciò che concerne gli impianti di trattamento che gestiscono i veicoli fuori uso (VFU), è opportuno sottolineare che ad oggi i centri di raccolta e demolizione effettuano in minima parte il riciclaggio del paraurti e del serbatoio carburante, i quali sono costruiti con una tipologia di plastica che ha un suo valore economico positivo e un mercato di sbocco tale da recuperare le spese inerenti allo smontaggio e avvio a riciclaggio. Lo stesso, invece, non si può dire, ad esempio, per i cruscotti o altri componenti in plastica dei VFU perché sono di un mix di plastiche che, attualmente, non beneficia di un mercato di sbocco, né tantomeno di un valore economico positivo, anzi è richiesto un corrispettivo per lo smaltimento degli stessi. Lo stesso vale per gli impianti di frantumazione dei VFU; da questo trattamento e da quello post-frantumazione, volto a recuperare ulteriormente le frazioni metalliche ivi contenute, residuano materiali che trovano collocazione principalmente in discarica a smaltimento.
      In questo quadro, senza politiche mirate allo sviluppo di un mercato dei prodotti derivanti dal recupero di plastiche eterogenee incluse nei materiali post-consumo (plasmix) e negli scarti di selezione e di recupero da raccolte differenziate o da rifiuto residuo, l'attività pionieristica di un pugno di imprese della green economy rischia di rimanere tale o, peggio, di spegnersi.
      È importante considerare, inoltre, che la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, e l'articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, introducono e precisano i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, denominata «gerarchia dei rifiuti». In base al principio gerarchico dei rifiuti, la Commissione europea ha stabilito che la corretta gestione dei rifiuti deve rispettare una precisa gerarchia di azioni, che segue un ordine dettato dal livello di priorità e sostenibilità ambientale:

          1) prevenzione;

          2) preparazione per il riutilizzo;

          3) riciclaggio;

          4) recupero di altro tipo, per esempio di energia;

          5) smaltimento.

      In Italia il recupero energetico gode di finanziamenti pubblici (Cip6, ovvero una delibera comitato interministeriale dei prezzi adottata il 29 aprile 1992, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 12 maggio 1992); in conseguenza di tale delibera, seppur nel corso degli anni rivista e rimodulata, chi

produce energia elettrica da fonti rinnovabili o assimilate ha diritto a rivenderla al Gestore dei servizi energetici (GSE) a un prezzo superiore a quello di mercato. In Italia (non in Germania, solo per citare un esempio) anche l'incenerimento dei rifiuti è stato considerato tra le fonti rinnovabili incentivabili. Il GSE, solo lo scorso anno, ha erogato agli inceneritori (approssimativamente, vista l'assenza di dati per singole tipologie di impianti) 300 milioni di euro.
      Le imprese virtuose che cercano, invece, di utilizzare quel rifiuto di scarto, destinato altrimenti all'incenerimento o alla discarica, come materia prima per la costruzione di manufatti, non godono di alcun incentivo. Eppure la gerarchia riportata antepone il riciclaggio al recupero energetico.
      Lo scopo prioritario della presente proposta di legge è, dunque, incentivare un'autentica economia circolare che trasformi le raccolte differenziate, ma anche gli impianti di selezione del rifiuto residuo in una fonte di materie prime seconde e recuperi anche gli scarti trasformandoli in nuovi prodotti. Al tal fine, si prevede l'istituzione del credito d'imposta per l'acquisto di prodotti e arredi derivanti dal plasmix e dagli scarti non pericolosi dei processi di selezione e di recupero, destinati ad arricchire il patrimonio sia pubblico che privato.
      Poiché qualsiasi politica di incentivi deve prevenire ogni forma di abuso, occorre garantire un efficace sistema di tracciabilità del settore. Per tale motivo, per l'accesso alle agevolazioni si propone l'obbligo della certificazione della Plastica Seconda Vita (PSV) e del protocollo europeo EuCertPlast.
      Vengono introdotti, inoltre, una serie di interventi di riqualificazione in aree pubbliche (parchi, giardini, aree demaniali marittime eccetera), prevedendo l'istituzione di un fondo, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'acquisto di manufatti derivanti dal plasmix e dagli scarti non pericolosi dei processi di produzione industriale e della lavorazione di selezione dei rifiuti urbani residui.
      La presente proposta di legge intende estendere alle imprese che selezionano e riciclano gli imballaggi in plastica, le cui attività rientrano tra i codici ATECO 38, alle imprese che recuperano i prodotti derivanti dagli scarti non pericolosi dei rifiuti e agli impianti di trattamento che effettuano l'operazione di frantumazione, la disciplina delle agevolazioni sugli oneri generali di sistema per le imprese a forte consumo di energia elettrica prevista dall'articolo 39, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, attuata dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 5 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 91, del 18 aprile 2013. Poiché i riciclatori di materie plastiche svolgono a tutti gli effetti un'attività manifatturiera e poiché, come detto, il costo per l'approvvigionamento dell'energia elettrica rappresenta un importante fattore di competitività per il settore, si prevede una serie di benefici per le imprese che selezionano e riciclano gli imballaggi in plastica, il che metterebbe il comparto in condizione di competere più agevolmente.
      Si prevede, inoltre, l'obbligo di realizzare tutti i veicoli con almeno il 30 per cento delle plastiche riciclate provenienti dal trattamento dei veicoli fuori uso (VFU). A partire dal 2025 la percentuale obbligatoria sale al 50 per cento.
      Al fine di promuovere la cultura ambientale rivolta al riciclo la proposta di legge prevede progetti ed iniziative di educazione ambientale, nonché specifiche campagne di comunicazione istituzionale dedicate al riciclo. È solo con l'evoluzione di una cultura di riciclo degli imballaggi post-consumo e dell'utilizzo di prodotti realizzati con materie prime seconde da riciclo che le raccolte differenziate avranno un senso compiuto.
      La proposta di legge introduce, infine, l'insegnamento dell'educazione ambientale nei programmi didattici delle scuole del primo ciclo di istruzione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Definizione di plasmix).

      1. Il plasmix è l'insieme di plastiche eterogenee incluse negli imballaggi post-consumo e non recuperate come singoli polimeri, che si usa per produrre granuli da riciclo a base poliolefinica, ovvero tutti gli imballaggi in plastiche che non sono né bottiglie né flaconi.

Art. 2.
(Ambito di applicazione).

      1. La presente legge si applica ai rifiuti classificati con i seguenti codici CER:

          a) 030307 scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa da rifiuti di carta e cartone;

          b) 150102 imballaggi di plastica;

          c) 150105 imballaggi in materiali composti;

          d) 191204 plastica e gomma;

          e) 191210 rifiuti combustibili;

          f) 191212 altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti;

          g) 160119 plastica.

Art. 3.
(Credito d'imposta per l'acquisto di prodotti e arredi derivanti dal plasmix e scarti non pericolosi dei processi di produzione industriale e della lavorazione di selezione e di recupero dei rifiuti solidi urbani).

      1. A tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato, che acquistano i prodotti derivanti dai materiali di cui all'articolo 2, è riconosciuto, a decorrere dal

periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017, un credito d'imposta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per i predetti acquisti.
      2. Il credito d'imposta di cui al comma 1 è riconosciuto fino a un importo massimo annuale di euro 20.000 per ciascun beneficiario, nel limite massimo complessivo di 40 milioni di euro per ciascun anno.
      3. Il credito d'imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati sostenuti i costi di cui al presente articolo.
      4. Al credito d'imposta non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
      5. Qualora, a seguito dei controlli, si accerti l'indebita fruizione, anche parziale, del credito d'imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell'inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l'importo fruito, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e di sanzioni ai sensi della legge.
      6. I controlli sono svolti sulla base di apposita documentazione contabile certificata dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel Registro dei revisori legali, di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Tale certificazione deve essere allegata al bilancio. Le imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale devono comunque avvalersi della certificazione di un revisore legale dei conti o di una società di revisione legale dei conti validamente iscritti nel registro di cui all'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 39 del 2010. Il revisore legale dei conti o il professionista responsabile della revisione legale dei conti, nell'assunzione dell'incarico, osserva i princìpi di indipendenza elaborati ai sensi dell'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 39 del 2010, e, in attesa della loro emanazione, quelli previsti dal codice etico della Federazione internazionale dei commercialisti (IFAC). Le spese sostenute per l'attività di certificazione contabile da parte delle imprese di cui al terzo periodo sono ammissibili entro il limite massimo di 5.000 euro. Le imprese con bilancio certificato sono esenti dagli obblighi previsti dal presente comma.
      7. Nei confronti del revisore legale dei conti o del professionista responsabile della revisione legale dei conti che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti per il rilascio della certificazione di cui al comma 6 del presente articolo si applicano le disposizioni dell'articolo 64 del codice di procedura civile.
      8. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono adottate le disposizioni applicative necessarie, nonché le modalità di verifica e di controllo dell'effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e di revoca del beneficio, le modalità di restituzione del credito d'imposta di cui l'impresa ha fruito indebitamente, anche con riguardo alla fruizione del credito d'imposta al fine del rispetto del previsto limite di spesa, di cui al comma 9, e al relativo monitoraggio.
      9. All'onere derivante dal presente articolo, pari a 40 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      10. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
      11. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo.
Art. 4.
(Disposizioni concernenti l'obbligo della certificazione plastica seconda vita e del protocollo europeo EuCertPlast).

      1. Per l'assegnazione di contributi, agevolazioni e finanziamenti in materia ambientale, nella formulazione delle graduatorie costituiscono elemento obbligatorio il possesso della certificazione plastica seconda vita emessa dall'Istituto per la promozione delle plastiche da riciclo (IPPR) e la conformità al protocollo europeo EuCertPlast.

Art. 5.
(Pianificazione di interventi di riqualificazione in aree pubbliche).

      1. Al fine di migliorare e di incrementare il riciclaggio delle materie plastiche e il recupero degli scarti non pericolosi è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, un fondo, con una dotazione pari a 300 milioni di euro annui a decorrere dal 2017, per l'acquisto di prodotti realizzati con materiali di cui all'articolo 2.
      2. I soggetti beneficiari del fondo di cui al comma 1 sono enti pubblici territoriali e soggetti pubblici e privati proprietari o gestori di aree classificate come siti di interesse comunitario, zone di protezione speciale o aree protette ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394.
      3. Il fondo di cui al comma 1 è destinato all'acquisto di:

          a) arredo urbano per parchi e giardini pubblici;

          b) prodotti per la viabilità e allestimento di percorsi;

          c) contenitori per la raccolta differenziata di rifiuti;

          d) attrezzature varie, purché realizzati con materiali di cui al comma 4.

      4. I prodotti acquistabili devono essere realizzati con materiali derivati da plastiche miste, provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica o da selezione di rifiuti urbani residui (RUR), aventi la certificazione plastica seconda vita, ed essere conformi alle specifiche tecniche di cui alla circolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 4 agosto 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 16 agosto 2004.
      5. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinate le modalità attuative del presente articolo, con particolare riferimento ai criteri di priorità per l'ottenimento dei finanziamenti del fondo di cui al comma 1, garantendo comunque il rispetto dei limiti del medesimo fondo, nonché eventuali criteri di esclusione.
      6. All'onere derivante dal presente articolo, pari a 300 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6.
(Agevolazioni per le imprese con forte consumo di energia).

      1. Le disposizioni dell'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, si applicano alle imprese che selezionano e riciclano gli imballaggi in plastica, le cui attività rientrano tra i codici ATECO 38, alle imprese che recuperano i materiali di cui all'articolo 2 e agli impianti di trattamento dei veicoli fuori uso (VFU) che effettuano l'operazione di frantumazione ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera n), del decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, in possesso di autorizzazione integrata ambientale, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
      2. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti, ai sensi del comma 1 dell'articolo 39 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, i nuovi criteri di revisione del sistema delle accise sull'elettricità e sui prodotti energetici e degli oneri generali di sistema elettrico per le imprese con forte consumo di energia.

Art. 7.
(Disposizioni concernenti la realizzazione dei veicoli).

      1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge i costruttori hanno l'obbligo di realizzare tutti i veicoli con almeno il 30 per cento delle plastiche riciclate provenienti dal trattamento di VFU.
      2. Dal 1° gennaio 2025 i costruttori hanno l'obbligo di realizzare tutti i veicoli con almeno il 50 per cento delle plastiche riciclate provenienti dal trattamento di VFU.

Art. 8.
(Campagne di comunicazione istituzionale).

      1. Al fine di promuovere la cultura ambientale volta al riciclo degli imballaggi

post-consumo e all'utilizzo di prodotti realizzati con materie prime seconde da riciclo, sono realizzati progetti e iniziative di educazione ambientale, nonché specifiche campagne di comunicazione istituzionale dedicate al riciclo.
      2. Per le finalità di cui al comma 1 è istituito un fondo, con una dotazione pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017. All'onere di cui al presente comma, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze per l'anno 2017, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      3. Con decreto del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di utilizzo del Fondo di cui al comma 2.
      4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 9.
(Introduzione dell'insegnamento dell'educazione ambientale nei programmi didattici delle scuole del primo ciclo di istruzione).

      1. Al fine di rendere sensibili e consapevoli i giovani dell'importanza della conservazione di un ambiente sano e del rispetto del territorio, nonché della realizzazione dei comportamenti utili per l'attuazione di uno sviluppo sostenibile è previsto che nei programmi didattici del primo ciclo di istruzione dell'ordinamento scolastico sia inserito l'insegnamento dell'educazione ambientale come disciplina obbligatoria.
      2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra

lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità attuative delle disposizioni del comma 1, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.